Marziani sì o no? Il dubbio di Schiaparelli

Assolutamente sicuro della realtà dei canali di Marte, l’astronomo rimase invece incerto se ritenerli naturali o realizzati da una civiltà progredita

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  • 04-10-2023
  • di Giuseppe Bonacina
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Calanchi ghiacciati lungo le pareti di un cratere nella regione del polo nord di Marte in un’immagine ripresa dalla fotocamera del Mars Reconnaissance Orbiter © NASA/JPL-Caltech/University of Arizona
L'8 luglio del 1842, Giovanni, sette anni compiuti da pochi mesi, viene svegliato presto dalla mamma perché a Savigliano, il paese del cuneese dove è nato e vive, alle 6 e mezza sarebbe avvenuta un’eclissi totale di Sole. Il bambino rimane talmente impressionato dalla innaturale breve notte che interrompe il fluire del giorno che si ripromette di fare, da grande, l’astronomo. E così avviene.

Quel bambino era Giovanni Virginio Schiaparelli. Nato il 14 marzo 1835, dopo la laurea in Ingegneria idraulica e Architettura civile (non esisteva allora una laurea in astronomia) ed esperienze presso gli osservatori di Berlino e San Pietroburgo, è assunto all’Osservatorio Astronomico di Brera a Milano, di cui sarà direttore dal 1862 per quasi quarant’anni.

Accademico dei Lincei, nel 1889 è nominato Senatore del Regno d’Italia per meriti scientifici. Muore a Milano il 4 luglio 1910.

Sebbene a buon diritto Schiaparelli possa essere considerato uno dei maggiori astronomi della seconda metà dell’Ottocento per i suoi studi sulle stelle doppie, gli sciami cometari e i pianeti, la sua notorietà è legata alla controversia che animò la comunità scientifica nei decenni a cavallo tra Ottocento e Novecento sui cosiddetti canali di Marte: erano realtà della tormentata superficie del pianeta o illusione ottica? E, se realtà, erano naturali o realizzazioni di una civiltà locale intelligente e progredita?

Alla certezza della loro esistenza, sostenuta, oltre che da Schiaparelli, soprattutto da Percival Lowell e William Pickering, si contrapponeva il fondato scetticismo di molti altri, tra cui Alfred Wallace, Walter Maunder, Vincenzo Cerulli ed Eugène Antoniadi. La soluzione, forse al di là delle possibilità tecniche del tempo, arriverà solo nel 1965 con il flyby su Marte del Mariner 4: dei canali e dei loro ipotetici costruttori non v’era traccia.

Questa vicenda intricata è stata descritta in moltissimi articoli e libri, ed è interessante sotto molteplici aspetti: tecnico-scientifici, mediatici, sociali, linguistici e altro. Qui ci limitiamo a uno solo: l’atteggiamento incerto, se non ambiguo, di Schiaparelli riguardo all’ipotesi che i canali, di cui era certo, potessero essere opere di una società evoluta e solidale.

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Giovanni Schiaparelli nell’Osservatorio di Brera, tavola di A. Beltrame per La Domenica del Corriere, ottobre 1900 © Wikimedia/Pubblico Dominio

I “così detti” canali e le geminazioni


Schiaparelli comincia a occuparsi di Marte nel settembre 1877 in occasione di una delle opposizioni che portano il pianeta alla minima distanza dalla Terra (54,6 milioni di chilometri) e quindi alla sua osservazione più favorevole. Nello stesso anno, infatti, Asaph Hall scopre le sue due minuscole lune, Deimos e Phobos. I risultati delle sue osservazioni sono pubblicati sulle Memorie della Reale Accademia dei Lincei in sette articoli dal 1878 al 1910, per otto opposizioni con tutte le possibili inclinazioni dell’asse del pianeta, per un totale di quasi 650 pagine.

Schiaparelli osserva che la superficie marziana presenta zone chiare e scure, che indica convenzionalmente come “continenti” e “mari”, attribuendo nomi tuttora in uso tratti dalla letteratura e mitologia greca e latina. Nelle sue mappe spiccano le calotte polari bianche, ritenute ammassi di neve e ghiacci (oggi sappiamo che si tratta in prevalenza di anidride carbonica solida), che mutano di estensione con andamento stagionale nel corso dei 687 giorni dell’anno marziano. Alle latitudini inferiori sono evidenti estese variazioni di colore rispetto al rosso ruggine di fondo, che attribuisce a un ciclo vegetativo (ipotesi smentita solo negli anni '60 del XX secolo e attribuita a nubi di polvere sollevate da forti venti). Data la quasi totale assenza di nuvole e piogge, era facile supporre che il ciclo vegetativo dipendesse dal parziale disgelo e ripristino delle calotte polari con cadenza stagionale (opposta nei due emisferi). In sostanza, le differenze tra Marte e Terra apparivano molto marcate nella topografia, molto meno nella meteorologia.

Ma a interessare Schiaparelli sono soprattutto i “canali”, linee scure che solcano la superficie del pianeta anche per migliaia di chilometri (quasi un quarto dell’intera circonferenza) e collegano i mari. Sono già presenti nelle mappe di Marte di Angelo Secchi del 1858 e Richard Proctor del 1877, ma Schiaparelli, disponendo di mezzi più potenti, li descrive meglio e in numero maggiore. In più ne evidenzia un’inedita e singolare caratteristica: le “geminazioni”, duplicazioni parallele, parziali e temporanee dei canali stessi. Le novità introdotte da Schiaparelli si diffondono nella comunità astronomica internazionale grazie a Camille Flammarion, che traduce parte dei suoi articoli in francese, anche se le sue minuziose mappe “parlano” da sole.

Nelle Memorie Schiaparelli descrive minuziosamente i canali (spesso preceduti da “così detti”, non trovando parola più appropriata) e le geminazioni, accennando però alla loro controversa natura solo verso la fine del penultimo articolo, nel 1899: «Dobbiamo pure qui astenerci dal dar corso ad altre importanti riflessioni, che sulla natura dei canali e delle loro geminazioni vengono naturalmente suggerite dai fatti esposti, riservandole per altro luogo».

L'altro luogo a cui Schiaparelli rimanda il lettore è la rivista Natura ed Arte, rivolta a un pubblico non accademico, colto ma generalista. Qui, in due lunghi articoli nel 1893 e 1895, ha già esposto con prosa fluente e in forma discorsiva, oltre alle “cose vedute” su Marte, la possibilità che canali e geminazioni siano artefatti intenzionali di una civiltà evoluta; temi ripresi in un ultimo articolo nel 1909. A questi tre articoli, che saranno riuniti nel volume postumo La vita sul pianeta Marte, si fa qui riferimento.

Una supposizione non impossibile


Nel primo articolo, dopo un’ampia parte dedicata alla topografia e meteorologia di Marte anche in confronto alla Terra, si passa alla controversa interpretazione di canali e geminazioni. Schiaparelli propende dapprima per un’origine geologica: «Non occorre suppor qui l’opera di esseri intelligenti; e malgrado l’apparenza quasi geometrica di tutto il loro sistema, per ora incliniamo a credere che essi siano prodotti dell’evoluzione del pianeta». Più avanti però ammette plausibile la loro origine artificiale, con scopi di regolazione del ciclo idrologico del pianeta: «Si possono tuttavia assumere opere tali, da cui una certa variabilità non sia esclusa, per esempio, lavori estesi di colture e di irrigazione su larga scala. Aggiungerò ancora, che l’intervento di esseri intelligenti può spiegare l’apparenza geometrica delle geminazioni, ma non è punto necessario a tale intento».

Un’ampia parte di questo articolo è stata pubblicata in inglese nel 1894 su Astronomy and Astrophysics e su Nature, ma lì la redazione ha espunto senza spiegazioni il paragrafo relativo alla possibile natura artificiale dei canali e alla loro gestione da parte di esseri intelligenti. Due suoi successivi articoli di carattere generale, nel 1898 su Société astronomique de France e nel 1899 su Science, contribuiranno a saldare il nome di Schiaparelli ai canali di Marte.

Il paradiso degli idraulici e dei socialisti


Il secondo articolo, lungo metà del primo, è quello in cui è più evidente la suggestione di Schiaparelli sulla possibile esistenza su Marte di esseri intelligenti a cui attribuire la costruzione di canali e geminazioni e la loro gestione per fini idrografici.

Il testo è preceduto dalla citazione Semel in anno licet insanire, come a dire che tutto quel che segue sarà solo il “libero volo” della fantasia. Ma sarà proprio così? No, perché la fantasia presto perde “carattere d’audacia” per diventare un’ipotesi degna di riscontro oggettivo, “quasi una conseguenza necessaria”: «[Se] si ferma l’attenzione sopra le misteriose geminazioni e sulla straordinaria regolarità di forma ch’esse presentano, l’idea che qualche parte almeno secondaria vi possa avere una razza di esseri intelligenti non può essere considerata come intieramente assurda. Anzi, al punto in cui siamo giunti, e data la verità delle cose sin qui esposte, tale supposizione perde quel carattere d’audacia che ci spaventava da principio, e diventa quasi una conseguenza necessaria». Realizzati con finalità agricole e industriali, i canali sarebbero «[…] destinati a condurre le acque su tutto il terreno irrigabile; i numerosi opifici, a cui le acque potranno dar moto nel loro scendere dai ciglioni laterali della valle al fondo della medesima, Marte dev’essere certamente il paradiso degli idraulici».

Lo scenario affascina Schiaparelli non solo sotto l’aspetto dell’ingegneria idraulica, ma anche sociale, per capire quale ordinamento possa meglio garantire, nella gestione coordinata di un sistema idrico così complesso e gigantesco, concordia e benessere a livello planetario: «[…] se l’intreccio, anzi la comunità d’interessi, onde son fra loro inevitabilmente legati gli abitanti d’ogni valle, non rendano qui assai più pratica e più opportuna, che sulla Terra non sia, l’istituzione del socialismo collettivo […], per cui Marte potrebbe diventare anche il paradiso dei socialisti». È una stonatura per un Senatore del Regno d’Italia (pur per meriti scientifici), che in quegli anni aveva nel Partito Socialista l’oppositore di classe anticapitalista, ma subito mitigata dalla possibile alternativa: la monarchia universale di Dante, ideale unificazione politica di tutto il mondo cristiano.

L’articolo si chiude con «io scendo dall’Ippogrifo», il mitico cavallo che nell’Orlando Furioso dell’Ariosto porta Astolfo sulla Luna alla ricerca del senno perduto di Orlando. Dunque, lo scenario marziano descritto è solo un esercizio di fantasia? Sembrerebbe di sì, se non fosse che segue il verso dantesco Messo t’ho innanzi: omai per te ti ciba (Paradiso, Canto X), che il sommo poeta, asceso al Cielo del Sole, dopo una breve lectio sulla perfezione dei moti celesti, pone a garanzia di verità di quanto precede. Insomma: caro lettore, ti ho messo sulla strada (giusta), ora (liberamente) vai avanti da solo.

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Una delle mappe di Marte disegnate da Schiaparelli © Wikimedia Commons/Pubblico dominio


Non sono illusioni ottiche


Il terzo articolo, pubblicato pochi mesi prima della morte e lungo solo un terzo del primo, è un po’ il riassunto dei due precedenti. Di nuovo Schiaparelli, pur ritenendo l’esistenza dei marziani frutto di “calda fantasia”, lascia aperta la possibilità di una prova: « il nome di “canali” però e la regolarità loro apparente ha indotto molti uomini di calda fantasia a ravvisare in essi opere artificiali gigantesche di esseri intelligenti; ipotesi questa che per ora non è ancora stato possibile dimostrare che sia vera o falsa». Ribadisce però con forza la reale presenza sul suolo marziano di canali e geminazioni, nonostante le molte e sempre più stringenti smentite che negli anni da più parti si sono accumulate: «Questo fatto, che è stato verificato centinaia e migliaia di volte, basta da solo a dissipare qualunque dubbio potesse nascere intorno alla realtà dei canali, e non lascia luogo a parlar d’illusioni ottiche».

L’articolo si chiude con un omaggio a Percival Lowell, convinto come Schiaparelli dell’esistenza dei canali ma anche aperto sostenitore dell’esistenza di una civiltà marziana (remota o attuale) che li ha realizzati. I due mantennero un lungo rapporto epistolare, impostato sul reciproco rispetto pur con qualche divergenza scientifica. Schiaparelli ammirava l’impegno del facoltoso americano, che aveva costruito un proprio osservatorio a Flagstaff, in Arizona, e impiegava tecniche avanzate, come la fotografia e la spettroscopia. Lowell, più giovane di vent’anni, considerava Schiaparelli un suo maestro, definendolo nella dedica del suo libro Mars and its canals del 1906 «the Culumbus of a new planetary world».

Uno scienziato vero


Sulla realtà di canali e geminazioni su Marte Schiaparelli si è dichiarato assolutamente certo sino alla fine dei suoi giorni, ma si è chiaramente sbagliato. Invece, sugli esseri intelligenti che li avrebbero costruiti non si è mai sbilanciato: da una parte, ne mette in dubbio l’esistenza senza però considerarla assurda e quindi restando in attesa di una prova decisiva, dall’altra subisce la suggestione di una supposta civiltà evoluta in grado di realizzare mastodontiche opere ingegneristiche e di darsi un’organizzazione socialmente concorde e finalizzata a livello planetario.

Purtroppo, la vicenda dei canali marziani, che ha animato la comunità degli astronomi e scatenato la fantasia dei media nei decenni tra Ottocento e Novecento e oltre, ha fatto dimenticare gli importanti contributi di Schiaparelli in altri settori della ricerca astronomica osservativa. Nessuno però ha mai messo in dubbio la sua onestà intellettuale e scientifica.

Bibliografia

  • Schiaparelli G., 1878-1910, “Osservazioni astronomiche e fisiche sul pianeta Marte”, in Memorie Reale Accademia dei Lincei, Memoria prima, 1878; Memoria seconda, 1881; Memoria terza, 1886; Memoria quarta, 1886; Memoria quinta, 1897; Memoria sesta, 1899; Memoria settima, 1910
  • Schiaparelli G., 1893-1909. “La vita sul pianeta Marte”, in Natura ed Arte, n. 5 e 6, 1° e 15 febbraio 1893; n.11, 1895; n. 1, 1° dicembre 1909
  • Schiaparelli G., 1884, “The planet Mars”, in Astronomy and Astrophysics, vol. 13
  • AA.VV., 1894. “Schiaparelli on Mars”, in Nature, n. 1308, Vol. 51
  • Schiaparelli G., 1898,. La vie sur la planète Mars, Société astronomique de France
  • Schiaparelli G.,1899, “Observations on the planet Mars”, in Science
  • Putnam J., Sheehan W., 2021, “A complicated relationship: an introduction to the correspondence between Percival Lowell and Giovanni Virginio Schiaparelli”, in Journal of Astronomical History and Heritage, vol. 24(1)

GIUSEPPE BONACINA laureato in chimica industriale, giornalista professionista, è stato direttore di testate tecnico-scientifiche. Appassionato di astronomia, si interessa in particolare delle relazioni Sole-Terra e della pluralità dei mondi.

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