La psicologia non ha, naturalmente, lo stesso grado di formalizzazione della fisica, ma è una disciplina che, come ogni altra scienza, si è evoluta nel corso del tempo. Mentre, tuttavia, almeno nel nostro paese, la psicologia universitaria è di solito aggiornata - e aperta, com'è oggi imprescindibile - nei riguardi delle scoperte in campo psichiatrico, neurologico ed etologico, le psicologie diffuse sul territorio, quelle in particolare espresse da certi Ordini regionali degli psicologi e da alcune associazioni spesso convenzionate col Ministero dell'Università e della Ricerca per la formazione di psicoterapeuti, si attardano troppo spesso in visioni alquanto obsolete. Malgrado la mia consapevolezza di tutto ciò, mi sono comunque sorpreso quando, sulla rivista Babele, periodico quadrimestrale dell'Associazione Sammarinese degli Psicologi, ho trovato un articolo di Pia Vacante dal sorprendente titolo "Breve introduzione alla disciplina astrologica"[1]. L'autrice, "dottoressa in storia e filosofia", si ispira alla teoria junghiana nella declinazione archetipica di Hillman. Per chiarire quest'ultimo approccio, è necessario partire dalla psicologia junghiana. In sintesi, per Jung al fondo della psiche individuale vi sono gli archetipi, definibili quali modelli innati di comportamento derivati dalle «sedimentazioni mnestiche di tutte le esperienze degli antenati»[2] o come «immagini eterne (.) create con il materiale primigenio della rivelazione» che rappresenterebbero «la sempiterna esperienza della divinità, di cui hanno sempre dischiuso all'uomo il presentimento, proteggendolo contemporaneamente dal contatto diretto con essa»[3]. Quest'ultima è la visione degli archetipi detta "mitologica", poi posta da James Hillman a fondamento della propria teoria. Hillman, in particolare, ha sostituito al concetto di "psiche" quello di "anima", che ha liberato dai suoi significati religiosi e poetici. In quest'ottica, nell'anima di ciascun individuo agirebbero i "miti" che lo caratterizzano: ad esempio in un soggetto costantemente dedito agli scambi economici, o in uno che navighi senza sosta in Internet magari senza mai uscire di casa, agirà una natura da Ermes-Mercurio[4]. Come ripete spesso Hillman, gli Dei non sono scomparsi, anche se non si tratta di entità metafisiche ma di dinamiche psicologiche interne, ovvero di archetipi.
Ma, a questo punto, non si può non osservare che il concetto di archetipo - sebbene si tratti di una struttura formale e non, di per sé, di un'immagine - contrasti con l'elementare legge biologica della non ereditarietà delle caratteristiche acquisite: così per esempio se, in una discendenza familiare, si impari di padre in figlio a memoria la Divina Commedia per n generazioni (ove n può essere un numero grande quanto si vuole), è da escludere che il discendente xn, grazie alle performance mnemoniche dei suoi predecessori, nasca geneticamente predisposto a una più facile memorizzazione del poema dantesco[5]. Adottare, dunque, un punto di vista archetipico significa collocarsi fuori dell'alveo della scienza. Ma prescindiamo da questo dato e torniamo alla questione del rapporto fra psicologia e astrologia.
Jung, notoriamente, era interessato all'astrologia[6] ma da allora la psicologia è andata avanti ed è, oggi, poco dignitoso associarla a una pseudoscienza. Né è titolo giustificativo che la Vacante si rifaccia al già citato Hillman, figura mitica per gli junghiani, un pensatore filosofico (oltre che psicoanalista) chiamato a parlare in tutto il mondo e che alcuni anni fa ha, senza alcun problema, applicato la sua visione archetipica all'astrologia in una conferenza dinanzi a un gruppo di astrologi[7].
Per Hillman, «il compito dell'astrologo, come quello dello psicologo del profondo, è dare nuova vita agli Dei»[8], ma egli non dice che lo "psicologo del profondo" dovrebbe usare gli oroscopi. Jung lo faceva ed è anche vero che, in psicoterapia, ai fini curativi, come è risaputo dagli specialisti sebbene raramente messo per scritto, conti più la personalità del terapeuta che la tecnica impiegata: ma, nonostante ciò, la pratica astrologica è stata un suggerimento ben poco seguito nell'attività terapeutica, se non giudicato una stranezza dagli stessi psicoanalisti junghiani. Jung del resto non ha avuto, nei confronti dell'astrologia, una posizione rigidamente definita[9]. Basti qui ricordare, in ogni caso, come abbia ripetutamente affermato che considerava le costellazioni astrologiche come delle proiezioni[10] di archetipi della nostra specie e non come una realtà oggettiva. Il concetto cui infine è pervenuto è, però, che l'astrologia abbia un senso quando vi sia una corrispondenza, non causale ma sincronica[11], fra la posizione degli astri nel tema natale di un individuo e l'archetipo - o gli archetipi - attivi nel suo inconscio. Quanto alla Vacante, ella non si limita, come parrebbe dal titolo del suo articolo, a esporre i concetti astrologici ma asserisce esplicitamente il ruolo «della disciplina astrologica come strumento psicologico»[12]. Ecco, infatti, che cosa scrive:
Riconoscerò, tuttavia, un merito alla Vacante che, in questo caso, ha fatto bene a riprendere un concetto di Hillman e già di Jung: l'astrologia non deve servire a fare previsioni. Così viene correttamente negata la principale funzione che, come ben si sa, è attribuita ancor oggi a questa pratica. Ma la fiducia della Vacante per la diagnosi astrologica è fermissima: «Le innumerevoli informazioni che ricaviamo dalla Carta Natale sono caratterizzate, sempre e comunque, da una sbalorditiva esattezza»[16]. Il paradosso, oltre al fatto che una rivista di psicologia possa accogliere un contributo del genere, è che la Vacante concluda il suo scritto, francamente dogmatico, richiamandosi alla «ricerca infinita, mai paga dei propri assunti»[17] sostenuta da Popper.
Giovanni R. Ricci
Specialista in psicologia
Ma, a questo punto, non si può non osservare che il concetto di archetipo - sebbene si tratti di una struttura formale e non, di per sé, di un'immagine - contrasti con l'elementare legge biologica della non ereditarietà delle caratteristiche acquisite: così per esempio se, in una discendenza familiare, si impari di padre in figlio a memoria la Divina Commedia per n generazioni (ove n può essere un numero grande quanto si vuole), è da escludere che il discendente xn, grazie alle performance mnemoniche dei suoi predecessori, nasca geneticamente predisposto a una più facile memorizzazione del poema dantesco[5]. Adottare, dunque, un punto di vista archetipico significa collocarsi fuori dell'alveo della scienza. Ma prescindiamo da questo dato e torniamo alla questione del rapporto fra psicologia e astrologia.
Jung, notoriamente, era interessato all'astrologia[6] ma da allora la psicologia è andata avanti ed è, oggi, poco dignitoso associarla a una pseudoscienza. Né è titolo giustificativo che la Vacante si rifaccia al già citato Hillman, figura mitica per gli junghiani, un pensatore filosofico (oltre che psicoanalista) chiamato a parlare in tutto il mondo e che alcuni anni fa ha, senza alcun problema, applicato la sua visione archetipica all'astrologia in una conferenza dinanzi a un gruppo di astrologi[7].
Per Hillman, «il compito dell'astrologo, come quello dello psicologo del profondo, è dare nuova vita agli Dei»[8], ma egli non dice che lo "psicologo del profondo" dovrebbe usare gli oroscopi. Jung lo faceva ed è anche vero che, in psicoterapia, ai fini curativi, come è risaputo dagli specialisti sebbene raramente messo per scritto, conti più la personalità del terapeuta che la tecnica impiegata: ma, nonostante ciò, la pratica astrologica è stata un suggerimento ben poco seguito nell'attività terapeutica, se non giudicato una stranezza dagli stessi psicoanalisti junghiani. Jung del resto non ha avuto, nei confronti dell'astrologia, una posizione rigidamente definita[9]. Basti qui ricordare, in ogni caso, come abbia ripetutamente affermato che considerava le costellazioni astrologiche come delle proiezioni[10] di archetipi della nostra specie e non come una realtà oggettiva. Il concetto cui infine è pervenuto è, però, che l'astrologia abbia un senso quando vi sia una corrispondenza, non causale ma sincronica[11], fra la posizione degli astri nel tema natale di un individuo e l'archetipo - o gli archetipi - attivi nel suo inconscio. Quanto alla Vacante, ella non si limita, come parrebbe dal titolo del suo articolo, a esporre i concetti astrologici ma asserisce esplicitamente il ruolo «della disciplina astrologica come strumento psicologico»[12]. Ecco, infatti, che cosa scrive:
Lo studio di una Carta Natale ci fornisce preziose informazioni sulla personalità totale di un individuo: sui suoi rapporti con le figure genitoriali, sul suo modo di pensare, di sentire e di agire i propri valori nel mondo, sulle modalità di integrazione con l'ambiente di appartenenza, su come le varie funzioni psicologiche si integrano o meno nella personalità in questione, sui grandi temi che costellano quella particolare esistenza, e sui tempi presenti o futuri in cui l'individuo sarà chiamato a trasformare e rielaborare, ineluttabilmente, determinate dimensioni della sua personalità, quindi sui periodi costellati da grandi crisi trasformative, in cui la persona avrà bisogno di maggior sostegno psicologico[13].
La Vacante, insomma, giudica l'oroscopo uno strumento fondamentale dello psicologo, superando le cautele dello stesso Jung - che pure ella cita - quando chiariva di utilizzarlo in casi particolarmente difficili e come strumento aggiuntivo alla diagnosi clinica[14]. Adottando per un momento il punto di vista della Vacante, cosa farà lo "psicologo del profondo" odierno, diciamo privo dell'esperienza professionale di uno Jung o di un Hillman se, dando retta a questa autrice, farà l'oroscopo al paziente e troverà magari che contrasta con l'esito della diagnosi clinica? Forse la Vacante risponderebbe, fideisticamente, che è un'ipotesi impossibile a verificarsi. In realtà, essendo una diagnosi fondata sull'oroscopo irrealistica, per la natura di pseudoscienza dell'astrologia, è più probabile che non collimi con una diagnosi reale[15] (salvo si tratti di un oroscopo genericissimo). Inoltre, un possibile paziente scettico potrebbe ridurre la sua fiducia nel terapeuta (e dunque la sua possibilità di guarigione) vedendolo trafficare coi calcoli astrologici. In tal caso lo psico-astrologo dovrebbe catechizzare il paziente, informandolo della Verità e magari interpretando il suo scetticismo come una resistenza? Riconoscerò, tuttavia, un merito alla Vacante che, in questo caso, ha fatto bene a riprendere un concetto di Hillman e già di Jung: l'astrologia non deve servire a fare previsioni. Così viene correttamente negata la principale funzione che, come ben si sa, è attribuita ancor oggi a questa pratica. Ma la fiducia della Vacante per la diagnosi astrologica è fermissima: «Le innumerevoli informazioni che ricaviamo dalla Carta Natale sono caratterizzate, sempre e comunque, da una sbalorditiva esattezza»[16]. Il paradosso, oltre al fatto che una rivista di psicologia possa accogliere un contributo del genere, è che la Vacante concluda il suo scritto, francamente dogmatico, richiamandosi alla «ricerca infinita, mai paga dei propri assunti»[17] sostenuta da Popper.
Giovanni R. Ricci
Specialista in psicologia
1) Pia Vacante, "Breve introduzione alla disciplina astrologica", Babele, n. 33, maggio-agosto 2006, pp. 20-22
2) Carl Gustav Jung, "Energetica psichica" (1928), in id., Opere, trad. it., vol. VIII, Torino, Boringhieri, 1976, p. 62
3) Jung C.G., "Gli archetipi dell'inconscio collettivo" (1934-1954), in id. (1980), Opere, trad. it., vol. IX, tomo I, Torino: Boringhieri, p. 8. Anche in questa citazione, Jung si riferisce a esperienze dei nostri progenitori, quel formarsi delle concezioni religiose da cui si sarebbero strutturati gli archetipi
4) Cfr. Hillman J. (1999), L'anima del mondo, conversazione con Silvia Ronchey, Milano: Rizzoli, pp. 69-72
5) Lo stesso ragionamento si applica al concetto junghiano di inconscio collettivo: per Jung, infatti, nella psiche individuale, oltre a un inconscio personale, vi è anche l'inconscio collettivo, condiviso dall'intera umanità e costituito sostanzialmente da archetipi. Va da sé che nella mente di ognuno di noi esiste un repertorio di motivazioni ed emozioni innate, ma esse non sono nate dalle ripetute esperienze degli uomini preistorici bensì dalla casualità di mutazioni biologiche attivatesi già nella psiche dei nostri antenati pre-umani
6) Cfr. ad es. Carotenuto A. (1977), Jung e la cultura italiana, Roma: Astrolabio, pp. 113-121 e Kirfel Barillà L., "La posizione di Jung nei confronti dell'astrologia", Ricerca '90, n. 6, aprile 1991 (leggibile anche in rete: www.cirodiscepolo.it/Kirfel.htm )
7) Se ne veda la traduzione italiana in: Hillman J., "Conferenza magistrale", in Linguaggio Astrale, organo del CIDA (Centro italiano di astrologia), n. 129, autunno 2002, pp. 20-28
8) Op. cit., p. 26. Nel linguaggio di Hillman, come ho già accennato, gli Dèi sono le potenti entità archetipiche che opererebbero nella psiche degli umani
9) Cfr. i testi citati alla nota 5. La Kirfel Barillà riporta, in particolare, la traduzione italiana dei passi di Jung inerenti all'astrologia
10) Nella psicoanalisi junghiana la proiezione è un meccanismo psicologico in cui «un contenuto soggettivo viene estraniato dal soggetto e incorporato, per così dire, nell'oggetto» (Jung C.G., "Tipi psicologici" [1921], in id. [1969]), Opere, trad. it., vol. VI, Torino: Boringhieri, p. 473)
11) Il concetto junghiano di "sincronicità" si applica a una correlazione fra eventi esterni e fatti psichici non spiegabile secondo il principio di causalità, per il quale ogni effetto presuppone una causa, ma fondata sulla loro contemporaneità e su un significato condiviso. Quest'ultimo punto implica che anche l'evento esterno divenga un'entità psicologica: infatti Jung afferma che gli archetipi esistono pure in natura, cioè fuori di noi. Inoltre non è da confondersi questo concetto con quello di "sincronismo": la psiche implicata in un caso di sincronismo si associa a un evento esterno che, secondo Jung, può anche essere molto lontano e addirittura futuro, il che darebbe conto dei (presunti) fenomeni, da Jung ritenuti accertati, di precognizione. Nel caso dell'astrologia, per Jung, l'oroscopo presente alla nascita potrebbe determinare il carattere degli individui ma, più evidentemente, fra le due situazioni sussiste un differente tipo di legame, regolato appunto dalla sincronicità. Cfr. Jung C.G., "La sincronicità come principio di nessi acausali", in id. (1952), Opere, trad. it., vol. VIII, cit., pp. 447-538
12) P. Vacante, op. cit., p. 21
13) Op. cit., pp. 21-22
14) Cfr. Jung C.G., "Lettera al Prof. B.V. Raman (India)", 6 ottobre 1947: per ora se ne veda il passo relativo all'astrologia nel lavoro sopra citato della Kirfel Barillà. L'edizione italiana delle lettere di Jung, comprendente anche quella a Raman, nonché le altre riguardanti l'astrologia, è attualmente in corso di stampa presso le Edizioni Magi: vol. I (1905-1945); vol. II (1945-1955); vol. III (1955-1961)
15) Cfr. Bagnasco S., "L'astrologia messa alla prova. Le più importanti verifiche sperimentali", leggibile nello "Speciale Astrologia" presente nel sito del CICAP: www.cicap.org/astrologia/verifichesperimentali.html
16) P. Vacante, op. cit., p. 22. Qui la Vacante menziona impropriamente Hillman che pure cita: questi, infatti, nel suo Il mito dell'analisi (Milano: Adelphi, 1972, p. 219), parlando di "precisione", si riferisce alla psiche e non all'astrologia
17) P. Vacante, ibid