Il variegato universo delle ipotesi di complotto riguardanti l’11 settembre poggia su un apparente paradosso: gli attentati di quel terribile martedì sono probabilmente l’evento maggiormente documentato della storia. Visti da migliaia di testimoni oculari e da milioni di telespettatori in diretta; fotografati e filmati da reporter, semplici passanti e telecamere di sorveglianza; immortalati nei loro più crudi e inquietanti dettagli da ricevute di scuole di volo, visti d’ingresso, resti umani, scontrini d’acquisto, test del DNA, scatole nere, verbali dei soccorritori, rapporti tecnici, perizie legali, registrazioni dei controllori di volo e tracciati radar. Come è possibile imbastire una versione alternativa su questa trama così minuziosamente dettagliata?
Sembra impossibile, ma è proprio la dovizia di dettagli disponibili che ha permesso al fenomeno del complottismo undicisettembrino di svilupparsi con tanto vigore e di diventare un vero e proprio business durevole. Ci sono migliaia di fotografie, filmati, testimonianze da analizzare, discutere e interpretare in infiniti modi diversi; c’è sempre del materiale nuovo o inedito sul quale costruire nuove ipotesi, scrivere nuovi libri e realizzare conferenze. Ed è facile pescare selettivamente in questo mare di dati per trovare abbinamenti che, opportunamente interpretati e confezionati, possono fungere da "prove" di un’ipotesi di cospirazione, così come è facile trovare un’immagine di forte impatto emotivo, da presentare in un contesto di sospetto e mistero, che scavalchi lo spirito critico del lettore.
Così è nato il complottismo di oggi. Mentre i dubbi sulla reale dinamica degli eventi, che probabilmente abbiamo avuto tutti (chi non ha pensato, quel giorno, che il volo United 93, l’ultimo dirottato, fosse stato abbattuto ma non ci fosse il coraggio di ammetterlo?), sono una conseguenza della carenza iniziale d’informazioni e riscontri, le tesi dei sostenitori delle ipotesi alternative originano dall’abbondanza di dati man mano resi disponibili.
Si tratta di un fenomeno ben diverso dalle ipotesi di complotto circolate nelle primissime ore, come quella dei 4.000 ebrei che non si sarebbero presentati al lavoro al World Trade Center il giorno degli attentati. Quell’ipotesi scaturì da un equivoco: il Jerusalem Post del 12 settembre 2001 scrisse che dopo gli attacchi mancavano all’appello centinaia di cittadini israeliani e che si riteneva fossero stati circa 4.000 quelli nelle vicinanze del WTC al momento degli attentati; il giornale siriano Al Thawra del 15 settembre 2001 trasformò questa notizia nell’affermazione che 4.000 ebrei non si erano presentati al lavoro l’11 settembre. Il complottismo mainstream, quello attualmente in voga, opera invece con metodi assai differenti: per continuare, è costretto a creare gli equivoci e a ignorare la massa di dati che li smentiscono, tenendo soltanto gli elementi che si prestano all’equivoco.
Per esempio, il francese Thierry Meyssan ha intenzionalmente scelto di citare nei propri scritti, fra le tante fotografie dello squarcio prodotto dall’attentato nella facciata del Pentagono, soltanto quelle nelle quali i 35 metri di muri sfondati erano coperti in gran parte dal getto di un idrante. Le altre immagini, quelle che mostrano chiaramente la larghezza della breccia, vengono sistematicamente ignorate. Questo ha permesso a Meyssan non soltanto di creare uno dei miti più durevoli, quello del "buco troppo piccolo" al Pentagono, ma anche di una assicurarsi una fortuna commerciale straordinaria: già meno di un anno dopo gli attentati, le vendite del suo libro L’Effroyable Imposture gli avevano fruttato oltre un milione di euro. E gli incassi continuano, grazie alle traduzioni in quasi trenta lingue e al seguito, intitolato Le Pentagate.[1] Meyssan non fu in realtà il primo a pubblicare ipotesi alternative:[2] questo primato spetta a David Icke, che già il 13 settembre 2001 scriveva su Internet di un «autoattentato. ordito da forze interne agli Stati Uniti e pianificato dai più alti livelli della cosiddetta "Intelligence" USA in coordinamento con altri rami della rete mondiale degli Illuminati».[3] Ma le sue idee non ebbero altrettanta eco per due motivi fondamentali: il primo è il substrato ideologico poco presentabile di Icke, secondo il quale il nostro mondo è governato da rettili alieni che assumono sembianze umane; il secondo è la mancanza di immagini di supporto alle proprie tesi (se si eccettua il telefilm Visitors). La mancanza di supporto visivo è una lacuna cruciale, perché il complottismo dell’11 settembre fa leva in gran parte sulla forza emotiva delle fotografie e dei filmati. Una tesi argomentata verbalmente va capita: una foto, invece, viene intuita subito come veicolo di verità, e le intuizioni sono difficili da confutare razionalmente. Specialmente se, come è avvenuto perlomeno finora, la confutazione è basata su dati tecnici difficili, astrusi e a volte controintuitivi. Il complottismo è semplice e seducente; il debunking è, per sua natura, noioso e pedante.
Dopo Meyssan sono arrivati altri autori, come Nafeez Ahmed (The War on Freedom, luglio 2002), Michel Chossudovsky (War and Globalization - The Truth Behind September 11th, 2002), Eric Hufschmid (Painful Questions, settembre 2002) e Andreas von Bülow (Die CIA und der 11. September, 2003). Sono state le opere di questi ultimi due autori ad avere maggiore riscontro popolare, insieme al sito Prisonplanet.com di Alex Jones, con le loro teorie altamente spettacolari (per esempio la demolizione controllata delle Torri Gemelle). Su questo nuovo filone si sono poi innestati autori come David Ray Griffin (The New Pearl Harbor, marzo 2004) e Michael C. Ruppert (Crossing the Rubicon, 2004), seguiti da Webster Tarpley (9/11 Synthetic Terror: Made in USA, 2005). Le pubblicazioni su siti Internet e su carta sono innumerevoli, ma attingono sempre alle teorie esposte in una o più di queste opere, che costituiscono il corpus letterario centrale del complottismo.
La svolta mediatica si ha nell’ottobre del 2004, quando il milionario Jimmy Walter acquista intere pagine sul New York Times e sul Wall Street Journal per reclamizzare le proprie teorie da quelle di Hufschmid e sfociate nel video Confronting the Evidence, trasmesso in versione pesantemente tagliata e ibridata con un altro documentario (Inganno Globale) da Raitre in Report : è un nuovo modo di comunicare, che avvia la fase audiovisiva del complottismo. Ad agosto 2004 compare PentagonStrike, un breve video che spopola su Internet; a fine 2004 inizia a circolare un documentario vero e proprio, In Plane Site di Dave VonKleist; e ad aprile 2005 debutta la prima versione del popolarissimo video Loose Change, di Dylan Avery, Korey Rowe e Jason Bermas, giunto attualmente alla terza edizione. A questi video si affianca una galassia di filmati di altri autori minori.
In Italia, il video Inganno globale inizia a circolare nel giugno 2006 su Internet per poi uscire in DVD nelle edicole, dove compaiono anche traduzioni italiane dei filmati In Plane Site e Loose Change. Questa svolta viene amplificata da trasmissioni televisive come Matrix, che dedicano diverse puntate al tema delle "verità alternative" e ne presentano estesamente i filmati e i sostenitori.
Attualmente la produzione di libri e filmati in favore delle ipotesi di complotto non accenna a diminuire, alimentata anche dal graduale rilascio di nuovi dati di origine ufficiale e amatoriale (l’enorme archivio degli atti del processo Moussaoui, i rapporti tecnici del NIST, i vari filmati degli impatti al Pentagono e al WTC) e dalle nuove dichiarazioni di alcuni leader del complottismo (come William Rodriguez, che ora asserisce di aver udito esplosioni nei sotterranei delle Torri Gemelle, mentre in passato parlava soltanto del rumore di «qualcuno che sposta un sacco di mobili»). Un ulteriore stimolo alla produzione di nuovo materiale deriva inoltre dalle frequenti liti fra le correnti del sedicente "Movimento per la Verità", che tentano di screditare alcune teorie in favore di altre o si accusano a vicenda di essere disinformatori governativi pagati per screditare il movimento tramite tesi ridicole.[4] È emblematica la critica che Hufschmid rivolge agli altri nomi di spicco del complottismo, definendoli un «movimento intestinale sull’11/9».[5] Negli oltre 3.000 libri e 628.000 siti Internet dedicati alle teorie di complotto manca infatti l’unitarietà che normalmente scaturisce da un lavoro d’indagine che elimini progressivamente le ipotesi incompatibili con i fatti accertati: dopo quasi sei anni, invece, il "Movimento per la Verità" non ha ancora saputo o voluto presentare una ricostruzione alternativa, coerente e dettagliata, degli eventi dell’11 settembre. Ogni membro del movimento sembra avere la propria versione, drasticamente incompatibile con le altre: si va dalla demolizione del WTC tramite raggi spaziali o minibombe nucleari agli ologrammi al posto degli aerei fino all’inesistenza dei dirottatori (che secondo altri invece esistono e anzi sono ancora vivi). Teorie vecchie vengono periodicamente riesumate e ripresentate come se fossero novità inattaccabili.
È inoltre interessante notare che dalla produzione letteraria e video sull’argomento manca quasi completamente un altro elemento molto particolare: proprio l’ipotesi meno implausibile di tutte, la cosiddetta LIHOP (Let It Happen On Purpose), secondo la quale il governo USA avrebbe saputo in anticipo degli attentati e li avrebbe lasciati accadere passivamente. È una congettura che, per definizione, non può essere corredata di immagini semplici e spettacolari, confezionabili in libri o DVD di facile produzione e presa emotiva e quindi non sembra un caso che sia proprio questa teoria poco vendibile a latitare, nonostante la sua dignità almeno formale.
Sembra impossibile, ma è proprio la dovizia di dettagli disponibili che ha permesso al fenomeno del complottismo undicisettembrino di svilupparsi con tanto vigore e di diventare un vero e proprio business durevole. Ci sono migliaia di fotografie, filmati, testimonianze da analizzare, discutere e interpretare in infiniti modi diversi; c’è sempre del materiale nuovo o inedito sul quale costruire nuove ipotesi, scrivere nuovi libri e realizzare conferenze. Ed è facile pescare selettivamente in questo mare di dati per trovare abbinamenti che, opportunamente interpretati e confezionati, possono fungere da "prove" di un’ipotesi di cospirazione, così come è facile trovare un’immagine di forte impatto emotivo, da presentare in un contesto di sospetto e mistero, che scavalchi lo spirito critico del lettore.
Così è nato il complottismo di oggi. Mentre i dubbi sulla reale dinamica degli eventi, che probabilmente abbiamo avuto tutti (chi non ha pensato, quel giorno, che il volo United 93, l’ultimo dirottato, fosse stato abbattuto ma non ci fosse il coraggio di ammetterlo?), sono una conseguenza della carenza iniziale d’informazioni e riscontri, le tesi dei sostenitori delle ipotesi alternative originano dall’abbondanza di dati man mano resi disponibili.
Si tratta di un fenomeno ben diverso dalle ipotesi di complotto circolate nelle primissime ore, come quella dei 4.000 ebrei che non si sarebbero presentati al lavoro al World Trade Center il giorno degli attentati. Quell’ipotesi scaturì da un equivoco: il Jerusalem Post del 12 settembre 2001 scrisse che dopo gli attacchi mancavano all’appello centinaia di cittadini israeliani e che si riteneva fossero stati circa 4.000 quelli nelle vicinanze del WTC al momento degli attentati; il giornale siriano Al Thawra del 15 settembre 2001 trasformò questa notizia nell’affermazione che 4.000 ebrei non si erano presentati al lavoro l’11 settembre. Il complottismo mainstream, quello attualmente in voga, opera invece con metodi assai differenti: per continuare, è costretto a creare gli equivoci e a ignorare la massa di dati che li smentiscono, tenendo soltanto gli elementi che si prestano all’equivoco.
Per esempio, il francese Thierry Meyssan ha intenzionalmente scelto di citare nei propri scritti, fra le tante fotografie dello squarcio prodotto dall’attentato nella facciata del Pentagono, soltanto quelle nelle quali i 35 metri di muri sfondati erano coperti in gran parte dal getto di un idrante. Le altre immagini, quelle che mostrano chiaramente la larghezza della breccia, vengono sistematicamente ignorate. Questo ha permesso a Meyssan non soltanto di creare uno dei miti più durevoli, quello del "buco troppo piccolo" al Pentagono, ma anche di una assicurarsi una fortuna commerciale straordinaria: già meno di un anno dopo gli attentati, le vendite del suo libro L’Effroyable Imposture gli avevano fruttato oltre un milione di euro. E gli incassi continuano, grazie alle traduzioni in quasi trenta lingue e al seguito, intitolato Le Pentagate.[1] Meyssan non fu in realtà il primo a pubblicare ipotesi alternative:[2] questo primato spetta a David Icke, che già il 13 settembre 2001 scriveva su Internet di un «autoattentato. ordito da forze interne agli Stati Uniti e pianificato dai più alti livelli della cosiddetta "Intelligence" USA in coordinamento con altri rami della rete mondiale degli Illuminati».[3] Ma le sue idee non ebbero altrettanta eco per due motivi fondamentali: il primo è il substrato ideologico poco presentabile di Icke, secondo il quale il nostro mondo è governato da rettili alieni che assumono sembianze umane; il secondo è la mancanza di immagini di supporto alle proprie tesi (se si eccettua il telefilm Visitors). La mancanza di supporto visivo è una lacuna cruciale, perché il complottismo dell’11 settembre fa leva in gran parte sulla forza emotiva delle fotografie e dei filmati. Una tesi argomentata verbalmente va capita: una foto, invece, viene intuita subito come veicolo di verità, e le intuizioni sono difficili da confutare razionalmente. Specialmente se, come è avvenuto perlomeno finora, la confutazione è basata su dati tecnici difficili, astrusi e a volte controintuitivi. Il complottismo è semplice e seducente; il debunking è, per sua natura, noioso e pedante.
Dopo Meyssan sono arrivati altri autori, come Nafeez Ahmed (The War on Freedom, luglio 2002), Michel Chossudovsky (War and Globalization - The Truth Behind September 11th, 2002), Eric Hufschmid (Painful Questions, settembre 2002) e Andreas von Bülow (Die CIA und der 11. September, 2003). Sono state le opere di questi ultimi due autori ad avere maggiore riscontro popolare, insieme al sito Prisonplanet.com di Alex Jones, con le loro teorie altamente spettacolari (per esempio la demolizione controllata delle Torri Gemelle). Su questo nuovo filone si sono poi innestati autori come David Ray Griffin (The New Pearl Harbor, marzo 2004) e Michael C. Ruppert (Crossing the Rubicon, 2004), seguiti da Webster Tarpley (9/11 Synthetic Terror: Made in USA, 2005). Le pubblicazioni su siti Internet e su carta sono innumerevoli, ma attingono sempre alle teorie esposte in una o più di queste opere, che costituiscono il corpus letterario centrale del complottismo.
La svolta mediatica si ha nell’ottobre del 2004, quando il milionario Jimmy Walter acquista intere pagine sul New York Times e sul Wall Street Journal per reclamizzare le proprie teorie da quelle di Hufschmid e sfociate nel video Confronting the Evidence, trasmesso in versione pesantemente tagliata e ibridata con un altro documentario (Inganno Globale) da Raitre in Report : è un nuovo modo di comunicare, che avvia la fase audiovisiva del complottismo. Ad agosto 2004 compare PentagonStrike, un breve video che spopola su Internet; a fine 2004 inizia a circolare un documentario vero e proprio, In Plane Site di Dave VonKleist; e ad aprile 2005 debutta la prima versione del popolarissimo video Loose Change, di Dylan Avery, Korey Rowe e Jason Bermas, giunto attualmente alla terza edizione. A questi video si affianca una galassia di filmati di altri autori minori.
In Italia, il video Inganno globale inizia a circolare nel giugno 2006 su Internet per poi uscire in DVD nelle edicole, dove compaiono anche traduzioni italiane dei filmati In Plane Site e Loose Change. Questa svolta viene amplificata da trasmissioni televisive come Matrix, che dedicano diverse puntate al tema delle "verità alternative" e ne presentano estesamente i filmati e i sostenitori.
Attualmente la produzione di libri e filmati in favore delle ipotesi di complotto non accenna a diminuire, alimentata anche dal graduale rilascio di nuovi dati di origine ufficiale e amatoriale (l’enorme archivio degli atti del processo Moussaoui, i rapporti tecnici del NIST, i vari filmati degli impatti al Pentagono e al WTC) e dalle nuove dichiarazioni di alcuni leader del complottismo (come William Rodriguez, che ora asserisce di aver udito esplosioni nei sotterranei delle Torri Gemelle, mentre in passato parlava soltanto del rumore di «qualcuno che sposta un sacco di mobili»). Un ulteriore stimolo alla produzione di nuovo materiale deriva inoltre dalle frequenti liti fra le correnti del sedicente "Movimento per la Verità", che tentano di screditare alcune teorie in favore di altre o si accusano a vicenda di essere disinformatori governativi pagati per screditare il movimento tramite tesi ridicole.[4] È emblematica la critica che Hufschmid rivolge agli altri nomi di spicco del complottismo, definendoli un «movimento intestinale sull’11/9».[5] Negli oltre 3.000 libri e 628.000 siti Internet dedicati alle teorie di complotto manca infatti l’unitarietà che normalmente scaturisce da un lavoro d’indagine che elimini progressivamente le ipotesi incompatibili con i fatti accertati: dopo quasi sei anni, invece, il "Movimento per la Verità" non ha ancora saputo o voluto presentare una ricostruzione alternativa, coerente e dettagliata, degli eventi dell’11 settembre. Ogni membro del movimento sembra avere la propria versione, drasticamente incompatibile con le altre: si va dalla demolizione del WTC tramite raggi spaziali o minibombe nucleari agli ologrammi al posto degli aerei fino all’inesistenza dei dirottatori (che secondo altri invece esistono e anzi sono ancora vivi). Teorie vecchie vengono periodicamente riesumate e ripresentate come se fossero novità inattaccabili.
È inoltre interessante notare che dalla produzione letteraria e video sull’argomento manca quasi completamente un altro elemento molto particolare: proprio l’ipotesi meno implausibile di tutte, la cosiddetta LIHOP (Let It Happen On Purpose), secondo la quale il governo USA avrebbe saputo in anticipo degli attentati e li avrebbe lasciati accadere passivamente. È una congettura che, per definizione, non può essere corredata di immagini semplici e spettacolari, confezionabili in libri o DVD di facile produzione e presa emotiva e quindi non sembra un caso che sia proprio questa teoria poco vendibile a latitare, nonostante la sua dignità almeno formale.
1) I dati sui guadagni di Meyssan sono riportati in The Meyssan Conspiracy, Channel Four, settembre 2002. Il numero di traduzioni di L’Effroyable Imposture è riportato dal sito del libro, www.effroyable-imposture.net . In Italia, questo libro è stato edito da Fandango con il titolo L’incredibile menzogna.
2) Il sito di Meyssan www.pentagate.info/revue-en.html afferma che la sua teoria fu pubblicata su Internet l’8 ottobre 2001. Il primo riscontro indipendente di questa pubblicazione risale al febbraio 2002 (newsgroup fr.rec.aviation).
5) www.iamthewitness.com/ManipulatingThe911Movement.html ; merita di essere letto anche l’elenco di citazioni di polemiche fra complottisti presso l’indirizzo www.911myths.com/html/911_infighting_links.html