Pseudoscienza, antiscienza e cospirazionismo nel mondo musulmano

  • In Articoli
  • 12-12-2017
  • di Stefano Bigliardi
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Premessa


Conosciuto superficialmente o approfondito con dedizione, lontano come una città in Malesia o vicino come una moschea di quartiere, avvicinato con fascino o avversato con paura, denigrato o predicato: è l’Islam. Con questo articolo vogliamo esplorare un aspetto poco conosciuto dell’Islam contemporaneo, ossia le diverse forme di pseudoscienza, antiscienza e cospirazionismo diffuse nel mondo musulmano. Si impongono subito due precisazioni. In primo luogo, come è prassi di Query, considereremo criticamente il paranormale religioso e pratiche o discorsi che attingono al lessico religioso musulmano, ma non la fede musulmana e i suoi fondamenti teologici. Nessuno dei fenomeni e delle credenze ricostruiti e discussi nelle prossime pagine, per quanto popolari o diffusi, può essere definito un pilastro dell’Islam. Non a caso osserveremo come siano criticati da studiosi e scienziati di fede musulmana. Inoltre, chi legge potrà ravvisare in molti di tali fenomeni, dietro a terminologie e simbologie musulmane, le stesse idee ricorrenti, le stesse fallacie, o le stesse tipologie di truffa, che si possono riconoscere in fenomeni diffusi nel mondo cristiano o occidentale.

In secondo luogo, l’espressione “mondo musulmano”[1] è riferita sia a un mondo di idee, pratiche e credenze, sia ai Paesi in cui l’Islam è religione di stato o maggioritaria, con le loro differenze e i loro secoli di storia. Parlare di Islam oggi significa riferirsi a una religione in cui si riconoscono almeno 1,6 miliardi di persone in tutto il mondo. Situandosi quindi in uno scenario vasto, stratificato, variegato e fluido, nessuna delle forme di pseudoscienza, antiscienza e cospirazionismo che esamineremo può ritenersi né conosciuta o praticata da qualunque persona che si definisca musulmana, né diffusa ovunque nel mondo musulmano geopoliticamente inteso. Lo scopo di questo articolo è quindi di proporre a chi lo legge una prima mappatura da cui risultino le somiglianze e le differenze con forme di pseudoscienza “occidentale” e offrire lo spunto per ulteriori ricerche o letture più mirate.

Nascita, diffusione e diversificazione dell’Islam


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Per iniziare è bene richiamare brevemente qualche nozione sull’Islam. La narrazione principale in cui si riconoscono i musulmani risale a più di millequattrocento anni fa ed è la predicazione religiosa e l’azione politico-militare del Profeta Muhammad (italianizzato in Maometto) in seguito alla rivelazione divina ricevuta nell’anno 610 d.C. Prima di diventare Profeta, Muhammad era un commerciante della Mecca, città della penisola arabica, e, secondo la tradizione, era già spiritualmente orientato al monoteismo, muovendosi in uno scenario religioso-culturale in cui si trovavano animisti ma anche, ovviamente, cristiani ed ebrei. Allah (il-Dio, in arabo) cominciò a manifestarglisi verso i quarant’anni con alcune rivelazioni che, oltre a caratterizzarsi per un forte turbamento psicofisico, erano di carattere acustico-linguistico: una serie di precetti, insegnamenti e narrazioni dettati nel corso di più di vent’anni che avrebbero formato il Corano, o “testo da salmodiarsi”. Muhammad, successivamente assunto come archetipo di persona perfetta, è da vedersi come un essere umano e non come l’“autore” del Corano, considerato invece la parola di Dio direttamente recepita e fedelmente trascritta. Non tutti i contemporanei di Muhammad credettero però alla genuinità del messaggio. Il Profeta incontrò, nella sua città di origine, un’ostilità tale, da essere costretto a fuggirne: si tratta dell’evento noto come egira, ossia emigrazione, da cui il calendario musulmano conta gli anni. Correva il 622 d.C. e Muhammad avrebbe in seguito saputo riorganizzarsi nella città di Medina e riconquistare la Mecca. Dopo la morte del Profeta, l’Islam si sarebbe rapidamente espanso fino a raggiungere la diffusione attuale in seguito ad eventi che è ovviamente impossibile ricostruire qui.

Quello che più importa è soffermarsi, anche se per sommi capi, sul contenuto del Corano. Si tratta di un testo formato da versi che furono, dopo la morte del Profeta, sistematizzati in capitoli di diversa lunghezza: le sure, 114 in tutto. Il messaggio del Corano è vario ma non difficilmente riassumibile. Vi sono versi che commentano o richiamano avvenimenti coevi alla rivelazione stessa. Altri versi richiamano narrazioni riguardanti i profeti che precedettero Muhammad, come Abramo e Mosè, ed eventi storici. Il messaggio teologico di base è un rigoroso monoteismo, che si innesta su quello ebraico e su quello cristiano. Il Corano insegna che l’unico Dio ha creato l’universo e ha posto gli esseri umani come suoi luogotenenti sulla terra. L’universo, in tutti i suoi aspetti, dai più piccoli ai più grandiosi e spettacolari, non fa che manifestare l’esistenza e la potenza di Dio. Islam è quindi abbandono (o sottomissione) a Dio, intesi non tanto come “conversione” ma come riconoscimento di un fatto (la derivazione e dipendenza di tutto da Dio), e legati all’idea di pace (salam) che da tale abbandono consegue. Il premio della fede, espressa sia nella credenza, sia nell’aderenza a precetti pratici contenuti nel Corano come l’astensione dall’alcool e dalla carne suina, è un aldilà di delizie. La rivelazione coranica integra e sigilla quelle monoteistiche precedenti. Il Corano include quindi grandi figure e narrazioni del giudaismo e del cristianesimo, anche se con importanti variazioni: per esempio non riconosce la natura divina del Cristo e riporta che non morì sulla croce. I cinque pilastri dell’Islam, ossia le pratiche fondamentali dei musulmani, sono la testimonianza di fede, la preghiera quotidiana, l’elemosina, il digiuno nel mese di Ramadan e il pellegrinaggio alla Mecca.

Il concetto di musulmano non è etnico e non coincide con “arabo”: ci sono, per esempio, arabi cristiani e musulmani non arabi del resto lo stesso concetto di arabo è di per sé piuttosto sfumato). Non è nemmeno linguistico: nei Paesi musulmani non arabofoni si apprende il Corano in arabo, rapportandosi al testo un po’ come i cattolici prima del Concilio Vaticano II assistevano alla messa in latino senza necessariamente dominare tale lingua. Del resto, nello stesso mondo arabofono si parlano dialetti arabi molto diversi tra loro e dalla lingua araba standard, impiegata però nella stampa e alla TV. Spesso l’Islam è presentato o percepito come monolitico, e per le ragioni più diverse: tanto da chi lo vuole denigrare in blocco, quanto da chi auspica una unione politica dei musulmani, o semplicemente da chi non ne sa abbastanza. Tuttavia è prassi comunemente accettata tra gli esperti di Islam l’uso del termine al plurale gli Islam, proprio per sottolineare la forte diversificazione causata da una diffusione planetaria. Una delle ramificazioni islamiche più importanti è costituita dgli sciiti, attualmente il 15 percento dei musulmani nel mondo, che si rifanno al cugino del Profeta, Ali (599-661) come loro prima guida e unico legittimo successore di Muhammad, e che si caratterizzano per la presenza di una classe sacerdotale strutturata e gerarchica. Infine è necessario almeno accennare all’esistenza di un ramo mistico dell’Islam, il sufismo.

“Miracoli scientifici” del Corano


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Un insegnamento teologico fondamentale concernente il Corano è quello secondo cui la sua perfezione formale è prova della sua origine divina. Nemmeno se gli esseri umani e i jinn, ossia, in italiano, i geni, figure soprannaturali tipiche dell’immaginario musulmano, si alleassero, riuscirebbero a produrre un testo con le caratteristiche del Corano: così recita il Corano stesso (17: 88). All’idea dell’inimitabilità linguistica del testo sacro si è sovrapposta, in tempi moderni, l’idea dell’inimitabilità “scientifica”. In parole povere, chi sottoscrive questa tesi sostiene che il Corano contenga numerosi passaggi che presentano una descrizione accurata di fatti e fenomeni accertati dalla scienza solo molti secoli dopo la rivelazione e che quindi possono solo essere di origine divina. Numerosi interpreti sostengono che il testo sacro presenti una descrizione “scientificamente corretta” per esempio dello sviluppo dell’embrione e del feto nel ventre materno, della struttura delle montagne, delle correnti oceaniche, delle proprietà curative di elementi naturali, dell’espansione dell’universo, e così via. Alcuni hanno costruito su questo filone intere carriere “divulgative” caratterizzate da una forte presenza mediatica, come il geologo egiziano Zaghloul El-Naggar (1933)[2].

In realtà, come obiettano vari critici musulmani, questa interpretazione del testo sacro comporta una notevole forzatura tanto del Corano quanto dei presunti “fatti” che vi sarebbero descritti. In altre parole, un conto è sostenere che il Corano menziona spesso il mondo naturale (il che è vero), un conto è sostenere che tali descrizioni sono scientificamente accurate o che presentano informazioni non accessibili agli umani all’epoca della rivelazione; inoltre, si danno numerosi casi di “ritrovamento” nel Corano di presunti “fatti scientifici” che non sono affatto tali[3]. Per esempio, durante una recente ricerca informale condotta nel campus dell’Università in cui lavoro (autunno 2016), alcune persone, interpellate sui “miracoli scientifici” di loro conoscenza, hanno sostenuto che il Corano menziona correttamente il “fatto” che “l’olio di oliva cura il cancro” e che le formiche “sono fatte di vetro”.

È difficile identificare un autore che si possa prendere con sicurezza come apripista di questo fenomeno, tuttavia è certo che il “miracolo scientifico” del Corano (uso l’espressione al singolare in riferimento al filone interpretativo) conobbe un’esplosione di popolarità nella seconda metà degli anni Settanta del secolo scorso, grazie al libro di un medico francese, Maurice Bucaille (1923-1998), La Bibbia, il Corano e la scienza (1976). Bucaille, generalmente descritto come un convertito all’Islam (anche se di tale conversione mancano le prove), era un gastroenterologo di successo, che viveva e lavorava a Parigi e annoverava tra i suoi pazienti la moglie del presidente egiziano Anwar Sadat. Lui stesso racconta in libri e interviste di avere imparato l’arabo, dopo i cinquant’anni, seguendo il consiglio di alcuni suoi pazienti musulmani. A suo dire si sarebbe così accorto della assenza totale di contraddizioni logiche e di inaccuratezze scientifiche nel Corano (che nel suo libro contrasta con le inesattezze che ritrova nella Bibbia), ma anche della presenza nel testo di nozioni scientifiche precise.

Bucaille faceva parte di una commissione medica che esaminò le mummie dei Faraoni conservate presso il Museo Egizio del Cairo. In una di tali mummie, con un ragionamento che non possiamo ricostruire qui con tutti i dettagli, Bucaille era convinto di riconoscere il Faraone che inseguì Mosè e gli Ebrei durante l’esodo (narrazione richiamata anche dal Corano). Bucaille sosteneva che lo stato della mummia non fosse incompatibile né con una morte da annegamento né con una da trauma da impatto con l’acqua. Poiché il Corano, in diversi passaggi, menziona sia la conservazione del corpo del Faraone come segno per le genti, sia che lui e i suoi soldati furono scagliati nelle acque del Mar Rosso e che annegò, si era in presenza, secondo Bucaille stesso, di un chiaro “miracolo scientifico”. Il ragionamento di base è: nessuno poteva sapere, all’epoca della rivelazione coranica, che la mummia del Faraone era stata preservata, né conoscere con esattezza le cause della morte del sovrano egizio. Bucaille sosteneva inoltre che la Bibbia fosse molto meno accurata rispetto agli stessi eventi[4]. Questa è l’unica “scoperta” che Bucaille attribuisce direttamente a sé stesso, ma tutta la parte del suo libro dedicata al Corano è un catalogo di “miracoli scientifici”; non sappiamo con precisione quale fosse la “biblioteca” di Bucaille ma probabilmente venne a conoscenza dei “miracoli scientifici” anche attraverso letture o conversazioni. La Bibbia, il Corano e la scienza trasformò il gastroenterologo in una star del mondo musulmano, che conferiva all’intero discorso sui “miracoli” una visibilità e un prestigio inediti perché legati alla sua immagine di (presunto) convertito e di scienziato francese. Bucaille è tuttora molto citato e rispettato e i “miracoli scientifici” (sia quelli “scoperti” da Bucaille sia altri il cui “ritrovamento” è più recente) riempiono blog, programmi TV, libri e libretti[5].

Antiscienza accademica: gli islamizzatori della scienza


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Un fenomeno accademico che ha attraversato gli ultimi trent’anni del secolo scorso, e che presenta tuttora delle propaggini in termini di pubblicazioni ed eventi universitari, è il dibattito sull’“islamizzazione” della scienza. Si tratta dell’idea, elaborata in vari modi, da intellettuali tra loro anche molto diversi per formazione e, a parole, nettamente contrapposti, per cui la scienza, così com’è, è inaccettabile e dannosa, e dev’essere drasticamente migliorata attraverso un apporto di principi coranici. Tali principi sarebbero da applicarsi non solo e non tanto all’ethos degli scienziati o alle loro credenze religiose, ma al metodo scientifico stesso.

Ad aprire la discussione e a portarla avanti per un decennio fu lo studioso di origine palestinese Ismail Raji al-Faruqi (1922-1986). Di formazione filosofica, instancabile “mobilitatore” accademico, al-Faruqi identificò nella scienza contemporanea un prodotto tipicamente occidentale, un modo di pensare a compartimenti stagni e materialista e quindi sfavorevole all’Islam. Nel quadro di un progetto politico-religioso improntato all’unione e al risveglio dei musulmani nel mondo, e di un piano di islamizzazione della vita del singolo in tutti i suoi aspetti, al-Faruqi e i suoi sostenitori vagheggiarono una “scienza islamizzata” il cui metodo non avrebbe dovuto più essere solo quantitativo, e che avrebbe dovuto incorporare principi metafisico-religiosi come l’idea dell’unità di tutti i fenomeni nella comune derivazione divina. Con un accostamento piuttosto goffo al-Faruqi paragonava la scienza e la religione a forchetta e coltello, e sosteneva che tanto la scienza quanto coltello e forchetta si dovessero e potessero impiegare in uno e un solo modo: quello islamico.

A questi piani si opponeva il pachistano Ziauddin Sardar (1951), con il gruppo di intellettuali chiamati ijmali (parola coniata da loro con la radice araba che denota “bellezza” o “completezza”), il quale obiettava che i piani di al-Faruqi erano troppo radicali: è perfettamente legittimo mangiare tenendo le posate in altro modo, o non usarne affatto (per esempio ricorrendo alle bacchette). Ma poi gli stessi ijmali riconoscevano che nei paesi musulmani la scienza avrebbe dovuto essere islamica, ossia basata su principi, non solo etici ma anche metodologici, provenienti dal Corano.

Una terza voce importante è quella dell’iraniano Seyyed Hossein Nasr (1933), accademico e maestro Sufi, ossia mistico, che del pari condanna la scienza contemporanea, a suo vedere materialista e distruttrice, e auspica il ritorno a una scienza islamica, ossia connessa con il divino (presumibilmente con la diffusione di pratiche mistiche come le sue) ed esercitata come, a detta sempre di Nasr, la esercitavano i musulmani in età antica, ossia tenendo conto non solo dei dati materiali e misurabili ma anche di concetti come “finalità” e “significato”.

Ho tratteggiato in poche righe una discussione che ha riempito decine e decine di saggi, libri e conferenze, che ha animato la fondazione di istituti universitari[6], e su cui si sono basate carriere accademiche anche di prima grandezza. Come studioso trovo questi dibattiti interessanti in prospettiva culturale e storica, ma al tempo stesso penso che siano sterili e ambigui. È vero che le discussioni sul metodo scientifico appartengono al campo della filosofia della scienza e hanno piena dignità e rilevanza intellettuale: molte delle riflessioni degli “islamizzatori”, in altre parole, sono di carattere epistemologico e condivise con altri scienziati e filosofi, religiosi e no. È vero anche che le preoccupazioni sui danni ambientali causati da un certo impiego della tecnologia sono genuine e si rifanno a problemi concreti. Ma l’intero dibattito sull’islamizzazione della scienza soffre, da qualunque punto lo si guardi, di quattro grandi limiti. In primo luogo è costituito da una serie di scontri accademici quando nella sostanza le idee di base degli intellettuali coinvolti non sono molto diverse (peraltro questo tipo di battaglia accademica è un fenomeno transnazionale). In secondo luogo la discussione non ha mai avuto alcun esito concreto; a tutt’oggi una fisica o una biologia islamica nel metodo non si è ancora vista, e non si vede come possa esistere, dato che la scienza si basa sull'universalità e sull'indipendenza dalla religione. In terzo luogo queste discussioni si basano su, e al tempo stesso alimentano, il rifiuto della scienza, rifiuto che non è certo benefico per i Paesi di origine degli “islamizzatori”, le cui brillanti carriere peraltro si sono svolte in massima parte in Paesi occidentali. Infine, e soprattutto, gli islamizzatori auspicano riforme fumose, che vorrebbero ottenere attraverso l’innesto di principi che hanno di certo piena dignità teologica ma nessuna rilevanza scientifica.

Guarigione coranica


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Molto diffusa, e sfruttata, è la convinzione per cui la recitazione e l’ascolto del Corano avrebbero un valore terapeutico. Su questa idea, e su tradizioni extra-coraniche che confermerebbero l’approvazione accordata dal Profeta ad alcune pratiche curative proprie dei suoi tempi, si basa un filone di “guarigione coranica”. Di recente La Repubblica ha pubblicato la notizia di una “clinica” di Istanbul basata su questo tipo di pseudomedicina, chiamata, con involontaria e ironica sincerità, Centro di salute immateriale[7]. La “guarigione coranica” è molto praticata ad esempio in Marocco, ed è nota come roqya. Con notevoli acrobazie verbali e concettuali i guaritori coranici sostengono di porre rimedio ad affezioni fisiche (anche molto gravi) causate però, a loro dire, da fattori soprannaturali, come il malocchio o l’intervento di spiriti maligni o jnun, che verrebbero scacciati dalla recitazione delle parole divine. I guaritori coranici, o faqih (singolare fqih), giocano molto sulla contrapposizione tra la propria presunta competenza opposta a quella di “ciarlatani” o “stregoni” (che a differenza loro non userebbero i giusti “metodi coranici” oppure si servirebbero dell’azione di esseri soprannaturali maligni[8]) e fanno largo impiego di un lessico che mescola termini medici (come “sintomi” e “guarigione”) a termini spirituali e religiosi. Di questo mi ha dato conferma l’intervista a un guaritore di Casablanca che potete leggere a pagina 45. La loro connotazione religiosa (che conferisce autorevolezza), il loro lessico, e la loro retorica, possono facilmente convincere dei pazienti poco alfabetizzati, i quali peraltro, a causa delle loro condizioni economiche, non hanno sempre accesso a cure mediche propriamente dette.

Come hanno evidenziato le ricerche dello studioso catalano Josep Lluís Mateo Dieste[9], e come ho potuto constatare io stesso, queste pratiche tra lo pseudomedico e il magico spesso si sposano all’idea secondo cui le donne sono più soggette alla possessione, al malocchio e così via, in quanto più deboli. Di recente, alla ribalta delle cronache è salito un caso di “esorcismo” in Marocco che ha comportato percosse di gravità tale da causare la morte della donna “posseduta”[10].

La pseudomedicina in veste islamica comprende anche pratiche di coppettazione (o coppettaggio, o coppettamento), ossia l’applicazione alla pelle di coppette al cui interno è fatto il vuoto, dopo avere praticato un’incisione nella pelle stessa, presunta cura per vari mali, il cui “carattere musulmano” viene giustificato rifacendosi a tradizioni extracoraniche secondo le quali il Profeta l’avrebbe menzionata e approvata. Il coppettaggio “umido” (esiste anche una versione “secca”, ossia senza sanguinamento) ha acquisito una certa visibilità in Nuova Zelanda nel 2015, quando un campione di rugby di fede musulmana ha reso pubblico il fatto che vi ricorreva, sottolineandone appunto il carattere islamico[11] (è noto peraltro che simili pratiche sono rivendicate come proprie e tradizionali anche da altre culture[12]).

In tema di pseudomedicina in veste islamica, dai risvolti drammatici, e per di più promossa da potenti istituzioni, occorre menzionare il dittatore del Gambia Yahya Jammeh, al potere dal 1994 all’inizio di quest’anno, che dal 2007 asseriva di poter curare l’HIV, l’AIDS e l’asma grazie a un intruglio di erbe a suo dire menzionate nel testo sacro, a un beverone color giallo, a delle banane, alla recitazione del Corano, e ai poteri conferitigli da Dio (anche se in giorni specifici per le diverse malattie), il tutto da sostituirsi, secondo il despota africano, alle normali terapie antiretrovirali[13]. Le bizzarre e pericolose idee di Jammeh fanno il paio con quelle di un leader musulmano ghanese, Sheikh Imam Rashid, il quale nel 2016 ha asserito publicamente che HIV, AIDS e Ebola possono essere curati nel giro di 24 ore, attraverso (non meglio precisati) metodi coranici[14]. Dichiarazioni simili sono state fatte anche da leader non islamici, il più famoso dei quali è stato il presidente del Sudafrica Thabo Mbeki. Come nel caso del coppettaggio, anche il negazionismo dell'AIDS non è quindi presente solo nella cultura musulmana, ma merita di essere segnalato qui dato che questo articolo vuole fornire un quadro del peso delle pseudoscienze e del complottismo in questa cultura.

Creazionismo islamico


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Un fenomeno popolare su cui Query ha già pubblicato un articolo, e che però merita un po’ di spazio supplementare, è il creazionismo islamico, attualmente prodotto e propagato soprattutto dall’autore, leader religioso e personaggio televisivo turco Adnan Oktar (1956) con lo pseudonimo Harun Yahya[15]. Harun Yahya è la firma con cui sono pubblicati i suoi numerosissimi libri e articoli, presumibilmente scritti da un team, tradotti da simpatizzanti in tutto il mondo, e diffusi su Internet, da cui sono scaricabili a costo zero. L’opera più famosa, o famigerata, di Harun Yahya, è l’elefantiaco Atlante della Creazione, enorme volume patinato spedito gratis a scuole, università e istituti scientifici in tutto il mondo dieci anni fa[16], segno non solo dell’ambizione del leader turco ma anche delle sue disponibilità finanziarie, le cui origini sono tuttora poco chiare.

Oktar/Yahya è noto in patria per i suoi guai giudiziari e per lo show televisivo in cui, elegante e suadente, discute di questioni religiose e di geopolitica con modelli e modelle di cui elogia enfaticamente la bellezza, che per lui, al pari di quella dei fenomeni naturali, è segno della potenza divina. Secondo Yahya il “darwinismo” non è che una delle forme di una perenne ideologia materialista che ravvisa dietro a tutti i fenomeni e movimenti violenti o dannosi della storia (come fascismo e nazismo, ma anche, a suo dire, buddhismo e romanticismo!). Lo condanna non solo eticamente ma anche sostenendo che manca di prove e che quindi è pseudoscientifico. Yahya afferma poi che i tempi della venuta di un Mahdi, una figura salvifica e messianica (diversamente interpretata all’interno dell’Islam) siano vicini, e lo descrive in modo tale da alludere a sé stesso.

È importante sottolineare che Yahya cerca di distinguersi dai creazionisti cristiani, perché il suo punto di riferimento è il Corano, ma anche perché rispetto ai più radicali tra loro accetta che la Terra sia antica di milioni di anni. Si distingue anche dai sostenitori del cosiddetto Disegno Intelligente, nozione che ritiene blasfema, in quanto distrae dal concetto stesso di Dio coranico il quale, afferma, non abbisogna certo di un “disegno”. In altre parole il riferimento al “disegno”, secondo Yahya, o allontana da Dio, o gli pone dei limiti, e quindi è da rifiutare[17].

Ritorneremo su Yahya nella sezione sul cospirazionismo, ma qui preme sottolineare che l’autore turco diffonde anche una miriade di libri e articoli dedicati ai cosiddetti “miracoli scientifici” del Corano e quindi si pone come campione di due filoni pseudoscientifici.

Miracoli contemporanei


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Anche nel mondo musulmano abbonda il paranormale religioso, le cui storie, e le cui presunte prove, si diffondono ovviamente attraverso Internet, scindendosi in mille rivoli e conoscendo mille varianti. Mi riferisco qui a miracoli privi di implicazioni mediche, puramente simbolici e spettacolari. Un esempio recente è la pietra fluttuante, o volante, la cui collocazione geografica è stata variamente identificata con Gerusalemme e diversi altri luoghi in Paesi musulmani, e che in realtà è il risultato della contraffazione della foto di una pietra sì particolare, ma certamente non soprannaturale, presumibilmente situata in Arabia Saudita[18]. Un caso simile è quello del “minareto volante” (in un luogo che cambia da racconto a racconto) di cui circola un video su YouTube: in realtà il filmato, alquanto sgranato, del trasporto di una cupola attraverso cavi[19]. Un altro miracolo ai confini del naturale e del soprannaturale risale al 2009 ed è quello del bambino del Dagestan sulla cui pelle comparivano “dal nulla” versi del Corano[20].

Pareidolia e affini


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Ho già menzionato che il Corano frequentemente indica i fenomeni naturali come segni del potere divino. Vi è un fenomeno popolare che si aggancia a tale insegnamento teologico e che vale la pena ricordare qui in quanto ha il suo perfetto corrispettivo in Paesi di cultura cristiana e non solo. Mi riferisco alla percezione di simboli e termini religiosi nei fenomeni naturali o comunque in oggetti fisici: il termine Allah, come testimoniano dozzine di pagine web e di video su YouTube, viene ravvisato negli ortaggi e nella frutta[21], nel tronco delle piante[22], nelle nubi[23], nel mantello degli animali[24], ma anche nei pesci[25], negli alveari[26], e persino nelle onde dello tsunami del 2005 (e in quel caso fu anche interpretato come prova che il maremoto fosse un castigo divino[27]). Esistono anche casi di paracusia, testimoniati da video di animali come leoni, mucche, cani, galli e uccelli nel cui verso si udirebbe la parola Allah[28].

La pareidolia, spesso e volentieri, anche se non necessariamente, va a braccetto con la pseudoscienza. Un conto sono i casi, per così dire, di pareidolia soft, in cui si sostiene che il nome di Dio o un altro simbolo religioso si è presentato in un’occasione particolare e circostanziata (per esempio la specifica buccia di uno specifico frutto), il che può ispirare o rafforzare i credenti. Un altro conto è quando si calca la mano nell’interpretazione dell’aspetto di un fenomeno naturale costante, o esteso, dando per di più ad intendere che la “dimostrazione” dell’esistenza di Dio insita in tale fenomeno, in quanto è studiato dalla scienza, sia a sua volta “scientifica”. Per esempio circolano video in cui, con rimarchevole creatività (e forzatura) si selezionano, ribaltano e colorano in modo differente le sagome dei continenti per “dimostrare” che richiamano le posizioni della preghiera[29], o elementi dello scheletro del tirannosauro per “dimostrare” che presentano il nome di Dio[30], il tutto con una scelta di immagini e di filmati che cercano goffamente di imitare i documentari scientifici.

Pseudostoria della scienza


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Senza dubbio, vi furono periodi storici durante i quali le attività intellettuali, incluse le ricerche naturali, fiorirono nel mondo musulmano: in particolare, ma non solo, durante la cosiddetta Epoca d’oro islamica, che va dalla metà dell’VIII secolo alla metà del XIII. È altrettanto fuori di dubbio che è necessario contrastare una visione eurocentrica della storia della scienza, alimentando la consapevolezza che il mondo musulmano non si limitò ad acquisire il sapere di culture precedenti, soprattutto quella greca, che poi sarebbe ritornato nel mondo occidentale attraverso nuove traduzioni dall'arabo, ma produsse nuove importanti scoperte, per esempio nel campo della matematica, cosicché il successivo sviluppo delle scienze in Europa molto dovette a quella fioritura. Tuttavia, si è assistito negli ultimi anni a un eccesso opposto all’eurocentrismo nella storia delle scienze. Mi riferisco alla mostra itinerante 1001 Inventions, prodotta e diretta dall’imprenditore britannico Ahmed Salim. L’iniziativa, che comprende anche documentari e pubblicazioni su carta, si appoggia apparentemente sulla consulenza e sui contributi di numerosi studiosi. È stata lanciata nel 2006 per essere ospitata, con successivi ampliamenti e aggiornamenti, in sedi prestigiosissime: possiamo ricordare il London’s Science Museum, la New York Hall of Science, il California Science Center (Los Angeles) e il National Geographic Museum a Washington[31]. A suo supporto si registrano le dichiarazioni di figure di enorme prestigio politico come Hillary Clinton (all’epoca Segretario di Stato statunitense), il Principe Carlo d’Inghilterra, e Recep Tayyip Erdoğan (all’epoca Primo Ministro turco).

Come è descritto e denunciato dalla storica della scienza Sonja Brentjes e dal fisico Taner Edis (esperto del dibattito contemporaneo su scienza e Islam) dapprima in un articolo sullo Skeptical Inquirer[32], e più recentemente in un volume curato dagli stessi autori insieme all’islamologo Lutz Richter-Bernburg[33], 1001 Inventions propaga una serie di deplorevoli distorsioni. Secondo Brentjes e Edis la mostra si caratterizza per “un disprezzo dell’accuratezza che sfora nella pura finzione”[34]. In generale, l’esposizione proietta sulla scienza del mondo musulmano antico degli schemi concettuali attuali, selezionando solo quelle nozioni e quelle teorie che sono in linea con le discipline contemporanee, e trascurando per esempio le concezioni astrologiche, le superstizioni mediche, o semplicemente gli errori, che di quella scienza, come del resto di quella europea, erano parte integrante. In secondo luogo, e più specificamente, la mostra promuove una serie di “racconti eroici”, decontestualizzati e privi di adeguato supporto storico, come quello dell’invenzione e costruzione, da parte dell’andaluso Ibn Firnas (IX secolo), di un dispositivo alato, una sorta di tuta alare ante litteram, dotata di penne d’aquila, con cui sarebbe riuscito a volare. L’impresa, oltre ad essere fisicamente impossibile, è testimoniata solo da poche righe contenute nell’opera dello storico marocchino al-Maqqari, vissuto settecento anni più tardi. Altre notevoli distorsioni o falsificazioni storiche evidenziate da Brentjes e Edis vanno a toccare la storia dell’ottica, dell’orologeria, e della pedagogia.

Altre distorsioni storiche


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©Roberta Baria
Ancora in tema di falsificazioni storiche, va menzionato un episodio che merita un accenno per l’importanza del personaggio che ne è protagonista. Mi riferisco alle affermazioni di Recep Tayyip Erdoğan. In qualità di Presidente turco, in occasione del summit dei leader musulmani dell’America Latina (novembre 2014), Erdoğan sostenne che l’America fu scoperta da “navigatori musulmani” tre secoli prima di Colombo, tanto che quest’ultimo, avvicinandosi a Cuba, vi scorse una moschea[35]. Erdoğan andava a pescare in una narrazione pseudostorica ricorrente, basata su, o ispirata da, una notazione di Colombo riportata da Bartolomé de las Casas, che semplicemente paragonava la forma di un rilievo collinare caraibico a quella di una moschea. Infine, sempre in Turchia, si segnala il tentativo di far passare le rovine di Göbekli Tepe (peraltro assai affascinanti e dibattute) per quelle della città del padre di Abramo, i cui idoli furono distrutti, secondo il Corano, da Abramo medesimo. Tale tentativo è rappresentato da un documentario annunciato nel 2017 e sostenuto dal governo turco. L’identificazione della città con un luogo in cui avrebbe potuto agire Abramo si scontra con la datazione scientifica: Göbekli Tepe risale a 12.000 anni fa, mentre l’epoca di Abramo si situa verso il 1800 a.C.[36].

Cospirazionismo


Le teorie della cospirazione sono diffuse nel mondo musulmano come in quello occidentale e la loro struttura, come le loro fallacie argomentative, sono le medesime. Alcune teorie cospirazioniste sono essenzialmente le stesse nelle diverse culture, per esempio quelle degli anti-vaccinisti, di cui si ha notizia recente in Malesia (anche se nei consueti “argomenti” contro i vaccini si rilevano sfumature “islamiche”[37]). Tuttavia ci sono alcune teorie cospirazioniste che fanno direttamente leva su temi e motivi tipicamente musulmani: un archetipo notevole è quello della grande personalità occidentale segretamente convertita all’Islam (o per lo meno vicina all’Islam) e per questo osteggiata o uccisa. Per esempio una presunta conversione all’Islam dovuta alla relazione con Dodi Al Fayed o con un altro amante di origine pachistana avrebbe motivato l’“assassinio” di Lady Diana da parte della famiglia reale britannica, in una delle versioni cospirazioniste della morte della principessa; analoghe voci circolano su Michael Jackson e su altri personaggi pubblici o storici[38].

A casa nostra, del tutto simile alla storia di Lady D è quella secondo cui Edoardo Agnelli (1954-2000) sarebbe stato fatto uccidere dal “ramo ebraico” della famiglia in seguito alla conversione all’Islam. Il figlio di Gianni, appassionato di religioni, effettivamente soggiornò in Iran, e sempre in Iran è stato prodotto ed è piuttosto conosciuto un documentario che ne “svela” l’assassinio e lo descrive come “martire dell’Islam”[39]. Se alcune teorie della cospirazione in ambito non-musulmano usano la presunta cripto-appartenenza all’Islam per denigrare una figura importante (penso ovviamente alla nota leggenda su Barack Obama[40]), qui l’appartenenza all’Islam ha una connotazione positiva, e, al tempo stesso, la teoria su Edoardo Agnelli va a pescare nel torbido, recuperando un altro famigerato archetipo cospirazionista, quello del “complotto giudaico”. Sempre in tema, occorre almeno accennare a un altro fenomeno, che tocca specialmente, ma non esclusivamente, l’Iran, che confina e si sovrappone con quelli discussi, e che meriterebbe un intero articolo a sé: il negazionismo (complottista) dell’Olocausto promosso dalle più alte istituzioni statali[41].

Lo stesso Adnan Oktar/Harun Yahya esordì come scrittore nel 1986 con un libro sul complotto “giudaico-massonico”, e nel 1995 fu pubblicato a suo nome un altro libro in cui non solo si negava l’Olocausto ma si sosteneva anche che i fondatori di Israele avessero strettamente collaborato con i nazisti in modo che si ridestasse la “consapevolezza razziale” degli ebrei. Oktar si difese dalle critiche che inevitabilmente piovvero su queste ripugnanti assurdità ricorrendo a un’ulteriore teoria della cospirazione, ossia sostenendo che il libro in questione fosse stato pubblicato a sua insaputa, abusando dello pseudonimo Harun Yaha, da parte di un suo collaboratore. Oggigiorno, cadute, almeno in apparenza, le connotazioni antisemite più violente del suo discorso, e caduto anche il negazionismo più bieco, Yahya continua a sposare opposizione all’evoluzione e complottismo, affermando che le ideologie materialiste, di cui il “darwinismo” a suo dire è solo una delle tante manifestazioni storiche, sono state costantemente sostenute e propagate dalla Massoneria[42].

Pseudotecnologia islamica e bufale pseudotecnologiche pure e semplici


Esistono notevoli esempi di pseudotecnologia legata al Corano. Si ha notizia, per esempio, di un dispositivo per estrarre l’“energia coranica” dall’acqua su cui siano stati recitati versetti del libro sacro[43]. O ancora, proposte o progetti pseudotecnologici per lo sfruttamento dell’energia dei jinn: è il caso delle idee pubblicamente espresse nel 1988 dall’ingegnere nucleare pachistano Sultan Bashiruddin Mahmood, più tardi menzionato dalle cronache per il suo arresto, nel 2001, in seguito al sospetto di una connessione con i talebani (per i quali l’ingegnere nutriva un’aperta simpatia ma coi quali non è stato dimostrato un collegamento concreto e legalmente perseguibile[44]).

Sempre in Pakistan si è registrata nel 2012 una notevole bufala pseudotecnologica, quando il sedicente ingegnere Waqar Ahmad ha sostenuto di avere inventato un motore ad acqua, ottenendo una grande visibilità mediatica come pure dichiarazioni di sostegno da parte di personalità di notevole rilievo istituzionale. Questa truffa non giocava con termini e simbologie di tipo religioso ma occorre ricordare che l’allora Ministro per gli Affari Religiosi Syed Khurshid Ahmad Shah, posto dal Primo Ministro a capo di una commissione incaricata di approfondire il progetto di Waqar Ahmad, si è espresso favorevolmente [per maggiori dettagli vedere l’intervista con il professor Pervez Hoodbhoy[45]]. La macchina ad acqua di Waqar Ahmad ricorda peraltro quella ad aria, e fondata su principi coranici, ipotizzata dal summenzionato leader ghanese Sheikh Imam Rashid[46].

Articoli “scientifici”


Ci sono casi in cui la pseudoscienza in veste islamica sembra poter vantare credenziali accademiche attraverso specifiche pubblicazioni. È noto ad esempio un articolo sulle nozioni cardiologiche presumibilmente contenute nel Corano, pubblicato nell’International Journal of Cardiology nel 2011 molto probabilmente a causa di una falla nel meccanismo di revisione paritaria di una rivista altrimenti rispettabile[47]. Altri articoli sono stati invece pubblicati su riviste dall’aspetto accademico ma in realtà di quart’ordine. Mi sono noti almeno tre “studi”: uno sulle modificazioni presumibilmente subite dai tessuti dei polli se sgozzati secondo un rituale islamico, pubblicato nel 2013 sull’International Journal of Poultry Science[48], e due riguardanti i “benefici” del summenzionato coppettaggio “islamico”, pubblicati, rispettivamente, nel 2008 sull’American Journal of Chinese Medicine[49], e nel 2015 sul Journal of Basic & Applied Sciences[50] . Del resto, come abbiamo visto, credenziali accademiche (dottorati, incarichi universitari) sono spesso vantate dai sostenitori di forme di pseudoscienza in veste islamica. Gli stessi “miracoli scientifici” del Corano sono frequentemente discussi in conferenze organizzate presso dipartimenti universitari[51].

Casi ibridi


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Le tipologie di pseudoscienze e antiscienze che ho riassunto nelle pagine precedenti non devono essere concepite come mutamente esclusive. Esistono, è vero, alcuni discorsi, o alcuni autori, che ne escludono o respingono esplicitamente altri. Per esempio Ziauddin Sardar, pur essendosi distinto per tesi non proprio a favore della scienza, ha scritto pagine lodevoli e brucianti contro la pseudoscienza a cui conduce la credenza nei “miracoli scientifici” del Corano[52], e in un libro recente si è espresso contro il creazionismo islamico di Yahya[53]. Ma esistono anche casi “ibridi”, ossia all’intersezione di più discorsi pseudoscientifici. Per esempio, il primo versetto della cinquantaquattresima sura del Corano recita: “L’Ora si avvicina e la luna si fende”. Il suo significato è interpretabile in molti modi, per esempio come allusione all’effetto della fede nel cuore del credente, o alla divisione dei musulmani all’appressarsi della fine dei tempi[54]. Esiste però un filone interpretativo popolare che lo legge come l’allusione ad un evento miracoloso davvero accaduto, la scissione fisica della luna in due parti davanti al Profeta e ai suoi compagni. Uno dei campioni del “miracolo scientifico” del Corano come Zaghloul El-Naggar, che ho già citato, contribuisce a diffondere la narrazione secondo cui segni inequivocabili di un'effettiva frattura del nostro satellite sarebbero stati rilevati dagli astronauti della NASA durante una missione lunare, salvo poi rinunciare a divulgare il fatto[55]. In questo caso abbiamo un esempio di “interpretazione scientifica” del Corano in cui la “scienza” (evocata dalla missione NASA) confermerebbe un miracolo di tipo soprannaturale mentre, ironicamente, elide la nota teoria cospirazionista sulla falsità delle missioni lunari! Analoghe leggende riguardano la scoperta, da parte di Jacques Cousteau, di correnti oceaniche che si vogliono menzionate nel Corano, e la sua conversione (inclusa la variante della storia secondo cui il grande esploratore racconta la propria scoperta al connazionale Maurice Bucaille il quale a sua volta gli conferma l’accuratezza scientifica del Corano![56]), ma anche il ritrovamento di scheletri giganti nel Medio Oriente che avrebbero confermato la descrizione della statura di Adamo secondo tradizioni musulmane extracoraniche[57]. Un altro caso “ibrido” che merita un accenno è costituito dal “terrapiattismo” in veste islamica (ossia argomentato su base coranica[58]), e si registra almeno un caso notevole di geocentrismo contemporaneo sostenuto pubblicamente da un religioso saudita[59].

Un recentissimo caso di ibridazione di argomentazioni e temi pseudoscientifici è quello della presunta dimostrazione, a opera di Gérard Lucotte e Thierry Thomasse, che l’Uomo della Sindone aveva i capelli biondo-rossicci, come asserito nel Corano (secondo, si noti bene, l’articolo stesso: la tradizione, peraltro basata su un termine arabo ambiguo, che indica un colore di capelli castano-rossiccio, è extracoranica). Si tratta di un caso estremo e affascinante per la sua interculturalità, in cui un articolo apparentemente accademico confermerebbe “scientificamente” il Corano dimostrando al tempo stesso la sua accuratezza rispetto a una narrazione tipicamente cattolica (ossia l’autenticità della Sindone[60]).

Il ragionamento cospirazionista come inevitabile compagno delle pseudoscienze


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Ho osservato che Harun Yahya si è difeso dalle critiche a un suo libro cospirazionista ricorrendo a una ulteriore narrazione cospirazionista. Non si tratta di un caso. Il cospirazionismo, a mio avviso, è un ingrediente fondamentale, o una conseguenza inevitabile, di tutte o quasi le pseudoscienze in veste islamica. Poiché infatti la verità di questo o quel racconto, o “fatto”, implica un elogio dell’Islam, se non proprio la dimostrazione della sua superiorità rispetto ad altre religioni, la maggior parte delle forme di pseudoscienza che abbiamo osservato necessitano di, o richiamano inevitabilmente, “ragionamenti” di tipo cospirazionista: gusci narrativi supplementari che avvolgono e schermano le narrazioni principali, e giustificano la mancanza di dati solidi o di articoli scientifici[61] facendo riferimento alla presunta ostilità di chi non ha interesse a dare lustro all’Islam. Per esempio, chiunque sostenga la realtà delle rilevazioni degli astronauti statunitensi che confermerebbero la “spaccatura della luna”, sfidato rispetto all’assenza di dichiarazioni ufficiali della NASA in tal senso, non potrà che ricorrere all’idea di una scoperta troppo favorevole all’Islam per essere rivelata, di una grande copertura, e così via. Ancora una volta, non si tratta, a mio parere, di dinamiche proprie soltanto dell’Islam, ma di tutti i casi in cui si toccano questioni di identità e di orgoglio, tanto delicate quanto radicate, vissute nel quadro di una competizione religiosa e culturale[62].

Scienziati musulmani contro la pseudoscienza: Nidhal Guessoum


Per terminare questa rassegna con una nota positiva posso segnalare che il problema della pseudoscienza in veste islamica, specie negli ultimi anni, è stato percepito con sempre maggiore acutezza da numerosi educatori, ricercatori e scienziati di fede musulmana. Affrontando tale problema nel quadro di una critica dello stato dell’istruzione, della ricerca e della produzione scientifica nei loro Paesi, si sono attivati con libri, articoli, conferenze, blog, e altri interventi pubblici, finalizzati a mostrare come la fede musulmana non debba per forza andare di pari passo con l’accettazione, la produzione e la diffusione di forme di pseudoscienza, e sottolineando come quest’ultima danneggi gravemente le rispettive società[63]. Non è infrequente trovare in Internet confutazioni della pseudoscienza in veste islamica, o semplicemente della cattiva informazione scientifica che gioca con potenti simboli culturali e religiosi, prodotte da musulmani per altri musulmani[64].

Il caso a mio avviso più brillante è quello dell’astrofisico algerino Nidhal Guessoum (1960), professore presso l’American University of Sharjah (Emirati Arabi Uniti), con il suo libro del 2011 Islam’s Quantum Question che affronta, critica e respinge, tra gli altri, l’islamizzazione della scienza, i “miracoli scientifici”, e il creazionismo islamico[65]. Infine, un altro dibattito in cui Guessoum è attivo, forse poco conosciuto in occidente ma molto attuale nel mondo musulmano, è quello sulla sensibilizzazione delle autorità politico-religiose rispetto alla conoscenza e competenza scientifica per quanto riguarda la determinazione e l’annuncio delle date dotate di particolare significato religioso: specialmente, ma non solo, l’inizio e la fine del mese di Ramadan. Tali festività fanno riferimento al calendario lunare (e pur essendo religiose hanno un rilevante impatto sul calendario lavorativo). Se, da un lato, le fasi lunari si possono prevedere con certezza (come pure la visibilità della luna rispetto a un dato luogo in un dato momento), dall’altro, nel mondo musulmano, sulla base della tradizione, ci si è sempre affidati all’osservazione del nostro satellite ad occhio nudo. Vivendo e lavorando in Marocco posso testimoniare che la mia Università distribuisce ad inizio semestre un calendario accademico in cui le festività sono indicate come “da confermare”, il che può benissimo avvenire anche la sera prima (e dipende da un annuncio ministeriale ufficiale). Internazionalmente poi, ma anche all’interno dello stesso Paese, si può arrivare a una situazione strana: la stessa festività viene annunciata con date differenti, date per di più non necessariamente coincidenti con le osservazioni e le previsioni astronomiche, perché differenti osservatori a occhio nudo possono sbagliarsi e differire tra loro rispetto all’effettiva visibilità della luna (o possono essere nel giusto e tuttavia osservarla in tempi differenti a causa delle condizioni atmosferiche). Tutto questo può creare alcuni disagi pratici. Nidhal Guessoum è tra quegli scienziati che più attivamente promuovono un’armonizzazione di tali annunci con i dati scientifici sulla luna, e quindi degli annunci stessi tra loro[66].

Ringraziamenti


Ringrazio il Dr. Luca Patrizi per la correzione della sezione sulla storia dell’Islam. Ringrazio Matteo Barbato, Roberto Labanti, Sofia Lincos e Giuseppe Stilo per avermi segnalato vari e utilissimi articoli e saggi. La mia gratitudine va infine ai partecipanti alla conferenza CICAP “Mai stati sulla Luna? E la Mezzaluna?” (Torino, 29 dicembre 2016) per i loro preziosi suggerimenti. La responsabilità di eventuali imprecisioni è ovviamente mia.

Tutte le pagine web a cui faccio riferimento nelle note sono state controllate il 21 gennaio 2017.

Note

1) L’espressione è adottata anche in ambito accademico secondo il significato qui richiamato. Per esempio The Muslim World è una diffusa e onorata rivista di studi sull’Islam e i suoi rapporti con il mondo cristiano.
2) Per farsi un'idea della popolarità del filone qui discusso invito i lettori a cercare su un motore di ricerca i termini scientific miracles Quran (nel momento in cui scrivo Google rimanda a 228.000 risultati).
3) Per una critica a questo filone interpretativo da parte di un autore musulmano si veda Nidhal Guessoum: “The Qur’an, Science, and the (Related) Contemporary Muslim Discourse”, Zygon: Journal of Religion and Science 43:2, 2008: 411-431.
4) Ovviamente c’è tutto un intrico di assunti, più o meno espliciti, su cui si fonda il ragionamento di Bucaille, che qui non possiamo sviscerare e discutere in dettaglio: per esempio l’effettiva storicità della narrazione dell’esodo, il significato preciso dei termini arabi dei passaggi coranici evocati, e così via. A chi esamini a fondo il ragionamento del medico francese non sfugge una certa circolarità. Lascio questo esercizio a chi mi legge.
5) Il libro più celebre di Bucaille è disponibile in innumerevoli edizioni (per esempio: http://www.islamicbulletin.org/free_downloads/quran/bible_quran_science.pdf ). Per una lettura critica della figura di Bucaille e delle sue idee mi permetto di rimandare a tre miei articoli: “Snakes from Staves? Science, Scriptures and the Supernatural in Maurice Bucaille”, Zygon: Journal of Religion and Science 46:4, 2011: 793-805; “The Strange Case of Dr. Bucaille. Notes for a Re-Examination”, The Muslim World 102:2, 2012: 248-263; “Secret Cousins. Analogies in the Construction of Religious Authority through ‘Science’ in Maurice Bucaille and Claude Vorilhon (Raël)”, Nova Religio: The Journal of Alternative and Emergent Religions 20:2, 2016: 34-58.
6) È ancora in piena attività, per esempio, l’International Institute of Islamic Thought (o IIIT) fondato da al-Faruqi a Herndon, Virginia, nel 1981.
8) In Arabia Saudita la “stregoneria”, in quanto vista in competizione con l’Islam, è contrastata e perseguita legalmente con enorme durezza (e arbitrarietà).
9) Josep Lluís Mateo Dieste: “‘Spirits Are Like Microbes’: Islamic Revival and the Definition of Morality in Moroccan Exorcism”, Contemporary Islam 9 (1), 2015: 45-63.
12) In occasione delle ultime Olimpiadi la pratica della coppettazione da parte di nuotatori di diverse nazionalità ha ricevuto una certa visibilità mediatica ed è stata descritta dagli interessati, per esempio, come tradizionalmente cinese.
15) Query 18, 52-56. (https://www.cicap.org/n/articolo.php?id=275842 ). Si vedano anche https://tinyurl.com/y9j8zjb e https://tinyurl.com/y72g2n8l . L’analisi accademica più completa dell’“azienda Yahya” (Anne Ross Solberg, The Mahdi Wears Armani. An Analysis of the Harun Yahya Enterprise, Huddinge, 2013) è disponibile qui: https://tinyurl.com/y79fs6sz .
18) Per una discussione critica (da parte di un credente musulmano): https://tinyurl.com/ybmygyaz .
19) Per una discussione critica (da parte di un credente musulmano): https://tinyurl.com/m39f57z .
32) Sonja Brentjes e Taner Edis, “A Golden Age of Harmony? Misrepresenting Science and History in the 1001 Inventions Exhibit”, Skeptical Inquirer, 36 (6), 2012: https://tinyurl.com/ya62qd6g .
33) Sonja Brentjes, Taner Edis e Lutz Richter-Bernburg (a cura di): 1001 Distortions: How (Not) to Narrate History of Science, Medicine, and Technology in Non-Western Cultures (Ergon, 2016).
34) v. link nota 32.
39) Qui la prima parte del documentario: https://tinyurl.com/yagwt6vj . La tesi viene ripresa nel libro di Giuseppe Puppo, più basato su interviste allusive che su veri e propri documenti, Ottanta metri di mistero. La tragica morte di Edoardo Agnelli (Koinè Nuove Edizioni, 2009).
42) Si veda Ross Solberg, The Mahdi Wears Armani, cit.: 77-82.
43) Si veda Nidhal Guessoum, Islam’s Quantum Question: Reconciling Muslim Tradition and Modern Science (I.B. Tauris, 2011): 5-6.
45) Per un’analisi dello stato delle pseudoscienze nel Pakistan contemporaneo, si veda https://tinyurl.com/aapbqer . L’articolo si sofferma in particolare sullo sfruttamento di bambini con gravi malattie genetiche presso alcuni santuari Sufi. Tali bambini (chiamati a causa delle loro fattezze rat children) sono creduti essere più vicini a Dio e vengono usati come mendicanti da delle gang.
46) Si veda link alla nota 14.
47) Marios Loukas, Yousuf Saad, R. Shane Tubbs, Mohammadali M. Shoja: “The Heart and Cardiovascular System in the Qur’an and Hadeeth”, International Journal of Cardiology 140, 2010: 19–23.
48) Tarek Khenenou, Mohamed Melizi, Omar Bennoune, Hassina Benzaoui, Ibrir Messaouda: “Histological Changes in Liver and Pectoral Muscles of Broiler Chickens Slaughtered with and without Naming of Allah”, International Journal of Poultry Science 12, 2013: 550–552.
49) Alireza Ahmadi, David C. Schwebel, Mansour Rezaei: “The Efficacy of Wet-Cupping in the Treatment of Tension and Migraine Headache”, American Journal of Chinese Medicine 36-1, 2008: 37-44.
50) Asif Ahmed: “Innovative Energy Standard of Curative Cupping/Hijama”, Journal of Basic & Applied Sciences 11, 2015: 445–453.
51) Un elenco di eventi accademici recenti si trova in Nidhal Guessoum: “Islam and Science: The Next Phase of Debates”, Zygon: Journal of Religion and Science 50:4, 2015: 854–876.
53) Ziauddin Sardar: Reading the Qur’an. The Contemporary Relevance of the Sacred Text of Islam (Hurst & Company, 2012): cap. 51.
54) Per una esposizione esaustiva delle possibili interpretazioni di tale verso si veda Andreas Görke: “Die Spaltung des Mondes in der modernen Koranexegese und im Internet”, Welt des Islams 50-1, 2010: 60–116.
58) Si veda per esempio un dibattito alla TV irachena risalente al 2007: https://tinyurl.com/q89m7hc .
59) https://tinyurl.com/l57t2z4 . Lo stesso religioso è un negazionista rispetto allo sbarco sulla luna.
60) Si veda Gérard Lucotte e Thierry Thomasse: “Scanning Electron Microscopic Characterization and Elemental Analysis of One Hair Located on the Face of the Turin Shroud”, Archaeological Discovery 5-1, 2017 (https://tinyurl.com/y9zlgd2x).
61) Abbiamo comunque notato l’esistenza di articoli pseudoaccademici e di conferenze dedicati alla pseudoscienza in veste islamica, ed è noto che il cospirazionismo, in generale, ha imparato ad ammantarsi di un’aura pseudoaccademica. Si veda Jovan Byford: Conspiracy Theories. A Critical Introduction (Palgrave MacMillan, 2015 – 2a ed.): 89-90 e 101.
62) Mi permetto di rimandare alla mia analisi nell’articolo “The ‘Scientific Miracle of the Qur’ān,’ Pseudoscience, and Conspiracism”, Zygon: Journal of Religion and Science 52-1, 2017: 146-171.
63) È il caso di vari esponenti di quella che chiamo la “nuova generazione” di autori musulmani che discutono la relazione di scienza e fede, nozione sulla quale mi permetto di rimandare al mio articolo: “On Harmonizing Islam and Science: A Response to Edis and a Self-Criticism”, Social Epistemology Review and Reply Collective 3-6, 2014: 56-68.
64) Si vedano per esempio le pagine web sulla “roccia fluttuante” e sulla “cupola volante” citate in note precedenti, ma anche alcune pagine di WikiIslam.
65) Per gli estremi della monografia di Guessoum si veda la nota 43. Per una ricognizione “condensata” delle idee del fisico algerino si veda la conversazione con lui in Stefano Bigliardi, Islam and the Quest for Modern Science (Swedish Research Institute in Istanbul, 2014): 151-177.
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