Gli esami di maturità, pardon, gli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore, come adesso correttamente si dovrebbero chiamare, sono un consolidato rito nazionale che quest’anno ha coinvolto poco meno di 500.000 studenti (per l’esattezza 491.491) e circa 12.200 commissioni, ciascuna costituita da tre docenti interni, tre esterni più un presidente.
Si tratta di una delle rare occasioni in cui i mass media si occupano di scuola, per poi piombare in un inquietante silenzio per tutto il resto dell’anno. Ogni anno si rileggono più o meno le stesse cose. Si leggono, ad esempio, i consigli dei cosiddetti esperti su come vivere la vigilia dell’esame. Alcuni dei quali sono veramente sagaci e pieni di saggezza come, ad esempio, quelli che invitano a evitare di mangiare pepata di cozze la sera prima o a evitare di esagerare col barbera. Vi sono poi i consigli (dispensati sempre con magnanimità e sapienza dagli esperti) su come comportarsi durante le prove d’esame. Ad esempio (giuro di averlo davvero letto e di riportarlo fedelmente), quello che invita a «non cercare di copiare e farsi beccare dal commissario esterno (che a quel punto avrebbe tutti i motivi di pensare che abbiate sempre copiato per cinque anni)» (sic!). Vi è poi immancabilmente il “toto traccia” per cercare di indovinare in anticipo gli argomenti della prima prova scritta (inutile dire che le previsioni non ci azzeccano mai). Infine, durante le prove, vi sono le immancabili interviste ai candidati che, in genere, mostrano più saggezza e buon senso dei cosiddetti esperti.
In questo florilegio di amenità, quest’anno mi è capitato di leggere una cosa piuttosto curiosa. Il portale Skuola.net ha effettuato un singolare questionario in cui veniva richiesto agli studenti a quale santo si rivolgeranno per chiedere aiuto durante l’esame[1]. Il dato che più balza agli occhi è che solamente meno di un ragazzo su quattro ha deciso di non richiedere l’intercessione del cielo per superare la prova.
Il santo che ha ottenuto il maggior consenso è San Giuseppe da Copertino, protettore degli studenti, che è stato votato da ben il 43,2% degli studenti. Francamente sapevo poco di Giuseppe da Copertino. L’unica cosa che mi era nota (per ovvio dovere d’ufficio cicappino) erano le sue famose levitazioni che gli consentivano di svolazzare qua e là. Quello che invece non sapevo (e che ho appreso da Skuola.net) è che il giovane e malaticcio Giuseppe si mise a studiare per diventare prete e superò brillantemente gli esami con l’aiuto divino. Per questo motivo è diventato protettore degli studenti (negli Stati Uniti è invece protettore degli aviatori!). Ho appreso pure (questa volta da Wikipedia) che esiste addirittura una preghiera dello studente, rivolta a lui, in cui si dice, tra l’altro:
Tu che fosti assistito
prodigiosamente da Dio
negli studi e negli esami
per l’ammissione agli Ordini sacri,
chiedi al Signore
luce per la mia mente
e forza per la mia volontà.
Il 12,3% degli studenti, lucidamente consapevoli, ahimè, della propria scarsa preparazione, ha votato invece Santa Rita, in quanto protettrice delle cause impossibili e disperate. Il 6,5 ha poi votato Sant’Egidio, eremita di epoca merovingia, che viene invocato per proteggersi dall’ansia e dall’agitazione. Il 5,2% ha espresso la sua preferenza verso San Zaccaria, implorato per evitare di fare scena muta davanti ai commissari. Infatti Zaccaria, padre di San Giovanni Battista, era stato punito col mutismo per la propria incredulità di fronte all’annuncio della propria futura paternità da parte dell’arcangelo Gabriele, ma venne in seguito miracolato e fu in grado di intonare un inno a Dio, tra lo stupore degli astanti. Il 4,5% dei consensi se li è aggiudicati infine S. Espedito da Mitilene, che (nomen omen) viene invocato da chi ha bisogno di effettuare un apprendimento ad alta velocità per recuperare evidentemente il tempo perso durante l’anno scolastico. Il 5,85% ha votato altri santi non identificati.
Di fronte a questi dati ci si potrebbe facilmente scandalizzare denunciando l’irrazionalità dei nostri studenti che preferiscono affidarsi a improbabili interventi soprannaturali, piuttosto che alle proprie forze e al faticoso studio individuale. Può darsi, ma conoscendo abbastanza gli studenti, penso che si tratterebbe di un giudizio affrettato e ingiusto. Skuola.net ha voluto fare un gioco e gli studenti, sempre disponibili ad attività ludiche, lo hanno simpaticamente accettato.
Purtroppo l’irrazionalità che regna nelle nostre scuole è ben altra e non riguarda certo gli studenti, ma chi la scuola la deve gestire. Negli stessi giorni in cui erano in corso gli esami di Stato, è stato infatti reso noto l’ultimo report sull’istruzione dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE)[2]. Ancora una volta il sistema scolastico italiano ne esce molto male. In Italia ci sono gli insegnanti più anziani e tra i meno pagati dei Paesi OCSE ed europei. La scuola italiana ha subito una vera e propria cura dimagrante (o forse meglio, debilitante) e mancano laureati e risorse che invece gli altri paesi, nonostante la crisi, hanno destinato al sistema di istruzione. Gli esperti dell’OCSE hanno scritto testualmente:
«L’Italia è l’unico paese dell’area dell’Ocse che dal 1995 non ha aumentato la spesa per studente nella scuola primaria e secondaria. All’opposto, nello stesso periodo i Paesi dell’Ocse hanno aumentato in media del 62% la spesa per studente negli stessi livelli d’istruzione».
Le cose non vanno meglio a livello universitario:
«Negli ultimi 15 anni la spesa per studente di livello terziario è cresciuta del 39%, registrando un aumento ben superiore alla media OCSE del 15%. Tuttavia, tale aumento è ampiamente riconducibile a quello dei finanziamenti provenienti da fonti private. Ciononostante, la spesa per gli studenti di livello terziario (9.580 dollari Usa equivalenti) continua a essere ben inferiore alla media dell’area dell’Ocse (13.528 dollari Usa equivalenti)».
I laureati italiani continuano a essere troppo pochi: il 15% della popolazione di età compresa fra 25 e 64 anni, contro una media OCSE del 32%.
«I tassi d’ingresso all’università sono aumentati all’inizio degli anni 2000 ma dati più recenti indicano che una parte di tale aumento sia stata solo temporanea».
Nel 2006 il 56% dei diplomati continuavano a studiare iscrivendosi all’università. Nel 2011 la percentuale è scesa al 48%. La media OCSE è oltre il 60%. Inoltre, tra il 2003 e il 2009, i quindicenni italiani che possono sperare di conseguire una laurea sono scesi di 11 punti: dal 52 al 41%. L’unico dato parzialmente positivo che emerge dal report dell’OCSE riguarda gli studenti quindicenni che, nella valutazione PISA[3] del 2009, hanno conseguito risultati stabili in lettura e sono addirittura lievemente migliorati in matematica e in scienze (restando comunque in posizioni molto arretrate nella classifica internazionale).
Di fronte a un quadro di questo genere e alla continua incapacità della nostra classe politica di affrontare con serietà e competenza i gravi problemi dell’istruzione italiana appare quindi legittimo esclamare: non si sa più a che santo votarsi!
Si tratta di una delle rare occasioni in cui i mass media si occupano di scuola, per poi piombare in un inquietante silenzio per tutto il resto dell’anno. Ogni anno si rileggono più o meno le stesse cose. Si leggono, ad esempio, i consigli dei cosiddetti esperti su come vivere la vigilia dell’esame. Alcuni dei quali sono veramente sagaci e pieni di saggezza come, ad esempio, quelli che invitano a evitare di mangiare pepata di cozze la sera prima o a evitare di esagerare col barbera. Vi sono poi i consigli (dispensati sempre con magnanimità e sapienza dagli esperti) su come comportarsi durante le prove d’esame. Ad esempio (giuro di averlo davvero letto e di riportarlo fedelmente), quello che invita a «non cercare di copiare e farsi beccare dal commissario esterno (che a quel punto avrebbe tutti i motivi di pensare che abbiate sempre copiato per cinque anni)» (sic!). Vi è poi immancabilmente il “toto traccia” per cercare di indovinare in anticipo gli argomenti della prima prova scritta (inutile dire che le previsioni non ci azzeccano mai). Infine, durante le prove, vi sono le immancabili interviste ai candidati che, in genere, mostrano più saggezza e buon senso dei cosiddetti esperti.
In questo florilegio di amenità, quest’anno mi è capitato di leggere una cosa piuttosto curiosa. Il portale Skuola.net ha effettuato un singolare questionario in cui veniva richiesto agli studenti a quale santo si rivolgeranno per chiedere aiuto durante l’esame[1]. Il dato che più balza agli occhi è che solamente meno di un ragazzo su quattro ha deciso di non richiedere l’intercessione del cielo per superare la prova.
Il santo che ha ottenuto il maggior consenso è San Giuseppe da Copertino, protettore degli studenti, che è stato votato da ben il 43,2% degli studenti. Francamente sapevo poco di Giuseppe da Copertino. L’unica cosa che mi era nota (per ovvio dovere d’ufficio cicappino) erano le sue famose levitazioni che gli consentivano di svolazzare qua e là. Quello che invece non sapevo (e che ho appreso da Skuola.net) è che il giovane e malaticcio Giuseppe si mise a studiare per diventare prete e superò brillantemente gli esami con l’aiuto divino. Per questo motivo è diventato protettore degli studenti (negli Stati Uniti è invece protettore degli aviatori!). Ho appreso pure (questa volta da Wikipedia) che esiste addirittura una preghiera dello studente, rivolta a lui, in cui si dice, tra l’altro:
Tu che fosti assistito
prodigiosamente da Dio
negli studi e negli esami
per l’ammissione agli Ordini sacri,
chiedi al Signore
luce per la mia mente
e forza per la mia volontà.
Il 12,3% degli studenti, lucidamente consapevoli, ahimè, della propria scarsa preparazione, ha votato invece Santa Rita, in quanto protettrice delle cause impossibili e disperate. Il 6,5 ha poi votato Sant’Egidio, eremita di epoca merovingia, che viene invocato per proteggersi dall’ansia e dall’agitazione. Il 5,2% ha espresso la sua preferenza verso San Zaccaria, implorato per evitare di fare scena muta davanti ai commissari. Infatti Zaccaria, padre di San Giovanni Battista, era stato punito col mutismo per la propria incredulità di fronte all’annuncio della propria futura paternità da parte dell’arcangelo Gabriele, ma venne in seguito miracolato e fu in grado di intonare un inno a Dio, tra lo stupore degli astanti. Il 4,5% dei consensi se li è aggiudicati infine S. Espedito da Mitilene, che (nomen omen) viene invocato da chi ha bisogno di effettuare un apprendimento ad alta velocità per recuperare evidentemente il tempo perso durante l’anno scolastico. Il 5,85% ha votato altri santi non identificati.
Di fronte a questi dati ci si potrebbe facilmente scandalizzare denunciando l’irrazionalità dei nostri studenti che preferiscono affidarsi a improbabili interventi soprannaturali, piuttosto che alle proprie forze e al faticoso studio individuale. Può darsi, ma conoscendo abbastanza gli studenti, penso che si tratterebbe di un giudizio affrettato e ingiusto. Skuola.net ha voluto fare un gioco e gli studenti, sempre disponibili ad attività ludiche, lo hanno simpaticamente accettato.
Purtroppo l’irrazionalità che regna nelle nostre scuole è ben altra e non riguarda certo gli studenti, ma chi la scuola la deve gestire. Negli stessi giorni in cui erano in corso gli esami di Stato, è stato infatti reso noto l’ultimo report sull’istruzione dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE)[2]. Ancora una volta il sistema scolastico italiano ne esce molto male. In Italia ci sono gli insegnanti più anziani e tra i meno pagati dei Paesi OCSE ed europei. La scuola italiana ha subito una vera e propria cura dimagrante (o forse meglio, debilitante) e mancano laureati e risorse che invece gli altri paesi, nonostante la crisi, hanno destinato al sistema di istruzione. Gli esperti dell’OCSE hanno scritto testualmente:
«L’Italia è l’unico paese dell’area dell’Ocse che dal 1995 non ha aumentato la spesa per studente nella scuola primaria e secondaria. All’opposto, nello stesso periodo i Paesi dell’Ocse hanno aumentato in media del 62% la spesa per studente negli stessi livelli d’istruzione».
Le cose non vanno meglio a livello universitario:
«Negli ultimi 15 anni la spesa per studente di livello terziario è cresciuta del 39%, registrando un aumento ben superiore alla media OCSE del 15%. Tuttavia, tale aumento è ampiamente riconducibile a quello dei finanziamenti provenienti da fonti private. Ciononostante, la spesa per gli studenti di livello terziario (9.580 dollari Usa equivalenti) continua a essere ben inferiore alla media dell’area dell’Ocse (13.528 dollari Usa equivalenti)».
I laureati italiani continuano a essere troppo pochi: il 15% della popolazione di età compresa fra 25 e 64 anni, contro una media OCSE del 32%.
«I tassi d’ingresso all’università sono aumentati all’inizio degli anni 2000 ma dati più recenti indicano che una parte di tale aumento sia stata solo temporanea».
Nel 2006 il 56% dei diplomati continuavano a studiare iscrivendosi all’università. Nel 2011 la percentuale è scesa al 48%. La media OCSE è oltre il 60%. Inoltre, tra il 2003 e il 2009, i quindicenni italiani che possono sperare di conseguire una laurea sono scesi di 11 punti: dal 52 al 41%. L’unico dato parzialmente positivo che emerge dal report dell’OCSE riguarda gli studenti quindicenni che, nella valutazione PISA[3] del 2009, hanno conseguito risultati stabili in lettura e sono addirittura lievemente migliorati in matematica e in scienze (restando comunque in posizioni molto arretrate nella classifica internazionale).
Di fronte a un quadro di questo genere e alla continua incapacità della nostra classe politica di affrontare con serietà e competenza i gravi problemi dell’istruzione italiana appare quindi legittimo esclamare: non si sa più a che santo votarsi!
Note
1) Il questionario, tutt’ora aperto, si trova a questo indirizzo: http://www.skuola.net/polls.php?id=1464
2) Education at a Glance 2013. OECD indicators, disponibile in pdf a questo indirizzo: http://dx.doi.org/10.1787/eag-2013-en
3) Programme for International Student Assessment, rilevazione delle competenze degli studenti quindicenni di vari paesi effettuata con cadenza triennale