Il principio di verificazione è un procedimento di attestazione e prova di affermazioni, e un criterio per stabilire quali proposizioni hanno significato, neopositivistico; è stato quindi elaborato dalla corrente filosofica che si propone di dare legittimazione logica alla conoscenza scientifica. Vediamo da vicino in cosa consiste e quale rapporto intrattiene con il ragionamento induttivo.
Per i neopositivisti, un enunciato ha significato se è sempre vero, ossia se è una tautologia (enunciato analitico), oppure se è conforme al piano empirico (enunciato sintetico).
Gli enunciati analitici o tautologie sono sempre veri in virtù del loro senso. Ad esempio, dire che un «uomo celibe è un uomo non sposato» è una tautologia, ossia un enunciato sempre vero poiché la definizione di «celibe» è proprio «uomo non sposato». Tali enunciati, quindi, sono sempre veri in virtù della definizione dei loro termini.
Il secondo tipo di enunciati significanti, in cui opera in modo evidente il principio di verificazione, sono quelli conformi al piano empirico; questi enunciati descrivono uno stato di cose esistente nella realtà, ossia un fatto. Ad esempio, dire che «in questo momento state leggendo un articolo», sarebbe proferire un enunciato significante poiché si riferirebbe a un fatto. Tale enunciato, inoltre, poiché corrisponde ad uno stato di cose esistente nella realtà è qualificabile anche come vero. Per converso, se un enunciato non corrisponde ad uno stato di cose presente nella realtà, è falso. Nel caso in cui, invece, un enunciato non fosse verificabile nella realtà, come avviene, ad esempio, per molti enunciati o termini dell’arte, dell’etica, della teologia o della metafisica (pensate a termini quali «l’Idea», «l’Assoluto», «l’Incondizionato», «l’ Infinito», «l’ essere dell’essere», «non essere», «cosa in sé», «spirito assoluto», «spirito oggettivo», «essenza», etc.), si tratterebbe per il neopositivismo di un enunciato privo di senso.
Il principio di verificazione, quindi, presuppone uno stretto legame con il piano empirico per stabilire significatività e verità di un enunciato, e poggia su di un particolare tipo di ragionamento: l’induzione. Come abbiamo indicato, l’induzione è tecnicamente un ragionamento che a partire da alcune premesse, deriva una conclusione solamente probabile. In termini più comuni, e impiegato in questo modo anche in molta letteratura, un ragionamento induttivo è un ragionamento che a partire da molti casi simili deriva una conclusione generale. Ad esempio, se osservando che molti cigni sono bianchi concludessimo che «tutti i cigni sono bianchi» ragioneremmo in modo induttivo poiché la conclusione, derivata senza aver effettivamente verificato che tutti i cigni sono bianchi, può avere solo un certo grado di probabilità. Altro esempio potrebbe essere legato all’interesse verso le condizioni atmosferiche irlandesi del prossimo gennaio visto che, a titolo esemplificativo ed ipotetico, avete vinto un viaggio in questa località. Avendo trovato nel sito Climate Change Knowledge Portal i dati irlandesi delle precipitazioni dal 1900 al 2009, ed osservando che tra il 1900 e il 1930 gennaio è uno dei mesi più piovosi, tra il 1930 e il 1960 gennaio rimane uno dei mesi più piovosi, tra il 1960 e il 1990 gennaio è il mese più piovoso e tra il 1990 e il 2009 gennaio è annoverato tra i mesi più piovosi, secondo il ragionamento induttivo saremo giustificati a concludere che «anche il prossimo gennaio sarà con molta probabilità almeno uno dei mesi più piovosi». L’adozione del ragionamento induttivo si sostituisce in parte al metodo deduttivo posto alla base del razionalismo cartesiano e trattato nelle prime uscite di questa rubrica.
In sintesi, il principio di verificazione propone che leggi, ipotesi, tesi e teorie siano qualificabili come significanti e verificate al confronto induttivo con il piano empirico. Solo nel caso in cui un enunciato, una legge o una teoria descrivano uno stato di cose presente nella realtà e siano provati induttivamente potranno essere considerati veri e scientifici.
Tuttavia il verificazionismo, e in parte anche il ragionamento induttivo, è soggetto a critiche molto pregnanti. Secondo Karl Popper, infatti, il principio neopositivista di verificazione sarebbe caratterizzato da serie debolezze. Riprendendo le stesse parole di alcuni neopositivisti consapevoli, Popper afferma che asserzioni generali o leggi scientifiche non potranno mai essere verificate in modo definitivo, e quindi essere considerate vere, perché potrebbero essere contraddette da future esperienze. È l’esempio dell’asserzione «Tutti i cigni sono bianchi», considerata vera, per via di verificazione empirica, fino a quando non furono scoperti i cigni neri. Non solo; se la verifica di una legge empirica può essere effettuata solamente considerando ogni singolo evento a cui la legge potrebbe applicarsi, allora il lavoro del ricercatore sarebbe infinito e impossibile perché non potrà mai verificare conclusivamente tutti i casi nel mondo o nel futuro, né potrà farlo per quelli passati.
Ne deriva quindi un importante problema epistemologico del ragionamento induttivo. Se un’asserzione non può mai essere verificata in modo definitivo come facciamo a qualificare il risultato di un ragionamento induttivo come conoscenza anche se solo probabile?
A questa domanda sono state date differenti risposte, ma sembra che a tutt’oggi una soluzione ampiamente condivisa non ci sia. Neanche l’argomento pragmatico che giustifica la portata conoscitiva dell’induzione in base agli eccellenti risultati che attraverso essa abbiamo raggiunto, offre una ragione capace di rimuovere gli interrogativi filosofici intorno al ragionamento induttivo. Anzi, anch’esso sembrerebbe incorrere nelle stesse problematiche dell’induzione: se infatti la constatazione degli eccellenti risultati conseguiti con l’induzione è derivata anch’essa induttivamente, allora sarà soggetta alle critiche che abbiamo visto in precedenza ed ogni ulteriore caso di verifica di questa affermazione non dovrebbe condurre ad aumentare la nostra fiducia nella verità di tale conclusione.
Per Popper, tuttavia, il valore conoscitivo della scienza non è compromesso. Sebbene un asserto generale o una legge scientifica non si possano mai verificare in modo definitivo, essi si possono confutare o, come dice Popper stesso, falsificare. Un caso contrario, come l’esistenza di un cigno nero, è infatti sufficiente per concludere che l’asserto generale «Tutti i cigni sono bianchi» è falso. Il lavoro dello scienziato, pertanto, a differenza di quanto sostenevano positivisti e neopositivisti, non prenderebbe le mosse da osservazioni e dalla successiva astrazione di leggi che saranno poi verificate, ma dal controllo attraverso esperimenti che mirano a confutare o falsificare le ipotesi o congetture formulate: il criterio di falsificazione. Superati i controlli la congettura non potrà essere considerata vera, poiché casi ulteriori o futuri potranno sempre falsificarla, ma potrà almeno essere considerata verosimile, fino a prova contraria.
Per i neopositivisti, un enunciato ha significato se è sempre vero, ossia se è una tautologia (enunciato analitico), oppure se è conforme al piano empirico (enunciato sintetico).
Gli enunciati analitici o tautologie sono sempre veri in virtù del loro senso. Ad esempio, dire che un «uomo celibe è un uomo non sposato» è una tautologia, ossia un enunciato sempre vero poiché la definizione di «celibe» è proprio «uomo non sposato». Tali enunciati, quindi, sono sempre veri in virtù della definizione dei loro termini.
Il secondo tipo di enunciati significanti, in cui opera in modo evidente il principio di verificazione, sono quelli conformi al piano empirico; questi enunciati descrivono uno stato di cose esistente nella realtà, ossia un fatto. Ad esempio, dire che «in questo momento state leggendo un articolo», sarebbe proferire un enunciato significante poiché si riferirebbe a un fatto. Tale enunciato, inoltre, poiché corrisponde ad uno stato di cose esistente nella realtà è qualificabile anche come vero. Per converso, se un enunciato non corrisponde ad uno stato di cose presente nella realtà, è falso. Nel caso in cui, invece, un enunciato non fosse verificabile nella realtà, come avviene, ad esempio, per molti enunciati o termini dell’arte, dell’etica, della teologia o della metafisica (pensate a termini quali «l’Idea», «l’Assoluto», «l’Incondizionato», «l’ Infinito», «l’ essere dell’essere», «non essere», «cosa in sé», «spirito assoluto», «spirito oggettivo», «essenza», etc.), si tratterebbe per il neopositivismo di un enunciato privo di senso.
Il principio di verificazione, quindi, presuppone uno stretto legame con il piano empirico per stabilire significatività e verità di un enunciato, e poggia su di un particolare tipo di ragionamento: l’induzione. Come abbiamo indicato, l’induzione è tecnicamente un ragionamento che a partire da alcune premesse, deriva una conclusione solamente probabile. In termini più comuni, e impiegato in questo modo anche in molta letteratura, un ragionamento induttivo è un ragionamento che a partire da molti casi simili deriva una conclusione generale. Ad esempio, se osservando che molti cigni sono bianchi concludessimo che «tutti i cigni sono bianchi» ragioneremmo in modo induttivo poiché la conclusione, derivata senza aver effettivamente verificato che tutti i cigni sono bianchi, può avere solo un certo grado di probabilità. Altro esempio potrebbe essere legato all’interesse verso le condizioni atmosferiche irlandesi del prossimo gennaio visto che, a titolo esemplificativo ed ipotetico, avete vinto un viaggio in questa località. Avendo trovato nel sito Climate Change Knowledge Portal i dati irlandesi delle precipitazioni dal 1900 al 2009, ed osservando che tra il 1900 e il 1930 gennaio è uno dei mesi più piovosi, tra il 1930 e il 1960 gennaio rimane uno dei mesi più piovosi, tra il 1960 e il 1990 gennaio è il mese più piovoso e tra il 1990 e il 2009 gennaio è annoverato tra i mesi più piovosi, secondo il ragionamento induttivo saremo giustificati a concludere che «anche il prossimo gennaio sarà con molta probabilità almeno uno dei mesi più piovosi». L’adozione del ragionamento induttivo si sostituisce in parte al metodo deduttivo posto alla base del razionalismo cartesiano e trattato nelle prime uscite di questa rubrica.
In sintesi, il principio di verificazione propone che leggi, ipotesi, tesi e teorie siano qualificabili come significanti e verificate al confronto induttivo con il piano empirico. Solo nel caso in cui un enunciato, una legge o una teoria descrivano uno stato di cose presente nella realtà e siano provati induttivamente potranno essere considerati veri e scientifici.
Tuttavia il verificazionismo, e in parte anche il ragionamento induttivo, è soggetto a critiche molto pregnanti. Secondo Karl Popper, infatti, il principio neopositivista di verificazione sarebbe caratterizzato da serie debolezze. Riprendendo le stesse parole di alcuni neopositivisti consapevoli, Popper afferma che asserzioni generali o leggi scientifiche non potranno mai essere verificate in modo definitivo, e quindi essere considerate vere, perché potrebbero essere contraddette da future esperienze. È l’esempio dell’asserzione «Tutti i cigni sono bianchi», considerata vera, per via di verificazione empirica, fino a quando non furono scoperti i cigni neri. Non solo; se la verifica di una legge empirica può essere effettuata solamente considerando ogni singolo evento a cui la legge potrebbe applicarsi, allora il lavoro del ricercatore sarebbe infinito e impossibile perché non potrà mai verificare conclusivamente tutti i casi nel mondo o nel futuro, né potrà farlo per quelli passati.
Ne deriva quindi un importante problema epistemologico del ragionamento induttivo. Se un’asserzione non può mai essere verificata in modo definitivo come facciamo a qualificare il risultato di un ragionamento induttivo come conoscenza anche se solo probabile?
A questa domanda sono state date differenti risposte, ma sembra che a tutt’oggi una soluzione ampiamente condivisa non ci sia. Neanche l’argomento pragmatico che giustifica la portata conoscitiva dell’induzione in base agli eccellenti risultati che attraverso essa abbiamo raggiunto, offre una ragione capace di rimuovere gli interrogativi filosofici intorno al ragionamento induttivo. Anzi, anch’esso sembrerebbe incorrere nelle stesse problematiche dell’induzione: se infatti la constatazione degli eccellenti risultati conseguiti con l’induzione è derivata anch’essa induttivamente, allora sarà soggetta alle critiche che abbiamo visto in precedenza ed ogni ulteriore caso di verifica di questa affermazione non dovrebbe condurre ad aumentare la nostra fiducia nella verità di tale conclusione.
Per Popper, tuttavia, il valore conoscitivo della scienza non è compromesso. Sebbene un asserto generale o una legge scientifica non si possano mai verificare in modo definitivo, essi si possono confutare o, come dice Popper stesso, falsificare. Un caso contrario, come l’esistenza di un cigno nero, è infatti sufficiente per concludere che l’asserto generale «Tutti i cigni sono bianchi» è falso. Il lavoro dello scienziato, pertanto, a differenza di quanto sostenevano positivisti e neopositivisti, non prenderebbe le mosse da osservazioni e dalla successiva astrazione di leggi che saranno poi verificate, ma dal controllo attraverso esperimenti che mirano a confutare o falsificare le ipotesi o congetture formulate: il criterio di falsificazione. Superati i controlli la congettura non potrà essere considerata vera, poiché casi ulteriori o futuri potranno sempre falsificarla, ma potrà almeno essere considerata verosimile, fino a prova contraria.
Riferimenti bibliografici
- Popper, K. (1972). Congetture e confutazioni. Lo sviluppo della cono-scenza scientifica. Bologna: Il Mulino. (Op. orig. Vermutungen und Widerlegungen, 1963).
- Popper, K. (2002). The Logic of Scientific Discovery. Londra: Routledge. (Op. orig. Logik der Forschung, 1934).
- Carnap, R. (1932). Überwindung der Metaphysik durch Logische Analyse der Sprache. Erkenntnis, (2), 219-241.