Prendete un telaietto di plastica o di metallo, di forma qualunque purché chiusa e piana (un anello, un quadrato o quello che vi pare), immergetelo in acqua ed estraetelo. Cosa succede?
Il telaietto si bagna, ovviamente, ma nient'altro di molto interessante. Ora aggiungete un po' di sapone liquido all'acqua, mescolate e ripetete l'esperimento dell'immersione e dell'estrazione del telaietto. Sappiamo benissimo cosa succede: si forma una lamina di liquido che si tende chiudendo lo spazio a disposizione definito dalla forma del telaio. Sappiamo anche che se soffiamo delicatamente contro questa lamina, di solito siamo capaci di formare delle bellissime bolle che per un po' di tempo ci deliziano volteggiando nell'aria.
Sappiamo infine che queste bolle sono particolarmente affascinanti per i loro colori iridescenti (altro che le mille bolle blu ... ci sono infinite varietà e sfumature cromatiche oltre a questo colore).
Cosa succede all'acqua quando viene saponata? È davvero necessario il detersivo liquido perché si formi la lamina e poi questa diventi una bolla sferica? E perché poi proprio quei colori? Siamo al cospetto di un fenomeno molto interessante, ricco di implicazioni fisiche, chimiche e matematiche che richiederebbe un lungo viaggio attraverso libri, teorie, esperimenti anche complicati. Accontentiamoci di un percorso breve lasciando ai più curiosi ulteriori approfondimenti.
La lamina, anzitutto: una vera e propria parete che divide lo spazio delimitato dalla forma del telaietto. Se esiste (e se dura abbastanza perché la si possa vedere ed eventualmente deformare per costruire una bolla) è chiaro che debbano esserci delle forze che conferiscono al liquido così disposto la sua forma e la sua "tenacia". È possibile fare dei semplici esperimenti nei quali un bordo del telaietto è mobile e lo si può avvicinare e allontanare dalle altre parti del telaio stesso misurando la forza necessaria a compiere questi movimenti.
Forza che esiste e che ci è nota anche osservando i gerridi, gli insetti che riescono a camminare sull'acqua. Oppure forza che sentiamo con decisione dopo un tuffo "spanciato" in piscina. Gli ammaraggi possono risultare molto dolorosi. Questa forza è detta "tensione superficiale" ed esiste in virtù del fatto che passando da un mezzo fluido a un altro (per esempio, dall'aria all'acqua) le molecole in prossimità dell'interfaccia fra i mezzi si comportano diversamente da quelle da essa lontane. Si pensi al fatto che le molecole di acqua vicine alla superficie vengono attirate e spintonate solo dalle loro consimili verso la parte interna del liquido, mentre dall'altra parte "vedono" molecole di aria che spintonano anch'esse ma in modo molto differente (se non altro perché l'aria è molto meno "compatta", densa dell'acqua).
Il risultato è che nasce un "qualcosa" che giustifica la necessità di una forza per passare dall'esterno all'interno del liquido (in entrambe le direzioni). Questo qualcosa può essere anche interpretato in termini energetici, ovvero si può parlare di una vera e propria energia superficiale, ovvero della necessità di compiere lavoro per rompere, modificare, deformare questa zona di separazione.
Il sapone cosa c'entra in tutto ciò? In effetti gli insetti gerridi camminano benissimo sull'acqua anche senza sapone, però per parlare di lamine e di bolle il detersivo è molto importante. Il fatto è che queste sostanze (dette "tensioattive") sono fatte da lunghe molecole e ioni (molecole elettricamente cariche) che si comportano diversamente (in modo "idrofobo" o "idrofilo") rispetto alle molecole di acqua. Il risultato complessivo è che, in presenza di liquidi saponosi, la tensione superficiale all'interfaccia diminuisce (non è vero che aumenta, come qualcuno erroneamente afferma) consentendo in questo modo una maggiore durata dell'effetto di separazione fra interno ed esterno anche in presenza di una lamina sottile, che altro non è se non una doppia superficie che separa tramite acqua (saponata) due volumi di aria.
Se esercitiamo una forza (per esempio soffiando) sulla lamina, questa si deforma fino eventualmente ad assumere una forma essenzialmente sferica e chiusa. Lo stesso accade in una goccia d'acqua, con l'importante differenza che in quest'ultimo caso esiste un'unica superficie di separazione fra liquido e aria o, in altre parole, la goccia è ovviamente piena mentre la bolla è cava. Nel caso della bolla, essa si mantiene grazie a un delicato bilanciamento di forze fra la pressione esercitata dall'aria all'interno e la forza di tensione superficiale che si oppone all'aumento di volume della bolla stessa (legge di Laplace-Young).
Chi pensa che si tratti di un fenomeno simile a quello che si osserva gonfiando un palloncino di gomma è purtroppo sulla strada sbagliata: in quel caso esiste certo una relazione fra pressione di gonfiaggio e tensione della gomma ma è di tipo completamente differente da quella caratteristica della bolla di sapone. Nella gomma le forze in gioco fra le molecole della membrana sono di tipo differente da quelle agenti nella bolla: si ricordi che in quest'ultimo caso abbiamo a che fare con un liquido, mentre nel palloncino la membrana è un solido elastico.
Dunque: le bolle di sapone non sono palloncini di acqua saponata. Il detersivo disciolto nell'acqua ha peraltro il ruolo importantissimo di stabilizzare nel tempo (e nella forma) la bolla grazie anche al cosiddetto "effetto Marangoni".
Che la forma della bolla sia essenzialmente sferica è un altro aspetto scientificamente rilevante. Il motivo tutto sommato è relativamente semplice e deriva dal fatto che la sfera è la forma geometrica in tre dimensioni che ha il massimo volume racchiuso dalla minima superficie per un dato raggio. Fisicamente questo implica che la forma sferica minimizza il costo energetico per costruire e tenere assieme la bolla ed ecco che la natura automaticamente segue la via del massimo risparmio.
Annessa a questa proprietà segue a catena una sequenza pressoché interminabile di altre interessanti proprietà delle lamine sottili di liquido (saponato) che, se disposte fra due telai piani e paralleli con collegamenti fra di essi costituiti da piccoli perni o supporti, seguono - sempre per questioni di minimizzazione dei costi energetici - le vie più brevi possibili.
È possibile in questo modo realizzare degli "ottimizzatori naturali" dei percorsi che collegano varie tappe di una serie di cammini.
I colori delle lamine e delle bolle? Anche questo è un aspetto, oltreché affascinante per questioni semplicemente estetiche, molto interessante da un punto di vista scientifico. Le lamine sono molto sottili, ma veramente molto: si parla di centinaia di nanometri ma anche meno (un nanometro è pari a un miliardesimo di metro, ossia a un milionesimo di millimetro).
Quando la luce "bianca" (radiazione elettromagnetica visibile data dalla sovrapposizione di onde con molte lunghezze differenti) incide su una lamina così sottile, accadono due cose (fra altre meno importanti per l'aspetto che qui ci interessa): anzitutto parte della luce viene riflessa alla prima superficie ma un'altra parte procede verso l'interno del liquido della lamina, al termine della quale una parte procede verso l'interno ma un'altra parte viene riflessa nella direzione dalla quale la luce era arrivata.
A questo punto questa luce riflessa "interferisce" con la parte riflessa fin dall'inizio (prima riflessione) e queste due componenti (sono onde elettromagnetiche) possono rinforzarsi, annullarsi, indebolirsi in vario modo a seconda della loro lunghezza (che associamo a differenti colori), del cammino che hanno fatto prima di incontrarsi di nuovo (associato questo allo spessore della lamina) e degli angoli di incidenza e osservazione.
Risultato: spessori diversi (variabili per esempio con l'età della bolla) e movimenti di sapone nella lamina (effetto Marangoni, ma anche il semplice agire del peso del liquido) danno luogo a infiniti colori.
Dire che tutto si risolve in una bolla di sapone non si applica certo quando si scopre che in realtà in essa c'è un ricchissimo laboratorio di fisica dei fluidi, meccanica, ottica, elettromagnetismo, chimica e matematica.
Il telaietto si bagna, ovviamente, ma nient'altro di molto interessante. Ora aggiungete un po' di sapone liquido all'acqua, mescolate e ripetete l'esperimento dell'immersione e dell'estrazione del telaietto. Sappiamo benissimo cosa succede: si forma una lamina di liquido che si tende chiudendo lo spazio a disposizione definito dalla forma del telaio. Sappiamo anche che se soffiamo delicatamente contro questa lamina, di solito siamo capaci di formare delle bellissime bolle che per un po' di tempo ci deliziano volteggiando nell'aria.
Sappiamo infine che queste bolle sono particolarmente affascinanti per i loro colori iridescenti (altro che le mille bolle blu ... ci sono infinite varietà e sfumature cromatiche oltre a questo colore).
Cosa succede all'acqua quando viene saponata? È davvero necessario il detersivo liquido perché si formi la lamina e poi questa diventi una bolla sferica? E perché poi proprio quei colori? Siamo al cospetto di un fenomeno molto interessante, ricco di implicazioni fisiche, chimiche e matematiche che richiederebbe un lungo viaggio attraverso libri, teorie, esperimenti anche complicati. Accontentiamoci di un percorso breve lasciando ai più curiosi ulteriori approfondimenti.
La lamina, anzitutto: una vera e propria parete che divide lo spazio delimitato dalla forma del telaietto. Se esiste (e se dura abbastanza perché la si possa vedere ed eventualmente deformare per costruire una bolla) è chiaro che debbano esserci delle forze che conferiscono al liquido così disposto la sua forma e la sua "tenacia". È possibile fare dei semplici esperimenti nei quali un bordo del telaietto è mobile e lo si può avvicinare e allontanare dalle altre parti del telaio stesso misurando la forza necessaria a compiere questi movimenti.
Forza che esiste e che ci è nota anche osservando i gerridi, gli insetti che riescono a camminare sull'acqua. Oppure forza che sentiamo con decisione dopo un tuffo "spanciato" in piscina. Gli ammaraggi possono risultare molto dolorosi. Questa forza è detta "tensione superficiale" ed esiste in virtù del fatto che passando da un mezzo fluido a un altro (per esempio, dall'aria all'acqua) le molecole in prossimità dell'interfaccia fra i mezzi si comportano diversamente da quelle da essa lontane. Si pensi al fatto che le molecole di acqua vicine alla superficie vengono attirate e spintonate solo dalle loro consimili verso la parte interna del liquido, mentre dall'altra parte "vedono" molecole di aria che spintonano anch'esse ma in modo molto differente (se non altro perché l'aria è molto meno "compatta", densa dell'acqua).
Il risultato è che nasce un "qualcosa" che giustifica la necessità di una forza per passare dall'esterno all'interno del liquido (in entrambe le direzioni). Questo qualcosa può essere anche interpretato in termini energetici, ovvero si può parlare di una vera e propria energia superficiale, ovvero della necessità di compiere lavoro per rompere, modificare, deformare questa zona di separazione.
Il sapone cosa c'entra in tutto ciò? In effetti gli insetti gerridi camminano benissimo sull'acqua anche senza sapone, però per parlare di lamine e di bolle il detersivo è molto importante. Il fatto è che queste sostanze (dette "tensioattive") sono fatte da lunghe molecole e ioni (molecole elettricamente cariche) che si comportano diversamente (in modo "idrofobo" o "idrofilo") rispetto alle molecole di acqua. Il risultato complessivo è che, in presenza di liquidi saponosi, la tensione superficiale all'interfaccia diminuisce (non è vero che aumenta, come qualcuno erroneamente afferma) consentendo in questo modo una maggiore durata dell'effetto di separazione fra interno ed esterno anche in presenza di una lamina sottile, che altro non è se non una doppia superficie che separa tramite acqua (saponata) due volumi di aria.
Se esercitiamo una forza (per esempio soffiando) sulla lamina, questa si deforma fino eventualmente ad assumere una forma essenzialmente sferica e chiusa. Lo stesso accade in una goccia d'acqua, con l'importante differenza che in quest'ultimo caso esiste un'unica superficie di separazione fra liquido e aria o, in altre parole, la goccia è ovviamente piena mentre la bolla è cava. Nel caso della bolla, essa si mantiene grazie a un delicato bilanciamento di forze fra la pressione esercitata dall'aria all'interno e la forza di tensione superficiale che si oppone all'aumento di volume della bolla stessa (legge di Laplace-Young).
Chi pensa che si tratti di un fenomeno simile a quello che si osserva gonfiando un palloncino di gomma è purtroppo sulla strada sbagliata: in quel caso esiste certo una relazione fra pressione di gonfiaggio e tensione della gomma ma è di tipo completamente differente da quella caratteristica della bolla di sapone. Nella gomma le forze in gioco fra le molecole della membrana sono di tipo differente da quelle agenti nella bolla: si ricordi che in quest'ultimo caso abbiamo a che fare con un liquido, mentre nel palloncino la membrana è un solido elastico.
Dunque: le bolle di sapone non sono palloncini di acqua saponata. Il detersivo disciolto nell'acqua ha peraltro il ruolo importantissimo di stabilizzare nel tempo (e nella forma) la bolla grazie anche al cosiddetto "effetto Marangoni".
Che la forma della bolla sia essenzialmente sferica è un altro aspetto scientificamente rilevante. Il motivo tutto sommato è relativamente semplice e deriva dal fatto che la sfera è la forma geometrica in tre dimensioni che ha il massimo volume racchiuso dalla minima superficie per un dato raggio. Fisicamente questo implica che la forma sferica minimizza il costo energetico per costruire e tenere assieme la bolla ed ecco che la natura automaticamente segue la via del massimo risparmio.
Annessa a questa proprietà segue a catena una sequenza pressoché interminabile di altre interessanti proprietà delle lamine sottili di liquido (saponato) che, se disposte fra due telai piani e paralleli con collegamenti fra di essi costituiti da piccoli perni o supporti, seguono - sempre per questioni di minimizzazione dei costi energetici - le vie più brevi possibili.
È possibile in questo modo realizzare degli "ottimizzatori naturali" dei percorsi che collegano varie tappe di una serie di cammini.
I colori delle lamine e delle bolle? Anche questo è un aspetto, oltreché affascinante per questioni semplicemente estetiche, molto interessante da un punto di vista scientifico. Le lamine sono molto sottili, ma veramente molto: si parla di centinaia di nanometri ma anche meno (un nanometro è pari a un miliardesimo di metro, ossia a un milionesimo di millimetro).
Quando la luce "bianca" (radiazione elettromagnetica visibile data dalla sovrapposizione di onde con molte lunghezze differenti) incide su una lamina così sottile, accadono due cose (fra altre meno importanti per l'aspetto che qui ci interessa): anzitutto parte della luce viene riflessa alla prima superficie ma un'altra parte procede verso l'interno del liquido della lamina, al termine della quale una parte procede verso l'interno ma un'altra parte viene riflessa nella direzione dalla quale la luce era arrivata.
A questo punto questa luce riflessa "interferisce" con la parte riflessa fin dall'inizio (prima riflessione) e queste due componenti (sono onde elettromagnetiche) possono rinforzarsi, annullarsi, indebolirsi in vario modo a seconda della loro lunghezza (che associamo a differenti colori), del cammino che hanno fatto prima di incontrarsi di nuovo (associato questo allo spessore della lamina) e degli angoli di incidenza e osservazione.
Risultato: spessori diversi (variabili per esempio con l'età della bolla) e movimenti di sapone nella lamina (effetto Marangoni, ma anche il semplice agire del peso del liquido) danno luogo a infiniti colori.
Dire che tutto si risolve in una bolla di sapone non si applica certo quando si scopre che in realtà in essa c'è un ricchissimo laboratorio di fisica dei fluidi, meccanica, ottica, elettromagnetismo, chimica e matematica.