Il 15 dicembre scorso James Randi ha pubblicato sul suo blog un articolo[1] in cui esprime scetticismo su alcuni aspetti del riscaldamento climatico, ed in particolare cita un appello firmato da 32 mila scienziati, il Petition Project. L’articolo viene immediatamente ripreso in migliaia di altri siti e sul blog si scatena una discussione a cui partecipano anche diversi climatologi professionisti.
Dopo qualche giorno Randi pubblica un articolo di chiarimento,[2] in cui precisa che ha dovuto sintetizzare le sue argomentazioni da un articolo più lungo, perdendone così il contesto. In particolare lui non ha dubbi che ci sia un riscaldamento in atto, e pensa sia probabile che l’uomo ne sia la causa. Non è un climatologo e ha rispetto per quello che gli specialisti dicono sull’argomento, ma da buono scettico ha dei dubbi. E andando a ripescare un articolo pubblicato sulla rivista eSkeptic nel 2008,[3] si è reso conto di quanto poco significativo sia il Petition Project.
Sull’argomento gli abbiamo rivolto alcune domande.
La rivista Skeptical Inquirer pubblicata dal Comitee for Skeptical Inquiry (CSI, il Comitato americano capofila delle organizzazioni scettiche nel mondo) qualche anno fa ha dedicato una interessante copertina dal tema del cambiamento climatico. Ci chiedevamo cosa ne pensassi e se nello scrivere il tuo articolo fossi partito da lì.
Non ho visto quegli articoli pubblicati sullo Skeptical Inquirer. Mi sono limitato a dichiarare che le mie conoscenze sul tema erano limitate e ad analizzare le affermazioni relative a questo dibattito scientifico che mi lasciavano perplesso.
Nel tuo secondo articolo sul cambiamento climatico sembra che tu riveda parzialmente la tua posizione, per esempio sul cosiddetto Petition project. Questo ti fa molto onore. Ci sono altri elementi che hai avuto modo di riconsiderare a partire dall’acceso dibattito che il tuo primo articolo ha suscitato?
Sì, dopo aver letto i commenti che quel primo articolo ha ricevuto e dopo aver visto che la mia posizione era stata interpretata come quella di uno che vuole negare la realtà del cambiamento climatico, ho approfondito di più il tema, ma anche nel secondo articolo ho voluto evidenziare quali sono le mie ragioni di perplessità e la mia difficoltà a capire con chiarezza quale sia la verità.
Da entrambe le parti l’argomento sembra trattato con una veemenza che ricorda i dibattiti su classici temi religiosi, che tu conosci bene, come ad esempio quelli che circondano il creazionismo. È così?
Sì, a me pare che si possano riscontrare atteggiamenti fanatici e che spesso emergano delle posizioni che non sono sostenute da informazioni sufficienti.
Pensi che il tuo primo articolo, senza la successiva precisazione, possa essere stato strumentalizzato da chi nega in modo aprioristico il Global Warming?
Sì, lo è già stato. Io stesso ho dovuto scrivere a diversi fanatici dicendo loro che stavano fraintendendo le mie parole e che le usavano in maniera strumentale.
Dopo qualche giorno Randi pubblica un articolo di chiarimento,[2] in cui precisa che ha dovuto sintetizzare le sue argomentazioni da un articolo più lungo, perdendone così il contesto. In particolare lui non ha dubbi che ci sia un riscaldamento in atto, e pensa sia probabile che l’uomo ne sia la causa. Non è un climatologo e ha rispetto per quello che gli specialisti dicono sull’argomento, ma da buono scettico ha dei dubbi. E andando a ripescare un articolo pubblicato sulla rivista eSkeptic nel 2008,[3] si è reso conto di quanto poco significativo sia il Petition Project.
Sull’argomento gli abbiamo rivolto alcune domande.
La rivista Skeptical Inquirer pubblicata dal Comitee for Skeptical Inquiry (CSI, il Comitato americano capofila delle organizzazioni scettiche nel mondo) qualche anno fa ha dedicato una interessante copertina dal tema del cambiamento climatico. Ci chiedevamo cosa ne pensassi e se nello scrivere il tuo articolo fossi partito da lì.
Non ho visto quegli articoli pubblicati sullo Skeptical Inquirer. Mi sono limitato a dichiarare che le mie conoscenze sul tema erano limitate e ad analizzare le affermazioni relative a questo dibattito scientifico che mi lasciavano perplesso.
Nel tuo secondo articolo sul cambiamento climatico sembra che tu riveda parzialmente la tua posizione, per esempio sul cosiddetto Petition project. Questo ti fa molto onore. Ci sono altri elementi che hai avuto modo di riconsiderare a partire dall’acceso dibattito che il tuo primo articolo ha suscitato?
Sì, dopo aver letto i commenti che quel primo articolo ha ricevuto e dopo aver visto che la mia posizione era stata interpretata come quella di uno che vuole negare la realtà del cambiamento climatico, ho approfondito di più il tema, ma anche nel secondo articolo ho voluto evidenziare quali sono le mie ragioni di perplessità e la mia difficoltà a capire con chiarezza quale sia la verità.
Da entrambe le parti l’argomento sembra trattato con una veemenza che ricorda i dibattiti su classici temi religiosi, che tu conosci bene, come ad esempio quelli che circondano il creazionismo. È così?
Sì, a me pare che si possano riscontrare atteggiamenti fanatici e che spesso emergano delle posizioni che non sono sostenute da informazioni sufficienti.
Pensi che il tuo primo articolo, senza la successiva precisazione, possa essere stato strumentalizzato da chi nega in modo aprioristico il Global Warming?
Sì, lo è già stato. Io stesso ho dovuto scrivere a diversi fanatici dicendo loro che stavano fraintendendo le mie parole e che le usavano in maniera strumentale.