Chi, e perché, si rifiuta di portare la mascherina che ci protegge e protegge gli altri dall’infezione del virus Sars-CoV-2? Individui irrazionali, che si muovono alla cieca, isolati, dalle motivazioni incomprensibili? Oppure, se osservati con metodo, soggetti che ci raccontano qualcosa sulle modalità con cui le società hanno vissuto questo convulso 2020?
Questo si è chiesto per la Francia Antoine Bristielle, ricercatore presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Grenoble, con un progetto richiestogli dalla Fondazione Jean Jaurès per le scienze sociali. Il 7 settembre, sul sito della Fondazione sono stati pubblicati gli esiti del lavoro di Bristielle[1].
Oltralpe, le manifestazioni pubbliche dei negazionisti finora hanno avuto dimensioni inferiori a quelle di altri paesi europei. Ciò non toglie che sui social, in particolare su Facebook, la loro presenza sia ormai evidente. Questo fatto si è prestato bene a un’analisi sia quantitativa sia qualitativa delle convinzioni di coloro che frequentano i numerosi gruppi di quel genere. Agli iscritti a questi gruppi Bristielle ha offerto un questionario contenente, fra l’altro, domande già sottoposte in precedenza sia alla popolazione generale francese, sia ai membri del movimento dei “Gilet gialli”. In questo modo, è stato possibile misurare le peculiarità dei no mask rispetto a questi altri due universi di popolazione.
Sulla base di più di 1000 questionari validi raccolti in dieci giorni, Bristielle ha costruito un profilo quantitativo, socio-politico, e uno più qualitativo, relativo alle argomentazioni, di un buon campione di appartenenti ai gruppi Facebook no mask.
Le ragioni principali della loro “collera” sono quattro.
1) Le mascherine sono inutili, ossia non proteggono dal virus: è la motivazione “di base”, la meno estrema; 2) le mascherine sono pericolose, ossia provocano problemi respiratori, infezioni batteriche, ecc.: con essa si accentua la motivazione al punto 1.
A questi due argomenti di tipo medico-sanitario, si aggiungono gli altri due, che presentano una “sfida” cognitiva più forte. Eccoli: 3) la pandemia è terminata, o, addirittura, non c’è mai stata; 4) l’obbligo delle mascherine è un esperimento di controllo sociale, forse è addirittura parte di un processo di asservimento dei popoli. Chi sostiene questa quarta argomentazione, nel suo lessico trasforma significativamente le mascherine (masques) in “museruole” (muselières). Per lui, queste diventano il simbolo mostruoso della volontà di “tacitare”, alla lettera, il popolo.
La parte quantitativa dello studio di Bristielle prende in esame il profilo dei no mask. Un profilo con caratteristiche precise - tutte importanti - ma fra le quali una sembra spiccare di più: una totale sfiducia nelle istituzioni (sentimento peraltro già importante nel pubblico generale di quel Paese). Questa sfiducia non riguarda solo le istituzioni politiche, dal Presidente della Repubblica in giù, ma anche le espressioni della società. Ad esempio, se l’87% dei francesi dichiara di fidarsi della sanità pubblica, fra i no mask questa percentuale scende al 53%. In altri termini, i no mask hanno pochissima fiducia in qualsiasi messaggio che giunga da un’organizzazione istituzionale.
Come prevedibile, questa sfiducia ha conseguenze sul comportamento politico: altissimi tassi di astensione elettorale, fortissima polarizzazione verso i partiti antisistema (il Front National è stato votato alle presidenziali dal 27%, La France insoumise di J.-L. Mélenchon dal 20%), un diffuso rifiuto (il 61%) di autocollocarsi in qualche punto dell’asse tradizionale destra/sinistra.
Non c’è da stupirsi che i no mask francesi siano d’accordo con affermazioni di tipo populista: il declino della contrapposizione destra/sinistra si accompagna a una forte sostituzione con la dicotomia popolo/élites. Lo dimostra il fatto che, quando ai partecipanti è stata somministrata la scala del populismo inventata da Agnes Akkerman e da altri[2], la risposta positiva alle affermazioni proposte è risultata altissima, più alta in media di 12 punti rispetto a quella, già notevole, della media francese. Per costoro, devono essere i cittadini comuni e non i rappresentanti politici ad assumere decisioni pubbliche: tutt’altro che “impolitici”, i no mask francesi per Bristielle pongono invece istanze dal forte impatto collettivo.
In tutto ciò, l’autore dello studio scorge la penetrazione in Francia della tradizione politica libertarian propria degli Usa (iperliberismo economico, individualismo etico, sospetto verso qualsiasi forma di potere pubblico)[3]. Come per i libertariani americani, i no mask francesi sono assai sensibili al rapporto fra singolo e istituzioni, e sono convinti che la società sarebbe meno disfunzionale se gli individui avessero titolo ad assumere decisioni politiche non mediate da strutture intermedie.
Per Bristielle è la sfiducia istituzionale - e non tanto fattori di tipo cognitivo (mancanza di conoscenze sui meccanismi di base del ragionamento scientifico, ecc.) - a portare, come ulteriore corollario, all’adesione fortissima dei no mask a idee cospirazioniste, in specie a quelle sulla salute pubblica e a quelle di tipo antisemita (idee no vax, credenze sul “complotto sionista”). Nel complesso, comunque, il 63% dei no mask presenti in rete crede a più della metà delle tesi cospirazioniste presentate.
Anche dal punto di vista sociodemografico emergono alcune peculiarità. Mentre, in generale, chi professa idee cospirazioniste e antisistema è in prevalenza maschio, abbastanza giovane e di estrazione popolare[4], i no mask francesi sembrano essere diversi: più donne che uomini, abbastanza istruiti, età media 50 anni...
Bristielle ritiene che per spiegare queste specificità sia necessario tenere ben presenti le differenze fra chi “aderisce e basta” a quelle idee e chi invece si mobilita a loro favore: sono questi ultimi ad attivarsi nei gruppi Facebook e quindi ad esser stati indagati. Persone affascinate dalle posizioni libertariane, rispetto alle quali le ricerche statunitensi mostrano risultati abbastanza coerenti con la demografia sociale dei no mask transalpini: più alti sono i titoli di studio e il reddito, più in America s’incontreranno libertariani[5].
La portata della sfiducia si estende, come prevedibile, ai media mainstream (tv, giornali cartacei). Per le informazioni si rivolgono quasi del tutto a Internet, al contrario di quel che accade alla maggior parte dei francesi. Da quella “dieta informativa” alla creazione di bolle cognitive come quelle dei gruppi Facebook, in cui le opinioni divergenti sono rapidamente rimosse, il passo è breve: in quei contesti, le posizioni critiche non entrano nel dibattito.
Attenzione, però: il sentimento di diffidenza che li pervade non vuol dire che i no mask francesi non ripongano la loro fiducia in qualcuno. L’87% di loro ha una buona opinione del medico e microbiologo Didier Raoult, ad esempio: il medico che da metà marzo sostiene - in maniera a dir poco assai controversa - che un farmaco antimalarico inventato 65 anni fa, l’idrossiclorochina, sarebbe altamente efficace contro il Covid-19. Di fatto, fra i sostenitori di Raoult tout court e i no mask esiste una notevole sovrapposizione. Sono i due ambiti sociali che si toccano di più.
Conclude Bristielle: se non si prende in considerazione, nell’intraprendere eventuali azioni di contrasto, il motore fondamentale di tutto ciò (ossia il rifiuto radicale di qualsiasi tipo di istituzione), c’è da attendersi ulteriori sorprese dai no mask: in primo luogo, il rifiuto da parte di costoro di sottoporsi alle possibili, future vaccinazioni contro il Covid-19.
Questo si è chiesto per la Francia Antoine Bristielle, ricercatore presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Grenoble, con un progetto richiestogli dalla Fondazione Jean Jaurès per le scienze sociali. Il 7 settembre, sul sito della Fondazione sono stati pubblicati gli esiti del lavoro di Bristielle[1].
Oltralpe, le manifestazioni pubbliche dei negazionisti finora hanno avuto dimensioni inferiori a quelle di altri paesi europei. Ciò non toglie che sui social, in particolare su Facebook, la loro presenza sia ormai evidente. Questo fatto si è prestato bene a un’analisi sia quantitativa sia qualitativa delle convinzioni di coloro che frequentano i numerosi gruppi di quel genere. Agli iscritti a questi gruppi Bristielle ha offerto un questionario contenente, fra l’altro, domande già sottoposte in precedenza sia alla popolazione generale francese, sia ai membri del movimento dei “Gilet gialli”. In questo modo, è stato possibile misurare le peculiarità dei no mask rispetto a questi altri due universi di popolazione.
Sulla base di più di 1000 questionari validi raccolti in dieci giorni, Bristielle ha costruito un profilo quantitativo, socio-politico, e uno più qualitativo, relativo alle argomentazioni, di un buon campione di appartenenti ai gruppi Facebook no mask.
Le ragioni principali della loro “collera” sono quattro.
1) Le mascherine sono inutili, ossia non proteggono dal virus: è la motivazione “di base”, la meno estrema; 2) le mascherine sono pericolose, ossia provocano problemi respiratori, infezioni batteriche, ecc.: con essa si accentua la motivazione al punto 1.
A questi due argomenti di tipo medico-sanitario, si aggiungono gli altri due, che presentano una “sfida” cognitiva più forte. Eccoli: 3) la pandemia è terminata, o, addirittura, non c’è mai stata; 4) l’obbligo delle mascherine è un esperimento di controllo sociale, forse è addirittura parte di un processo di asservimento dei popoli. Chi sostiene questa quarta argomentazione, nel suo lessico trasforma significativamente le mascherine (masques) in “museruole” (muselières). Per lui, queste diventano il simbolo mostruoso della volontà di “tacitare”, alla lettera, il popolo.
La parte quantitativa dello studio di Bristielle prende in esame il profilo dei no mask. Un profilo con caratteristiche precise - tutte importanti - ma fra le quali una sembra spiccare di più: una totale sfiducia nelle istituzioni (sentimento peraltro già importante nel pubblico generale di quel Paese). Questa sfiducia non riguarda solo le istituzioni politiche, dal Presidente della Repubblica in giù, ma anche le espressioni della società. Ad esempio, se l’87% dei francesi dichiara di fidarsi della sanità pubblica, fra i no mask questa percentuale scende al 53%. In altri termini, i no mask hanno pochissima fiducia in qualsiasi messaggio che giunga da un’organizzazione istituzionale.
Come prevedibile, questa sfiducia ha conseguenze sul comportamento politico: altissimi tassi di astensione elettorale, fortissima polarizzazione verso i partiti antisistema (il Front National è stato votato alle presidenziali dal 27%, La France insoumise di J.-L. Mélenchon dal 20%), un diffuso rifiuto (il 61%) di autocollocarsi in qualche punto dell’asse tradizionale destra/sinistra.
Non c’è da stupirsi che i no mask francesi siano d’accordo con affermazioni di tipo populista: il declino della contrapposizione destra/sinistra si accompagna a una forte sostituzione con la dicotomia popolo/élites. Lo dimostra il fatto che, quando ai partecipanti è stata somministrata la scala del populismo inventata da Agnes Akkerman e da altri[2], la risposta positiva alle affermazioni proposte è risultata altissima, più alta in media di 12 punti rispetto a quella, già notevole, della media francese. Per costoro, devono essere i cittadini comuni e non i rappresentanti politici ad assumere decisioni pubbliche: tutt’altro che “impolitici”, i no mask francesi per Bristielle pongono invece istanze dal forte impatto collettivo.
In tutto ciò, l’autore dello studio scorge la penetrazione in Francia della tradizione politica libertarian propria degli Usa (iperliberismo economico, individualismo etico, sospetto verso qualsiasi forma di potere pubblico)[3]. Come per i libertariani americani, i no mask francesi sono assai sensibili al rapporto fra singolo e istituzioni, e sono convinti che la società sarebbe meno disfunzionale se gli individui avessero titolo ad assumere decisioni politiche non mediate da strutture intermedie.
Per Bristielle è la sfiducia istituzionale - e non tanto fattori di tipo cognitivo (mancanza di conoscenze sui meccanismi di base del ragionamento scientifico, ecc.) - a portare, come ulteriore corollario, all’adesione fortissima dei no mask a idee cospirazioniste, in specie a quelle sulla salute pubblica e a quelle di tipo antisemita (idee no vax, credenze sul “complotto sionista”). Nel complesso, comunque, il 63% dei no mask presenti in rete crede a più della metà delle tesi cospirazioniste presentate.
Anche dal punto di vista sociodemografico emergono alcune peculiarità. Mentre, in generale, chi professa idee cospirazioniste e antisistema è in prevalenza maschio, abbastanza giovane e di estrazione popolare[4], i no mask francesi sembrano essere diversi: più donne che uomini, abbastanza istruiti, età media 50 anni...
Bristielle ritiene che per spiegare queste specificità sia necessario tenere ben presenti le differenze fra chi “aderisce e basta” a quelle idee e chi invece si mobilita a loro favore: sono questi ultimi ad attivarsi nei gruppi Facebook e quindi ad esser stati indagati. Persone affascinate dalle posizioni libertariane, rispetto alle quali le ricerche statunitensi mostrano risultati abbastanza coerenti con la demografia sociale dei no mask transalpini: più alti sono i titoli di studio e il reddito, più in America s’incontreranno libertariani[5].
La portata della sfiducia si estende, come prevedibile, ai media mainstream (tv, giornali cartacei). Per le informazioni si rivolgono quasi del tutto a Internet, al contrario di quel che accade alla maggior parte dei francesi. Da quella “dieta informativa” alla creazione di bolle cognitive come quelle dei gruppi Facebook, in cui le opinioni divergenti sono rapidamente rimosse, il passo è breve: in quei contesti, le posizioni critiche non entrano nel dibattito.
Attenzione, però: il sentimento di diffidenza che li pervade non vuol dire che i no mask francesi non ripongano la loro fiducia in qualcuno. L’87% di loro ha una buona opinione del medico e microbiologo Didier Raoult, ad esempio: il medico che da metà marzo sostiene - in maniera a dir poco assai controversa - che un farmaco antimalarico inventato 65 anni fa, l’idrossiclorochina, sarebbe altamente efficace contro il Covid-19. Di fatto, fra i sostenitori di Raoult tout court e i no mask esiste una notevole sovrapposizione. Sono i due ambiti sociali che si toccano di più.
Conclude Bristielle: se non si prende in considerazione, nell’intraprendere eventuali azioni di contrasto, il motore fondamentale di tutto ciò (ossia il rifiuto radicale di qualsiasi tipo di istituzione), c’è da attendersi ulteriori sorprese dai no mask: in primo luogo, il rifiuto da parte di costoro di sottoporsi alle possibili, future vaccinazioni contro il Covid-19.
Note
1) Antoine Bristielle. “Bas les masques!”: Sociologie des militants anti-masques, Fondation Jean Jaurès, 7 settembre 2020, disponibile a partire dall’url: https://bit.ly/2J0Btev
2) Agnes Akkerman, Cas Mudde, Andrej Zaslove, How Populist Are the People? Measuring Populist Attitudes in Voters, Comparative Political Studies, vol. 47, n. 9, 2014, pp. 1324-1353.
3) Matthijs Rooduijn, The Nucleus of Populism: In Search of the Lowest Common Denominator, Government and Opposition, vol. 49, n. 4, ottobre 2014, pp. 573-599.
4) Joseph Goodman, Libertarians by the numbers: A Demographic, Religious and Political Profile, Public Religion Research Institute, 11 luglio 2013, disponibile all’url: https://bit.ly/34lvfxQ
5) Jocelyn Kiley, In search of libertarians, Pew Research, 25 agosto 2014, disponibile all’url: https://pewrsr.ch/2HugEHs