Jack Kirby (pseudonimo di Jacob Kurtzberg) nacque a New York il 28 agosto 1917, figlio di due immigrati austriaci di origine ebraica, Benjamin Kurtzberg, un operaio presso una fabbrica tessile, e Rose Bernstein, una casalinga. Grande appassionato di film, riviste pulp e strisce a fumetti, Jack trascorse la giovinezza nel Lower East Side di Manhattan, periodo nel quale maturò la passione per il disegno e l’illustrazione. Nel 1939 venne assunto nell’ufficio grafico della Fox Comics e lì incontrò Joe Simon (allora con l’incarico di editor), dando vita a un sodalizio destinato a segnare la storia del fumetto. Meno di un anno dopo, infatti, i due crearono Capitan America. Simon divenne il primo editor della Timely Comics (l’antenata della celebre Marvel) e si portò dietro Kirby. I due autori avrebbero spaziato per quasi tutti i generi, creando innumerevoli personaggi e lavorando per molte case editrici, fra le quali spicca, naturalmente, il nome della DC Comics (a quel tempo si chiamava National Comics), per i cui tipi avevano visto la luce Superman (giugno 1938) e Batman (maggio 1939).
Come ci ricorda Mark Evanier, «Joe e Jack si gettarono a capofitto in ogni possibile genere di storia, non di-scostandosi però mai troppo dai confini del fantastico. Kirby, in particolare, era un vorace lettore di romanzi di fanta-scienza e di riviste» (ne conservava in grande quantità nel suo studio), «che trattavano le ultimissime scoperte tecnologiche. La maggior parte delle invenzioni proveniva proprio da Jack, che creava e improvvisava partendo da qualcosa che aveva letto su Scientific American o, più spesso, su una di quelle pubblicazioni che viravano maggiormente verso toni sensazionalistici». Nel 1954 la collaborazione si interruppe e Jack ritornò in pianta stabile alla Marvel, dove nel 1961 assieme a Stanley Lieber (noto in tutto il mondo con lo pseudonimo di Stan Lee), dette vita a una rivoluzione nell’ambito del genere Supereroi, creando i Fantastic Four (e poi Hulk, Thor, gli X-Men, gli Avengers e molti altri personaggi destinati a diventare famosissimi).
Fin dai primi numeri dei Fantastici Quattro fu evidente l’interesse di Kirby per una questione che in quegli anni stava raggiungendo il suo apice: la teoria degli antichi astronauti. Sul n. 13 della serie, intitolato The Fantastic Four Versus the Red Ghost and His Indescribable Super-Apes (aprile 1963), lo straordinario quartetto vola sulla Luna per esplorare la “misteriosa area blu” (ricordiamoci che il primo sbarco sul nostro satellite avverrà soltanto il 20 luglio 1969), rinvenendo i resti di una civiltà molto antica e un’atmosfera respirabile. Questa è anche la prima volta in cui appare Uatu, un membro degli Osservatori, una specie umanoide extraterrestre molto avanzata, che da sempre ha il compito di registrare gli eventi sul pianeta Terra.
Nel luglio del 1967, quindi, sempre firmata da Stan Lee e Jack Kirby, usciva su “Fantastic Four” n. 64 la storia intitolata Sentry Sinister, nella quale faceva la comparsa una razza aliena che in tempi remoti aveva abitato la Terra, i Kree, destinati a giocare un ruolo fondamentale nell’Universo Marvel, dai comics degli anni ’60 del Novecento fino alle recenti produzioni cinematografiche. Ecco come in Marvel Chronicle (2008) la casa editrice ha voluto presentare questa storia: «Il numero 64 di Fantastic Four di Stan Lee e Jack Kirby precedette di quasi un anno il best seller di Erich von Däniken Chariots of the Gods? [in italiano Gli extraterrestri torneranno]. Il libro teorizzava che gli extraterrestri avessero visitato delle antiche civiltà e che fossero stati scambiati per dei. In Fantastic Four 64 due archeologi sulle tracce di un’antica civiltà scoprirono un robot alieno gigante che viveva ancora tra le rovine. Lasciato lì dalla razza aliena dei Kree, l’Inter-Galattico Sentry 459 cercò immediatamente di difendere la sua postazione». È interessante notare come gli autori di Marvel Chronicle abbiano voluto puntualizzare la precedenza temporale della storia di Lee e Kirby su quanto contenuto in Chariots of the Gods?, rivendicandone la priorità. Chissà, forse von Däniken, fra le moltissime altre cose da lui lette, aveva davvero attinto anche ai Fantastici Quattro.
Comunque sia, Jack Kirby avrebbe continuato a sviluppare il discorso sugli antichi astronauti. Nel 1976, infatti, egli dette vita a una serie, The Eternals (Gli Eterni), interamente dedicata ad esplorare questo tema, sul quale ebbe modo di esprimersi anche attraverso saggi o interviste di accompagnamento alla storia, utilizzando le classiche argomentazioni dei sostenitori della teoria: «Qual è il vero significato dei miti che sono presenti in modo simile nelle culture di popolazioni diverse? Esseri di natura extraterrestre sono davvero venuti tra di noi e hanno influenzato le nostre vite fino a oggi? E poi, la domanda più cruciale: questi esseri si trovano in qualche orbita cosmica che un giorno li riporterà da noi?».
Kirby non ha mai nascosto di provare una grande attrazione per tali questioni, alle quali era disposto a dare ampia credibilità. Era tuttavia anche convinto «che le scoperte in grado di rivelare realmente le nostre origini» sarebbero state «fatte in un futuro lontano». Per questo motivo, «i numerosi avvistamenti di UFO che avvengono troppo frequentemente e le avvincenti speculazioni sui reperti di civiltà scomparse» andavano valutati con una certa cautela. Niente però vietava al creatore di storie di inventare delle avvincenti trame, pur nella consapevolezza della differenza tra dimostrazione scientifica e immaginazione: «possiamo divertirci con le poche briciole di verità che sono già in nostro possesso e sognare a occhi aperti fantasticando sul resto». Kirby non separava nettamente il possibile dal probabile, e non aveva un approccio radicalmente scettico, come, ad esempio, un autore quale Lovecraft (cfr. Query n. 19).
Quindi, forse solo involontariamente è riuscito a mettere a fuoco uno degli elementi di fascino delle pseudoscienze, che a suo avviso rientrava esclusivamente nel divertimento: l’emersione dall’anonimato: « È proba-bile che non avremo mai niente di concreto per dimostrarlo, ma – che cavolo! - è un bel gioco. È esaltante per ognuno di noi, e un povero sfigato che non verrebbe notato neanche da sua madre improvvisamente si ritrova in televisione, raccontando via cavo a tutto il mondo di come è stato preso a bordo su un disco volante a Denver e fatto scendere al centro di Miami dieci minuti dopo».
Ad ulteriore testimonianza del suo interesse nei confronti della fantascienza e degli antichi astronauti, dobbiamo naturalmente ricordare la trasposizione a fumetti (anch’essa datata 1976), di 2001: Odissea nello spazio (di cui quest’anno ricorre il 50°anniversario, che ho avuto l’onore di celebrare al Cicap Fest, assieme a Paolo Attivissimo e Fabio Pagan), nella quale, come ricorda Antonio Dini, Kirby «ha reso razionale e razionalmente intelligibile uno dei film meno ʽspiegati’ della storia del cinema». Ad esempio, quando gli astronauti si trovano davanti al monolito scoperto sulla Luna, la spiegazione è eloquente: «così la conclusione è che quattro milioni di anni fa, qualcosa, presumibilmente proveniente dalle stelle, deve aver attraversato il sistema solare, lasciando questo dietro di sé. È stato abbandonato, dimenticato, o lasciato per uno scopo?».
Kirby avrebbe spiegato tutto.
Come ci ricorda Mark Evanier, «Joe e Jack si gettarono a capofitto in ogni possibile genere di storia, non di-scostandosi però mai troppo dai confini del fantastico. Kirby, in particolare, era un vorace lettore di romanzi di fanta-scienza e di riviste» (ne conservava in grande quantità nel suo studio), «che trattavano le ultimissime scoperte tecnologiche. La maggior parte delle invenzioni proveniva proprio da Jack, che creava e improvvisava partendo da qualcosa che aveva letto su Scientific American o, più spesso, su una di quelle pubblicazioni che viravano maggiormente verso toni sensazionalistici». Nel 1954 la collaborazione si interruppe e Jack ritornò in pianta stabile alla Marvel, dove nel 1961 assieme a Stanley Lieber (noto in tutto il mondo con lo pseudonimo di Stan Lee), dette vita a una rivoluzione nell’ambito del genere Supereroi, creando i Fantastic Four (e poi Hulk, Thor, gli X-Men, gli Avengers e molti altri personaggi destinati a diventare famosissimi).
Fin dai primi numeri dei Fantastici Quattro fu evidente l’interesse di Kirby per una questione che in quegli anni stava raggiungendo il suo apice: la teoria degli antichi astronauti. Sul n. 13 della serie, intitolato The Fantastic Four Versus the Red Ghost and His Indescribable Super-Apes (aprile 1963), lo straordinario quartetto vola sulla Luna per esplorare la “misteriosa area blu” (ricordiamoci che il primo sbarco sul nostro satellite avverrà soltanto il 20 luglio 1969), rinvenendo i resti di una civiltà molto antica e un’atmosfera respirabile. Questa è anche la prima volta in cui appare Uatu, un membro degli Osservatori, una specie umanoide extraterrestre molto avanzata, che da sempre ha il compito di registrare gli eventi sul pianeta Terra.
Nel luglio del 1967, quindi, sempre firmata da Stan Lee e Jack Kirby, usciva su “Fantastic Four” n. 64 la storia intitolata Sentry Sinister, nella quale faceva la comparsa una razza aliena che in tempi remoti aveva abitato la Terra, i Kree, destinati a giocare un ruolo fondamentale nell’Universo Marvel, dai comics degli anni ’60 del Novecento fino alle recenti produzioni cinematografiche. Ecco come in Marvel Chronicle (2008) la casa editrice ha voluto presentare questa storia: «Il numero 64 di Fantastic Four di Stan Lee e Jack Kirby precedette di quasi un anno il best seller di Erich von Däniken Chariots of the Gods? [in italiano Gli extraterrestri torneranno]. Il libro teorizzava che gli extraterrestri avessero visitato delle antiche civiltà e che fossero stati scambiati per dei. In Fantastic Four 64 due archeologi sulle tracce di un’antica civiltà scoprirono un robot alieno gigante che viveva ancora tra le rovine. Lasciato lì dalla razza aliena dei Kree, l’Inter-Galattico Sentry 459 cercò immediatamente di difendere la sua postazione». È interessante notare come gli autori di Marvel Chronicle abbiano voluto puntualizzare la precedenza temporale della storia di Lee e Kirby su quanto contenuto in Chariots of the Gods?, rivendicandone la priorità. Chissà, forse von Däniken, fra le moltissime altre cose da lui lette, aveva davvero attinto anche ai Fantastici Quattro.
Comunque sia, Jack Kirby avrebbe continuato a sviluppare il discorso sugli antichi astronauti. Nel 1976, infatti, egli dette vita a una serie, The Eternals (Gli Eterni), interamente dedicata ad esplorare questo tema, sul quale ebbe modo di esprimersi anche attraverso saggi o interviste di accompagnamento alla storia, utilizzando le classiche argomentazioni dei sostenitori della teoria: «Qual è il vero significato dei miti che sono presenti in modo simile nelle culture di popolazioni diverse? Esseri di natura extraterrestre sono davvero venuti tra di noi e hanno influenzato le nostre vite fino a oggi? E poi, la domanda più cruciale: questi esseri si trovano in qualche orbita cosmica che un giorno li riporterà da noi?».
Kirby non ha mai nascosto di provare una grande attrazione per tali questioni, alle quali era disposto a dare ampia credibilità. Era tuttavia anche convinto «che le scoperte in grado di rivelare realmente le nostre origini» sarebbero state «fatte in un futuro lontano». Per questo motivo, «i numerosi avvistamenti di UFO che avvengono troppo frequentemente e le avvincenti speculazioni sui reperti di civiltà scomparse» andavano valutati con una certa cautela. Niente però vietava al creatore di storie di inventare delle avvincenti trame, pur nella consapevolezza della differenza tra dimostrazione scientifica e immaginazione: «possiamo divertirci con le poche briciole di verità che sono già in nostro possesso e sognare a occhi aperti fantasticando sul resto». Kirby non separava nettamente il possibile dal probabile, e non aveva un approccio radicalmente scettico, come, ad esempio, un autore quale Lovecraft (cfr. Query n. 19).
Quindi, forse solo involontariamente è riuscito a mettere a fuoco uno degli elementi di fascino delle pseudoscienze, che a suo avviso rientrava esclusivamente nel divertimento: l’emersione dall’anonimato: « È proba-bile che non avremo mai niente di concreto per dimostrarlo, ma – che cavolo! - è un bel gioco. È esaltante per ognuno di noi, e un povero sfigato che non verrebbe notato neanche da sua madre improvvisamente si ritrova in televisione, raccontando via cavo a tutto il mondo di come è stato preso a bordo su un disco volante a Denver e fatto scendere al centro di Miami dieci minuti dopo».
Ad ulteriore testimonianza del suo interesse nei confronti della fantascienza e degli antichi astronauti, dobbiamo naturalmente ricordare la trasposizione a fumetti (anch’essa datata 1976), di 2001: Odissea nello spazio (di cui quest’anno ricorre il 50°anniversario, che ho avuto l’onore di celebrare al Cicap Fest, assieme a Paolo Attivissimo e Fabio Pagan), nella quale, come ricorda Antonio Dini, Kirby «ha reso razionale e razionalmente intelligibile uno dei film meno ʽspiegati’ della storia del cinema». Ad esempio, quando gli astronauti si trovano davanti al monolito scoperto sulla Luna, la spiegazione è eloquente: «così la conclusione è che quattro milioni di anni fa, qualcosa, presumibilmente proveniente dalle stelle, deve aver attraversato il sistema solare, lasciando questo dietro di sé. È stato abbandonato, dimenticato, o lasciato per uno scopo?».
Kirby avrebbe spiegato tutto.
Riferimenti bibliografici
- M. Ciardi. 2017. Il mistero degli antichi astronauti, Roma: Carocci.
- A. Dini. 2017. 2001 Odissea nello spazio, spiegata bene (da Jack Kirby), in Fumettologica (https://bit.ly/2A2Vfz9)
- S. Howe. 2013. Marvel Comics. Una storia di eroi e supereroi, Modena: Panini Comics.
- J. Kirby. 1977. 2001: Odissea nello spazio, Milano: Editoriale Corno.
- J. Kirby. 2016. Gli Eterni, Modena: Panini Comics (“Marvel Omnibus”).
- Marvel Chronicle. 2001. La storia anno per anno. Modena: Panini Comics.
- J. Simon, J. Kirby. 2012. Il meglio di Simon e Kirby, introduzione di M. Evanier, Milano: Bao Publishing.