La foto di Valpreda

  • In Articoli
  • 30-04-2011
  • di Stefania de Vito e Sergio Della Sala
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Figura 1. La pagina del quotidiano La Repubblica con la famosa foto.
Per un fraintendimento con la redazione, sul n. 4 di Query è stata pubblicata una didascalia sbagliata nel nostro articolo “Non si può che dire falsa testimonianza”. La didascalia della foto del riconoscimento di Pietro Valpreda, così come riportata, sembra avvalorare l’ipotesi che il line-up fosse esattamente quello in cui Valpreda è stato riconosciuto dal tassista Cornelio Rolandi il giorno 16 Dicembre 1969.

Il nostro intento, invece, era semplicemente quello di mostrare un confronto assurdo. Ce ne scusiamo, anche a nome della redazione, e ne approfittiamo per condividere con voi la storia di questa foto. Infatti essa costituisce una dimostrazione evidente di come il senso critico si allenti quando ci si trova di fronte a qualcosa, in questo caso una foto, che sembra dimostrare la veridicità di una nostra convinzione. L’assunto è che il riconoscimento da parte di Rolandi non fosse stato scevro da condizionamenti.

Ad esempio, nell’introduzione alla raccolta Poesia dal carcere, pubblicata dallo stesso Valpreda nel 1972, il suo difensore, l’avvocato Guido Calvi, rivela che, a una sua precisa domanda messa a verbale in sede di dibattimento processuale, Rolandi rispose “La polizia mi ha mostrato una fotografia e mi ha detto che era quella che dovevo riconoscere”.

Nel settembre del 2000 il quotidiano La Repubblica pubblica la foto, qui riprodotta in Figura 1, facendola chiaramente risalire al fatidico riconoscimento. Questa foto è stata ripresa da siti web, è apparsa su copertine di libri, su pagine di quotidiani e rotocalchi, in aule universitarie e perfino in conferenze scettiche.

In realtà, come denunciato da Michele Brambilla su Il Giornale nel 2007, la foto fu scattata nel 1974 a Catanzaro. Qui, in occasione del processo per la strage, furono riconvocati gli stessi agenti che comparivano nell’allineamento originale, allo scopo di verificare l’effettiva somiglianza tra le fisionomie dei quattro poliziotti e quella dell’imputato.

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Figura 2. Foto dell’Ansa scattata a Valpreda il 16 Dicembre 1969.
A riprova di quest’affermazione, vengono riportate alcune evidenze. Innanzitutto, la linea bianca visibile dietro le persone allineate farebbe parte del campo di pallavolo della palestra in cui si svolse il processo Catanzaro. In secondo luogo, sembra che l’abbigliamento di Valpreda non fosse troppo dissimile da quello degli agenti quando fu riconosciuto da Rolandi. Questo dato si evince dal testo della sentenza di primo grado e da una foto dell’Ansa, diffusa da Il Giornale (Figura 2), scattata probabilmente all’uscita dal Palazzaccio di Roma, dopo il riconoscimento, in cui si vede Valpreda con la camicia, la cravatta e il cappotto.

Nell’articolo originale di La Repubblica, lo stesso Valpreda non sembra avanzare dubbi circa il fatto che quella foto abbia colto il momento del line-up in cui lui fu “riconosciuto”. Se questa ricostruzione è veritiera, il protagonista della vicenda è stato vittima di un falso ricordo, come succede quotidianamente a tutti noi.

La nostra memoria, infatti, non si è sviluppata tanto per ricordare il passato, quanto per usare il passato al fine di prevedere il futuro. Questo sistema si basa su un’enorme flessibilità, non funziona come un videoregistratore, ma ci consente di ricombinare frammenti delle nostre esperienze per immaginare miriadi di possibili scenari futuri. Il prezzo che paghiamo per questa straordinaria capacità è l’imprecisione nel recupero dei dettagli, contaminati da altre esperienze, dai nostri pregiudizi e dalle nostre aspettative. Probabilmente, Valpreda non era mai salito sul taxi del Rolandi, probabilmente, però, la famosa foto del suo line-up è solo una ricostruzione successiva, che troppe volte è stata mostrata come autentica.
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