Niente alieni attorno alla "stella di Tabby"

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Nel 2015 il telescopio spaziale Kepler, il cui compito è quello di rivelare la presenza di pianeti osservando il calo di luce che una stella mostra quando questi le transitano davanti, rivelò delle variazioni irregolari nella luminosità della stella KIC 8462852, una stella un po’ più luminosa del Sole, nella costellazione del Cigno. La stella, che dista circa 1500 anni luce da noi (per cui è visibile solo con un discreto telescopio) è anche nota come “stella di Tabby”, in onore di Tabetha S. Boyajian, l’astronoma a capo del gruppo che per primo l’ha studiata.

La luce della stella cala in modo imprevedibile di anche il 20%, ad intervalli irregolari, indicando la presenza di qualcosa in grado di coprirne una grossa frazione (un quinto della superficie, per confronto Giove riesce a coprire solo l’1% di quella del Sole), ma che non è formato da un singolo oggetto planetario. Un oggetto di quelle dimensioni dovrebbe inoltre provocare nella velocità della stella grosse oscillazioni, che non si vedono.

Sono state avanzate numerose ipotesi: sciami di pianeti, comete, nubi di polvere, o variazioni intrinseche nella luce emessa dalla stella, che si sta affievolendo nel tempo in modo lento ma costante. Ma ad aver senz’altro colpito maggiormente l’immaginazione è stata l’ipotesi di una megastruttura aliena, qualcosa che avvolga completamente, anche se in modo molto irregolare, la stella di Tabby. L’idea richiama quella di una sfera di Dyson, una struttura abitata che, circondando completamente la stella attorno alla quale orbita, ne raccolga tutta l’energia. La struttura nel nostro caso sarebbe solamente all’inizio della sua costruzione, o rappresenterebbe uno sciame di Dyson, composto da megastrutture piatte non collegate tra loro, ma le parti che vedremmo oscurare la stella sarebbero comunque larghe mezzo milione di km, più della distanza che ci separa dalla Luna. Anche se nessun astronomo crede veramente a questa ipotesi, il comportamento di questa stella era sufficientemente singolare da spingere il gruppo della dottoressa Boyajian a continuare le osservazioni.
E l’interesse di 1700 appassionati di astronomia, insieme alla pur remota possibilità di scoprire le tracce di una civiltà aliena, li ha spinti a finanziare di tasca loro la ricerca. Una raccolta sulla piattaforma Kickstarter ha fruttato oltre 100 mila dollari per sostenere una campagna di osservazioni con l’Osservatorio di Las Cumbres, una rete composta da 21 telescopi distribuita in tutto il mondo. Per le osservazioni sono stati usati due dei telescopi più piccoli, alle Canarie e alle Hawaii, a cui si sono aggiunti altri telescopi durante gli episodi di oscuramento.
La cosa ha dato i suoi frutti. È stato possibile osservare la stella dal marzo 2016 al settembre 2017 e recentemente è stato pubblicato, sulla prestigiosa rivista Astrophysical Journal Letters[1], un articolo in cui Tabetha Boyajian e 200 colleghi descrivono queste osservazioni. A partire dal maggio 2017 si sono verificati 4 episodi di oscuramento, ciascuno durato 5-10 giorni, che i ricercatori hanno battezzato “Elsie”, “Celeste”, “Skara Brae” e “Angkor”. Gli ultimi due nomi, di antiche città rispettivamente scozzese e cambogiana, sono stati scelti in quanto gli eventi, come le città, sono antichi, avvenuti oltre 1000 anni fa, e misteriosi.

Purtroppo, per l’ipotesi aliena i dati mostrano che l’oscuramento è dovuto a polvere, non a un oggetto solido. La polvere assorbe la luce in modo molto diverso a seconda del colore. La luce rossa viene assorbita meno di quella blu, e la luce infrarossa viene assorbita ancora meno. Una struttura solida opaca, come un pianeta o una megastruttura aliena, bloccherebbe invece la luce indipendentemente dal suo colore. Le osservazioni, effettuate in luce di vari colori, mostrano un assorbimento molto diverso, circa doppio nel colore blu rispetto a quello nell’infrarosso. Inoltre, la forma delle righe spettrali della stella non cambia durante gli episodi, indicando che si tratta davvero di qualcosa che si interpone davanti, e non di un cambiamento nella stella stessa.

Ma anche se non si tratta di una sfera di Dyson l’oggetto rimane interessante. Non sappiamo perché le nubi di polvere siano disposte in modo così irregolare. Non sappiamo perché ci siano, in quella stella particolare e solo in quella. Non sappiamo cosa causi il suo lento calo di luminosità.

Soprattutto è interessante come la ricerca si è svolta, con una fortissima partecipazione di gente comune, non astronomi professionisti. La sonda Kepler produce infatti una valanga di dati, che sono stati analizzati dai Planet Hunters, appassionati che hanno messo a disposizione i loro computer per cercare le deboli eclissi dovute a pianeti. Sono stati loro a notare il comportamento anomalo della stella, fornendo un punto di vista esterno, con meno pregiudizi su quello che si sarebbero dovuti aspettare. E sono stati loro, con il loro impegno anche economico, a permettere il proseguimento della ricerca.

La dottoressa ha commentato: «È entusiasmante. Ho apprezzato moltissimo tutte le persone che hanno contribuito a questo nello scorso anno, sia i cittadini scienziati che gli astronomi professionisti. Avere tutte queste persone che contribuiscono a vario titolo aiutando a risolvere il problema è una esperienza di grande umiltà».


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