“Tutte le astronavi extraterrestri provengono da civiltà diverse e al di là di quella terrestre” ©e-sketches deviantart.com
Una di queste importanti riflessioni richiama in causa il quadrato delle opposizioni e una specifica relazione tra due tipi di enunciati. Come già indicato, il quadrato delle opposizioni, così come pensato da Aristotele, indica le relazioni esistenti tra i quattro diversi tipi di enunciati con cui si possono costruire i sillogismi: universale affermativo «Tutti i metalli sono conduttori di elettricità»; universale negativo «Nessun pesce è mammifero»; particolare affermativo «Qualche metallo è conduttore di elettricità» e particolare negativo «Qualche pesce non è mammifero».
Secondo Aristotele, tra l’universale affermativa e la rispettiva particolare affermativa, così come tra l’universale negativa e la rispettiva particolare negativa, esiste una relazione denominata di subalternità. Due enunciati sono subalterni quando sono entrambi veri o entrambi falsi, e uno (l’enunciato particolare) descrive uno stato di cose derivabile dall’altro (l’enunciato universale)[1]. Esemplificando, tra l’enunciato universale «Tutti i triangoli sono poligoni di tre lati» e quello particolare affermativo «Qualche triangolo è un poligono di tre lati», oppure tra l’enunciato universale negativo «Nessuna sostanza che si trovi allo stato aeriforme e sia priva di volume è un solido» e quello particolare negativo «Qualche sostanza che si trovi allo stato aeriforme e sia priva di volume non è un solido» esiste questa relazione di subalternità. Per Aristotele, quindi, quando l’universale è vera, come nel caso dell’universale «Tutti i triangoli sono poligoni di tre lati», è vera anche la subalterna «Qualche triangolo è un poligono di tre lati» mentre quando l’enunciato universale è falso, come ad esempio «Nessun uomo è bipede», allora sarà falso anche l’enunciato «Qualche uomo non è bipede». C’è di più. Nell’interpretazione aristotelica del quadrato delle opposizioni, ma anche nella logica contemporanea, quando si asserisce «Qualche triangolo è un poligono di tre lati» si sta anche dicendo che «esiste almeno un triangolo che è un poligono di tre lati», ossia si esprime un enunciato con portata esistenziale. All’interno dell’interpretazione logica aristotelica, quindi, e come vedremo in opposizione all’attuale sviluppo della logica, dall’enunciato «Tutti gli uomini sono razionali» si può derivare l’enunciato «Qualche uomo è razionale» dando per sottinteso che esista almeno un uomo che è razionale.
Questo modo di ragionare, ossia la derivazione di un enunciato particolare con portata esistenziale dal rispettivo universale, è stato accettato senza destare dubbi dalle centinaia di autori che per secoli hanno studiato i lavori logici di Aristotele.
E forse la problematicità di questa infrenza non è ancora chiara neanche in chi sta leggendo questo articolo perché, solitamente, nell’uso del linguaggio ordinario, ossia quello di tutti i giorni, quando diciamo ad esempio che «Tutti gli uomini dovrebbero poter scegliere liberamente» insinuiamo l’esistenza degli uomini e possiamo quindi concludere in modo sicuro che «Qualche uomo dovrebbe poter scegliere liberamente». Ma non così considerano molti logici moderni, e tra i primi, sebbene in modo non esplicito, il matematico e logico britannico della metà del Novecento George Boole[2], che riconosce problematica l’inferenza di un enunciato particolare dal rispettivo universale perché, se non esiste la classe di oggetti a cui ci si riferisce con l’enunciato universale, si rischia di asserire l’esistenza di qualcosa che, in realtà, non esiste. Infatti, se sembra corretto derivare dall’asserzione «Tutti gli abitanti di Marte sono rossi» la conclusione «Alcuni abitanti di Marte sono rossi», con quest’ultima si implicherebbe, senza accorgersene, l’esistenza degli abitanti di Marte.
Derivare una proposizione particolare da una universale non è quindi scontato come sembra, e tale criticità può essere compresa volgendoci alle discipline scientifiche o teoriche, ossia quelle discipline in cui spesso si ragiona senza presupporre l’esistenza degli oggetti a cui ci si riferisce.
Ad esempio, la prima legge di Newton che afferma che, in assenza di forze, un corpo in quiete resta in quiete e un corpo che si muove a velocità rettilinea e uniforme continua così indefinitamente, è una legge certa e può essere espressa o difesa anche senza che si voglia presupporre in realtà l’esistenza di alcun corpo soggetto a forze[3]. Lo stesso, si può dire per un enunciato come il seguente: «Tutte le guerre determinano danni». Sebbene tale enunciato possa essere considerato vero, esso sarebbe tale anche se in realtà, in questo momento, non esistesse alcuna guerra. Ma, se da essa si derivasse «Alcune guerre determinano danni» o «Esiste almeno una guerra che determina danni», si sosterrebbe l’esistenza reale di qualcosa che, in alcuni contesti o momenti, potrebbe non esitere. Ancora più esplicitamente, sulla base del significato dei termini si potrebbe accettare l’enunciato «Tutte le astronavi extraterrestri provengono da civiltà diverse e al di là di quella terrestre». Ma a partire da questo derivare che «Alcune astronavi extraterrestri provengono da civiltà diverse e al di là di quella terrestre» o che «Esiste almeno un’astronave extraterrestre che proviene da civiltà diverse e al di là di quella terrestre» è ben altra questione.
Per quanto tale discorso risulti astratto per il modo comune di impiegare il linguaggio, inferire da premesse non esistenziali conclusioni particolari che lo sono può diventare un errore che è codificato con il nome di fallacia esistenziale. E la possibilità di commettere tale errore ci deve rendere avvertiti verso la portata esistenziale degli enunciati che impieghiamo, per non trovarci a concludere l’esistenza di oggetti o entità che non esistono quando magari si ragiona solamente in modo astratto.
Note
1) Boniolo, G. e Vidali, P (2002). Strumenti per ragionare. Milano: Mondadori, p. 20.
2) Boole, G. (1999). L’analisi matematica della logica. Torino: Bollati Boringhieri.
3) Copi, I., Cohen, C., e McMahon, K. (2103). Introduction to logic. Essex: Pearson, p. 197.