Donata Lodi, nata a Padova nel 1950, si è laureata in Etnologia a Roma per poi effettuare attività di ricerca con il CNR (antropologia e storia delle religioni). Dal 1979 lavora con l'UNICEF e dal 2000 è Direttore delle relazioni esterne dell'UNICEF Italia. È stata presidente dell'Information Workshop dell'UNICEF e ha lavorato in varie occasioni in progetti UNICEF sul campo in Africa e Asia.
L'istruzione primaria dei bambini che ruolo gioca nel migliorare la qualità della vita? È un punto strategico per il progresso di un paese in via di sviluppo?
Andare a scuola è, innanzitutto, un diritto fondamentale per tutti i bambini del mondo. Ma oltre a essere un diritto, è una leva potentissima per aumentare le possibilità di sopravvivenza e la qualità di vita dei bambini, ed è forse il singolo fattore più importante per lo sviluppo sociale ed economico di un paese. La Banca Mondiale ha recentemente sottolineato come investire nellistruzione di base sia probabilmente la scelta dinvestimento più sensata per un paese povero. Del resto, se guardiamo ai cosiddetti paesi emergenti, ad esempio nel sud-est asiatico o nellestremo oriente, troviamo sempre alla base del recente boom economico un massiccio investimento pluriennale sull'istruzione di base per tutti, da parte dei governi ma anche dei privati cittadini: è il caso della Corea del sud, della Thailandia, di Taiwan, ma anche della Cina e dello stesso Giappone (anche se in questo caso bisogna risalire più indietro nel tempo). Le ragioni sono semplici: più scuola di base vuol dire maggiore capacità delle famiglie di produrre reddito e di assumere decisioni consapevoli per il futuro, innescando così un circolo virtuoso che può consentire (anche se certo non è sufficiente da solo) di uscire dal sottosviluppo. Occorre dire però che questo è vero soprattutto per l'istruzione femminile, che sembra avere un effetto più immediato e duraturo in termini di miglioramento della qualità della vita e di potenzialità di trasformazione sociale. Eppure la cosa più difficile è proprio mandare a scuola le bambine.
L'istruzione primaria quando e perché si scontra con la cultura locale?
Molto spesso è difficile per le famiglie comprendere il valore dell'istruzione di base: programmi scolastici vecchi o d'importazione (in certi manuali dei paesi dell'Africa francofona si parla di "i nostri antenati, i Galli"), utilizzo dominante di lingue non locali, mancanza di materie pratiche, legate alla vita quotidiana, scuole fatiscenti e lontane dai villaggi di residenza, sono fra le cause che rendono difficile per molte comunità locali appropriarsi del valore dell'istruzione di base. Alle ragazze, più spesso che ai ragazzi, viene negata la possibilità di andare a scuola per un insieme di ragioni che vanno dalla discriminazione di genere al loro ruolo domestico, da tradizioni culturali all'inadeguatezza delle strutture scolastiche rispetto alle esigenze delle bambine, da preoccupazioni concernenti la loro salute fino all'incidenza dell'HIV/AIDS. Frequentemente, soprattutto nell'Asia meridionale, le famiglie scelgono di investire solo sull'istruzione dei figli maschi con motivazioni di tipo economico: i soldi non bastano per tutti, e la scelta sembra quasi obbligata. Le ragazze devono lavorare, sposarsi e fare figli, spesso con matrimoni e gravidanze precoci, che mettono a rischio la salute delle adolescenti.
Qual è il quadro generale dell'istruzione del mondo?
Secondo lUNICEF, dei 123 milioni di bambini in età scolare che non frequentano la scuola, il 53% sono bambine e il 47% bambini e provengono soprattutto dall'Asia meridionale (38%) e dall'Africa subsahariana (36%). Un terzo dei bambini, inoltre, non porta a termine il ciclo scolastico di 5 anni, il minimo indispensabile per conseguire un'alfabetizzazione di base. Il rapporto di verifica L'istruzione per tutti, reso pubblico a novembre 2003, indica che a causa di insufficienti investimenti nel settore educativo circa 70 paesi mancheranno l'obiettivo dell'uguaglianza di genere nelle iscrizioni scolastiche entro il 2005, e di conseguenza incontreranno gravi difficoltà nel raggiungere l'obiettivo dell'istruzione per tutti i bambini entro il 2015.
In particolare, le bambine costituiscono la maggioranza dei 123 milioni di bambini che non hanno mai messo piede in una scuola.
Essere privato dell'opportunità di andare a scuola è catastrofico per qualsiasi bambino, ma per le bambine è ancor più difficile rimediare alle conseguenze. Le bambine che vengono escluse dalla scuola sono esposte alle violenze, allo sfruttamento, al traffico, alla povertà; hanno più probabilità di morire durante il parto e un maggior rischio di contrarre malattie, in particolar modo l'HIV. Una volta che una bambina sia allontanata dall'istruzione, difficilmente avrà mai l'opportunità di farvi ritorno.
Emiliano Farinella
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