Neil Armstrong e il cannone di Verne (Parte II)

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Come abbiamo visto sullo scorso numero (Query n. 37), il modulo di comando della missione Apollo 11 venne chiamato Columbia anche in onore di Jules Verne.

Neil Armstrong, tuttavia, nelle sue dichiarazioni, fece una certa confusione, non rispettando esattamente il contenuto dei romanzi dello scrittore francese. Verne, infatti, in Dalla Terra alla Luna (1865), aveva utilizzato un termine leggermente diverso (cosa di cui peraltro Armstrong era consapevole), cioè Columbiad, e lo aveva impiegato per denominare il cannone con il quale immaginò di poter spedire degli uomini nello spazio a bordo di un grande proiettile. Oltre che nella conferenza stampa ricordata nel precedente articolo, Neil Armstrong ripeté l'errore nell'ultima diretta televisiva trasmessa dall'Apollo 11, come ci ricorda James R. Hansen nella sua biografia dell'astronauta: «Buonasera. Sono il comandante dell'Apollo 11. Cento anni fa, Jules Verne scrisse un libro che parlava di un viaggio sulla Luna. La sua astronave si chiamava Columbia, decollava dalla Florida e ammarava nell'Oceano Pacifico dopo aver compiuto una spedizione sulla Luna. Ci sembra giusto condividere con voi alcune riflessioni dell'equipaggio, prima che la nuova, moderna Columbia completi il ritorno sul pianeta Terra e arrivi domani proprio in quello stesso Oceano Pacifico».

Nella conferenza stampa del 5 luglio, un giornalista aveva chiesto ad Armstrong: «Verne è stato uno dei tuoi autori preferiti»? (questa parte dell'incontro è riportata solo nelle prime due edizioni della biografia, ma non nella terza versione del 2018, da cui è tratta anche l'edizione italiana). Questa la risposta di Armstrong: «No, non direi, ma naturalmente ho letto il libro. La storia di Verne ha certamente ha avuto un ruolo nella nostra scelta. Tutto l'equipaggio ha partecipato alla scelta del nome della navicella».

Se davvero Armstrong aveva letto Verne, la sua non era stata certamente una lettura molto accurata. Forse sarebbe stato meglio che lui e i suoi compagni di viaggio, Aldrin e Collins, prima di decidere, avessero chiesto consiglio a James Lovell, o almeno avessero letto il resoconto del loro collega dopo la missione Apollo 8, che condusse, per la prima volta nella storia, degli esseri umani in orbita intorno alla Luna. Queste le parole di Lovell su Life del 17 gennaio 1969: «Continuavo a pensare a Jules Verne. Quando ero un ragazzo, i suoi libri mi affascinavano. Non avrei mai immaginato che un giorno avrei rivissuto uno dei suoi racconti. In Dalla Terra alla Luna, Verne presenta alcuni inquietanti parallelismi con Apollo 8. La sua astronave era composta da un equipaggio di tre persone. Sono decollati a dicembre, dalla Florida, e quando sono finalmente rientrati sono atterrati nel Pacifico. In via ufficiosa volevo nominare il nostro grande razzo di lancio, Columbiad, il nome che Verne aveva dato al cannone che ha sparato i suoi esploratori sulla luna. C'è però un problema nella storia di Verne. Nel suo primo libro ha lasciato i suoi astronauti lassù, prigionieri della gravità lunare. Dovevano restare là per sempre. I suoi lettori hanno protestato così tanto che ha dovuto scrivere il sequel per riportarli a casa. So come si è sentito. Mia moglie ha letto il primo libro e ho passato momenti difficili per convincerla che la storia non era finita lì. Ora sono di nuovo a casa, è difficile credere che ci sia davvero stato. La luna è un posto affascinante. Sembra ostile e tuttavia si ha la sensazione che se si potesse arrivare laggiù, se si potesse guardare sotto la polvere dei secoli... È importante scendere e dare un'occhiata. Banalmente, ora tutti i nostri voli stanno lavorando verso un sistema di trasporto per il volo spaziale più in generale. La luna è un corpo conveniente su cui provare sistemi e programmi. Per i viaggiatori dello spazio, sarà sempre stazione sicura. Penso di poter dare un piccolo consiglio a quelli che ci andranno dopo di me. Dalla distanza lunare, le sole cose che cambiano aspetto sono la Terra e la luna. La sfera celeste rimane la stessa. I pianeti sembrano ancora remoti; non sono più vicini, né più lontani, né diversi. I veri amici del viaggiatore spaziale sono le stelle. I loro schemi familiari e amichevoli sono costanti compagni, immutabili, anche là fuori» (trad. it. di M. G. Andretta).

Nel caso avesse deciso di farlo, Lovell avrebbe dunque correttamente chiamato Columbiad, per analogia, non il modulo di comando, ma il Saturn-5.

Il giorno dello sbarco sulla Luna, il 20 luglio 1969, The Nashiville Tennessean pubblicò un articolo, scritto da Harry Rosenthal, intitolato “Verne's Columbiad 'Lunar Voyage' Had Similarities to Real Thing” (devo questo documento, oltre quello che citerò di seguito, a quello straordinario 'cacciatore di fonti' che è Roberto Labanti, che non ringrazierò mai abbastanza).

In apparenza il titolo dell'articolo sembrerebbe ripetere l'errore di Armstrong. Tuttavia all'interno si sottolinea chiaramente come Columbiad sia il nome attribuito da Verne al famoso gigantesco cannone, mentre nell'occasione lo stesso nome è stato impiegato come soprannome per il modulo di comando dell'Apollo. Un modo elegante per sottolineare l'errore di Armstrong?

A giustificazione del comandante dell'Apollo 11, si può dire che egli non è stato certamente il solo a confondere il nome del cannone di Verne con quello del proiettile sparato verso la Luna (al quale, come sappiamo, lo scrittore francese non aveva attribuito alcuna denominazione). Poco più di un mese dopo il lancio dal cosmodromo di Bayqoñyr dello Sputnik-1, il primo satellite artificiale in orbita intorno alla Terra (4 ottobre 1957), e una settimana dopo la partenza dello Sputnik-2, The Everyday Magazine del 10 novembre 1957 pubblicava il pezzo “Jules Verne Story Came to Life”, firmato da Mary Kimbrogh. Dedicato all'analisi delle previsioni effettuate dallo scrittore francese, l'articolo esaminava nel dettaglio i romanzi verniani, ma, sorprendentemente, indicava con il nome Columbiad sia il cannone sia il proiettile sparato nello spazio.

In ogni caso, sia che si fossero letti i suoi romanzi oppure no, sia che si conoscessero nei particolari i dettagli delle incredibili storie orchestrate dallo scrittore francese o si avesse di esse solo un vago ricordo, quella di Verne sarà una presenza costante nell'immaginario che porterà alla conquista del nostro satellite, e non soltanto per gli americani. Anche Jurij Gagarin, il primo uomo a volare nel cosmo (12 aprile 1961), riuscendo ad effettuare un'orbita intorno alla Terra a bordo della Vostok-1, conosceva Jules Verne. L'amore di Gagarin per lo scrittore francese, e per altri autori della letteratura fantastica e fantascientifica europea sarà dichiarato dallo stesso cosmonauta nella sua autobiografia: «Leggevo molto per recuperare il tempo perduto nella mia infanzia, e come tutti, ero affascinato da Jules Verne, Conan Doyle e Herbert G. Wells».

Negli anni in cui la Russia era in costante vantaggio sugli Stati Uniti nella corsa allo spazio i sovietici si sentirono in grado di commentare, criticandole, le capacità profetiche del maestro francese: «Nel secolo scorso il grande romanziere Jules Verne descrisse così bene il volo dalla Terra alla Luna, attribuendolo al progresso americano, come se vi avesse preso veramente parte: questo errore di attribuzione poteva essere commesso fino a pochi anni fa, ma oggi anche la massa riesce a capire che ciò che esiste di più progredito nel nostro tempo appartiene di diritto al paese del comunismo».

Ma alla fine avrà ragione Verne.

Riferimenti bibliografici

  • M. G. Andretta, M. Ciardi. 2019. Stregati dalla Luna. Il sogno del volo spaziale da Jules Verne all'Apollo 11. Prefazione di Piero Angela, Roma: Carocci.
  • J. Gagarin. 2017. Non c'è nessun Dio quassù. L'autobiografia del primo uomo a volare nello spazio (1961), Roma: Red Star.
  • J. R. Hansen. 2006. First Men. The Life of Neil Armstrong (2005), New York: Simon & Schuster (First Paperback Edition).
  • Id. 2018. First Men. The Life of Neil Armstrong, London: Simon & Schuster.
  • P. Magionami. 2009. Gli anni della Luna, 1950-1972. L'epoca d'oro della corsa allo spazio (1865), Milano: Springer.
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