«Devo riassumere degli oroscopi». Oltre a rientrare nella top ten delle “frasi che mai avrei pensato di dire nella vita”, questa affermazione ha dato inizio a una riflessione inaspettata sulla comunicazione delle pseudoscienze.
Per l’ultimo CICAP Fest, il Gruppo Scuola di cui faccio parte ha progettato delle attività laboratoriali da proporre a un pubblico di bambini e adulti. Tra queste, una sorta di esperimento: presentare su una lavagna 12 oroscopi della settimana appena trascorsa, tra i quali la persona coinvolta avrebbe dovuto riconoscere il proprio. Durante la preparazione dei materiali ci siamo però resi conto che gli oroscopi pubblicati nelle varie testate giornalistiche erano troppo prolissi e avrebbero richiesto un tempo eccessivo per la lettura, scoraggiando la partecipazione al laboratorio. Cosa fare? Riassumerli, semplice.? Anzi no, non così semplice.
Come riporta il dizionario Treccani, un riassunto è uno scritto che «espone brevemente i punti essenziali di altri discorsi o scritti». È nell’esperienza di ogni individuo scolarizzato, infatti, che la prima operazione da compiere nel sintetizzare un brano sia quella di individuare questi punti essenziali, i fatti nudi e crudi oppure, nel caso di un testo argomentativo, la tesi principale veicolata dal testo.
Ma qual è il punto essenziale di un oroscopo? Rispondere a questa domanda è fondamentale per individuare le parti del testo sacrificabili e le modalità di sintesi più rispettose dell’intenzione dell’autore. Di fronte a una previsione astrologica, tuttavia, il punto essenziale tende a sfuggire, non tanto per incapacità del lettore-riassuntore, quando per una specifica linea programmatica dell’astrologo stesso: in sostanza, il senso finale di un oroscopo sembra essere proprio quello di non avere un senso definito. Nel tentativo di trasformare questo spaesamento in un’occasione di riflessione, ho provato ad analizzare il funzionamento di un oroscopo secondo il modello della cooperazione testuale, postulato da Umberto Eco nel suo celebre Lector in fabula.
Eco considera il testo come una “macchina pigra”, che ha bisogno di un lettore-interprete che lo aiuti a funzionare. I testi sono necessariamente lacunosi e chi ne fruisce ci mette del suo per riempire queste lacune. Va precisato che questa dinamica di funzionamento si applica a tutte le tipologie di testo: anche nelle comunicazioni che ci sembrano chiare noi abitualmente “cooperiamo” con il messaggio anche senza rendercene conto, cercando indizi intratestuali o extratestuali, che troviamo nella circostanza di enunciazione.
Tanto per restare in tema di astri, prendiamo come esempio una sequenza come «ho visto le stelle». Il lettore può facilmente risolvere l’ambiguità, attribuendole il significato che l’autore voleva veicolare, in base alla presenza nello stesso testo di altri termini che lo indirizzano verso un determinato ambito semantico: che potrebbero essere, per esempio, “telescopio”, “costellazione” e “inquinamento luminoso”, o, invece “caduta”, “trauma” e “dolore” (ma anche, perché no, “red carpet” e “nuova fidanzata di Leonardo DiCaprio”).
Passando dal testo al contesto, invece, immaginate di sentirvi rivolgere la frase «Ti propongo un rimedio omeopatico». Leggendola avrete probabilmente immaginato un farmacista dietro il banco, ma se la stessa frase proviene da un amico del CICAP che vi passa l’acqua in pizzeria, non faticherete a coglierne la sottesa ironia (alla quale potreste rispondere dichiarandovi contrari ai pericoli del monossido di diidrogeno).
Quando un autore scrive, costruisce il proprio “Lettore Modello” e ne postula una certa competenza che sarà necessaria per cooperare con il testo e colmare i suoi spazi di interpretazione. Eco definisce “testi aperti” quelli con molti vuoti da riempire, e “testi chiusi” quelli in cui il lavoro interpretativo del lettore è minimo, ma afferma comunque che un testo «di solito desidera essere interpretato con un margine sufficiente di univocità».
Di solito, per l’appunto, ma non in questo caso. O meglio: in questo caso il “margine sufficiente di univocità” arriva poco oltre la comprensione della struttura grammaticale: meno un oroscopo “significa” (inteso in senso semiotico, cioè “si riferisce a un significato”), più funziona. Analizzandolo secondo questo parametro, il testo-oroscopo si colloca al limite finale del continuum che va dal testo chiuso al testo aperto, estremizzando la definizione di Eco di “macchina pigra”. In una scala di pigrizia che va da Homer Simpson a Stachanov, ecco, l’oroscopo sarebbe Homer Simpson nell’episodio in cui ingrassa fino a oltre 130 chili pur di ottenere il permesso di lavorare da casa.
Infarcito di elementi vaghi e generici, l’oroscopo si guarda bene dal fornire indizi per risolvere le ambiguità in modo univoco, perché è esattamente su questa dinamica che si gioca il suo funzionamento: il testo “divinatorio” è tanto più credibile quanto meno dice, perché solo così il lettore può cooperare e riempire gli spazi vuoti con qualsiasi cosa possa avere un senso nella propria esperienza personale. È il cosiddetto effetto Forer, teorizzato negli anni Quaranta del secolo scorso dall’omonimo psicologo: di fronte a una descrizione sufficientemente vaga e ambigua, ma che crediamo personalizzata su di noi, tendiamo a selezionare le affermazioni che più ci corrispondono e ad adattarle alla nostra esperienza tanto da ritenere la descrizione accurata e corretta.
Ma quindi, perché questo oroscopo è così difficile da riassumere? Istintivamente, verrebbe da pensare che la vaghezza richieda più sintesi della precisione, ma non è così. I trucchi linguistici messi all’opera richiedono spesso modalità di comunicazione necessariamente verbose e sovrabbondanti. Proviamo a fare qualche esempio, preso proprio dagli oroscopi utilizzati per il laboratorio al CICAP Fest[1].
«Attenti agli imprevisti», «alcune situazioni logoranti sono terminate», «un po’ di confusione nelle comunicazioni»: qui il lessico utilizzato è talmente ampio che non è difficile trovare qualcosa che vi rientri. Una telefonata in cui cade la linea, un messaggio mandato per errore, una piccola incomprensione con un amico, una mail poco chiara ricevuta al lavoro sono tutti buoni esempi di «un po’ di confusione nelle comunicazioni» che può colpire i nati sotto il segno dell’Acquario. Si può obiettare che l’uso di un lessico ampio non richiede necessariamente più parole di uno più puntuale. è vero, ma tra i vari trucchi, questo è probabilmente l’unico a comportarsi così.
Frequenti sono le espressioni dubitative, i “forse”, i verbi al condizionale: «Le emozioni potrebbero scorrere abbastanza serenamente». Ma potrebbero anche non farlo, quindi non contateci troppo, amici dello Scorpione.
«Nel corso di questa settimana avverranno cambiamenti importanti nel vostro cielo» significa che ci saranno anche dei cambiamenti importanti nella vita degli Ariete o solo che è mutato il loro quadro astrologico? L’oroscopo non lo specifica, così se il cambiamento avviene, il lettore potrà riconoscere che è accaduto proprio come aveva detto l’oroscopo, mentre in caso contrario, pazienza: in fondo l’oroscopo non l’aveva detto. Tra i depistaggi e le false previsioni possiamo far rientrare anche i consigli: «Vietato rimanere a rimuginare risentimenti e torti» sottintende che le Bilancia avranno questa tendenza a rimuginare più del solito oppure è un semplice suggerimento di buon senso?
Ovvero: dico una cosa ma dico anche il suo contrario. «Potreste stringere nuove amicizie, superficiali o destinate a divenire profonde». Sagittario, poi facci sapere qual era delle due.
Cari Pesci, «lasciate decantare eventuali provocazioni perché le discussioni potrebbero prendere una brutta piega». Monsieur de Lapalisse, sei tu?
«Se appartenete al gruppetto degli iperattivi e sempre dinamici, questa nuova energia potrebbe infastidirvi». Se invece non vi appartenete, non ci fate caso, parlavamo ad altri Cancro, quelli con l’altro ascendente.
Cosa succede quindi quando proviamo a cimentarci in un riassunto? Ci troviamo di fronte al dilemma che riporterò parafrasando Vasco Rossi: «trovare un senso a questo oroscopo, anche se questo oroscopo un senso non ce l’ha».
Se normalmente in un testo individuiamo prima di tutto il nucleo significativo per poi cercare di esporlo con termini, locuzioni e strutture sintattiche più sintetiche, il nucleo da individuare è in questo caso la struttura retorica che sostiene gli spazi vuoti lasciati al lettore. Prima ancora che sottolineare cosa sta dicendo l’oroscopo, bisogna quindi comprendere come lo sta dicendo e quali artifici sta mettendo in campo, e tentarne una compressione.
Se trattassimo l’oroscopo come un testo qualunque, potremmo facilmente eliminare di netto alcune affermazioni. Le ovvietà, per esempio, risulterebbero probabilmente superflue, e lo stesso varrebbe per tutte le ambivalenze, che comunicando due possibilità contrapposte, si annullano a vicenda. Il contenuto informativo di queste affermazioni è poco distante da zero. Si tratta però di uno “zero” ottenuto sommando un “+1” e un “-1”[2], che nel meccanismo di funzionamento di un oroscopo non possono eliminarsi vicendevolmente, ma conservano una loro rilevanza che fa leva sul bias di conferma, la nostra umana tendenza a prestare più attenzione alle cose che corrispondono alla nostra esperienza o alla nostra visione del mondo.
Quindi, di fronte a una frase del tipo «questa settimana potrai essere felice o triste», che potrebbe essere semplicemente eliminata preservando il contenuto informativo del testo, dobbiamo tenere conto del fatto che il lettore che avrà avuto una settimana felice farà caso alla prima parte della frase mentre chi l’avrà avuta triste farà caso alla seconda, attribuendo all’oroscopo un valore che di per sé non aveva, e che non nasce dal testo, ma dalla cooperazione del lettore, che attinge alla propria enciclopedia extratestuale e in particolare alla propria esperienza.
Tenere presente il fine ultimo di un oroscopo e le sue strategie testuali ci aiuta, nel riassumerlo, ad adottare particolari accortezze che preservano il valore di tutti gli artifici retorici. Naturalmente non potranno essere eliminate le forme condizionali o dubitative che hanno la funzione di mitigare la sensazione di “previsione sbagliata” nel caso in cui non si rivelassero corrette. Ma è anche molto importante, nel cercare locuzioni o forme sintattiche più brevi, non introdurre termini che possano fornire indizi intratestuali, insomma: che orientino in un senso o nell’altro l’interpretazione di una frase che nel testo originale appare vaga e non orientata.
Non solo: anche la verbosità ha una sua ragione d’essere. Più il testo è lungo, infatti, più si induce nel lettore l’impressione che ci sia effettivamente qualcosa da comunicare.
In conclusione: riassumere un oroscopo può rivelarsi un ottimo esercizio di applicazione dello spirito critico e di decostruzione del linguaggio pseudoscientifico. Un esercizio che si può portare anche a scuola, per imparare a riconoscere alcuni trucchi retorici e a non prendere con leggerezza le scelte retoriche, sintattiche e lessicali in un testo scritto.
Una prima lezione può essere proprio la difficoltà di riassumere: a volte, usare poche parole per non dire nulla può essere più difficile che usare poche parole per dire qualcosa.
“Indovina il tuo segno!”
Una lavagna magnetica, 12 cartoncini plastificati, 12 magneti con i segni zodiacali, e soprattutto 12 oroscopi della settimana appena trascorsa, accuratamente riassunti: è così che, durante il Fest, il Gruppo Scuola del CICAP ha proposto a ragazzi e adulti che passavano lungo il Liston a Padova, un laboratorio sugli oroscopi, rivisitando un’attività ormai classica dell'associazione.
Agli oroscopi era stata tolta l’indicazione del segno e i partecipanti erano quindi invitati a leggere tutte le descrizioni e individuare quella che più si avvicinava alla settimana che avevano appena vissuto, apponendovi il magnete con il proprio segno. Solo dopo la scelta del partecipante, il cartoncino veniva girato per scoprire a quale segno corrispondesse la previsione. Privando l’oroscopo dell’identificazione del segno, l’effetto Forer è risultato depotenziato: non conoscendo a priori in quale previsione identificarsi, quasi sempre il partecipante faticava a distinguerle. Dopo il disvelamento, i volontari del CICAP ponevano l’attenzione del partecipante sui trucchi retorici più frequenti del linguaggio astrologico.
Per aggiungere una nota di colore e affiancare al laboratorio un piccolo esperimento (senza pretese di accuratezza scientifica), l’esito di ogni prova veniva conteggiato e visualizzato attraverso due vasi nei quali inserire delle palline di gomma: un vaso per i segni zodiacali azzeccati, uno per quelli sbagliati. Il secondo (non vi stupirà!) è rimasto quasi vuoto. Le risposte giuste sono risultate infatti 13 su 197 tentativi totali, poco lontano dal rapporto 1/12, ossia quello che ci aspetteremmo se gli oroscopi fossero stati scelti tirando a caso.
Sul tema degli oroscopi e dell’effetto Forer, il Gruppo Scuola ha realizzato un’Unità di Apprendimento per le scuole secondarie di secondo grado, con attività laboratoriali e diversi approfondimenti multidisciplinari, che i docenti possono scaricare gratuitamente dalle pagine del sito CICAP dedicate alla scuola (https://www.cicap.org/n/articolo.php?id=279355 )
Per l’ultimo CICAP Fest, il Gruppo Scuola di cui faccio parte ha progettato delle attività laboratoriali da proporre a un pubblico di bambini e adulti. Tra queste, una sorta di esperimento: presentare su una lavagna 12 oroscopi della settimana appena trascorsa, tra i quali la persona coinvolta avrebbe dovuto riconoscere il proprio. Durante la preparazione dei materiali ci siamo però resi conto che gli oroscopi pubblicati nelle varie testate giornalistiche erano troppo prolissi e avrebbero richiesto un tempo eccessivo per la lettura, scoraggiando la partecipazione al laboratorio. Cosa fare? Riassumerli, semplice.? Anzi no, non così semplice.
Come riporta il dizionario Treccani, un riassunto è uno scritto che «espone brevemente i punti essenziali di altri discorsi o scritti». È nell’esperienza di ogni individuo scolarizzato, infatti, che la prima operazione da compiere nel sintetizzare un brano sia quella di individuare questi punti essenziali, i fatti nudi e crudi oppure, nel caso di un testo argomentativo, la tesi principale veicolata dal testo.
Ma qual è il punto essenziale di un oroscopo? Rispondere a questa domanda è fondamentale per individuare le parti del testo sacrificabili e le modalità di sintesi più rispettose dell’intenzione dell’autore. Di fronte a una previsione astrologica, tuttavia, il punto essenziale tende a sfuggire, non tanto per incapacità del lettore-riassuntore, quando per una specifica linea programmatica dell’astrologo stesso: in sostanza, il senso finale di un oroscopo sembra essere proprio quello di non avere un senso definito. Nel tentativo di trasformare questo spaesamento in un’occasione di riflessione, ho provato ad analizzare il funzionamento di un oroscopo secondo il modello della cooperazione testuale, postulato da Umberto Eco nel suo celebre Lector in fabula.
Eco considera il testo come una “macchina pigra”, che ha bisogno di un lettore-interprete che lo aiuti a funzionare. I testi sono necessariamente lacunosi e chi ne fruisce ci mette del suo per riempire queste lacune. Va precisato che questa dinamica di funzionamento si applica a tutte le tipologie di testo: anche nelle comunicazioni che ci sembrano chiare noi abitualmente “cooperiamo” con il messaggio anche senza rendercene conto, cercando indizi intratestuali o extratestuali, che troviamo nella circostanza di enunciazione.
Tanto per restare in tema di astri, prendiamo come esempio una sequenza come «ho visto le stelle». Il lettore può facilmente risolvere l’ambiguità, attribuendole il significato che l’autore voleva veicolare, in base alla presenza nello stesso testo di altri termini che lo indirizzano verso un determinato ambito semantico: che potrebbero essere, per esempio, “telescopio”, “costellazione” e “inquinamento luminoso”, o, invece “caduta”, “trauma” e “dolore” (ma anche, perché no, “red carpet” e “nuova fidanzata di Leonardo DiCaprio”).
Passando dal testo al contesto, invece, immaginate di sentirvi rivolgere la frase «Ti propongo un rimedio omeopatico». Leggendola avrete probabilmente immaginato un farmacista dietro il banco, ma se la stessa frase proviene da un amico del CICAP che vi passa l’acqua in pizzeria, non faticherete a coglierne la sottesa ironia (alla quale potreste rispondere dichiarandovi contrari ai pericoli del monossido di diidrogeno).
Quando un autore scrive, costruisce il proprio “Lettore Modello” e ne postula una certa competenza che sarà necessaria per cooperare con il testo e colmare i suoi spazi di interpretazione. Eco definisce “testi aperti” quelli con molti vuoti da riempire, e “testi chiusi” quelli in cui il lavoro interpretativo del lettore è minimo, ma afferma comunque che un testo «di solito desidera essere interpretato con un margine sufficiente di univocità».
Di solito, per l’appunto, ma non in questo caso. O meglio: in questo caso il “margine sufficiente di univocità” arriva poco oltre la comprensione della struttura grammaticale: meno un oroscopo “significa” (inteso in senso semiotico, cioè “si riferisce a un significato”), più funziona. Analizzandolo secondo questo parametro, il testo-oroscopo si colloca al limite finale del continuum che va dal testo chiuso al testo aperto, estremizzando la definizione di Eco di “macchina pigra”. In una scala di pigrizia che va da Homer Simpson a Stachanov, ecco, l’oroscopo sarebbe Homer Simpson nell’episodio in cui ingrassa fino a oltre 130 chili pur di ottenere il permesso di lavorare da casa.
Infarcito di elementi vaghi e generici, l’oroscopo si guarda bene dal fornire indizi per risolvere le ambiguità in modo univoco, perché è esattamente su questa dinamica che si gioca il suo funzionamento: il testo “divinatorio” è tanto più credibile quanto meno dice, perché solo così il lettore può cooperare e riempire gli spazi vuoti con qualsiasi cosa possa avere un senso nella propria esperienza personale. È il cosiddetto effetto Forer, teorizzato negli anni Quaranta del secolo scorso dall’omonimo psicologo: di fronte a una descrizione sufficientemente vaga e ambigua, ma che crediamo personalizzata su di noi, tendiamo a selezionare le affermazioni che più ci corrispondono e ad adattarle alla nostra esperienza tanto da ritenere la descrizione accurata e corretta.
Ma quindi, perché questo oroscopo è così difficile da riassumere? Istintivamente, verrebbe da pensare che la vaghezza richieda più sintesi della precisione, ma non è così. I trucchi linguistici messi all’opera richiedono spesso modalità di comunicazione necessariamente verbose e sovrabbondanti. Proviamo a fare qualche esempio, preso proprio dagli oroscopi utilizzati per il laboratorio al CICAP Fest[1].
- Affermazioni generiche
«Attenti agli imprevisti», «alcune situazioni logoranti sono terminate», «un po’ di confusione nelle comunicazioni»: qui il lessico utilizzato è talmente ampio che non è difficile trovare qualcosa che vi rientri. Una telefonata in cui cade la linea, un messaggio mandato per errore, una piccola incomprensione con un amico, una mail poco chiara ricevuta al lavoro sono tutti buoni esempi di «un po’ di confusione nelle comunicazioni» che può colpire i nati sotto il segno dell’Acquario. Si può obiettare che l’uso di un lessico ampio non richiede necessariamente più parole di uno più puntuale. è vero, ma tra i vari trucchi, questo è probabilmente l’unico a comportarsi così.
- Dubbi
Frequenti sono le espressioni dubitative, i “forse”, i verbi al condizionale: «Le emozioni potrebbero scorrere abbastanza serenamente». Ma potrebbero anche non farlo, quindi non contateci troppo, amici dello Scorpione.
- Depistaggi e false previsioni
«Nel corso di questa settimana avverranno cambiamenti importanti nel vostro cielo» significa che ci saranno anche dei cambiamenti importanti nella vita degli Ariete o solo che è mutato il loro quadro astrologico? L’oroscopo non lo specifica, così se il cambiamento avviene, il lettore potrà riconoscere che è accaduto proprio come aveva detto l’oroscopo, mentre in caso contrario, pazienza: in fondo l’oroscopo non l’aveva detto. Tra i depistaggi e le false previsioni possiamo far rientrare anche i consigli: «Vietato rimanere a rimuginare risentimenti e torti» sottintende che le Bilancia avranno questa tendenza a rimuginare più del solito oppure è un semplice suggerimento di buon senso?
- Ambivalenze
Ovvero: dico una cosa ma dico anche il suo contrario. «Potreste stringere nuove amicizie, superficiali o destinate a divenire profonde». Sagittario, poi facci sapere qual era delle due.
- Ovvietà
Cari Pesci, «lasciate decantare eventuali provocazioni perché le discussioni potrebbero prendere una brutta piega». Monsieur de Lapalisse, sei tu?
- Condizioni
«Se appartenete al gruppetto degli iperattivi e sempre dinamici, questa nuova energia potrebbe infastidirvi». Se invece non vi appartenete, non ci fate caso, parlavamo ad altri Cancro, quelli con l’altro ascendente.
Cosa succede quindi quando proviamo a cimentarci in un riassunto? Ci troviamo di fronte al dilemma che riporterò parafrasando Vasco Rossi: «trovare un senso a questo oroscopo, anche se questo oroscopo un senso non ce l’ha».
Se normalmente in un testo individuiamo prima di tutto il nucleo significativo per poi cercare di esporlo con termini, locuzioni e strutture sintattiche più sintetiche, il nucleo da individuare è in questo caso la struttura retorica che sostiene gli spazi vuoti lasciati al lettore. Prima ancora che sottolineare cosa sta dicendo l’oroscopo, bisogna quindi comprendere come lo sta dicendo e quali artifici sta mettendo in campo, e tentarne una compressione.
Se trattassimo l’oroscopo come un testo qualunque, potremmo facilmente eliminare di netto alcune affermazioni. Le ovvietà, per esempio, risulterebbero probabilmente superflue, e lo stesso varrebbe per tutte le ambivalenze, che comunicando due possibilità contrapposte, si annullano a vicenda. Il contenuto informativo di queste affermazioni è poco distante da zero. Si tratta però di uno “zero” ottenuto sommando un “+1” e un “-1”[2], che nel meccanismo di funzionamento di un oroscopo non possono eliminarsi vicendevolmente, ma conservano una loro rilevanza che fa leva sul bias di conferma, la nostra umana tendenza a prestare più attenzione alle cose che corrispondono alla nostra esperienza o alla nostra visione del mondo.
Quindi, di fronte a una frase del tipo «questa settimana potrai essere felice o triste», che potrebbe essere semplicemente eliminata preservando il contenuto informativo del testo, dobbiamo tenere conto del fatto che il lettore che avrà avuto una settimana felice farà caso alla prima parte della frase mentre chi l’avrà avuta triste farà caso alla seconda, attribuendo all’oroscopo un valore che di per sé non aveva, e che non nasce dal testo, ma dalla cooperazione del lettore, che attinge alla propria enciclopedia extratestuale e in particolare alla propria esperienza.
Tenere presente il fine ultimo di un oroscopo e le sue strategie testuali ci aiuta, nel riassumerlo, ad adottare particolari accortezze che preservano il valore di tutti gli artifici retorici. Naturalmente non potranno essere eliminate le forme condizionali o dubitative che hanno la funzione di mitigare la sensazione di “previsione sbagliata” nel caso in cui non si rivelassero corrette. Ma è anche molto importante, nel cercare locuzioni o forme sintattiche più brevi, non introdurre termini che possano fornire indizi intratestuali, insomma: che orientino in un senso o nell’altro l’interpretazione di una frase che nel testo originale appare vaga e non orientata.
Non solo: anche la verbosità ha una sua ragione d’essere. Più il testo è lungo, infatti, più si induce nel lettore l’impressione che ci sia effettivamente qualcosa da comunicare.
In conclusione: riassumere un oroscopo può rivelarsi un ottimo esercizio di applicazione dello spirito critico e di decostruzione del linguaggio pseudoscientifico. Un esercizio che si può portare anche a scuola, per imparare a riconoscere alcuni trucchi retorici e a non prendere con leggerezza le scelte retoriche, sintattiche e lessicali in un testo scritto.
Una prima lezione può essere proprio la difficoltà di riassumere: a volte, usare poche parole per non dire nulla può essere più difficile che usare poche parole per dire qualcosa.
Note
1) L’oroscopo relativo alla settimana 7-13 ottobre 2024 era stato tratto dalla pagina LifeStyle del sito di Sky TG24
2) In termini logici, simili affermazioni equivalgono a una proposizione del tipo “A o non A”, che risulta sempre vera, sia qualora A sia vero, sia qualora A sia falso.
“Indovina il tuo segno!”
Un laboratorio-esperimento sul linguaggio degli oroscopi
Una lavagna magnetica, 12 cartoncini plastificati, 12 magneti con i segni zodiacali, e soprattutto 12 oroscopi della settimana appena trascorsa, accuratamente riassunti: è così che, durante il Fest, il Gruppo Scuola del CICAP ha proposto a ragazzi e adulti che passavano lungo il Liston a Padova, un laboratorio sugli oroscopi, rivisitando un’attività ormai classica dell'associazione.
Agli oroscopi era stata tolta l’indicazione del segno e i partecipanti erano quindi invitati a leggere tutte le descrizioni e individuare quella che più si avvicinava alla settimana che avevano appena vissuto, apponendovi il magnete con il proprio segno. Solo dopo la scelta del partecipante, il cartoncino veniva girato per scoprire a quale segno corrispondesse la previsione. Privando l’oroscopo dell’identificazione del segno, l’effetto Forer è risultato depotenziato: non conoscendo a priori in quale previsione identificarsi, quasi sempre il partecipante faticava a distinguerle. Dopo il disvelamento, i volontari del CICAP ponevano l’attenzione del partecipante sui trucchi retorici più frequenti del linguaggio astrologico.
Per aggiungere una nota di colore e affiancare al laboratorio un piccolo esperimento (senza pretese di accuratezza scientifica), l’esito di ogni prova veniva conteggiato e visualizzato attraverso due vasi nei quali inserire delle palline di gomma: un vaso per i segni zodiacali azzeccati, uno per quelli sbagliati. Il secondo (non vi stupirà!) è rimasto quasi vuoto. Le risposte giuste sono risultate infatti 13 su 197 tentativi totali, poco lontano dal rapporto 1/12, ossia quello che ci aspetteremmo se gli oroscopi fossero stati scelti tirando a caso.
Sul tema degli oroscopi e dell’effetto Forer, il Gruppo Scuola ha realizzato un’Unità di Apprendimento per le scuole secondarie di secondo grado, con attività laboratoriali e diversi approfondimenti multidisciplinari, che i docenti possono scaricare gratuitamente dalle pagine del sito CICAP dedicate alla scuola (https://www.cicap.org/n/articolo.php?id=279355 )
Elisabetta Pittana è copywriter, edutainment writer e volontaria del Gruppo Scuola CICAP