L’Egitto rappresenta per la cultura contemporanea un luogo carico di misteri che spesso si incrociano con il paranormale. Per questo abbiamo voluto dedicare una copertina della rivista a questo tema, con l’obiettivo di indagare tra le tante voci, leggende, teorie che si incontrano a proposito di questo antico Paese.
Non pretendiamo certo di aver esaurito l’argomento, ma gli esempi che troverete in queste pagine sono rappresentativi della varietà di racconti che si possono raccogliere e danno anche un’idea chiara dei processi attraverso i quali eventi del tutto banali o casuali si possono trasformare in narrazioni fantastiche e mitiche.
La copertina inizia con un’intervista a un’egittologa italiana, Daniela Comand, e prosegue poi con l’analisi di dieci diversi casi, che vanno dalla storia dell’Aliante di Saqqara fino alle vicende legate alla maledizione del faraone Tutankhamon, forse la più conosciuta tra le leggende egizie.
Per aiutarvi nella lettura, a metà rivista troverete anche una cartina dell’Egitto, sulla quale abbiamo segnalato la geografia dei luoghi misteriosi di cui si parla in queste pagine. E chissà mai che questo costituisca un incentivo a programmare un viaggio in Egitto anche tenendo conto della possibilità di andare a visitare di persona i monumenti, gli oggetti e i luoghi di cui si parla in queste pagine.
Questa copertina è un lavoro collettivo, a cui hanno contribuito diversi autori, in ordine alfabetico: Marta Annunziata, Luca Antonelli, Stefano Bagnasco, Andrea Ferrero, Beatrice Mautino. Una collaborazione indispensabile è venuta da Marcello Garbagnati, socio del CICAP e curatore di Egittologia.net, la più completa e aggiornata risorsa in italiano disponibile sulla rete per chi sia interessato a questi argomenti.
Buona lettura!
Daniela Comand, egittologa, ha lavorato presso il Museo Egizio di Torino come responsabile dei servizi didattici. Attualmente collabora con il Museo Valdese di Torre Pellice (Torino) e cura vari progetti di didattica museale e valorizzazione di beni archeologici.
Noi del CICAP siamo andati alla ricerca di possibili bufale o interpretazioni errate della storia dell’Antico Egitto. Il lavoro dell’egittologo, e degli archeologi in genere, deve spesso confrontarsi con la possibilità di trovare dei falsi?
Sì, quando si analizza una collezione è una situazione che dobbiamo tenere presente. Spesso è possibile riconoscere un falso se lo si mette in relazione con il contesto in cui si trova, e si possono scoprire falsificazioni ingegnose e insolite. Ad esempio, in questo periodo stiamo lavorando alla sezione egizia del Museo Valdese di Torre Pellice (TO) e ci siamo imbattuti in uno “scarabeo del cuore”, un amuleto molto diffuso tra gli Egizi, che riporta una serie di iscrizioni beneauguranti sulla parte posteriore. Una di queste iscrizioni ci appariva completamente fuori posto, perché non viene mai usata in questo tipo di oggetti e abbiamo sospettato che si potesse trattare di un falso. L’iscrizione mi appariva però familiare e alla fine sono riuscita a rintracciarne l’origine. Si tratta di un testo presente su una stele oggi esposta al museo del Louvre: l’autore del falso ha cercato di renderlo credibile copiando dei testi realmente esistenti.
L’alone di mistero che circonda l’Egitto ha portato alla nascita di molte leggende.
Sì, c’è un desiderio di mistero ancora molto diffuso: alcuni mesi fa abbiamo presentato al Museo Egizio “Piramidi e papere”, un percorso teatralizzato a cui partecipavano attori ed egittologi, per sfatare alcuni dei luoghi comuni sull’Antico Egitto. Ci siamo accorti di come sia difficile ridere di questi argomenti: il desiderio di mistero è ancora forte. A volte questa voglia è alimentata dagli stessi egittologi: Zahi Hawass, segretario generale del Consiglio supremo delle antichità egizie, ha raccontato che quando è stata eseguita la TAC alla mummia di Tutankhamon si sono verificati parecchi incidenti al macchinario. Così facendo ha contribuito ad attirare l’attenzione dei media sullo studio che era stato condotto, ma ha anche rilanciato il mito della maledizione di Tutankhamon.
La maledizione di Tutankhamon non sembrerebbe avere bisogno di ulteriore pubblicità.
Gli episodi legati alla maledizione sono innumerevoli; uno dei meno noti è quello delle due trombe che furono ritrovate fra gli oggetti del corredo mortuario. Nel 1939 vennero suonate durante una trasmissione della BBC: una delle due trombe si danneggiò e lo studio andò in tilt per una intera settimana. Chi volesse sfidare la maledizione può scaricare la registrazione da Internet (a questo indirizzo: http://www.philharmonia.co.uk/thesoundexchange/the_orchestra/world_instruments/africa/ ).
Ma non è necessario arrivare fino al Cairo: anche il Museo Egizio di Torino ha le sue leggende. Molti hanno sentito parlare dell’energia delle piramidi, ma è meno noto che anche le statue emanerebbero delle energie positive: alcune di quelle esposte al Museo sono tra la più gettonate, e può capitare di vedere visitatori che si inchinano davanti a esse. Fate però attenzione alla statua di Tutmosi III: guardandola negli occhi potreste essere colpiti dalla sua maledizione.
Me ne ricorderò alla prossima visita al museo…
Un’altra leggenda che circola è quella secondo cui il Museo Egizio disporrebbe di una biblioteca segreta, riservata agli adepti, e così capita che alcuni vengano a chiedere l’accesso a questi libri.
Immagino che negare l’esistenza della biblioteca non faccia altro che alimentare l’alone di mistero.
Temo di sì. Del resto si tratta di personaggi abbastanza pittoreschi, anche se per il resto conducono un’esistenza comune; ad esempio, tra coloro che volevano visitare la biblioteca nascosta c’era uno stimato professionista, che sosteneva di essere la reincarnazione di un faraone.
Quella che noi vorremmo fosse nota a tutti non è la biblioteca nascosta, ma quella visibile: il museo ha una vasta collezione di libri divulgativi, per chi vuole approfondire la conoscenza della civiltà egizia.
Qui entra in gioco il ruolo della divulgazione. Capire una civiltà tanto lontana nel tempo non è affatto semplice, e forse è da qui che nascono molti equivoci.
A mio parere, è importante puntare sugli aspetti che ci avvicinano alla civiltà egizia, piuttosto che su quelli che per la nostra cultura moderna sono più difficili da capire. A volte ci dimentichiamo che, anche se sono vissuti migliaia di anni fa, gli Egizi erano persone con desideri e passioni simili alle nostre. Ad esempio, se leggiamo le massime di Ptah-Hotep, che risalgono all’Antico Regno (2200 a.C. circa, N.d.R.), ritroviamo un elenco di norme di buona condotta che potremmo considerare valide ancora adesso. Oppure possiamo leggere il testo del “papiro dello sciopero”, conservato a Torino, e conoscere la storia degli operai di Deir El Medina che più 3.000 anni fa protestavano perché non ricevevano il compenso dovuto per il loro lavoro presso le tombe dei Faraoni.
Ci sono anche alcuni miti da sfatare: a volte l’Egitto porta con sé l’immagine di una civiltà quasi ossessionata dalla morte, cupa e monolitica; in realtà si trattava di una cultura solare; come dice Edda Bresciani (direttrice di numerose missioni archeologiche, N.d.R.) «erano talmente innamorati della vita da farla continuare anche dopo la morte».
Un altro ostacolo da superare è l’immagine del museo come un luogo “polveroso”, una collezione di oggetti incomprensibili ai profani.
Ho lavorato al Museo Egizio per molti anni occupandomi della didattica, ed è possibile ottenere risultati sorprendenti, perfino con le classi dell’asilo per le quali abbiamo predisposto dei percorsi dedicati. I bambini son molto più ricettivi e disponibili di quanto possiamo immaginare. Ricordo che all’inizio evitavamo di mostrare le mummie ai più piccoli per timore di impressionarli, ma una maestra ci disse di non preoccuparci, perché a scuola avevano già provato ad imbalsamare un pollo... A volte sono i più grandi ad arrivare al museo con alcuni pregiudizi, spesso mutuati da qualche film o programma televisivo: ad esempio l’idea che «gli scarafaggi mangiano le mummie», che arriva direttamente dal film La Mummia, o che «il dio Anubi è cattivo».
Oggi esistono ancora dei veri e propri misteri per un egittologo?
Se dovessi citarne uno, direi che la costruzione delle piramidi ha ancora molti aspetti da spiegare: ci sono molte valide ipotesi sulle tecniche di costruzione, e non è necessario tirare in ballo teorie strampalate, ma una spiegazione precisa deve ancora essere elaborata. Ma i temi da approfondire sono ancora tantissimi; anche oggetti studiati da tempo come il corredo di Tutankhamon hanno ancora degli aspetti da indagare, e possiamo aspettarci nuove scoperte dagli scavi in corso. Insomma, chi volesse intraprendere la strada dell’egittologia sappia che le possibilità di studio non mancano. Sarebbe bello poter dire altrettanto delle possibilità lavorative, perché purtroppo i finanziamenti alla ricerca sono sempre pochi, ma questa è un’altra storia...
Non pretendiamo certo di aver esaurito l’argomento, ma gli esempi che troverete in queste pagine sono rappresentativi della varietà di racconti che si possono raccogliere e danno anche un’idea chiara dei processi attraverso i quali eventi del tutto banali o casuali si possono trasformare in narrazioni fantastiche e mitiche.
La copertina inizia con un’intervista a un’egittologa italiana, Daniela Comand, e prosegue poi con l’analisi di dieci diversi casi, che vanno dalla storia dell’Aliante di Saqqara fino alle vicende legate alla maledizione del faraone Tutankhamon, forse la più conosciuta tra le leggende egizie.
Per aiutarvi nella lettura, a metà rivista troverete anche una cartina dell’Egitto, sulla quale abbiamo segnalato la geografia dei luoghi misteriosi di cui si parla in queste pagine. E chissà mai che questo costituisca un incentivo a programmare un viaggio in Egitto anche tenendo conto della possibilità di andare a visitare di persona i monumenti, gli oggetti e i luoghi di cui si parla in queste pagine.
Questa copertina è un lavoro collettivo, a cui hanno contribuito diversi autori, in ordine alfabetico: Marta Annunziata, Luca Antonelli, Stefano Bagnasco, Andrea Ferrero, Beatrice Mautino. Una collaborazione indispensabile è venuta da Marcello Garbagnati, socio del CICAP e curatore di Egittologia.net, la più completa e aggiornata risorsa in italiano disponibile sulla rete per chi sia interessato a questi argomenti.
Buona lettura!
Daniela Comand, egittologa, ha lavorato presso il Museo Egizio di Torino come responsabile dei servizi didattici. Attualmente collabora con il Museo Valdese di Torre Pellice (Torino) e cura vari progetti di didattica museale e valorizzazione di beni archeologici.
Noi del CICAP siamo andati alla ricerca di possibili bufale o interpretazioni errate della storia dell’Antico Egitto. Il lavoro dell’egittologo, e degli archeologi in genere, deve spesso confrontarsi con la possibilità di trovare dei falsi?
Sì, quando si analizza una collezione è una situazione che dobbiamo tenere presente. Spesso è possibile riconoscere un falso se lo si mette in relazione con il contesto in cui si trova, e si possono scoprire falsificazioni ingegnose e insolite. Ad esempio, in questo periodo stiamo lavorando alla sezione egizia del Museo Valdese di Torre Pellice (TO) e ci siamo imbattuti in uno “scarabeo del cuore”, un amuleto molto diffuso tra gli Egizi, che riporta una serie di iscrizioni beneauguranti sulla parte posteriore. Una di queste iscrizioni ci appariva completamente fuori posto, perché non viene mai usata in questo tipo di oggetti e abbiamo sospettato che si potesse trattare di un falso. L’iscrizione mi appariva però familiare e alla fine sono riuscita a rintracciarne l’origine. Si tratta di un testo presente su una stele oggi esposta al museo del Louvre: l’autore del falso ha cercato di renderlo credibile copiando dei testi realmente esistenti.
L’alone di mistero che circonda l’Egitto ha portato alla nascita di molte leggende.
Sì, c’è un desiderio di mistero ancora molto diffuso: alcuni mesi fa abbiamo presentato al Museo Egizio “Piramidi e papere”, un percorso teatralizzato a cui partecipavano attori ed egittologi, per sfatare alcuni dei luoghi comuni sull’Antico Egitto. Ci siamo accorti di come sia difficile ridere di questi argomenti: il desiderio di mistero è ancora forte. A volte questa voglia è alimentata dagli stessi egittologi: Zahi Hawass, segretario generale del Consiglio supremo delle antichità egizie, ha raccontato che quando è stata eseguita la TAC alla mummia di Tutankhamon si sono verificati parecchi incidenti al macchinario. Così facendo ha contribuito ad attirare l’attenzione dei media sullo studio che era stato condotto, ma ha anche rilanciato il mito della maledizione di Tutankhamon.
La maledizione di Tutankhamon non sembrerebbe avere bisogno di ulteriore pubblicità.
Gli episodi legati alla maledizione sono innumerevoli; uno dei meno noti è quello delle due trombe che furono ritrovate fra gli oggetti del corredo mortuario. Nel 1939 vennero suonate durante una trasmissione della BBC: una delle due trombe si danneggiò e lo studio andò in tilt per una intera settimana. Chi volesse sfidare la maledizione può scaricare la registrazione da Internet (a questo indirizzo: http://www.philharmonia.co.uk/thesoundexchange/the_orchestra/world_instruments/africa/ ).
Ma non è necessario arrivare fino al Cairo: anche il Museo Egizio di Torino ha le sue leggende. Molti hanno sentito parlare dell’energia delle piramidi, ma è meno noto che anche le statue emanerebbero delle energie positive: alcune di quelle esposte al Museo sono tra la più gettonate, e può capitare di vedere visitatori che si inchinano davanti a esse. Fate però attenzione alla statua di Tutmosi III: guardandola negli occhi potreste essere colpiti dalla sua maledizione.
Me ne ricorderò alla prossima visita al museo…
Un’altra leggenda che circola è quella secondo cui il Museo Egizio disporrebbe di una biblioteca segreta, riservata agli adepti, e così capita che alcuni vengano a chiedere l’accesso a questi libri.
Immagino che negare l’esistenza della biblioteca non faccia altro che alimentare l’alone di mistero.
Temo di sì. Del resto si tratta di personaggi abbastanza pittoreschi, anche se per il resto conducono un’esistenza comune; ad esempio, tra coloro che volevano visitare la biblioteca nascosta c’era uno stimato professionista, che sosteneva di essere la reincarnazione di un faraone.
Quella che noi vorremmo fosse nota a tutti non è la biblioteca nascosta, ma quella visibile: il museo ha una vasta collezione di libri divulgativi, per chi vuole approfondire la conoscenza della civiltà egizia.
Qui entra in gioco il ruolo della divulgazione. Capire una civiltà tanto lontana nel tempo non è affatto semplice, e forse è da qui che nascono molti equivoci.
A mio parere, è importante puntare sugli aspetti che ci avvicinano alla civiltà egizia, piuttosto che su quelli che per la nostra cultura moderna sono più difficili da capire. A volte ci dimentichiamo che, anche se sono vissuti migliaia di anni fa, gli Egizi erano persone con desideri e passioni simili alle nostre. Ad esempio, se leggiamo le massime di Ptah-Hotep, che risalgono all’Antico Regno (2200 a.C. circa, N.d.R.), ritroviamo un elenco di norme di buona condotta che potremmo considerare valide ancora adesso. Oppure possiamo leggere il testo del “papiro dello sciopero”, conservato a Torino, e conoscere la storia degli operai di Deir El Medina che più 3.000 anni fa protestavano perché non ricevevano il compenso dovuto per il loro lavoro presso le tombe dei Faraoni.
Ci sono anche alcuni miti da sfatare: a volte l’Egitto porta con sé l’immagine di una civiltà quasi ossessionata dalla morte, cupa e monolitica; in realtà si trattava di una cultura solare; come dice Edda Bresciani (direttrice di numerose missioni archeologiche, N.d.R.) «erano talmente innamorati della vita da farla continuare anche dopo la morte».
Un altro ostacolo da superare è l’immagine del museo come un luogo “polveroso”, una collezione di oggetti incomprensibili ai profani.
Ho lavorato al Museo Egizio per molti anni occupandomi della didattica, ed è possibile ottenere risultati sorprendenti, perfino con le classi dell’asilo per le quali abbiamo predisposto dei percorsi dedicati. I bambini son molto più ricettivi e disponibili di quanto possiamo immaginare. Ricordo che all’inizio evitavamo di mostrare le mummie ai più piccoli per timore di impressionarli, ma una maestra ci disse di non preoccuparci, perché a scuola avevano già provato ad imbalsamare un pollo... A volte sono i più grandi ad arrivare al museo con alcuni pregiudizi, spesso mutuati da qualche film o programma televisivo: ad esempio l’idea che «gli scarafaggi mangiano le mummie», che arriva direttamente dal film La Mummia, o che «il dio Anubi è cattivo».
Oggi esistono ancora dei veri e propri misteri per un egittologo?
Se dovessi citarne uno, direi che la costruzione delle piramidi ha ancora molti aspetti da spiegare: ci sono molte valide ipotesi sulle tecniche di costruzione, e non è necessario tirare in ballo teorie strampalate, ma una spiegazione precisa deve ancora essere elaborata. Ma i temi da approfondire sono ancora tantissimi; anche oggetti studiati da tempo come il corredo di Tutankhamon hanno ancora degli aspetti da indagare, e possiamo aspettarci nuove scoperte dagli scavi in corso. Insomma, chi volesse intraprendere la strada dell’egittologia sappia che le possibilità di studio non mancano. Sarebbe bello poter dire altrettanto delle possibilità lavorative, perché purtroppo i finanziamenti alla ricerca sono sempre pochi, ma questa è un’altra storia...