Lo strano caso di Michelle, la donna senza mezzo cervello

Parecchi giornali hanno recentemente parlato del caso di Michelle, una trentenne della Virginia, che ha un'esistenza quasi normale pur essendo nata senza metà del cervello, la metà sinistra. La storia, che è certamente intrigante, è stata proposta come la dimostrazione dell'esistenza della "plasticità del cervello". Vediamo di cosa si tratta.

Jordan Grafman, il Direttore dell'Unità di Neuroscienze Cognitive di Bethesda, che ha seguito il caso, è un caro amico. Ci siamo incontrati in un piovoso pomeriggio di fine ottobre a Londra ad un convegno, e ne ho approfittato per farmi raccontare di Michelle, di come l'ha conosciuta, e di come è riuscito a formulare la diagnosi.
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La mamma di Michelle lesse sul Washington Post un articolo che trattava delle ricerche di Grafman sulle straordinarie caratteristiche del cervello umano, e lo contattò per chiedere il suo consiglio, preoccupata di alcuni problemi che sua figlia presenta fin dalla nascita e che erano rimasti insoluti.

Per esempio, non vede ciò che si trova alla sua destra (perché non ha i centri visivi deputati ad analizzare il campo visivo destro, che si trovano appunto nell'emisfero sinistro) e il suo polso destro è spastico. Inoltre, si perde con facilità, non capisce i ragionamenti astratti e ha la tendenza ad assumere atteggiamenti infantili. Però Michelle parla senza inceppi particolari, legge, va al cinema, guarda la televisione, gioca e partecipa alla vita famigliare; ha anche un lavoro, è straordinariamente brava a calcolare date di calendari passati e futuri e ha un udito perfetto. Non male per una persona con solo mezzo cervello.

La storia di Michelle, come altre simili, conferma che alla nascita il cervello umano è ancora malleabile, che le funzioni normalmente assunte da un emisfero possono migrare all'altro. Di fatto alla nascita il cervello può ancora modificarsi notevolmente. Per esempio i neonati elaborano i suoni in entrambi gli emisferi e solo successivamente il linguaggio si stabilisce nell'emisfero sinistro. Nel caso di Michelle è molto probabile che il danno cerebrale sia avvenuto addirittura in utero e quindi durante gli ultimi stadi della sua vita fetale il cervello della bimba ha avuto modo di riprogrammarsi, di riaggiustarsi, permettendole una esistenza quasi normale. Affascinante e importante per capire come si sviluppa il cervello in utero e nei primi mesi di vita, secondo un principio, impropriamente chiamato "Principio di Kerrard", che stabilisce che c'è una relazione lineare tra l'età in cui si verifica la lesione cerebrale e i danni che ne risultano. Così per esempio, bambini che subiscono lesioni cerebrali al loro emisfero sinistro avranno deficit di linguaggio meno imponenti di adulti con lesioni simili.

La vicenda di Michelle però è stata raccontata da periodici e quotidiani come una prova dell'esistenza della "plasticità neuronale", espressione che si usa a sproposito parlando di improbabili apprendimenti senza sforzo, di protezione contro l'invecchiamento cognitivo, o di sistemi per stimolare la creatività o l'intelligenza.

Questo tipo di plasticità, chiamata tecnicamente "neurogenesi", che è spesso sbandierata dai venditori di fumo, nulla ha a che vedere con la storia di Michelle, che invece dimostra l'adattabilità di un cervello giovane all'ambiente, cioè la sua capacità di adattare aree normalmente deputate ad altro, a compiti diversi. Nessuna neurogenesi si è verificata in Michelle, nessuna crescita di cellule cerebrali, e certamente nessuna plasticità neuronale.

Vediamo un po' meglio di cosa stiamo discutendo. Se cominciamo a suonare il pianoforte, la nostra rappresentazione cerebrale dei movimenti delle dita sulla tastiera si modificherà, migliorerà con l'esercizio. Ogni nostra esperienza modifica il nostro cervello, per esempio stabilendo nuove o più ricche connessioni (attraverso le sinapsi). Quindi è bene studiare, esercitarsi, giocare. Il nostro cervello, e quindi la nostra vita, si arricchisce. Ma non si creano nuove cellule. I neuroscienziati discutono se l'unica plasticità neuronale dimostrata sia possibile nel bulbo olfattivo, oppure anche nell'ippocampo, che è un'area corticale.

Non diventiamo più giovani giocando con Nintendo, non diventiamo più intelligenti ascoltando la musica di Mozart, i nostri figli non saranno più bravi a scuola se compriamo loro prodotti del Piccolo Einstein, non diventiamo piu' creativi (o piu' capaci di disegnare) se stimoliamo l'emisfero destro (ammesso che si possa stimolare). Tutti questi prodotti si basano su un'idea di plasticità cerebrale fumettistica, mai dimostrata, e lontanissima dal meraviglioso stupore provocato da storie come quella di Michelle.

Sergio della Sala
Professore di Neuroscienze, Human Cognitive Neuroscience, University of Edinburgh

Note

Per chi ne volesse sapere di più direttamente dalle fonti:
  • Bhardwaj, R.D. et al. (2006) Neocortical neurogenesis in humans is rescricted to development. Proceedings of the National Academy of Science of the United States of America
  • Della Sala, S.: Mind Myths. Exploring popular assumptions about the mind and brain.
  • Della Sala, S. (2007) Tall Tales about the Mind & Brain. Separating fact from fiction. New York: Oxford University Press.
  • Dennis, M. (2010) Margaret Kennard (1899-1975): Not a "Principle" of brain plasticity but a founding mother of developmental neuropsychology. Cortex, in press, http://www.sciencedirect.com/science/journal/00109452 .
  • Eisch, A.J. et al. (2008) Mini Symposium - Adult neurogenesis, mental health, and mental illness : Hope or Hype? The Journal of Neuroscience, 28.
  • Rasmussen, T. and Miller, B. (1977) The role of early left-brain injury in determining lateralisation of cerebral speech functions. Annals of the New York Academy of Science
  • Romero et al. (2002) Investigating cognitive neuroplasticity in single cases: Lessons learned from applying functional neuroimaging techniques to the traditional neuropsychological case study framework. Neurocase, 8: 355-368.
  • Scholz, J. et al. (2009) Training induces changes in white-matter architecture. Nature Neuroscience, 12: 1367-1368.

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