Non è un mantra, ma ha comunque senso recitarlo a noi stessi ogni volta che ci troviamo di fronte a un'affermazione apparentemente scientifica cui però (per dirla à la Feynman) manca quel qualcosa che in fondo è l'essenza stessa della Scienza; quando sentiamo uno spot o leggiamo un articolo in cui viene detto che cosa sia buono o nocivo per la salute o per l'ambiente, oppure quando l'ennesimo personaggio pubblico o politico sbandiera l'ultima, controversa, "eclatante scoperta".
"Chiedi le prove " non è un mantra né una formula magica, perché a dirlo e basta non succede niente. Bisogna armarsi e... chiedere! Bisogna farsi promotori e tirare in ballo direttamente chi ha fatto l'affermazione.
Troppo spesso, infatti, chi afferma pubblicamente qualcosa evita di provare ciò che dice, magari perché non è in buona fede, perché egli stesso, nell'esprimersi con leggerezza, non è in grado di fornire prove valide ma anche semplicemente per il diffuso malcostume di lasciare agli altri l'arduo compito della verifica e preferire una comunicazione più "emotiva" e diretta.
Un malcostume che al CICAP conosciamo bene e che da sempre cerchiamo di contrastare contrapponendo alla superficialità delle pseudoscienze un'attenta comunicazione scientifica e raccontando, ma anche praticando direttamente, il metodo scientifico.
"Chiedi le prove " non è una formula magica e noi, del resto, di formule magiche non ne abbiamo mai avute, né sapremmo cosa farcene. Preferiamo un altro approccio: nella più che venticinquennale storia del CICAP ci siamo sforzati di migliorare la nostra comunicazione mettendoci continuamente in discussione (anche questo è fare scienza). È in questo spirito che, per esempio, abbiamo deciso di cambiare il senso della ‘P' nel nostro nome da "Paranormale" a "Pseudoscienze", ed è con lo stesso spirito che continuiamo a chiederci quanto il nostro modo di lavorare sia efficace nel raggiungimento dei nostri obiettivi.
Diciamo sempre che l'onere della prova spetta a chi fa un'affermazione: è ciò che facciamo in pratica quando mettiamo alla prova chi afferma di avere capacità che esulano la normalità umana. E il debunking? In che direzione va l'attività di controllo e informazione che tanti più o meno professionisti armati di buona volontà fanno ogni volta che i social o i giornali vengono invasi da clamori pseudoscientifici (bella perifrasi per dire "panzane")?
Ce lo siamo domandato più volte, senza mettere in dubbio l'importanza del debunking ma investigando su come questa attività, difficilissima se lasciata nelle mani di pochi, venga percepita e utilizzata da chi ci segue.
Se da un lato, infatti, un attento articolo di fact checking, oltre a far luce sul fatto contingente, rappresenta un'insostituibile fonte di ispirazione su che cosa domandarsi in situazioni simili e come farlo nella pratica, dall'altro sembra insinuarsi la sensazione che questo sia un lavoro dovuto alla collettività da parte di pochi addetti ai lavori. Così come ci si aspetta che un postino consegni la nostra posta nella buca delle lettere di casa, allo stesso modo ormai troppo spesso, di fronte ad un'affermazione pseudoscientifica, la prima (ed unica) reazione è aspettare che qualcuno la verifichi per noi, sempre nell'ipotesi che abbiamo un certo interesse per la verità.
"Chiedi le prove" si trasforma così in "chiedi all'esperto": una pratica che, sebbene sia infinitamente preferibile ad "accetta acriticamente", finisce per fornire a chi fa affermazioni pubbliche un ulteriore motivo per non perdere tempo a provare ciò che dice (tanto lo faranno altri e comunque lo sapranno pochi) e nel contempo è una mancata occasione per tutti noi di essere protagonisti, allenare il nostro senso critico e soprattutto aumentare negli altri l'aspettativa di prove, ovvero veicolare l'idea che fornire le prove di ciò che si propaganda e pretenderle da parte di chi riceve l'informazione sia la cosa più naturale.
Ecco il motivo di una nuova scommessa: una nuova iniziativa, promossa dal CICAP, che si chiama, pensate un po'... Chiedi le Prove!
È la versione italiana di una campagna, nata nel Regno Unito con il nome di "Ask for Evidence" per opera dell'associazione Sense About Science, e poi diffusa anche negli Stati Uniti.
Essa ha lo scopo di aiutare le persone a farsi promotrici nel richiedere prove e fatti documentati a supporto di affermazioni pubbliche di natura scientifica. Non sempre, infatti, chi è curioso e vorrebbe saperne di più riguardo un'affermazione appena letta sa esattamente a chi rivolgersi, in che modo e in quale forma veicolare la sua richiesta. Può capitare poi di non avere gli strumenti per comprendere o approfondire una eventuale risposta.
Sul sito www.chiedileprove.it gli utenti possono trovare un efficace "manuale del perfetto asker" nonché una raccolta delle storie, ovvero resoconti delle richieste portate avanti da altri utenti, con l'aiuto di Chiedi le prove: storie andate a buon fine, ma anche racconti di piccoli insuccessi da cui trarre importanti lezioni. Che cosa si può capire, ad esempio, da una mancata risposta? Che cosa possiamo fare se accertiamo l'assenza o l'inconsistenza delle prove?
Cuore pulsante dell'iniziativa sono i social network. Su Twitter si può usare l'hashtag #ChiediLeProve in modo che gli utenti possano seguire l'evoluzione delle richieste e sfruttare l'esperienza maturata dagli altri, mentre la pagina Facebook Chiedi Le Prove è l'estensione social del sito ed è quindi il luogo ideale per mantenersi aggiornati e poter esprimere la propria opinione.
Come funziona in pratica?
Ci siamo imbattuti in un'affermazione scientifica di cui vogliamo conoscere le prove. Leggendo il manuale sul sito e consultando le storie che andranno via via aggiungendosi, possiamo farci un'idea di che cosa chiedere, quale tono usare per essere efficaci (non è una guerra!) e a chi indirizzare la nostra richiesta. Ricordiamo per esempio che "punzecchiare" su twitter o su Facebook può essere utile in termini di visibilità, ma non può essere conclusivo ed efficace se vogliamo veramente avere un riscontro. La cosa migliore è individuare un destinatario ideale e scrivergli una mail educata, aggiungendo in CC l'indirizzo [email protected] ; questo sia perché si possa tenere traccia di come procede la richiesta ed eventualmente poi riassumerla in una delle storie sul sito, sia perché ricevere una richiesta che si sa essere molto ben attenzionata e visibile può fungere da sprone per chi dovrà rispondere.
Nell'attesa di ricevere una risposta possiamo far sapere sui social che abbiamo chiesto le prove: magari qualcun altro era proprio interessato allo stesso argomento...
Arriva finalmente una risposta. Potremmo essere soddisfatti delle prove fornite e quindi condividere la risposta sulla pagina Facebook o mandare un tweet del tipo: ‘prove ottenute #ChiediLeProve', oppure potremmo avere bisogno di un aiuto per comprendere queste prove. In questo caso il CICAP e Chiedi le prove potranno aiutarci mettendoci in contatto con un esperto.
Ma questo è solo l'ultimo passaggio: con Chiedi le prove il lavoro lo facciamo tutti noi curiosi. Non si vuole offrire un servizio, ma spunti, storie, aggregazione. Si tratta di un'iniziativa squisitamente sociale e non solo social, nel senso che non vuole limitarsi a creare una comunità virtuale ma essere un tassello di un nuovo sentimento comune, di un diverso approccio collettivo all'informazione, non semplicemente ricevuta ma ragionata.
Per saperne di più: www.chiedileprove.it
"Chiedi le prove " non è un mantra né una formula magica, perché a dirlo e basta non succede niente. Bisogna armarsi e... chiedere! Bisogna farsi promotori e tirare in ballo direttamente chi ha fatto l'affermazione.
Troppo spesso, infatti, chi afferma pubblicamente qualcosa evita di provare ciò che dice, magari perché non è in buona fede, perché egli stesso, nell'esprimersi con leggerezza, non è in grado di fornire prove valide ma anche semplicemente per il diffuso malcostume di lasciare agli altri l'arduo compito della verifica e preferire una comunicazione più "emotiva" e diretta.
Un malcostume che al CICAP conosciamo bene e che da sempre cerchiamo di contrastare contrapponendo alla superficialità delle pseudoscienze un'attenta comunicazione scientifica e raccontando, ma anche praticando direttamente, il metodo scientifico.
"Chiedi le prove " non è una formula magica e noi, del resto, di formule magiche non ne abbiamo mai avute, né sapremmo cosa farcene. Preferiamo un altro approccio: nella più che venticinquennale storia del CICAP ci siamo sforzati di migliorare la nostra comunicazione mettendoci continuamente in discussione (anche questo è fare scienza). È in questo spirito che, per esempio, abbiamo deciso di cambiare il senso della ‘P' nel nostro nome da "Paranormale" a "Pseudoscienze", ed è con lo stesso spirito che continuiamo a chiederci quanto il nostro modo di lavorare sia efficace nel raggiungimento dei nostri obiettivi.
Diciamo sempre che l'onere della prova spetta a chi fa un'affermazione: è ciò che facciamo in pratica quando mettiamo alla prova chi afferma di avere capacità che esulano la normalità umana. E il debunking? In che direzione va l'attività di controllo e informazione che tanti più o meno professionisti armati di buona volontà fanno ogni volta che i social o i giornali vengono invasi da clamori pseudoscientifici (bella perifrasi per dire "panzane")?
Ce lo siamo domandato più volte, senza mettere in dubbio l'importanza del debunking ma investigando su come questa attività, difficilissima se lasciata nelle mani di pochi, venga percepita e utilizzata da chi ci segue.
Se da un lato, infatti, un attento articolo di fact checking, oltre a far luce sul fatto contingente, rappresenta un'insostituibile fonte di ispirazione su che cosa domandarsi in situazioni simili e come farlo nella pratica, dall'altro sembra insinuarsi la sensazione che questo sia un lavoro dovuto alla collettività da parte di pochi addetti ai lavori. Così come ci si aspetta che un postino consegni la nostra posta nella buca delle lettere di casa, allo stesso modo ormai troppo spesso, di fronte ad un'affermazione pseudoscientifica, la prima (ed unica) reazione è aspettare che qualcuno la verifichi per noi, sempre nell'ipotesi che abbiamo un certo interesse per la verità.
"Chiedi le prove" si trasforma così in "chiedi all'esperto": una pratica che, sebbene sia infinitamente preferibile ad "accetta acriticamente", finisce per fornire a chi fa affermazioni pubbliche un ulteriore motivo per non perdere tempo a provare ciò che dice (tanto lo faranno altri e comunque lo sapranno pochi) e nel contempo è una mancata occasione per tutti noi di essere protagonisti, allenare il nostro senso critico e soprattutto aumentare negli altri l'aspettativa di prove, ovvero veicolare l'idea che fornire le prove di ciò che si propaganda e pretenderle da parte di chi riceve l'informazione sia la cosa più naturale.
Ecco il motivo di una nuova scommessa: una nuova iniziativa, promossa dal CICAP, che si chiama, pensate un po'... Chiedi le Prove!
È la versione italiana di una campagna, nata nel Regno Unito con il nome di "Ask for Evidence" per opera dell'associazione Sense About Science, e poi diffusa anche negli Stati Uniti.
Essa ha lo scopo di aiutare le persone a farsi promotrici nel richiedere prove e fatti documentati a supporto di affermazioni pubbliche di natura scientifica. Non sempre, infatti, chi è curioso e vorrebbe saperne di più riguardo un'affermazione appena letta sa esattamente a chi rivolgersi, in che modo e in quale forma veicolare la sua richiesta. Può capitare poi di non avere gli strumenti per comprendere o approfondire una eventuale risposta.
Sul sito www.chiedileprove.it gli utenti possono trovare un efficace "manuale del perfetto asker" nonché una raccolta delle storie, ovvero resoconti delle richieste portate avanti da altri utenti, con l'aiuto di Chiedi le prove: storie andate a buon fine, ma anche racconti di piccoli insuccessi da cui trarre importanti lezioni. Che cosa si può capire, ad esempio, da una mancata risposta? Che cosa possiamo fare se accertiamo l'assenza o l'inconsistenza delle prove?
Cuore pulsante dell'iniziativa sono i social network. Su Twitter si può usare l'hashtag #ChiediLeProve in modo che gli utenti possano seguire l'evoluzione delle richieste e sfruttare l'esperienza maturata dagli altri, mentre la pagina Facebook Chiedi Le Prove è l'estensione social del sito ed è quindi il luogo ideale per mantenersi aggiornati e poter esprimere la propria opinione.
Come funziona in pratica?
Ci siamo imbattuti in un'affermazione scientifica di cui vogliamo conoscere le prove. Leggendo il manuale sul sito e consultando le storie che andranno via via aggiungendosi, possiamo farci un'idea di che cosa chiedere, quale tono usare per essere efficaci (non è una guerra!) e a chi indirizzare la nostra richiesta. Ricordiamo per esempio che "punzecchiare" su twitter o su Facebook può essere utile in termini di visibilità, ma non può essere conclusivo ed efficace se vogliamo veramente avere un riscontro. La cosa migliore è individuare un destinatario ideale e scrivergli una mail educata, aggiungendo in CC l'indirizzo [email protected] ; questo sia perché si possa tenere traccia di come procede la richiesta ed eventualmente poi riassumerla in una delle storie sul sito, sia perché ricevere una richiesta che si sa essere molto ben attenzionata e visibile può fungere da sprone per chi dovrà rispondere.
Nell'attesa di ricevere una risposta possiamo far sapere sui social che abbiamo chiesto le prove: magari qualcun altro era proprio interessato allo stesso argomento...
Arriva finalmente una risposta. Potremmo essere soddisfatti delle prove fornite e quindi condividere la risposta sulla pagina Facebook o mandare un tweet del tipo: ‘prove ottenute #ChiediLeProve', oppure potremmo avere bisogno di un aiuto per comprendere queste prove. In questo caso il CICAP e Chiedi le prove potranno aiutarci mettendoci in contatto con un esperto.
Ma questo è solo l'ultimo passaggio: con Chiedi le prove il lavoro lo facciamo tutti noi curiosi. Non si vuole offrire un servizio, ma spunti, storie, aggregazione. Si tratta di un'iniziativa squisitamente sociale e non solo social, nel senso che non vuole limitarsi a creare una comunità virtuale ma essere un tassello di un nuovo sentimento comune, di un diverso approccio collettivo all'informazione, non semplicemente ricevuta ma ragionata.
Per saperne di più: www.chiedileprove.it