Credo che il desiderio di classificare le persone non risponda a un’esigenza razionale, ma puramente emotiva: mi permette di fare ordine (per quanto illusorio) in una realtà complessa, mi rassicura sul fatto che il mio gruppo ha ragione e l’altro gruppo ha torto, mi dà un senso di superiorità e mi risparmia il faticoso compito di andare a vedere di volta in volta come stanno le cose. Ma è tutto il contrario dello spirito critico.
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