N.B.: nel testo i numeri indicati in apice si riferiscono alle note in calce, mentre quelli indicati tra parentesi quadre si riferiscono alla bibliografia
[N.d.R.].
Ponzio Pilato, procuratore romano della Giudea (Palestina), emise due monetine di bronzo raffiguranti ciascuna un simbolo della religione romana, il simpulum (sorta di mestolo o tazza con manico per libagioni rituali) e il lituus (o lituo, il bastone degli àuguri con una estremità ricurva). Sull'altra faccia hanno rispettivamente tre spighe e una corona di alloro. La prima fu coniata nell'anno sedicesimo dell'imperatore Tiberio, corrispondente al 29/30 d.C. (fig. 1), la seconda nei due anni successivi (fig. 2). Le due monete sono oggi abbondanti sul mercato numismatico e si possono acquistare per piccolo prezzo. Hanno un diametro di circa 16 mm, la stessa dimensione del nostro centesimo di euro.[1]
I sindonologi (s'intende non tutti loro) hanno visto le impronte di entrambe le monete sulle fotografie del volto della Sindone: il lituo sull'occhio destro e il mestolo sul sopracciglio sinistro (oltre alle tre spighe sull'occhio sinistro). Le hanno visto tanto bene da leggere perfino alcune lettere delle iscrizioni, identificando così le due particolari monete fra tutte quelle emesse nella storia. Ritengono perciò di avere perfettamente datato la Sindone all'epoca della morte di Cristo.
Di solito hanno usato le fotografie in bianco e nero (su emulsione non pancromatica) prese da Giuseppe Enrie nel 1931, anche in riproduzioni di qualità scadente, invece delle fotografie molto migliori prese in anni più recenti.
Diciamo subito che basta guardare una foto della Sindone, in una riproduzione ingrandita e con sufficiente definizione, per constatare che non c'è nessuna impronta di moneta. Se esamineremo questo caso in dettaglio, non sarà per dimostrare che le monete non ci sono, ciò che è evidente, ma per dare un esempio di quali siano i metodi di indagine dei sindonologi.
Non discuteremo qui sull'assunto (infondato) di alcuni sindonologi secondo cui presso gli antichi ebrei c'era l'usanza di porre monete sulle palpebre dei cadaveri. Questa delle monetine è l'unica evidenza che i sindonologi sanno proporre per l'antichità della Sindone. Ne sono soddisfatti. Un esempio per tutti con Pierluigi Baima Bollone che ha scritto in un suo recente libro ([8], p. 328): «In conclusione la indiscutibile presenza di due monetine di Ponzio Pilato del 29-30 d.C. sul volto del cadavere che fu racchiuso nella Sindone prova una stretta concordanza con l'epoca della morte di Gesù. Nessun falsario medievale poteva conoscere queste monetine identificate soltanto dagli studi numismatici agli inizi del secolo scorso».
Su tutte le monete pervenute, salvo rare eccezioni di cui diremo, il lituo si incurva in alto verso destra come nella parte alta di una S maiuscola (ci riferiamo alla moneta posizionata, come in fig. 2, con il bastone in verticale e l'estremità superiore ricurva). L'impronta sul telo, secondo quanto supposto dai sindonologi, sarebbe speculare. Quindi nella fotografia in positivo del volto della Sindone si dovrebbe vedere il lituo con la curva al contrario, cioè verso sinistra come in un punto interrogativo. Nel negativo fotografico, invece, il lituo avrebbe la curva a destra come sulla moneta. Occorre tenere presenti questi ribaltamenti perché mostreremo fotografie sia in positivo che in negativo.
In cerchio lungo il bordo, la faccia della moneta reca l'iscrizione "di Tiberio Cesare" in greco. Le lettere sono in alfabeto greco maiuscolo ma si possono tutte rendere in buona approssimazione con i nostri caratteri TIBEPIOY KAICAPOC (da leggere "Tiberioy Caisaros"). Solo la lettera che abbiamo indicato con E veniva scritta in modo un po' diverso, cioè simile a una C con un trattino orizzontale a mezza altezza. A volte il trattino manca o è stato eroso e allora la lettera ha l'aspetto di una C. La prima parola comincia in basso, a sinistra del piede del lituo, e sale lungo il semicerchio di sinistra. La seconda parola scende lungo il semicerchio di destra e finisce alla destra del piede del lituo. Il primo a vedere l'impronta di questa moneta, sull'occhio destro della Sindone (a destra per chi guarda l'immagine), fu Francis Filas, professore di teologia alla Loyola University di Chicago, che diede l'annuncio nel 1979. La vide su un ingrandimento del negativo di una foto del 1931, quello in fig. 3 a sinistra. La copia di cui disponeva era già passata attraverso diverse riproduzioni successive ed era di scarsa qualità. Il contrasto è forte e la definizione è molto bassa, tanto che questa foto ha un aspetto notevolmente diverso rispetto ad altre riproduzioni dello stesso originale del 1931, per non parlare delle foto più moderne in buona definizione.[2]
Nella sua fotografia, Filas vide un'asta verticale che era semplicemente un effetto della tessitura. Di simili linee verticali, nel senso dell'ordito, ce ne sono tante sulla Sindone, anche su tratti molto più lunghi.[3] La interpretò come il gambo del lituo, in cima al quale vedeva un arco verso destra. L'arco non c'è sulla fotografia di Filas, tanto meno su fotografie migliori. Poi vedeva quattro lettere dell'iscrizione, e questo era il dettaglio determinante. Proprio la presenza delle quattro lettere doveva permettere l'identificazione con quella particolare moneta di Ponzio Pilato.
In alto a sinistra nella fotografia di Filas si notano alcuni segni bianchi. Trattandosi di un negativo, corrispondono a segni più scuri che il forte contrasto della riproduzione e la scarsa definizione della foto hanno reso bianchi e indistinti. Filas vide in quei segni le lettere UCAI, disposte lungo il bordo della parte alta del lituo e alla sua sinistra.
Filas si convinse che la sua foto riproduceva la moneta del lituo. Subito in quel 1979, si procurò un esemplare della moneta che gli fu regalato da un sindonologo collezionista. È quello a destra in fig. 3. La moneta è molto consumata, ha l'iscrizione quasi illeggibile ed è fortemente erosa su un fianco. Confrontando la sua foto con quella moneta, Filas trovò 24 coincidenze e concluse che «la semplice probabilità matematica indicava una probabilità di meno di uno su 10 elevato a 42 del verificarsi casuale di tante coincidenze» ([10], p. 136). È inutile cercare di rifare il calcolo.
Filas pubblicò anche una "elaborazione tridimensionale", quella in fig. 4, che probabilmente gli era stata fornita dal nostro sindonologo Giovanni Tamburelli. Ha un'immagine lontana da quella reale e quasi non ha più relazione con quanto si trova davvero sulla Sindone. Emergono segni somiglianti alle lettere ma non si vede il lituo. Questa elaborazione è stata sempre ripubblicata dai sindonologi come prova della presenza dell'impronta della monetina. La si trova tuttora sul sito del Centro Internazionale di Sindonologia (CIS) di Torino [21].
In fig. 5 c'è un dettaglio da una foto sempre del 1931, in negativo, riprodotta con minore contrasto rispetto a quella di Filas. Osservando con attenzione nella parte alta al centro, si possono localizzare le tre lettere. Si vede che i segni sono principalmente dovuti all'andamento a spina di pesce (o spigato) della tessitura. Si noti in particolare che la lettera A vista da Filas è semplicemente dovuta a due linee oblique dello spigato che in quel punto sono leggermente convergenti. La lettera I è una successiva linea parallela. Questa foto fu mostrata dal sindonologo Edoardo Garello a un congresso del 1981 ed è pubblicata con una didascalia che spiega che «le lettere (U)CAI sono dovute alla disposizione e al rilievo normale dei fili della struttura spigata del tessuto». ([12], p. 154)
In riconoscimento di quei rari sindonologi che denunciano l'abbaglio, va segnalata anche la doppia foto in fig. 6 che è apparsa su una rivista sindonologica spagnola in un articolo ripreso anche in rete [18]. A sinistra si vede un ingrandimento da un negativo del 1931 e a destra, sempre in negativo, lo stesso dettaglio in una foto del 1998. Si nota che con una migliore definizione cambia notevolmente l'aspetto della fotografia (la differenza può in parte anche dipendere dall'illuminazione sotto cui fu presa la foto). Non meraviglia che Filas, che morì nel 1985 e avrebbe avuto a disposizione le buone foto a colori prese nel 1969 e nel 1978, non riuscì più a vedere la sua moneta se non nella sua vecchia foto. Analizzando una buona foto recente non si vede, in quella zona dell'occhio destro, niente che la distingua dalle zone circostanti. [4] Il discorso potrebbe finire qui, ma la farsa comincia adesso.
Filas identificò la moneta del lituo per merito delle presunte lettere UCAI dell'iscrizione, ma quella successione di lettere non compare nelle parole TIBEPIOY KAICAPOC! Eppure era così sicuro che non si arrese. Riteneva che quelle fossero l'ultima lettera della prima parola e le prime tre della seconda, ma allora avrebbe dovuto vedere YKAI. Sorvolò sulla U che è simile a una Y (a parte che quel segno non somiglia nemmeno a una U). Si preoccupò invece per la C che doveva essere una K. Si convinse che la moneta che aveva lasciato l'impronta sulla Sindone doveva avere un errore di conio con la C al posto della K. Si mise allora alla ricerca di un esemplare con la C consultando esperti di numismatica. Non ne trovò e gli esperti dicevano che non ne esistevano. Filas continuò a credere che dovevano essercene stati. Insomma postulò l'esistenza di una moneta che nessuno aveva mai visto e che lui vedeva per la prima volta come impronta sulla Sindone. È vero che fra quelle monete di Pilato se ne trovano con lettere sbagliate, ma questo particolare errore non era mai stato riscontrato. In effetti sarebbe stato improbabile, per coloro che incidevano il conio, incorrere in quello scambio, dato che erano abituati a usare la lettera greca C ("sigma lunato") per quella che è la nostra esse, e ci sono due esempi sulla stessa moneta nella parola KAICAPOC.
Passarono così due anni. Poi nel 1981 Filas doveva preparare ingrandimenti della foto del suo esemplare della moneta da usare per un servizio televisivo. Fece fare un ingrandimento a 25 volte le dimensioni reali della moneta. Allora guardando l'ingrandimento ebbe la sorpresa di scoprire, così credette, che la sua moneta, proprio quella, aveva una C nel posto desiderato. La freccia in fig. 3 indica il punto dove ci sarebbe la C. Quindi Filas aveva in casa da due anni proprio quella moneta che cercava inutilmente fra i numismatici e sul mercato! E quale fortuna aveva avuto nel 1979 quando casualmente si procurò la moneta, trovando proprio quell'esemplare con un errore di conio che nessuno aveva mai osservato. Non solo, Filas si convinse che la moneta in suo possesso era, se non proprio la stessa, però gemella di quella impressa sulla Sindone, cioè battuta con lo stesso conio, anche se sappiamo quanto ciò sia improbabile essendo moltissimi i conii che vennero usati.1 Poteva considerarsi fortunato.
In realtà osservando quella moneta, anche in una fotografia ingrandita, appare ovvio che in quel punto non c'è nessuna C. Del resto lo stesso Filas non se ne era accorto per due anni. Si può supporre che nemmeno i sindonologi, a parte Filas, siano mai riusciti a vederci una C.
Anche volendo supporre che la C sia presente, resta un'altra difficoltà perché la sua collocazione, circa alle 10 del quadrante di un orologio, non è quella giusta. Infatti le monete sono tutte un po' diverse l'una dall'altra ma rispettano qualche regola. La prima parola dell'iscrizione è disposta a salire sul semicerchio di sinistra, la seconda parola
a scendere sul semicerchio di destra. Quindi la K, ovvero la C di Filas, che è l'iniziale della seconda parola, dovrebbe essere in alto e un po' a destra. Mettendola dove la vede Filas, non rimane il posto, più in basso sulla sinistra del lituo, per farci stare tutta la parola Tiberioy. Filas risolse il problema eliminando quattro lettere. In un articolo del 1983 [11] mostra la sua moneta (che considera gemella di conio di quella impressa sulla Sindone) con attorno indicate le lettere quali le legge lui, come si vede in fig. 7. La parola mutilata diventa TIOY invece di TIBEPIOY. È vero che si trovano monete di Pilato con lettere mancanti, ma non ci si aspetta che l'inizio della seconda parola possa essere così arretrato. Fra l'altro, il semicerchio di destra rimarrebbe quasi vuoto.
Comunque non c'è motivo di inventarsi una iscrizione così strana. Per quel che si può vedere sulla moneta di Filas, limitatamente alle prime lettere che sono le uniche parzialmente visibili, l'iscrizione è quella usuale, senza lacune e senza errori. Su quel bordo di sinistra le lettere sono erose nella parte alta e si vede solo la parte bassa di ciascuna. Dopo le prime due lettere, quel segno rotondo che Filas interpreta come una O è la parte bassa della B, che è seguita dalla parte bassa della E (che sappiamo scritta simile a una C). Poi c'è la parte bassa ovvero il gambo della P, nel punto dove Filas vede una C che in ogni caso non c'è. Le lettere successive sono praticamente invisibili. Che questa sia la ovvia interpretazione da dare, lo si vede confrontando per esempio con la moneta di fig. 8 dove l'iscrizione in quel tratto è ben visibile.
Poco dopo aver fatto la scoperta della C sulla sua prima moneta, Filas entra in un negozio numismatico di Chicago, sempre in quel 1981, e ci trova una seconda moneta che secondo lui ha la C al posto della K. La moneta è così brutta che il commesso non si azzarda a dire un prezzo e gliela regala. A quel punto Filas ha la fortuna di possedere le uniche due monete conosciute con l'errore della C, due eccezionali rarità, e non ha speso un centesimo per procurarsele! Questa seconda moneta è in fig. 9. È mal riuscita e ha figure confuse. Si vede quella che potrebbe essere una C, presso la testa del lituo, ma non è in linea con le altre lettere dell'iscrizione lungo il bordo ed è spostata verso il centro. Probabilmente si tratta di un caso di doppia battitura, con una delle C dell'iscrizione che è stata ribattuta fuori posizione.1 D'altra parte non si può escludere che quella moneta sia stata così sfortunata da subire il doppio errore di una lettera sbagliata e collocata fuori posizione. Comunque sia, non si può concludere, da una moneta con una immagine così confusa, che lì ci sia la prova di una variante che non è mai stata altrimenti osservata.
Nell'articolo del 1983, Filas mostra anche una terza moneta (questa scoperta da un altro sindonologo americano) che secondo lui ha la C. È riprodotta in fig. 10. Qui si vedono chiaramente le lettere CA, ma si vedono anche, a seguire, le lettere POC. Quindi quelle lettere CA sono la quarta e la quinta di KAICAPOC, non le prime due. L'inizio della parola non si vede affatto, essendo l'iscrizione erosa in quel punto. Si legge che sono state trovate anche altre monete con la C, ma non vengono fornite le fotografie. Naturalmente l'esistenza o meno di una simile moneta non ha alcuna influenza sul problema se ci sia l'impronta della moneta sulla Sindone. L'impronta non c'è e la cosa non cambierebbe anche se si trovasse quella moneta. Ciò che importa notare è che Filas non ha trovato monete con la C, a parte un caso molto dubbio, ma i sindonologi divulgano regolarmente la notizia che ne ha trovate. Ecco alcuni esempi italiani. Emanuela Marinelli scrive ([13], p. 65): «Filas riuscì a trovare due monete di Pilato con lo stesso errore ortografico rilevabile sulla Sindone ed ebbe così la conferma indiscutibile che una tale moneta poteva aver lasciato la sua impronta sul telo». Baima Bollone ([4], p. 167): «Senonché ben presto padre Filas riesce a reperire dapprima uno e poi altri esemplari in cui invece della lettera K è scritta erroneamente la C». Nello Balossino ([1], p. 33): «In alcuni esemplari si può chiaramente distinguere la scritta TIBERIOY CAICAPOS in cui la lettera greca K è stata sostituita dalla C latina che ha la stessa pronuncia». Di nuovo Baima Bollone nel suo libro più recente sulla Sindone ([8], p. 323): «L'esemplare che ha impresso la Sindone contiene un errore che consente una datazione precisa. Vi è infatti scritto "CAICAROS" invece di "KAICAROS". (…) È stato ritrovato un esemplare giunto sino ai nostri tempi che contiene lo stesso errore e che quindi, con ogni verosimiglianza per non dire addirittura con certezza, proviene dal medesimo conio». In un articolo del 2000 ([7], p. 131) Baima Bollone dice che una moneta con la C è stata trovata nel 1992 ma non fornisce particolari né mostra una fotografia. La tesi di Filas incontrò dapprima resistenze nell'ambiente dei sindonologi, ma presto arrivarono altri colleghi in suo soccorso. Uno fu Alan Whanger (professore di psichiatria alla Duke University di Durham, North Carolina), un sindonologo dalla vista molto acuta che, assieme a sua moglie Mary, ha scoperto le immagini di mille cose sulla Sindone. Nel 1982 confrontò la foto e la (prima) moneta di Filas, usando una sua particolare tecnica, e concluse confermando che si trattava proprio dello stesso conio, cioè che la moneta di Filas era gemella di quella che ha l'impronta sul telo.[5] Lo provò trovando un gran numero di "punti di congruenza" fra la foto della Sindone e la foto della moneta. Ecco quindi che la Marinelli scrive ([13], p. 65): «Whanger contò settantaquattro punti di congruenza tra la moneta [del lituo] di Pilato e l'immagine sull'occhio destro. Come paragone si può tenere presente che per dichiarare identiche due impronte digitali sono sufficienti quattordici punti di sovrapponibilità». È inutile dire che il paragone con le impronte digitali è privo di senso. Ma il conteggio indicato dalla Marinelli va aggiornato perché Whanger è arrivato a contare ben 211 punti di congruenza per quella moneta piccola come un centesimo di euro.
Poi, continua Whanger, «ci fu un altro sorprendente sviluppo». Fino ad allora si era creduto che la moneta del lituo fosse stata prodotta solo negli anni 17 e 18 del regno di Tiberio, ma lui scoprì che l'esemplare di Filas portava la data dell'anno sedicesimo. La data compare sull'altra faccia della moneta, al centro della corona di alloro, ed è espressa da tre lettere greche. Tiberio divenne imperatore nel settembre dell'anno 14 d.C. e l'anno 17 del suo regno comincia dal settembre del 30 d.C. Secondo alcuni sindonologi la data della morte di Gesù è da ritenere nell'aprile del 30 d.C., quindi anteriore all'anno 17 di Tiberio, così che sarebbe benvenuto lo spostamento a un anno prima per la data della moneta del lituo.[6]
A questo punto la moneta che casualmente era stata regalata a Filas nel 1979 si trovava a vantare una serie di singolarità, oltre a essere proprio gemella di conio di quella della Sindone: mancava di quattro lettere nell'iscrizione, aveva una C al posto della K (e una U al posto della Y) ed era stata coniata con un anno di anticipo.
Whanger riuscì addirittura a vedere che su questa moneta c'è un difetto di conio alla base della A e che lo stesso difetto si riscontra "chiaramente" sulla Sindone. Quando fu fatta l'obiezione che l'impronta non si vedeva nelle fotografie a colori prese nel 1978, Whanger trovò una spiegazione. Alcuni fili erano stati spostati o ruotati durante l'esposizione televisiva del 1973!
Altri sindonologi cominciarono a entusiasmarsi all'idea che sulla Sindone ci fossero impronte di monete. Un italiano, Giovanni Tamburelli, specialista nell'elaborazione elettronica delle immagini, pubblicò un articolo nel 1985 [19] con le sue elaborazioni "tridimensionali" e sostenne la tesi di Filas.
L'aiuto più sorprendente arrivò a Filas, nel 1983, da Robert Haralick. Sorprende perché Haralick ha avuto una brillante carriera nel campo dell'analisi di immagini al computer. Ha ricoperto importanti incarichi in laboratori del settore negli Stati Uniti. All'epoca dirigeva un laboratorio, presso un istituto universitario della Virginia, per l'analisi delle immagini inviate dai satelliti, e quindi sembrava proprio la persona adatta per scoprire che cosa si nasconde nelle fotografie della Sindone. Haralick non solo confermò la scoperta di Filas, ma vide altre due lettere dell'iscrizione. Fu intervistato dal settimanale Oggi (18 gennaio 1984) che nei titoli aveva frasi come queste: «"Posso dimostrarvi che quell'uomo era Cristo". Un ricercatore spaziale americano dice di avere la prova inconfutabile dell'autenticità della Sindone. "Attraverso un nuovo metodo, chiamato analisi delle immagini digitali," spiega il professor Robert Haralick, "ho individuato sul sacro lenzuolo alcuni dettagli che finora erano sfuggiti all'osservazione umana. Sull'occhio della persona che venne avvolta nel telo fu messa, come si usava allora, una moneta che, senza ombra di dubbio, è dei tempi di Pilato."» Forse non siamo sorpresi se il professor Haralick, oggi in pensione, è uno dei più noti esponenti nel campo degli studi sul cosiddetto "Codice della Bibbia" e applica le sue capacità matematiche per scoprire le profezie racchiuse nel testo sacro.
Francis Filas è morto nel 1985 ma è rimasto nella storia della sindonologia come il pioniere delle monetine.
Il secondo atto della farsa del lituo è tutto italiano. Comincia con una scoperta di Mario Moroni, un sindonologo che, a dire dei suoi colleghi, è anche esperto di numismatica.[7] Osservando come sempre una fotografia del 1931, Moroni si convinse che c'era sì un lituo, ma che il lituo aveva la curva girata dalla parte opposta rispetto a come l'avevano visto tutti gli altri a partire da Filas!
Quindi la moneta che aveva lasciato l'impronta doveva avere la curva in alto girata a sinistra anziché a destra. Sicuro che quella anomala moneta dovesse esistere, iniziò "una estenuante ricerca" e arrivò a trovare alcuni esemplari col lituo a rovescio. In realtà era già noto che esistono, sia pur rari, esemplari che hanno di solito tutta la figura, compresa l'iscrizione, invertita e speculare. Si tratta di un singolare errore di chi fabbricò il conio incidendo la figura in positivo anziché in negativo come avrebbe dovuto. Moroni si procurò alcuni esemplari di moneta con lituo speculare. Nel 1987, in un congresso di sindonologi a Siracusa, annunciò la sua scoperta [14]. Presentò un dettaglio da una fotografia del 1931, in positivo e in una riproduzione migliore rispetto a quella usata da Filas, dove sarebbe visibile il profilo del lituo. È riprodotta in fig. 11, a confronto con una delle monete col lituo a rovescio, e anche, più ingrandita, in fig. 12. Vi si vede una linea verticale che è chiaramente un andamento dell'ordito, e che del resto esce in basso dal profilo (immaginario) della moneta, con in cima un ricciolo molto piccolo, più piccolo di come si trova il lituo sulle monete nelle diverse varianti. I segni corrispondono all'andamento della tessitura a spina di pesce, con inserita qualche presenza casuale di zone più scure. Moroni non indica dove siano le lettere dell'iscrizione nella sua versione.
Anche Moroni, sul retro della sua moneta, quella mostrata nel confronto con la foto, legge la data dell'anno 16 di Tiberio. I sindonologi hanno una straordinaria fortuna nel trovare esemplari anomali.
In questo articolo appaiono serie incongruenze che rimarranno e si aggraveranno nelle successive pubblicazioni di Moroni e in quelle di altri sindonologi. Moroni non dice che la sua versione è in contrasto con quella di Filas, benché apra il suo articolo proprio con riferimento a Filas ([14], p. 329): «Un attento esame della zona orbitale destra dell'Uomo della Sindone ci permette di consolidare la singolare tesi del prof. Filas, di offrire un valido supporto con ulteriore materiale storicamente accreditato e di confermare che è proprio l'impronta di una moneta, coniata da Ponzio Pilato, quella lasciata sulla tela sindonica, in corrispondenza della parte centrale dell'occhio destro di quel cadavere».
Moroni non si accorge che la sua versione è incompatibile con la presenza delle lettere viste da Filas. Infatti nella versione di Filas il lituo gira a destra e le lettere si trovano lungo il suo bordo di sinistra, mentre nella versione di Moroni il lituo in quel punto gira a sinistra e va proprio a sovrapporsi alle lettere. Anzi, se si guarda la figura 12 pubblicata dallo stesso Moroni, si vede bene che la parte terminale del ricciolo coincide con la C di Filas (tener conto che quella di Moroni è una foto al positivo), mentre poco più in alto ci sono le due linee della A (che sono andamenti diagonali dello spigato, come abbiamo già visto) che vanno a toccare l'arco del lituo quale supposto da Moroni. Più oltre, in parte nascosta dal triangolo nero sovrapposto, c'è la I. Naturalmente, per quanto distratti fossero gli incisori dei conii, sarebbe difficile pensare che qualcuno abbia fatto una moneta con le lettere dell'iscrizione sovrapposte alla figura del lituo. Le lettere stavano intorno al lituo. Quindi Moroni e i suoi seguaci dovrebbero accorgersi che c'è qualcosa che non quadra. Nel 1987 Moroni non indica dove si dovrebbero trovare le lettere sulle sue figure e sembra non accorgersi del problema.
Infine Moroni non accenna a un'altra difficoltà dovuta al fatto che di solito sulle monete col lituo invertito, di cui sono noti numerosi esemplari, anche l'iscrizione, quando è leggibile, appare invertita e speculare. Un esempio è in fig. 13. Vediamo ora tre successive pubblicazioni di Moroni per seguire come si evolve la sua idea. In un suo capitolo per un libro del 1991 [15], riproduce la stessa fotografia del 1987 ma con disegnato sopra un contorno diverso della moneta per evitare che la gamba del lituo esca troppo vistosamente dal bordo. Quanto alle lettere, cambia tutto rispetto a Filas. Infatti ignora le famose lettere UCAI e vede solo una K in posizione di ore 12 dell'orologio. Vede proprio quella K che aveva creato problemi a Filas, rendendo così inutile la ricerca di una moneta con l'errore della C. Aggiunge a sua volta un difetto di fabbricazione perché vede, in basso sul gambo del lituo, quello che secondo lui sarebbe il segno delle pinze che furono usate per afferrare il tondello riscaldato. Nella parte bassa del lituo si vede infatti una doppia linea verticale, dovuta semplicemente a una parallelo filo di ordito. Immaginando il segno delle pinze, Moroni ripara forse al fatto che il gambo del lituo sarebbe troppo lungo.
Passiamo a un libro di Moroni (con Francesco Barbesino) uscito nel 1997 [16]. Qui c'è un totale ribaltamento rispetto al 1991. Moroni si dimentica della K e ripristina le lettere di Filas. Fa il racconto della scoperta di Filas e della C al posto della K (p. 66): «Solo due anni dopo, quando padre Filas riuscì a trovare una moneta da collezione che mostrava una C al posto della K, questa obiezione venne archiviata». Poi enuncia la sua propria obiezione a Filas, cioè che il lituo dovrebbe essere a rovescio. Però lascia credere che l'immagine sulla Sindone vista da Filas sia la stessa vista da lui, con la sola differenza che Filas non aveva dedotto che la moneta stessa doveva essere speculare rispetto all'impronta. In questo modo nasconde la contraddizione fra quanto visto da Filas (e da tutti gli altri) e quanto visto da lui.
Moroni dice anche che Haralick ha scoperto altre due lettere formando in totale la successione OYCAIC. Non indica dove siano collocate tutte queste lettere in relazione alla figura del lituo a rovescio e nasconde il fatto che nella sua versione il lituo andrebbe a sovrapporsi alle lettere. Continua anche a tacere sul problema dell'iscrizione che dovrebbe essere speculare. Infine ripete che c'è il segno delle pinze. Veniamo a una relazione di Moroni (con Barbesino e Maurizio Bettinelli) a un congresso in Brasile nel 2002, riprodotta nel suo sito [17]. Anche qui rifà la storia della scoperta di Filas: «Ma la scoperta più significativa è da attribuire al prof. Francis Filas». Descrive le quattro lettere viste da Filas e ripete il racconto dello scambio della C con la K: «Tuttavia come prima lettera della seconda parola v'era una C anziché la K. Questo naturalmente creava un grave problema che si risolse solo dopo lunghe ricerche quando in un grande negozio di numismatica di Chicago padre Filas poté rintracciare un dilepton di Ponzio Pilato con la lettera C al posto della K». Riproduce anche la figura della elaborazione tridimensionale che era stata pubblicata da Filas, con la didascalia: «In alto a sinistra le quattro lettere dell'alfabeto individuate da Padre Filas». Quindi fissa esattamente la posizione in cui dovrebbero trovarsi le lettere, ma è una posizione incompatibile con la sua versione del lituo.
È inutile dire che Moroni (come gli altri autori che incontreremo) non avrebbe alcun motivo di soffermarsi sulle scoperte di Filas, considerando che lui, Moroni, ha scoperto tutt'altra cosa.
Poi finalmente Moroni dice, in un breve accenno, che si è accorto che le lettere sono sovrapposte al lituo, anche se fa risalire la scoperta all'aprile 1996 per merito di una elaborazione elettronica di Nello Balossino. Scrive: «Questa elaborazione permise anche di rilevare che alcune lettere della dicitura non erano disposte circolarmente intorno al pastorale [lituo]: la C ed un estremo della A risultano chiaramente collocate sopra la parte ricurva del lituo "riverse" [reverse] sottostante che presenta interruzione nelle zone di sovrapposizione». Non c'era bisogno di una elaborazione elettronica per vedere quello che è evidente nelle fotografie pubblicate da Moroni fin dal 1987. Come spiega la presenza delle lettere in posizione anomala? Alla maniera dei sindonologi, che trovano sempre una scusa per tutto. Di seguito dice infatti: «Se ne può dedurre che la moneta è stata ribattuta imprimendo in un primo momento il pastorale rovesciato poi le lettere Y CAI». Dunque si tratterebbe di una moneta con doppia battitura.[8] Però non ci dice se da qualche parte, nell'impronta sulla Sindone, ci sono anche le lettere di una prima battitura. Né ci dice se quelle lettere in posizione anomala sono le stesse lettere viste da Filas e tutti gli altri. Insomma nasconde le incongruenze.
È da notare la data, aprile 1996, dell'elaborazione di Balossino da cui sarebbe emerso il problema delle lettere sovrapposte al lituo. Nel libro del 1997, quindi posteriore, Moroni, come abbiamo visto, non accenna al problema.
Sempre nel 1996 Moroni e Balossino sembrano essersi accorti anche del problema dell'iscrizione speculare. Come dicevamo, almeno dall'esame di diverse monete con lituo a rovescio sulle quali alcune lettere dell'iscrizione siano almeno in parte chiaramente visibili, si nota che anche l'iscrizione, cioè tutta la faccia della moneta e non solo il lituo, è invertita e speculare (come in fig. 13). In questo articolo del 2002, riferendosi alla stessa elaborazione elettronica di Balossino del 1996, Moroni scrive: «A questo punto emerse un particolare del quale nessuno si era accorto: se il pastorale [lituo] risultava invertito anche la dicitura letta sul negativo avrebbe dovuto essere tale. Infatti i litui riverse [''reverse''] noti portano invertita anche la leggenda. L'obiezione apparve in evidenza solo durante una nuova elaborazione elettronica eseguita dal professor Balossino nell'aprile del 1996». Non si capisce se Balossino abbia fatto l'elaborazione elettronica sulle fotografie delle reali monete, oppure se abbia scoperto un'iscrizione invertita sul lino della Sindone. Però ancora in questo articolo Moroni riproduce la figura dell'elaborazione tridimensionale di Filas, dove chiaramente le presunte lettere non sono speculari. Infatti con l'iscrizione invertita le quattro lettere YCAI dovrebbero succedersi in ordine inverso, cioè la Y più in alto, seguita a scendere verso sinistra dalle altre tre. Inoltre la lettera che non ha forma simmetrica, cioè la C, dovrebbe apparire scritta specularmente. Ciò non appare nelle lettere viste da Moroni, Balossino e gli altri, che sono sempre quelle viste da Filas. Moroni non ci dà alcuna spiegazione su questa incompatibilità. Va aggiunto che non si può escludere che qualche moneta venisse fatta con il lituo invertito ma con l'iscrizione regolare, però Moroni sembra accettare che l'iscrizione sia invertita e non ne tira le conseguenze. Infine Moroni torna a dire che c'è il segno delle pinze alla base del lituo. Fin qui le varie versioni di Moroni. Come hanno reagito gli altri sindonologi? All'estero nessuno si è accorto della tesi di Moroni e si continua a presentare la moneta regolare con la curva a destra. In Italia diversi dei più noti sindonologi hanno accettato il lituo a rovescio. Ci si aspetterebbe almeno che abbiano cercato di ovviare alle ambiguità di Moroni. Al contrario, hanno fatto anche di peggio e vedremo subito alcuni esempi. Soprattutto, hanno continuato a presentare la storia della scoperta della moneta del lituo partendo sempre da Filas e da Whanger, quindi col lituo regolare, arrivando poi al lituo a rovescio di Moroni ma nascondendo che le due versioni sono in contraddizione fra loro (fa eccezione Giulio Fanti che nel suo recente libro ([9], p. 486) ha mostrato chiaramente il problema disegnando su una stessa figura le due versioni del lituo). Infatti questi autori danno l'impressione che Moroni abbia visto la stessa figura che aveva visto Filas, con la sola differenza che Filas non si era accorto che per specularità doveva presupporre un lituo a rovescio sulla moneta. In realtà Filas non si era sbagliato e aveva tenuto conto della specularità. Il fatto è che l'impronta del lituo vista da Filas e dagli altri era al contrario rispetto all'impronta vista da Moroni e accettata da questi suoi seguaci. Ciò era ben chiaro e i nostri sindonologi non potevano non saperlo.
Baima Bollone in un suo libro del 1985 [4] aveva presentato il lituo regolare dedicandogli diverse pagine e quattro disegni, tutti con la curva a destra e le lettere in alto a sinistra a fianco del lituo. Nel libro del 1990 [5] riusciva a presentare entrambe le versioni contemporaneamente senza dire che sono diverse fra loro. Nelle tavole a colori delle figure, presenta in fig. 47 la prima moneta di Filas, col lituo regolare, e subito a fianco, alla figura 48, ha una foto della moneta col lituo invertito di Moroni. Nel testo (p. 223-27), si dilunga a presentare la scoperta di Filas, incluso lo scambio della C con la K, e aggiunge le successive conferme, quella di Whanger con i 74 punti di congruenza, quella dell'elaborazione tridimensionale da parte di un istituto americano, quella da parte di Haralick che trova altre due lettere. Mostra anche disegni con la curva regolare a destra. Poi di colpo, nella stessa pagina dei disegni, passa a presentare la tesi di Moroni (p. 227): «Arriviamo al 1986. Il numismatico lombardo Mario Moroni, grande esperto di Sindone, formula un'importante osservazione. La sagoma del bastone impressa sul lenzuolo è quella di un punto interrogativo al rovescio. Questo significa che sulla moneta deve avere la forma di un "punto interrogativo" e in effetti riesce a reperire qualche esemplare di questo tipo». Poi conclude: «Tutti questi elementi concordano a dimostrare che nell'orbita destra del volto sindonico vi è effettivamente l'immagine di una piccola moneta di bronzo coniata da Ponzio Pilato». Occorre un certa abilità per presentare in una stessa pagina due versioni in contrasto fra loro e dire che "concordano". Si aggiunga che Baima Bollone non accenna al problema delle lettere sovrapposte al lituo né a quello dell'inversione speculare dell'iscrizione. Nel suo libro del 1998 [6], Baima Bollone presenta nel testo (p. 239-40) un disegno con la curva regolare a destra e non parla di lituo invertito, ma nomina Moroni fra quelli che hanno confermato la scoperta di Filas (come se non avesse visto il contrario di Filas). Poi nelle tavole fuori testo (di fronte a p. 89) mostra una illustrazione pubblicata da Moroni (quella riprodotta qui in fig. 12), a cui affianca la foto di una moneta col lituo a rovescio. Ancora due versioni in contrasto fra loro presentate come se fossero vere entrambe.
Nelle sue ultime pubblicazioni, Baima Bollone sembra avere abbandonato Moroni. In un libro e in un articolo del 2000, come nel libro del 2006, ignora il problema e non nomina Moroni. Non spiega perché abbia cambiato versione rispetto ai libri precedenti e non accenna al fatto che intanto altri sindonologi presentano il lituo invertito. La Marinelli nel suo libro del 1996 [13] presenta nel testo (p. 65) i risultati di Filas e Whanger come assodati, inclusi i 74 punti di congruenza, e non nomina Moroni, quindi sembrerebbe accettare il lituo regolare. Ma nelle tavole fuori testo mostra la stessa illustrazione usata da Moroni, con una foto del dettaglio della Sindone affiancata a una moneta col lituo a rovescio (la nostra fig. 11), e nella didascalia dice: «La scoperta di F. Filas fu a lungo contestata, perché il lituus delle monete non era speculare ma identico all'immagine sindonica; recentemente s'è rinvenuta qualche moneta come quella in foto con il lituus rovesciato, speculare alla Sindone». Quindi anche la Marinelli come Moroni accetta il lituo a rovescio e non solo lascia intendere ma dichiara esplicitamente che anche Filas avrebbe dovuto pensare a una moneta col lituo a rovescio ma non lo ha fatto perché si è dimenticato di tener conto della specularità fra l'immagine sulla moneta e l'immagine ricalcata sul telo. Questo è assolutamente falso perché Filas teneva ben conto della specularità. Cerchiamo di spiegare: Moroni vede sul telo il lituo con la curva a destra e deduce per il lituo sulla moneta la curva a sinistra; Filas vedeva sul telo la curva a sinistra (il contrario di Moroni) e deduceva la curva a destra per la moneta. La Marinelli vuole forse nascondere l'imbarazzante contraddizione e dice che pure Filas, come Moroni, vedeva sul telo la curva a destra, ma si sbagliava a non tener conto che la moneta è speculare al telo e deduceva la curva a destra anche per la moneta.
Inoltre la Marinelli, dicendo che Filas fu a lungo contestato sulla questione della specularità, fa credere che altri sindonologi, già prima della sua morte, pensassero alla moneta col lituo a rovescio. In realtà il primo a farlo è stato Moroni che ha pubblicato la sua versione quando Filas era già morto.
È anche da notare che la Marinelli, come Baima Bollone, racconta dei 74 punti di congruenza contati da Whanger, portandoli a dimostrazione dell'esistenza dell'impronta. Ma Whanger faceva il confronto con una moneta che ha il lituo regolare a destra. Quindi la Marinelli, che opta per la curva invertita a sinistra, si basa sull'evidenza trovata da Whanger per la curva a destra. Se Whanger avesse confrontato con una moneta che ha il lituo e l'iscrizione invertiti, quanti punti di congruenza avrebbe trovato? Balossino, l'esperto nell'analisi delle immagini al computer, sposa la tesi di Moroni in tre pubblicazioni, simili fra loro, del 1997 [1], 1998 [2] e 2000 [3]. Un testo analogo si trova tuttora sul sito del CIS (di cui Balossino è vicedirettore) [21]. Ma sposa la tesi di Moroni senza divorziare da quella di Filas! In tutte queste pubblicazioni, Balossino comincia col presentare la scoperta di Filas, racconta della C al posto della K, mostra negativi analoghi a quello di Filas e dice di vederci le lettere YCAI.[9] Presenta anche la solita "elaborazione tridimensionale" già mostrata da tutti gli autori a partire da Filas, quella di Fig. 4 dove non si vede da quale parte sia girato il lituo né dove sia. Poi dice ([1], p. 34): «Poiché l'elaborazione tridimensionale del negativo fotografico mette in risalto una forma a bastone di comando [lituo] rovesciato [rispetto alle usuali monete], possiamo dedurre che il conio [si deve intendere la moneta] doveva presentare un punto interrogativo. Infatti, ponendo una moneta con il simbolo di punto interrogativo sul volto, per effetto del decalco si forma sul telo un bastone di comando, che nel negativo fotografico appare nuovamente come un punto interrogativo. Ne segue che occorre ipotizzare l'esistenza di una moneta con il bastone di comando rovesciato speculare rispetto a quella presa in considerazione da padre Filas». Insomma anche Balossino gioca sul solito equivoco dell'inversione speculare. Mostrando fotografie analoghe a quella di Filas e la stessa elaborazione tridimensionale, e dicendo di vedervi le stesse lettere che vi vedeva Filas, accetta in pieno il risultato dell'americano che si basava su una moneta con la curva regolare a destra, ma contemporaneamente sostiene la tesi di Moroni e mostra la fotografia di una moneta con la curva invertita a sinistra. Possiamo dire che la situazione è grottesca?
Abbiamo visto che nel suo articolo del 2002 Moroni dice che fu Balossino, con una analisi informatica dell'aprile 1996, a rivelare la sovrapposizione fra lettere e lituo nonché la specularità dell'iscrizione. Le pubblicazioni di Balossino del 1997-2000 sono tutte posteriori a quell'analisi. A quel punto Balossino doveva essersi accorto dei problemi, e del resto non occorrevano elaborazioni informatiche per accorgersene. Eppure non ne fa cenno. Al contrario, fa intendere che le lettere stiano a fianco del lituo e non sovrapposte. Per esempio, a proposito di un negativo scrive ([1], p. 33): «È riconoscibile una forma che richiama l'aspetto del lituo, circondato dalla lettera Y, che potrebbe essere la lettera terminale della parola TIBERIOY, separata dalle lettere CAI facenti parte della parola CAISAROS o CAICAPOC». Dal negativo mostrato, non è chiaro per il lettore dove si debbano collocare le lettere, ma Balossino ci vede le lettere da cui è "circondato" il lituo. Quindi il lettore deve pensare che ovviamente, come nelle monete reali, l'iscrizione circonda il lituo. Poi Balossino ripete la descrizione per l'elaborazione tridimensionale dove si vedono le lettere ma non si capisce dove sia il lituo e da quale parte sia girato. In entrambi i casi nasconde il fatto che, con la sua versione a sinistra, il lituo si sovrappone alle lettere.
Si vede anche che Balossino continua a scrivere la C al posto della K, ma ora dovrebbe essersi accorto che la presunta C non è una lettera ma il ricciolo del lituo. Infine, Balossino non accenna al problema dell'iscrizione benché le lettere che vede siano chiaramente non speculari.
Notiamo ancora che nessuno di questi autori, descrivendo la scoperta di Filas, informa il lettore del fatto che Filas dovette tagliare quattro lettere dell'iscrizione per far quadrare i suoi conti.
Chiudiamo qui la trattazione della moneta del lituo. Abbiamo visto a quale grado di confusione possano arrivare i sindonologi. A proposito, se un fabbricante di monete false vuol produrre una moneta davvero originale, potrà fare un lituo di Ponzio Pilato con queste caratteristiche: quattro lettere mancanti nel nome di Tiberio; una C al posto di una K; le lettere addensate a sinistra; la data sbagliata; il lituo a rovescio; una doppia battitura con lettere fuori posizione; alcune lettere non invertite specularmente anche se il resto della figura è invertito; e in più il segno di una pinzata. Potrà vendere la moneta a caro prezzo ai sindonologi.
Già Filas intravide una moneta anche sull'occhio sinistro (a sinistra per chi guarda l'immagine). Credette di vedere l'altra moneta di Pilato nella faccia con le tre spighe. Non ne era sicuro ma intervenne Whanger che con il suo metodo infallibile trovò 73 punti di congruenza fra la foto della Sindone e la moneta delle spighe. Ce lo ricorda la Marinelli nel libro del 1996 ([13], p. 65-66): «Whanger ha confermato l'identificazione di questa moneta [delle spighe] riscontrando settantatré punti di congruenza». Ma in quel 1996 Balossino e Baima Bollone scoprirono l'altra faccia di questa moneta sul sopracciglio sinistro, come vedremo subito. Tre monete sarebbero state troppe, e da allora la moneta delle spighe non viene più citata, almeno in Italia, nonostante i suoi 73 punti di congruenza. Baima Bollone aveva presentato la moneta delle spighe in almeno due suoi libri anteriori al 1996, ma poi non ne parlò più.
Moroni pensò che se la moneta dell'occhio sinistro non era più al suo posto ma era scivolata sul sopraccilio, allora la palpebra poteva essersi aperta non essendo tenuta chiusa dal peso (un paio di grammi!) della moneta. Quindi chiese a Balossino di approntare una delle sue elaborazioni. Moroni scrive nell'articolo del 2002 [17]: «Fu così che una indagine specifica sul punto permise di accertare che effettivamente la palpebra non era chiusa completamente e mettere chiaramente in evidenza la pupilla che sporge da essa». Non ce la sentiamo di mostrare qui una raffigurazione mai azzardata in tutta la storia dell'arte, quella di un Cristo che strizza l'occhio, ma chi volesse vederla può andare sulla pagina del sito di Moroni [17] dove in figura 15 c'è l'immagine elaborata da Balossino con il volto della Sindone che ha un occhio chiuso e uno aperto.
La scoperta della moneta del simpulum, o mestolo, sul sopracciglio sinistro è un vanto italiano. La trovarono Balossino e Baima Bollone nel 1996 (direi che la scoperta va attribuita principalmente a Balossino perché l'impronta della moneta si vede, se si vede, solo nelle elaborazioni da lui approntate). I due ne diedero notizia non con la pubblicazione di un articolo scientifico ma con un breve comunicato stampa che ebbe subito diffusione in Italia e qualche eco anche all'estero. L'8 luglio su Rai2 una puntata di Speciale Mixer di Giovanni Minoli fu dedicata alla moneta. Minoli ospitò Baima Bollone e Balossino con tutti gli onori.
In quei giorni i principali giornali italiani diedero rilievo alla notizia. Cominciò Avvenire che definì la scoperta "sensazionale e definitiva". Ecco alcune citazioni dai giornali del 7 luglio. Sul Corriere della Sera i titoli erano: «Scoperta: risalirebbe al 29 d.C. Una moneta sul sudario proverebbe l'autenticità della Sacra Sindone». L'articolo si apriva così: «La Sacra Sindone potrebbe essere davvero il lenzuolo che avvolse Gesù Cristo dopo la sua crocifissione. Lo proverebbe una moneta individuata sul sopracciglio sinistro del viso impresso sul sudario. Una moneta su cui è riconoscibile la data di emissione: anno XVI dell'imperatore Tiberio. Ovvero 29 dopo Cristo. Gli autori della scoperta, che sembra smentire la datazione medievale della reliquia, sono il professor Pier Luigi Baima Bollone, docente di medicina legale e uno dei massimi esperti mondiali della Sindone, e il professore di informatica Nello Balossino». Sempre il Corriere, con riferimento a un articolo in difesa della datazione medievale apparso pochi giorni prima sul francese Le Monde, riporta: «"Quattro a zero, palla al centro, ha commentato ieri Giovanni Minoli, che alla scoperta dedica lo Speciale Mixer in onda domani sera su Raidue. Il lavoro di Bollone e Balossino è una rivoluzione completa, un ribaltamento di 180 gradi che distrugge la credibilità della datazione difesa da Le Monde appena mercoledì scorso"».
I titoli sulla Stampa: «Una nuova prova di autenticità. Sindone, una moneta del periodo di Cristo. L'impronta vicino all'occhio sinistro. Individuata dal prof. Baima Bollone».
Su Repubblica: «La Sindone ha l'età di Cristo». «Una moneta dell'antica Roma potrebbe essere la prova dell'autenticità della sindone. Lo sostengono due docenti universitari di Torino, Pier Luigi Baima Bollone e Nello Balossino che, sul lenzuolo sacro, hanno trovato le tracce di un soldo, con una data impressa abbastanza chiaramente: quella dell'anno XVI dell'imperatore Tiberio. In altre parole, 29 dopo Cristo». Sul Messaggero: «La Sindone risale a Tiberio»
I giornali tornavano sull'argomento anche negli anni successivi. Per esempio, il 27 gennaio 1998 il Corriere della Sera scriveva: «Sindone: due monete sulle palpebre ne proverebbero l'autenticità».
«"La loro presenza fa cadere senza ombra di dubbio l'ipotesi di un falso costruito ad arte nel Medioevo". Ne è sicuro Nello Balossino che insegna informatica all'Università di Torino, fondando le sue certezze non sulle provette della chimica o sulle radiazioni emesse dal carbonio, ma sui computer».
Il 26 aprile 1998 sulla Stampa: «Una prova. Forse la prova, con la P maiuscola. Le tracce lasciate da quelle due monete del diametro di poco più di un centimetro potrebbero davvero essere la garanzia che la Sindone avvolse il cadavere di un uomo morto all'incirca nell'anno in cui morì Gesù. E proprio in Galilea. Nessuno, tuttavia, può dire se si tratti davvero dell'uomo di cui parlano i Vangeli. "Ma quelle monete – spiega Pierluigi Baima Bollone – hanno il pregio di datare con certezza la Sindone". Ovvero: dal 29 al 30 dopo Cristo». Baima Bollone aggiunge: «Poiché la scienza numismatica ha identificato con certezza le piccole monete di Ponzio Pilato soltanto nel secolo scorso, è assolutamente inverosimile che un falsario medievale non solo le conoscesse, ma addirittura le possedesse».
Fra i rotocalchi, il 19 luglio 1996 Epoca aveva un'intervista con Baima Bollone coi titoli: «Così ho riaperto il giallo della Sindone. Cronaca, raccontata dai protagonisti, di una straordinaria scoperta. Che mette a soqquadro cinque secoli di ricerche». Baima Bollone racconta di come fece visita al numismatico Cesare Colombo che gli diede alcuni esemplari della moneta. «"Il caso ha voluto", dice Baima Bollone, "che fra quelle monete ce ne fosse una corrispondente all'impronta sul sopracciglio sinistro, una che aderisce al millesimo di millimetro, sembra quasi che si tratti dello stesso conio."»
Su Chi del 9 maggio 1997 è la volta di Balossino: «Finalmente abbiamo la conferma che la Sindone risale al tempo di Gesù. Grazie agli studi fatti con il computer abbiamo trovato l'impronta di una moneta romana sul telo che risale al 29 d.C.» Alla domanda su quali siano le conseguenze della scoperta, Balossino risponde: «Dimostra che chi si prese cura del corpo dell'uomo della Sindone, oltre a lavarlo e a cospargerlo di aloe e mirra, gli ha posto due monete sugli occhi, secondo un'usanza ebraica che è stata confermata da alcuni ritrovamenti recenti. Ma nello stesso tempo, collocando monete dell'età di Tiberio, ci ha lasciato la "data" dell'avvenimento, confermando l'autenticità del lenzuolo. È impensabile che un ipotetico falsario medievale, digiuno di archeologia, potesse prevedere un simile dettaglio».
Sembrava quindi assodato che ci fosse l'impronta del simpulum sul sopracciglio. Si diceva che erano anche state identificate alcune lettere dell'iscrizione, in particolare le tre lettere che denotano la data, l'anno sedicesimo di Tiberio (che questa volta sarebbe la data giusta, essendo quello l'unico anno in cui la moneta fu coniata). Anche nei libri scritti in seguito dai due autori, la scoperta è data per sicura. Nel 1990 Baima Bollone pubblica un libro col titolo Sindone: La prova dove in copertina c'è un'immagine del volto della Sindone con un cerchio e una freccia che evidenziano il sopracciglio sinistro. Nel testo si legge (p. 240-41): «In effetti l'identificazione elettronica mostra un corpo di forma e dimensioni corrispondenti a quella moneta, il simpulum e la parte iniziale e terminale della scritta, vale a dire TIB…LIS». Le ultime tre lettere (dove la S è in realtà lo "stigma") designano appunto la data.
Quale evidenza è stata presentata per questa scoperta? Nessuna evidenza nelle pubblicazioni di Baima Bollone o Balossino, per quanto ho potuto vedere. Per contro, troppa evidenza in un libro di altri autori di cui diremo subito. Su una normale foto della Sindone, in quel punto non si vede niente se non alcune striature orizzontali chiaramente dovute alla tessitura, che del resto hanno dimensioni maggiori rispetto alle linee orizzontali del mestolo sulla moneta. Una eventuale impronta, se venisse mostrata, sarebbe emersa come per magia nelle elaborazioni che Balossino ha fatto sul suo computer, partendo come sempre da una foto del 1931. Balossino pubblica nel 1997 ([1], p. 36) la "elaborazione bidimensionale" di fig. 14, riportata anche sul sito del CIS. Non dice se sia un positivo o un negativo. Dovrebbe trattarsi di un positivo con inversione destra/sinistra. Mette a confronto la sua elaborazione con la moneta di fig. 15, forse un esemplare in possesso di Baima Bollone. Nell'elaborazione non c'è niente di simile alla moneta, a parte gli scontati andamenti orizzontali, e non vi si scorge nessuna lettera. Poi Balossino pubblica nel 1998 ([2], p. 246) la stessa elaborazione ma ruotata di 180 gradi, benché a confronto con la moneta nella solita posizione. Nessuno se ne sarà accorto perché entrambe le immagini, quella diritta e quella rovesciata, assomigliano altrettanto poco alla moneta. Nel 2000 non pubblica illustrazioni per questa moneta.
In queste pubblicazioni, Balossino non spiega in alcun modo come ha prodotto le elaborazioni al computer, cioè per quali passaggi e con quali procedure tecniche. Non escludo che ne parli altrove.
Baima Bollone pubblica nel 1998 ([6], di fronte a p. 89) altre due elaborazioni di Balossino, a colori, dove si vede ancor meno. Poi pubblica nel 2006 ([8], p. 192) le stesse due elaborazioni, ma entrambe ruotate di 180 gradi rispetto al libro del 1990, sempre a confronto con la stessa moneta di fig. 15. Nemmeno si capisce quali immagini siano da considerare diritte e quali rovesciate, e anche qui nessuno si sarà accorto della discrepanza.
Finora non abbiamo incontrato alcuna evidenza. Ma ecco che si scopre in un libro del 1997 di altri due autori, Moroni e Barbesino ([16a] , penultima tavola a colori), una interessante immagine in falsi colori (che sembra presa da un video di una trasmissione televisiva perché in un angolo c'è la scritta "Raidue"). Su un fondo giallo o verdognolo, spicca chiaramente, in blu, il rilievo della moneta, proprio dell'esemplare di fig. 15. Esattamente uguale, a parte che i contorni sono più sfocati e indistinti. C'è il simpulum con lo stesso profilo. Ci sono tutte le lettere dell'iscrizione visibili sulla moneta. Otto lettere sono indicate con una didascalia attorno al bordo della moneta. Altre sono parzialmente visibili. In basso a sinistra, a seguire dopo TI, c'è la protuberanza circolare della parte bassa della B, poi si scorge appena la parte bassa della E (che era fatta come una C, mancando in questo esemplare il trattino a metà altezza), poi si vede sporgere il gambo della P, posizionato esattamente rispetto alla figura del simpulum, come sulla moneta, all'altezza della terza linea orizzontale dal basso. Le lettere delle iscrizioni, come sappiamo, sono diverse fra i diversi esemplari della stessa moneta per le differenze fra i conii, ma qui tutte le lettere, sia nella forma, sia nelle posizioni relative fra di loro, sia nelle posizioni relative al simpulum, sono esattamente quelle della moneta di fig. 15 e non si adatterebbero a nessuna delle tante altre monete del simpulum che si possono trovare su internet. Per vedere questa immagine, non riproducibile in bianco e nero, basta andare sul sito di Moroni e Barbesino alla pagina dove sono riprodotte le illustrazioni del libro [16b] . Poco sotto metà pagina c'è la foto della moneta di fig. 15 e subito sotto, comoda per un confronto, c'è l'elaborazione in falsi colori di cui parliamo.[10]
La didascalia, nel libro e nel sito, è la seguente: «Il simpulum evidenziato mediante elaborazione elettronica dell'immagine sindonica dai proff. Baima Bollone e Balossino (pseudo colori)». Quindi viene dichiarato che si tratta di una elaborazione a partire da una foto della Sindone. La prima reazione è di pensare che la didascalia sia sbagliata, forse per uno scambio di immagini in tipografia durante la stampa del libro. Infatti questa appare essere una elaborazione ottenuta direttamente dalla foto della moneta di fig. 15. Quindi ho scritto a Moroni e Barbesino che hanno affermato che la didascalia è giusta. Potrebbe allora esserci stato un errore più a monte, per esempio nella trasmissione televisiva da cui sembra tratta l'immagine, e gli unici a poter dare una risposta definitiva sono gli stessi Baima Bollone e Balossino. Ho scritto anche a loro ma non ho avuto risposta. Va comunque considerato che in quel periodo, attorno al 1996, Moroni e Barbesino, o almeno Moroni, collaboravano con Balossino appunto per elaborazioni di immagini delle monete e dovrebbero quindi essere informati. Inoltre è strano che ancora oggi, a più di dieci anni dalla pubblicazione del libro, nessuno si sia accorto dello sbaglio, nemmeno gli stessi autori del libro. Lasciamo comunque aperta la questione finché non ci saranno conferme ufficiali che l'immagine è stata presentata da Baima Bollone e Balossino come una elaborazione di una fotografia della Sindone e non di una fotografia della moneta. Se fosse vera la prima alternativa, occorrerebbe esaminare questo caso con molta attenzione.
Che almeno Baima Bollone fosse convinto, nel 1996, che l'impronta elaborata da Balossino è tanto simile alla moneta, lo si capisce dalla frase citata sopra dall'intervista a Epoca. Baima Bollone diceva che c'era una moneta "che aderisce al millesimo di millimetro, sembra quasi che si tratti dello stesso conio." Se si riferiva alla elaborazione elettronica di cui parliamo, allora non c'è bisogno di un "quasi": la moneta è proprio quella! La sua moneta di fig. 15 non è solo gemella di conio: è proprio la stessa, quella che fu messa sull'occhio sinistro di Gesù per poi scivolare sul sopraccilio e lasciare l'impronta sulla Sindone! Infatti anche le monete impresse dallo stesso conio mostrano piccole differenze che permettono di distinguerle. In questo caso, la moneta di fig. 15 è un po' fuori centro con la figura spostata a sinistra, tanto che rimane spazio a destra al di là dell'iscrizione, mentre sulla sinistra l'iscrizione deborda. Lo stesso si riscontra sull'immagine dell'elaborazione, cioè sulla Sindone. Sulla moneta ci sono lettere ben visibili e altre meno, esattamente come nell'elaborazione. E sulla moneta c'è una macchia scura a sinistra del manico del mestolo, proprio come nella elaborazione, e possiamo dedurne che la macchia c'era già nell'anno 30 d.C. benché allora la moneta fosse nuova di zecca. Questo, beninteso, se fosse vero che l'elaborazione in falsi colori proviene da una foto della Sindone, ma ci auguriamo che prima o poi arrivi una smentita...
Gian Marco Rinaldi
Ringrazio Gaetano Ciccone, Luigi Garlaschelli e Antonio Lombatti per la collaborazione.
1) N. Balossino: L'immagine della Sindone. 1997.
2) N. Balossino: pp. 231-53 in Sindone: Cento anni di ricerca, a cura di B. Barberis e G.M. Zaccone, 1998
3) N. Balossino: Sindon, giugno 2000, 111-24
4) P. Baima Bollone: L'impronta di Dio, 1985
5) P. Baima Bollone: Sindone o no, 1990
6) P. Baima Bollone: Sindone: La prova, 1998
7) P. Baima Bollone: Sindon, giugno 2000, 125-35
8) P. Baima Bollone: Il mistero della Sindone, 2006
9) G. Fanti: La Sindone, 2008
10) F. Filas: Biblical Archeologist, estate 1981, 135-37
11) F. Filas: Sindon, dicembre 1983, pp. 65-73
12) E. Garello: pp. 153-55 in Sindone: Scienza e fede. Atti del Convegno nazionale di sindonologia, Bologna 1981.
13) E. Marinelli: La Sindone: Un'immagine "impossibile", 1996
14) M. Moroni: pp. 329-43 in La Sindone: Indagini scientifiche, Atti del IV Congresso Nazionale di Studi sulla Sindone, Siracusa 1987
15) M. Moroni: pp. 43-49 in La Sindone questo mistero, a cura della Delegazione Lombarda del "Centro Internazionale della Sindone di Torino", 1991
16a) M. Moroni e F. Barbesino: Apologia di un falsario, 1997
16b) http://xoomer.alice.it/sacrasindone/immagini.htm
17) M. Moroni, F. Barbesino e M. Bettinelli, 2002: http://xoomer.alice.it/sacrasindone/brasile2002_monete.htm
18) J.-M. Orenga e C. Barta, Linteum, 41, 2006. www.redentoristas.org/sabanasanta/monedas.PDF
19) G. Tamburelli: Sindon, dicembre 1985, 15-20
20) M. e A. Whanger: The Shroud of Turin: An Adventure of Discovery, 1998
21)www.sindone.it/ricerche_immagine_monete.asp?sm=sindone&check=null&ss=6&pic=info6
[N.d.R.].
Ponzio Pilato, procuratore romano della Giudea (Palestina), emise due monetine di bronzo raffiguranti ciascuna un simbolo della religione romana, il simpulum (sorta di mestolo o tazza con manico per libagioni rituali) e il lituus (o lituo, il bastone degli àuguri con una estremità ricurva). Sull'altra faccia hanno rispettivamente tre spighe e una corona di alloro.
Fig.1 - La moneta del simpulum
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I sindonologi (s'intende non tutti loro) hanno visto le impronte di entrambe le monete sulle fotografie del volto della Sindone: il lituo sull'occhio destro e il mestolo sul sopracciglio sinistro (oltre alle tre spighe sull'occhio sinistro). Le hanno visto tanto bene da leggere perfino alcune lettere delle iscrizioni, identificando così le due particolari monete fra tutte quelle emesse nella storia. Ritengono perciò di avere perfettamente datato la Sindone all'epoca della morte di Cristo.
Di solito hanno usato le fotografie in bianco e nero (su emulsione non pancromatica) prese da Giuseppe Enrie nel 1931, anche in riproduzioni di qualità scadente, invece delle fotografie molto migliori prese in anni più recenti.
Diciamo subito che basta guardare una foto della Sindone, in una riproduzione ingrandita e con sufficiente definizione, per constatare che non c'è nessuna impronta di moneta. Se esamineremo questo caso in dettaglio, non sarà per dimostrare che le monete non ci sono, ciò che è evidente, ma per dare un esempio di quali siano i metodi di indagine dei sindonologi.
Non discuteremo qui sull'assunto (infondato) di alcuni sindonologi secondo cui presso gli antichi ebrei c'era l'usanza di porre monete sulle palpebre dei cadaveri. Questa delle monetine è l'unica evidenza che i sindonologi sanno proporre per l'antichità della Sindone. Ne sono soddisfatti. Un esempio per tutti con Pierluigi Baima Bollone che ha scritto in un suo recente libro ([8], p. 328): «In conclusione la indiscutibile presenza di due monetine di Ponzio Pilato del 29-30 d.C. sul volto del cadavere che fu racchiuso nella Sindone prova una stretta concordanza con l'epoca della morte di Gesù. Nessun falsario medievale poteva conoscere queste monetine identificate soltanto dagli studi numismatici agli inizi del secolo scorso».
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Il lituo
Su tutte le monete pervenute, salvo rare eccezioni di cui diremo, il lituo si incurva in alto verso destra come nella parte alta di una S maiuscola (ci riferiamo alla moneta posizionata, come in fig. 2, con il bastone in verticale e l'estremità superiore ricurva). L'impronta sul telo, secondo quanto supposto dai sindonologi, sarebbe speculare. Quindi nella fotografia in positivo del volto della Sindone si dovrebbe vedere il lituo con la curva al contrario, cioè verso sinistra come in un punto interrogativo. Nel negativo fotografico, invece, il lituo avrebbe la curva a destra come sulla moneta. Occorre tenere presenti questi ribaltamenti perché mostreremo fotografie sia in positivo che in negativo.
In cerchio lungo il bordo, la faccia della moneta reca l'iscrizione "di Tiberio Cesare" in greco. Le lettere sono in alfabeto greco maiuscolo ma si possono tutte rendere in buona approssimazione con i nostri caratteri TIBEPIOY KAICAPOC (da leggere "Tiberioy Caisaros"). Solo la lettera che abbiamo indicato con E veniva scritta in modo un po' diverso, cioè simile a una C con un trattino orizzontale a mezza altezza. A volte il trattino manca o è stato eroso e allora la lettera ha l'aspetto di una C. La prima parola comincia in basso, a sinistra del piede del lituo, e sale lungo il semicerchio di sinistra. La seconda parola scende lungo il semicerchio di destra e finisce alla destra del piede del lituo. Il primo a vedere l'impronta di questa moneta, sull'occhio destro della Sindone (a destra per chi guarda l'immagine), fu Francis Filas, professore di teologia alla Loyola University di Chicago, che diede l'annuncio nel 1979. La vide su un ingrandimento del negativo di una foto del 1931, quello in fig. 3 a sinistra. La copia di cui disponeva era già passata attraverso diverse riproduzioni successive ed era di scarsa qualità. Il contrasto è forte e la definizione è molto bassa, tanto che questa foto ha un aspetto notevolmente diverso rispetto ad altre riproduzioni dello stesso originale del 1931, per non parlare delle foto più moderne in buona definizione.[2]
Nella sua fotografia, Filas vide un'asta verticale che era semplicemente un effetto della tessitura. Di simili linee verticali, nel senso dell'ordito, ce ne sono tante sulla Sindone, anche su tratti molto più lunghi.[3] La interpretò come il gambo del lituo, in cima al quale vedeva un arco verso destra. L'arco non c'è sulla fotografia di Filas, tanto meno su fotografie migliori. Poi vedeva quattro lettere dell'iscrizione, e questo era il dettaglio determinante. Proprio la presenza delle quattro lettere doveva permettere l'identificazione con quella particolare moneta di Ponzio Pilato.
In alto a sinistra nella fotografia di Filas si notano alcuni segni bianchi. Trattandosi di un negativo, corrispondono a segni più scuri che il forte contrasto della riproduzione e la scarsa definizione della foto hanno reso bianchi e indistinti. Filas vide in quei segni le lettere UCAI, disposte lungo il bordo della parte alta del lituo e alla sua sinistra.
Filas si convinse che la sua foto riproduceva la moneta del lituo. Subito in quel 1979, si procurò un esemplare della moneta che gli fu regalato da un sindonologo collezionista. È quello a destra in fig. 3. La moneta è molto consumata, ha l'iscrizione quasi illeggibile ed è fortemente erosa su un fianco. Confrontando la sua foto con quella moneta, Filas trovò 24 coincidenze e concluse che «la semplice probabilità matematica indicava una probabilità di meno di uno su 10 elevato a 42 del verificarsi casuale di tante coincidenze» ([10], p. 136). È inutile cercare di rifare il calcolo.
Filas pubblicò anche una "elaborazione tridimensionale", quella in fig. 4, che probabilmente gli era stata fornita dal nostro sindonologo Giovanni Tamburelli. Ha un'immagine lontana da quella reale e quasi non ha più relazione con quanto si trova davvero sulla Sindone. Emergono segni somiglianti alle lettere ma non si vede il lituo. Questa elaborazione è stata sempre ripubblicata dai sindonologi come prova della presenza dell'impronta della monetina. La si trova tuttora sul sito del Centro Internazionale di Sindonologia (CIS) di Torino [21].
In fig. 5 c'è un dettaglio da una foto sempre del 1931, in negativo, riprodotta con minore contrasto rispetto a quella di Filas. Osservando con attenzione nella parte alta al centro, si possono localizzare le tre lettere. Si vede che i segni sono principalmente dovuti all'andamento a spina di pesce (o spigato) della tessitura. Si noti in particolare che la lettera A vista da Filas è semplicemente dovuta a due linee oblique dello spigato che in quel punto sono leggermente convergenti. La lettera I è una successiva linea parallela. Questa foto fu mostrata dal sindonologo Edoardo Garello a un congresso del 1981 ed è pubblicata con una didascalia che spiega che «le lettere (U)CAI sono dovute alla disposizione e al rilievo normale dei fili della struttura spigata del tessuto». ([12], p. 154)
In riconoscimento di quei rari sindonologi che denunciano l'abbaglio, va segnalata anche la doppia foto in fig. 6 che è apparsa su una rivista sindonologica spagnola in un articolo ripreso anche in rete [18]. A sinistra si vede un ingrandimento da un negativo del 1931 e a destra, sempre in negativo, lo stesso dettaglio in una foto del 1998. Si nota che con una migliore definizione cambia notevolmente l'aspetto della fotografia (la differenza può in parte anche dipendere dall'illuminazione sotto cui fu presa la foto). Non meraviglia che Filas, che morì nel 1985 e avrebbe avuto a disposizione le buone foto a colori prese nel 1969 e nel 1978, non riuscì più a vedere la sua moneta se non nella sua vecchia foto. Analizzando una buona foto recente non si vede, in quella zona dell'occhio destro, niente che la distingua dalle zone circostanti. [4] Il discorso potrebbe finire qui, ma la farsa comincia adesso.
Un'iscrizione ballerina
Filas identificò la moneta del lituo per merito delle presunte lettere UCAI dell'iscrizione, ma quella successione di lettere non compare nelle parole TIBEPIOY KAICAPOC! Eppure era così sicuro che non si arrese. Riteneva che quelle fossero l'ultima lettera della prima parola e le prime tre della seconda, ma allora avrebbe dovuto vedere YKAI. Sorvolò sulla U che è simile a una Y (a parte che quel segno non somiglia nemmeno a una U). Si preoccupò invece per la C che doveva essere una K. Si convinse che la moneta che aveva lasciato l'impronta sulla Sindone doveva avere un errore di conio con la C al posto della K. Si mise allora alla ricerca di un esemplare con la C consultando esperti di numismatica. Non ne trovò e gli esperti dicevano che non ne esistevano. Filas continuò a credere che dovevano essercene stati. Insomma postulò l'esistenza di una moneta che nessuno aveva mai visto e che lui vedeva per la prima volta come impronta sulla Sindone. È vero che fra quelle monete di Pilato se ne trovano con lettere sbagliate, ma questo particolare errore non era mai stato riscontrato. In effetti sarebbe stato improbabile, per coloro che incidevano il conio, incorrere in quello scambio, dato che erano abituati a usare la lettera greca C ("sigma lunato") per quella che è la nostra esse, e ci sono due esempi sulla stessa moneta nella parola KAICAPOC.
Passarono così due anni. Poi nel 1981 Filas doveva preparare ingrandimenti della foto del suo esemplare della moneta da usare per un servizio televisivo. Fece fare un ingrandimento a 25 volte le dimensioni reali della moneta. Allora guardando l'ingrandimento ebbe la sorpresa di scoprire, così credette, che la sua moneta, proprio quella, aveva una C nel posto desiderato. La freccia in fig. 3 indica il punto dove ci sarebbe la C. Quindi Filas aveva in casa da due anni proprio quella moneta che cercava inutilmente fra i numismatici e sul mercato! E quale fortuna aveva avuto nel 1979 quando casualmente si procurò la moneta, trovando proprio quell'esemplare con un errore di conio che nessuno aveva mai osservato. Non solo, Filas si convinse che la moneta in suo possesso era, se non proprio la stessa, però gemella di quella impressa sulla Sindone, cioè battuta con lo stesso conio, anche se sappiamo quanto ciò sia improbabile essendo moltissimi i conii che vennero usati.1 Poteva considerarsi fortunato.
In realtà osservando quella moneta, anche in una fotografia ingrandita, appare ovvio che in quel punto non c'è nessuna C. Del resto lo stesso Filas non se ne era accorto per due anni. Si può supporre che nemmeno i sindonologi, a parte Filas, siano mai riusciti a vederci una C.
Anche volendo supporre che la C sia presente, resta un'altra difficoltà perché la sua collocazione, circa alle 10 del quadrante di un orologio, non è quella giusta. Infatti le monete sono tutte un po' diverse l'una dall'altra ma rispettano qualche regola. La prima parola dell'iscrizione è disposta a salire sul semicerchio di sinistra, la seconda parola
a scendere sul semicerchio di destra. Quindi la K, ovvero la C di Filas, che è l'iniziale della seconda parola, dovrebbe essere in alto e un po' a destra. Mettendola dove la vede Filas, non rimane il posto, più in basso sulla sinistra del lituo, per farci stare tutta la parola Tiberioy. Filas risolse il problema eliminando quattro lettere. In un articolo del 1983 [11] mostra la sua moneta (che considera gemella di conio di quella impressa sulla Sindone) con attorno indicate le lettere quali le legge lui, come si vede in fig. 7. La parola mutilata diventa TIOY invece di TIBEPIOY. È vero che si trovano monete di Pilato con lettere mancanti, ma non ci si aspetta che l'inizio della seconda parola possa essere così arretrato. Fra l'altro, il semicerchio di destra rimarrebbe quasi vuoto.
Comunque non c'è motivo di inventarsi una iscrizione così strana. Per quel che si può vedere sulla moneta di Filas, limitatamente alle prime lettere che sono le uniche parzialmente visibili, l'iscrizione è quella usuale, senza lacune e senza errori. Su quel bordo di sinistra le lettere sono erose nella parte alta e si vede solo la parte bassa di ciascuna. Dopo le prime due lettere, quel segno rotondo che Filas interpreta come una O è la parte bassa della B, che è seguita dalla parte bassa della E (che sappiamo scritta simile a una C). Poi c'è la parte bassa ovvero il gambo della P, nel punto dove Filas vede una C che in ogni caso non c'è. Le lettere successive sono praticamente invisibili. Che questa sia la ovvia interpretazione da dare, lo si vede confrontando per esempio con la moneta di fig. 8 dove l'iscrizione in quel tratto è ben visibile.
Poco dopo aver fatto la scoperta della C sulla sua prima moneta, Filas entra in un negozio numismatico di Chicago, sempre in quel 1981, e ci trova una seconda moneta che secondo lui ha la C al posto della K. La moneta è così brutta che il commesso non si azzarda a dire un prezzo e gliela regala. A quel punto Filas ha la fortuna di possedere le uniche due monete conosciute con l'errore della C, due eccezionali rarità, e non ha speso un centesimo per procurarsele! Questa seconda moneta è in fig. 9. È mal riuscita e ha figure confuse. Si vede quella che potrebbe essere una C, presso la testa del lituo, ma non è in linea con le altre lettere dell'iscrizione lungo il bordo ed è spostata verso il centro. Probabilmente si tratta di un caso di doppia battitura, con una delle C dell'iscrizione che è stata ribattuta fuori posizione.1 D'altra parte non si può escludere che quella moneta sia stata così sfortunata da subire il doppio errore di una lettera sbagliata e collocata fuori posizione. Comunque sia, non si può concludere, da una moneta con una immagine così confusa, che lì ci sia la prova di una variante che non è mai stata altrimenti osservata.
Nell'articolo del 1983, Filas mostra anche una terza moneta (questa scoperta da un altro sindonologo americano) che secondo lui ha la C. È riprodotta in fig. 10. Qui si vedono chiaramente le lettere CA, ma si vedono anche, a seguire, le lettere POC. Quindi quelle lettere CA sono la quarta e la quinta di KAICAPOC, non le prime due. L'inizio della parola non si vede affatto, essendo l'iscrizione erosa in quel punto. Si legge che sono state trovate anche altre monete con la C, ma non vengono fornite le fotografie. Naturalmente l'esistenza o meno di una simile moneta non ha alcuna influenza sul problema se ci sia l'impronta della moneta sulla Sindone. L'impronta non c'è e la cosa non cambierebbe anche se si trovasse quella moneta. Ciò che importa notare è che Filas non ha trovato monete con la C, a parte un caso molto dubbio, ma i sindonologi divulgano regolarmente la notizia che ne ha trovate. Ecco alcuni esempi italiani. Emanuela Marinelli scrive ([13], p. 65): «Filas riuscì a trovare due monete di Pilato con lo stesso errore ortografico rilevabile sulla Sindone ed ebbe così la conferma indiscutibile che una tale moneta poteva aver lasciato la sua impronta sul telo». Baima Bollone ([4], p. 167): «Senonché ben presto padre Filas riesce a reperire dapprima uno e poi altri esemplari in cui invece della lettera K è scritta erroneamente la C». Nello Balossino ([1], p. 33): «In alcuni esemplari si può chiaramente distinguere la scritta TIBERIOY CAICAPOS in cui la lettera greca K è stata sostituita dalla C latina che ha la stessa pronuncia». Di nuovo Baima Bollone nel suo libro più recente sulla Sindone ([8], p. 323): «L'esemplare che ha impresso la Sindone contiene un errore che consente una datazione precisa. Vi è infatti scritto "CAICAROS" invece di "KAICAROS". (…) È stato ritrovato un esemplare giunto sino ai nostri tempi che contiene lo stesso errore e che quindi, con ogni verosimiglianza per non dire addirittura con certezza, proviene dal medesimo conio». In un articolo del 2000 ([7], p. 131) Baima Bollone dice che una moneta con la C è stata trovata nel 1992 ma non fornisce particolari né mostra una fotografia. La tesi di Filas incontrò dapprima resistenze nell'ambiente dei sindonologi, ma presto arrivarono altri colleghi in suo soccorso. Uno fu Alan Whanger (professore di psichiatria alla Duke University di Durham, North Carolina), un sindonologo dalla vista molto acuta che, assieme a sua moglie Mary, ha scoperto le immagini di mille cose sulla Sindone. Nel 1982 confrontò la foto e la (prima) moneta di Filas, usando una sua particolare tecnica, e concluse confermando che si trattava proprio dello stesso conio, cioè che la moneta di Filas era gemella di quella che ha l'impronta sul telo.[5] Lo provò trovando un gran numero di "punti di congruenza" fra la foto della Sindone e la foto della moneta. Ecco quindi che la Marinelli scrive ([13], p. 65): «Whanger contò settantaquattro punti di congruenza tra la moneta [del lituo] di Pilato e l'immagine sull'occhio destro. Come paragone si può tenere presente che per dichiarare identiche due impronte digitali sono sufficienti quattordici punti di sovrapponibilità». È inutile dire che il paragone con le impronte digitali è privo di senso. Ma il conteggio indicato dalla Marinelli va aggiornato perché Whanger è arrivato a contare ben 211 punti di congruenza per quella moneta piccola come un centesimo di euro.
Poi, continua Whanger, «ci fu un altro sorprendente sviluppo». Fino ad allora si era creduto che la moneta del lituo fosse stata prodotta solo negli anni 17 e 18 del regno di Tiberio, ma lui scoprì che l'esemplare di Filas portava la data dell'anno sedicesimo. La data compare sull'altra faccia della moneta, al centro della corona di alloro, ed è espressa da tre lettere greche. Tiberio divenne imperatore nel settembre dell'anno 14 d.C. e l'anno 17 del suo regno comincia dal settembre del 30 d.C. Secondo alcuni sindonologi la data della morte di Gesù è da ritenere nell'aprile del 30 d.C., quindi anteriore all'anno 17 di Tiberio, così che sarebbe benvenuto lo spostamento a un anno prima per la data della moneta del lituo.[6]
A questo punto la moneta che casualmente era stata regalata a Filas nel 1979 si trovava a vantare una serie di singolarità, oltre a essere proprio gemella di conio di quella della Sindone: mancava di quattro lettere nell'iscrizione, aveva una C al posto della K (e una U al posto della Y) ed era stata coniata con un anno di anticipo.
Whanger riuscì addirittura a vedere che su questa moneta c'è un difetto di conio alla base della A e che lo stesso difetto si riscontra "chiaramente" sulla Sindone. Quando fu fatta l'obiezione che l'impronta non si vedeva nelle fotografie a colori prese nel 1978, Whanger trovò una spiegazione. Alcuni fili erano stati spostati o ruotati durante l'esposizione televisiva del 1973!
Altri sindonologi cominciarono a entusiasmarsi all'idea che sulla Sindone ci fossero impronte di monete. Un italiano, Giovanni Tamburelli, specialista nell'elaborazione elettronica delle immagini, pubblicò un articolo nel 1985 [19] con le sue elaborazioni "tridimensionali" e sostenne la tesi di Filas.
L'aiuto più sorprendente arrivò a Filas, nel 1983, da Robert Haralick. Sorprende perché Haralick ha avuto una brillante carriera nel campo dell'analisi di immagini al computer. Ha ricoperto importanti incarichi in laboratori del settore negli Stati Uniti. All'epoca dirigeva un laboratorio, presso un istituto universitario della Virginia, per l'analisi delle immagini inviate dai satelliti, e quindi sembrava proprio la persona adatta per scoprire che cosa si nasconde nelle fotografie della Sindone. Haralick non solo confermò la scoperta di Filas, ma vide altre due lettere dell'iscrizione. Fu intervistato dal settimanale Oggi (18 gennaio 1984) che nei titoli aveva frasi come queste: «"Posso dimostrarvi che quell'uomo era Cristo". Un ricercatore spaziale americano dice di avere la prova inconfutabile dell'autenticità della Sindone. "Attraverso un nuovo metodo, chiamato analisi delle immagini digitali," spiega il professor Robert Haralick, "ho individuato sul sacro lenzuolo alcuni dettagli che finora erano sfuggiti all'osservazione umana. Sull'occhio della persona che venne avvolta nel telo fu messa, come si usava allora, una moneta che, senza ombra di dubbio, è dei tempi di Pilato."» Forse non siamo sorpresi se il professor Haralick, oggi in pensione, è uno dei più noti esponenti nel campo degli studi sul cosiddetto "Codice della Bibbia" e applica le sue capacità matematiche per scoprire le profezie racchiuse nel testo sacro.
Francis Filas è morto nel 1985 ma è rimasto nella storia della sindonologia come il pioniere delle monetine.
Il lituo a rovescio
Il secondo atto della farsa del lituo è tutto italiano. Comincia con una scoperta di Mario Moroni, un sindonologo che, a dire dei suoi colleghi, è anche esperto di numismatica.[7] Osservando come sempre una fotografia del 1931, Moroni si convinse che c'era sì un lituo, ma che il lituo aveva la curva girata dalla parte opposta rispetto a come l'avevano visto tutti gli altri a partire da Filas!
Quindi la moneta che aveva lasciato l'impronta doveva avere la curva in alto girata a sinistra anziché a destra. Sicuro che quella anomala moneta dovesse esistere, iniziò "una estenuante ricerca" e arrivò a trovare alcuni esemplari col lituo a rovescio. In realtà era già noto che esistono, sia pur rari, esemplari che hanno di solito tutta la figura, compresa l'iscrizione, invertita e speculare. Si tratta di un singolare errore di chi fabbricò il conio incidendo la figura in positivo anziché in negativo come avrebbe dovuto. Moroni si procurò alcuni esemplari di moneta con lituo speculare. Nel 1987, in un congresso di sindonologi a Siracusa, annunciò la sua scoperta [14]. Presentò un dettaglio da una fotografia del 1931, in positivo e in una riproduzione migliore rispetto a quella usata da Filas, dove sarebbe visibile il profilo del lituo. È riprodotta in fig. 11, a confronto con una delle monete col lituo a rovescio, e anche, più ingrandita, in fig. 12. Vi si vede una linea verticale che è chiaramente un andamento dell'ordito, e che del resto esce in basso dal profilo (immaginario) della moneta, con in cima un ricciolo molto piccolo, più piccolo di come si trova il lituo sulle monete nelle diverse varianti. I segni corrispondono all'andamento della tessitura a spina di pesce, con inserita qualche presenza casuale di zone più scure. Moroni non indica dove siano le lettere dell'iscrizione nella sua versione.
Anche Moroni, sul retro della sua moneta, quella mostrata nel confronto con la foto, legge la data dell'anno 16 di Tiberio. I sindonologi hanno una straordinaria fortuna nel trovare esemplari anomali.
In questo articolo appaiono serie incongruenze che rimarranno e si aggraveranno nelle successive pubblicazioni di Moroni e in quelle di altri sindonologi. Moroni non dice che la sua versione è in contrasto con quella di Filas, benché apra il suo articolo proprio con riferimento a Filas ([14], p. 329): «Un attento esame della zona orbitale destra dell'Uomo della Sindone ci permette di consolidare la singolare tesi del prof. Filas, di offrire un valido supporto con ulteriore materiale storicamente accreditato e di confermare che è proprio l'impronta di una moneta, coniata da Ponzio Pilato, quella lasciata sulla tela sindonica, in corrispondenza della parte centrale dell'occhio destro di quel cadavere».
Moroni non si accorge che la sua versione è incompatibile con la presenza delle lettere viste da Filas. Infatti nella versione di Filas il lituo gira a destra e le lettere si trovano lungo il suo bordo di sinistra, mentre nella versione di Moroni il lituo in quel punto gira a sinistra e va proprio a sovrapporsi alle lettere. Anzi, se si guarda la figura 12 pubblicata dallo stesso Moroni, si vede bene che la parte terminale del ricciolo coincide con la C di Filas (tener conto che quella di Moroni è una foto al positivo), mentre poco più in alto ci sono le due linee della A (che sono andamenti diagonali dello spigato, come abbiamo già visto) che vanno a toccare l'arco del lituo quale supposto da Moroni. Più oltre, in parte nascosta dal triangolo nero sovrapposto, c'è la I. Naturalmente, per quanto distratti fossero gli incisori dei conii, sarebbe difficile pensare che qualcuno abbia fatto una moneta con le lettere dell'iscrizione sovrapposte alla figura del lituo. Le lettere stavano intorno al lituo. Quindi Moroni e i suoi seguaci dovrebbero accorgersi che c'è qualcosa che non quadra. Nel 1987 Moroni non indica dove si dovrebbero trovare le lettere sulle sue figure e sembra non accorgersi del problema.
Infine Moroni non accenna a un'altra difficoltà dovuta al fatto che di solito sulle monete col lituo invertito, di cui sono noti numerosi esemplari, anche l'iscrizione, quando è leggibile, appare invertita e speculare. Un esempio è in fig. 13. Vediamo ora tre successive pubblicazioni di Moroni per seguire come si evolve la sua idea. In un suo capitolo per un libro del 1991 [15], riproduce la stessa fotografia del 1987 ma con disegnato sopra un contorno diverso della moneta per evitare che la gamba del lituo esca troppo vistosamente dal bordo. Quanto alle lettere, cambia tutto rispetto a Filas. Infatti ignora le famose lettere UCAI e vede solo una K in posizione di ore 12 dell'orologio. Vede proprio quella K che aveva creato problemi a Filas, rendendo così inutile la ricerca di una moneta con l'errore della C. Aggiunge a sua volta un difetto di fabbricazione perché vede, in basso sul gambo del lituo, quello che secondo lui sarebbe il segno delle pinze che furono usate per afferrare il tondello riscaldato. Nella parte bassa del lituo si vede infatti una doppia linea verticale, dovuta semplicemente a una parallelo filo di ordito. Immaginando il segno delle pinze, Moroni ripara forse al fatto che il gambo del lituo sarebbe troppo lungo.
Passiamo a un libro di Moroni (con Francesco Barbesino) uscito nel 1997 [16]. Qui c'è un totale ribaltamento rispetto al 1991. Moroni si dimentica della K e ripristina le lettere di Filas. Fa il racconto della scoperta di Filas e della C al posto della K (p. 66): «Solo due anni dopo, quando padre Filas riuscì a trovare una moneta da collezione che mostrava una C al posto della K, questa obiezione venne archiviata». Poi enuncia la sua propria obiezione a Filas, cioè che il lituo dovrebbe essere a rovescio. Però lascia credere che l'immagine sulla Sindone vista da Filas sia la stessa vista da lui, con la sola differenza che Filas non aveva dedotto che la moneta stessa doveva essere speculare rispetto all'impronta. In questo modo nasconde la contraddizione fra quanto visto da Filas (e da tutti gli altri) e quanto visto da lui.
Moroni dice anche che Haralick ha scoperto altre due lettere formando in totale la successione OYCAIC. Non indica dove siano collocate tutte queste lettere in relazione alla figura del lituo a rovescio e nasconde il fatto che nella sua versione il lituo andrebbe a sovrapporsi alle lettere. Continua anche a tacere sul problema dell'iscrizione che dovrebbe essere speculare. Infine ripete che c'è il segno delle pinze. Veniamo a una relazione di Moroni (con Barbesino e Maurizio Bettinelli) a un congresso in Brasile nel 2002, riprodotta nel suo sito [17]. Anche qui rifà la storia della scoperta di Filas: «Ma la scoperta più significativa è da attribuire al prof. Francis Filas». Descrive le quattro lettere viste da Filas e ripete il racconto dello scambio della C con la K: «Tuttavia come prima lettera della seconda parola v'era una C anziché la K. Questo naturalmente creava un grave problema che si risolse solo dopo lunghe ricerche quando in un grande negozio di numismatica di Chicago padre Filas poté rintracciare un dilepton di Ponzio Pilato con la lettera C al posto della K». Riproduce anche la figura della elaborazione tridimensionale che era stata pubblicata da Filas, con la didascalia: «In alto a sinistra le quattro lettere dell'alfabeto individuate da Padre Filas». Quindi fissa esattamente la posizione in cui dovrebbero trovarsi le lettere, ma è una posizione incompatibile con la sua versione del lituo.
È inutile dire che Moroni (come gli altri autori che incontreremo) non avrebbe alcun motivo di soffermarsi sulle scoperte di Filas, considerando che lui, Moroni, ha scoperto tutt'altra cosa.
Poi finalmente Moroni dice, in un breve accenno, che si è accorto che le lettere sono sovrapposte al lituo, anche se fa risalire la scoperta all'aprile 1996 per merito di una elaborazione elettronica di Nello Balossino. Scrive: «Questa elaborazione permise anche di rilevare che alcune lettere della dicitura non erano disposte circolarmente intorno al pastorale [lituo]: la C ed un estremo della A risultano chiaramente collocate sopra la parte ricurva del lituo "riverse" [reverse] sottostante che presenta interruzione nelle zone di sovrapposizione». Non c'era bisogno di una elaborazione elettronica per vedere quello che è evidente nelle fotografie pubblicate da Moroni fin dal 1987. Come spiega la presenza delle lettere in posizione anomala? Alla maniera dei sindonologi, che trovano sempre una scusa per tutto. Di seguito dice infatti: «Se ne può dedurre che la moneta è stata ribattuta imprimendo in un primo momento il pastorale rovesciato poi le lettere Y CAI». Dunque si tratterebbe di una moneta con doppia battitura.[8] Però non ci dice se da qualche parte, nell'impronta sulla Sindone, ci sono anche le lettere di una prima battitura. Né ci dice se quelle lettere in posizione anomala sono le stesse lettere viste da Filas e tutti gli altri. Insomma nasconde le incongruenze.
È da notare la data, aprile 1996, dell'elaborazione di Balossino da cui sarebbe emerso il problema delle lettere sovrapposte al lituo. Nel libro del 1997, quindi posteriore, Moroni, come abbiamo visto, non accenna al problema.
Sempre nel 1996 Moroni e Balossino sembrano essersi accorti anche del problema dell'iscrizione speculare. Come dicevamo, almeno dall'esame di diverse monete con lituo a rovescio sulle quali alcune lettere dell'iscrizione siano almeno in parte chiaramente visibili, si nota che anche l'iscrizione, cioè tutta la faccia della moneta e non solo il lituo, è invertita e speculare (come in fig. 13). In questo articolo del 2002, riferendosi alla stessa elaborazione elettronica di Balossino del 1996, Moroni scrive: «A questo punto emerse un particolare del quale nessuno si era accorto: se il pastorale [lituo] risultava invertito anche la dicitura letta sul negativo avrebbe dovuto essere tale. Infatti i litui riverse [''reverse''] noti portano invertita anche la leggenda. L'obiezione apparve in evidenza solo durante una nuova elaborazione elettronica eseguita dal professor Balossino nell'aprile del 1996». Non si capisce se Balossino abbia fatto l'elaborazione elettronica sulle fotografie delle reali monete, oppure se abbia scoperto un'iscrizione invertita sul lino della Sindone. Però ancora in questo articolo Moroni riproduce la figura dell'elaborazione tridimensionale di Filas, dove chiaramente le presunte lettere non sono speculari. Infatti con l'iscrizione invertita le quattro lettere YCAI dovrebbero succedersi in ordine inverso, cioè la Y più in alto, seguita a scendere verso sinistra dalle altre tre. Inoltre la lettera che non ha forma simmetrica, cioè la C, dovrebbe apparire scritta specularmente. Ciò non appare nelle lettere viste da Moroni, Balossino e gli altri, che sono sempre quelle viste da Filas. Moroni non ci dà alcuna spiegazione su questa incompatibilità. Va aggiunto che non si può escludere che qualche moneta venisse fatta con il lituo invertito ma con l'iscrizione regolare, però Moroni sembra accettare che l'iscrizione sia invertita e non ne tira le conseguenze. Infine Moroni torna a dire che c'è il segno delle pinze alla base del lituo. Fin qui le varie versioni di Moroni. Come hanno reagito gli altri sindonologi? All'estero nessuno si è accorto della tesi di Moroni e si continua a presentare la moneta regolare con la curva a destra. In Italia diversi dei più noti sindonologi hanno accettato il lituo a rovescio. Ci si aspetterebbe almeno che abbiano cercato di ovviare alle ambiguità di Moroni. Al contrario, hanno fatto anche di peggio e vedremo subito alcuni esempi. Soprattutto, hanno continuato a presentare la storia della scoperta della moneta del lituo partendo sempre da Filas e da Whanger, quindi col lituo regolare, arrivando poi al lituo a rovescio di Moroni ma nascondendo che le due versioni sono in contraddizione fra loro (fa eccezione Giulio Fanti che nel suo recente libro ([9], p. 486) ha mostrato chiaramente il problema disegnando su una stessa figura le due versioni del lituo). Infatti questi autori danno l'impressione che Moroni abbia visto la stessa figura che aveva visto Filas, con la sola differenza che Filas non si era accorto che per specularità doveva presupporre un lituo a rovescio sulla moneta. In realtà Filas non si era sbagliato e aveva tenuto conto della specularità. Il fatto è che l'impronta del lituo vista da Filas e dagli altri era al contrario rispetto all'impronta vista da Moroni e accettata da questi suoi seguaci. Ciò era ben chiaro e i nostri sindonologi non potevano non saperlo.
Baima Bollone in un suo libro del 1985 [4] aveva presentato il lituo regolare dedicandogli diverse pagine e quattro disegni, tutti con la curva a destra e le lettere in alto a sinistra a fianco del lituo. Nel libro del 1990 [5] riusciva a presentare entrambe le versioni contemporaneamente senza dire che sono diverse fra loro. Nelle tavole a colori delle figure, presenta in fig. 47 la prima moneta di Filas, col lituo regolare, e subito a fianco, alla figura 48, ha una foto della moneta col lituo invertito di Moroni. Nel testo (p. 223-27), si dilunga a presentare la scoperta di Filas, incluso lo scambio della C con la K, e aggiunge le successive conferme, quella di Whanger con i 74 punti di congruenza, quella dell'elaborazione tridimensionale da parte di un istituto americano, quella da parte di Haralick che trova altre due lettere. Mostra anche disegni con la curva regolare a destra. Poi di colpo, nella stessa pagina dei disegni, passa a presentare la tesi di Moroni (p. 227): «Arriviamo al 1986. Il numismatico lombardo Mario Moroni, grande esperto di Sindone, formula un'importante osservazione. La sagoma del bastone impressa sul lenzuolo è quella di un punto interrogativo al rovescio. Questo significa che sulla moneta deve avere la forma di un "punto interrogativo" e in effetti riesce a reperire qualche esemplare di questo tipo». Poi conclude: «Tutti questi elementi concordano a dimostrare che nell'orbita destra del volto sindonico vi è effettivamente l'immagine di una piccola moneta di bronzo coniata da Ponzio Pilato». Occorre un certa abilità per presentare in una stessa pagina due versioni in contrasto fra loro e dire che "concordano". Si aggiunga che Baima Bollone non accenna al problema delle lettere sovrapposte al lituo né a quello dell'inversione speculare dell'iscrizione. Nel suo libro del 1998 [6], Baima Bollone presenta nel testo (p. 239-40) un disegno con la curva regolare a destra e non parla di lituo invertito, ma nomina Moroni fra quelli che hanno confermato la scoperta di Filas (come se non avesse visto il contrario di Filas). Poi nelle tavole fuori testo (di fronte a p. 89) mostra una illustrazione pubblicata da Moroni (quella riprodotta qui in fig. 12), a cui affianca la foto di una moneta col lituo a rovescio. Ancora due versioni in contrasto fra loro presentate come se fossero vere entrambe.
Nelle sue ultime pubblicazioni, Baima Bollone sembra avere abbandonato Moroni. In un libro e in un articolo del 2000, come nel libro del 2006, ignora il problema e non nomina Moroni. Non spiega perché abbia cambiato versione rispetto ai libri precedenti e non accenna al fatto che intanto altri sindonologi presentano il lituo invertito. La Marinelli nel suo libro del 1996 [13] presenta nel testo (p. 65) i risultati di Filas e Whanger come assodati, inclusi i 74 punti di congruenza, e non nomina Moroni, quindi sembrerebbe accettare il lituo regolare. Ma nelle tavole fuori testo mostra la stessa illustrazione usata da Moroni, con una foto del dettaglio della Sindone affiancata a una moneta col lituo a rovescio (la nostra fig. 11), e nella didascalia dice: «La scoperta di F. Filas fu a lungo contestata, perché il lituus delle monete non era speculare ma identico all'immagine sindonica; recentemente s'è rinvenuta qualche moneta come quella in foto con il lituus rovesciato, speculare alla Sindone». Quindi anche la Marinelli come Moroni accetta il lituo a rovescio e non solo lascia intendere ma dichiara esplicitamente che anche Filas avrebbe dovuto pensare a una moneta col lituo a rovescio ma non lo ha fatto perché si è dimenticato di tener conto della specularità fra l'immagine sulla moneta e l'immagine ricalcata sul telo. Questo è assolutamente falso perché Filas teneva ben conto della specularità. Cerchiamo di spiegare: Moroni vede sul telo il lituo con la curva a destra e deduce per il lituo sulla moneta la curva a sinistra; Filas vedeva sul telo la curva a sinistra (il contrario di Moroni) e deduceva la curva a destra per la moneta. La Marinelli vuole forse nascondere l'imbarazzante contraddizione e dice che pure Filas, come Moroni, vedeva sul telo la curva a destra, ma si sbagliava a non tener conto che la moneta è speculare al telo e deduceva la curva a destra anche per la moneta.
Inoltre la Marinelli, dicendo che Filas fu a lungo contestato sulla questione della specularità, fa credere che altri sindonologi, già prima della sua morte, pensassero alla moneta col lituo a rovescio. In realtà il primo a farlo è stato Moroni che ha pubblicato la sua versione quando Filas era già morto.
È anche da notare che la Marinelli, come Baima Bollone, racconta dei 74 punti di congruenza contati da Whanger, portandoli a dimostrazione dell'esistenza dell'impronta. Ma Whanger faceva il confronto con una moneta che ha il lituo regolare a destra. Quindi la Marinelli, che opta per la curva invertita a sinistra, si basa sull'evidenza trovata da Whanger per la curva a destra. Se Whanger avesse confrontato con una moneta che ha il lituo e l'iscrizione invertiti, quanti punti di congruenza avrebbe trovato? Balossino, l'esperto nell'analisi delle immagini al computer, sposa la tesi di Moroni in tre pubblicazioni, simili fra loro, del 1997 [1], 1998 [2] e 2000 [3]. Un testo analogo si trova tuttora sul sito del CIS (di cui Balossino è vicedirettore) [21]. Ma sposa la tesi di Moroni senza divorziare da quella di Filas! In tutte queste pubblicazioni, Balossino comincia col presentare la scoperta di Filas, racconta della C al posto della K, mostra negativi analoghi a quello di Filas e dice di vederci le lettere YCAI.[9] Presenta anche la solita "elaborazione tridimensionale" già mostrata da tutti gli autori a partire da Filas, quella di Fig. 4 dove non si vede da quale parte sia girato il lituo né dove sia. Poi dice ([1], p. 34): «Poiché l'elaborazione tridimensionale del negativo fotografico mette in risalto una forma a bastone di comando [lituo] rovesciato [rispetto alle usuali monete], possiamo dedurre che il conio [si deve intendere la moneta] doveva presentare un punto interrogativo. Infatti, ponendo una moneta con il simbolo di punto interrogativo sul volto, per effetto del decalco si forma sul telo un bastone di comando, che nel negativo fotografico appare nuovamente come un punto interrogativo. Ne segue che occorre ipotizzare l'esistenza di una moneta con il bastone di comando rovesciato speculare rispetto a quella presa in considerazione da padre Filas». Insomma anche Balossino gioca sul solito equivoco dell'inversione speculare. Mostrando fotografie analoghe a quella di Filas e la stessa elaborazione tridimensionale, e dicendo di vedervi le stesse lettere che vi vedeva Filas, accetta in pieno il risultato dell'americano che si basava su una moneta con la curva regolare a destra, ma contemporaneamente sostiene la tesi di Moroni e mostra la fotografia di una moneta con la curva invertita a sinistra. Possiamo dire che la situazione è grottesca?
Abbiamo visto che nel suo articolo del 2002 Moroni dice che fu Balossino, con una analisi informatica dell'aprile 1996, a rivelare la sovrapposizione fra lettere e lituo nonché la specularità dell'iscrizione. Le pubblicazioni di Balossino del 1997-2000 sono tutte posteriori a quell'analisi. A quel punto Balossino doveva essersi accorto dei problemi, e del resto non occorrevano elaborazioni informatiche per accorgersene. Eppure non ne fa cenno. Al contrario, fa intendere che le lettere stiano a fianco del lituo e non sovrapposte. Per esempio, a proposito di un negativo scrive ([1], p. 33): «È riconoscibile una forma che richiama l'aspetto del lituo, circondato dalla lettera Y, che potrebbe essere la lettera terminale della parola TIBERIOY, separata dalle lettere CAI facenti parte della parola CAISAROS o CAICAPOC». Dal negativo mostrato, non è chiaro per il lettore dove si debbano collocare le lettere, ma Balossino ci vede le lettere da cui è "circondato" il lituo. Quindi il lettore deve pensare che ovviamente, come nelle monete reali, l'iscrizione circonda il lituo. Poi Balossino ripete la descrizione per l'elaborazione tridimensionale dove si vedono le lettere ma non si capisce dove sia il lituo e da quale parte sia girato. In entrambi i casi nasconde il fatto che, con la sua versione a sinistra, il lituo si sovrappone alle lettere.
Si vede anche che Balossino continua a scrivere la C al posto della K, ma ora dovrebbe essersi accorto che la presunta C non è una lettera ma il ricciolo del lituo. Infine, Balossino non accenna al problema dell'iscrizione benché le lettere che vede siano chiaramente non speculari.
Notiamo ancora che nessuno di questi autori, descrivendo la scoperta di Filas, informa il lettore del fatto che Filas dovette tagliare quattro lettere dell'iscrizione per far quadrare i suoi conti.
Chiudiamo qui la trattazione della moneta del lituo. Abbiamo visto a quale grado di confusione possano arrivare i sindonologi. A proposito, se un fabbricante di monete false vuol produrre una moneta davvero originale, potrà fare un lituo di Ponzio Pilato con queste caratteristiche: quattro lettere mancanti nel nome di Tiberio; una C al posto di una K; le lettere addensate a sinistra; la data sbagliata; il lituo a rovescio; una doppia battitura con lettere fuori posizione; alcune lettere non invertite specularmente anche se il resto della figura è invertito; e in più il segno di una pinzata. Potrà vendere la moneta a caro prezzo ai sindonologi.
Le spighe
Già Filas intravide una moneta anche sull'occhio sinistro (a sinistra per chi guarda l'immagine). Credette di vedere l'altra moneta di Pilato nella faccia con le tre spighe. Non ne era sicuro ma intervenne Whanger che con il suo metodo infallibile trovò 73 punti di congruenza fra la foto della Sindone e la moneta delle spighe. Ce lo ricorda la Marinelli nel libro del 1996 ([13], p. 65-66): «Whanger ha confermato l'identificazione di questa moneta [delle spighe] riscontrando settantatré punti di congruenza». Ma in quel 1996 Balossino e Baima Bollone scoprirono l'altra faccia di questa moneta sul sopracciglio sinistro, come vedremo subito. Tre monete sarebbero state troppe, e da allora la moneta delle spighe non viene più citata, almeno in Italia, nonostante i suoi 73 punti di congruenza. Baima Bollone aveva presentato la moneta delle spighe in almeno due suoi libri anteriori al 1996, ma poi non ne parlò più.
Moroni pensò che se la moneta dell'occhio sinistro non era più al suo posto ma era scivolata sul sopraccilio, allora la palpebra poteva essersi aperta non essendo tenuta chiusa dal peso (un paio di grammi!) della moneta. Quindi chiese a Balossino di approntare una delle sue elaborazioni. Moroni scrive nell'articolo del 2002 [17]: «Fu così che una indagine specifica sul punto permise di accertare che effettivamente la palpebra non era chiusa completamente e mettere chiaramente in evidenza la pupilla che sporge da essa». Non ce la sentiamo di mostrare qui una raffigurazione mai azzardata in tutta la storia dell'arte, quella di un Cristo che strizza l'occhio, ma chi volesse vederla può andare sulla pagina del sito di Moroni [17] dove in figura 15 c'è l'immagine elaborata da Balossino con il volto della Sindone che ha un occhio chiuso e uno aperto.
Il simpulum
La scoperta della moneta del simpulum, o mestolo, sul sopracciglio sinistro è un vanto italiano. La trovarono Balossino e Baima Bollone nel 1996 (direi che la scoperta va attribuita principalmente a Balossino perché l'impronta della moneta si vede, se si vede, solo nelle elaborazioni da lui approntate). I due ne diedero notizia non con la pubblicazione di un articolo scientifico ma con un breve comunicato stampa che ebbe subito diffusione in Italia e qualche eco anche all'estero. L'8 luglio su Rai2 una puntata di Speciale Mixer di Giovanni Minoli fu dedicata alla moneta. Minoli ospitò Baima Bollone e Balossino con tutti gli onori.
In quei giorni i principali giornali italiani diedero rilievo alla notizia. Cominciò Avvenire che definì la scoperta "sensazionale e definitiva". Ecco alcune citazioni dai giornali del 7 luglio. Sul Corriere della Sera i titoli erano: «Scoperta: risalirebbe al 29 d.C. Una moneta sul sudario proverebbe l'autenticità della Sacra Sindone». L'articolo si apriva così: «La Sacra Sindone potrebbe essere davvero il lenzuolo che avvolse Gesù Cristo dopo la sua crocifissione. Lo proverebbe una moneta individuata sul sopracciglio sinistro del viso impresso sul sudario. Una moneta su cui è riconoscibile la data di emissione: anno XVI dell'imperatore Tiberio. Ovvero 29 dopo Cristo. Gli autori della scoperta, che sembra smentire la datazione medievale della reliquia, sono il professor Pier Luigi Baima Bollone, docente di medicina legale e uno dei massimi esperti mondiali della Sindone, e il professore di informatica Nello Balossino». Sempre il Corriere, con riferimento a un articolo in difesa della datazione medievale apparso pochi giorni prima sul francese Le Monde, riporta: «"Quattro a zero, palla al centro, ha commentato ieri Giovanni Minoli, che alla scoperta dedica lo Speciale Mixer in onda domani sera su Raidue. Il lavoro di Bollone e Balossino è una rivoluzione completa, un ribaltamento di 180 gradi che distrugge la credibilità della datazione difesa da Le Monde appena mercoledì scorso"».
I titoli sulla Stampa: «Una nuova prova di autenticità. Sindone, una moneta del periodo di Cristo. L'impronta vicino all'occhio sinistro. Individuata dal prof. Baima Bollone».
Su Repubblica: «La Sindone ha l'età di Cristo». «Una moneta dell'antica Roma potrebbe essere la prova dell'autenticità della sindone. Lo sostengono due docenti universitari di Torino, Pier Luigi Baima Bollone e Nello Balossino che, sul lenzuolo sacro, hanno trovato le tracce di un soldo, con una data impressa abbastanza chiaramente: quella dell'anno XVI dell'imperatore Tiberio. In altre parole, 29 dopo Cristo». Sul Messaggero: «La Sindone risale a Tiberio»
I giornali tornavano sull'argomento anche negli anni successivi. Per esempio, il 27 gennaio 1998 il Corriere della Sera scriveva: «Sindone: due monete sulle palpebre ne proverebbero l'autenticità».
«"La loro presenza fa cadere senza ombra di dubbio l'ipotesi di un falso costruito ad arte nel Medioevo". Ne è sicuro Nello Balossino che insegna informatica all'Università di Torino, fondando le sue certezze non sulle provette della chimica o sulle radiazioni emesse dal carbonio, ma sui computer».
Il 26 aprile 1998 sulla Stampa: «Una prova. Forse la prova, con la P maiuscola. Le tracce lasciate da quelle due monete del diametro di poco più di un centimetro potrebbero davvero essere la garanzia che la Sindone avvolse il cadavere di un uomo morto all'incirca nell'anno in cui morì Gesù. E proprio in Galilea. Nessuno, tuttavia, può dire se si tratti davvero dell'uomo di cui parlano i Vangeli. "Ma quelle monete – spiega Pierluigi Baima Bollone – hanno il pregio di datare con certezza la Sindone". Ovvero: dal 29 al 30 dopo Cristo». Baima Bollone aggiunge: «Poiché la scienza numismatica ha identificato con certezza le piccole monete di Ponzio Pilato soltanto nel secolo scorso, è assolutamente inverosimile che un falsario medievale non solo le conoscesse, ma addirittura le possedesse».
Fra i rotocalchi, il 19 luglio 1996 Epoca aveva un'intervista con Baima Bollone coi titoli: «Così ho riaperto il giallo della Sindone. Cronaca, raccontata dai protagonisti, di una straordinaria scoperta. Che mette a soqquadro cinque secoli di ricerche». Baima Bollone racconta di come fece visita al numismatico Cesare Colombo che gli diede alcuni esemplari della moneta. «"Il caso ha voluto", dice Baima Bollone, "che fra quelle monete ce ne fosse una corrispondente all'impronta sul sopracciglio sinistro, una che aderisce al millesimo di millimetro, sembra quasi che si tratti dello stesso conio."»
Su Chi del 9 maggio 1997 è la volta di Balossino: «Finalmente abbiamo la conferma che la Sindone risale al tempo di Gesù. Grazie agli studi fatti con il computer abbiamo trovato l'impronta di una moneta romana sul telo che risale al 29 d.C.» Alla domanda su quali siano le conseguenze della scoperta, Balossino risponde: «Dimostra che chi si prese cura del corpo dell'uomo della Sindone, oltre a lavarlo e a cospargerlo di aloe e mirra, gli ha posto due monete sugli occhi, secondo un'usanza ebraica che è stata confermata da alcuni ritrovamenti recenti. Ma nello stesso tempo, collocando monete dell'età di Tiberio, ci ha lasciato la "data" dell'avvenimento, confermando l'autenticità del lenzuolo. È impensabile che un ipotetico falsario medievale, digiuno di archeologia, potesse prevedere un simile dettaglio».
Sembrava quindi assodato che ci fosse l'impronta del simpulum sul sopracciglio. Si diceva che erano anche state identificate alcune lettere dell'iscrizione, in particolare le tre lettere che denotano la data, l'anno sedicesimo di Tiberio (che questa volta sarebbe la data giusta, essendo quello l'unico anno in cui la moneta fu coniata). Anche nei libri scritti in seguito dai due autori, la scoperta è data per sicura. Nel 1990 Baima Bollone pubblica un libro col titolo Sindone: La prova dove in copertina c'è un'immagine del volto della Sindone con un cerchio e una freccia che evidenziano il sopracciglio sinistro. Nel testo si legge (p. 240-41): «In effetti l'identificazione elettronica mostra un corpo di forma e dimensioni corrispondenti a quella moneta, il simpulum e la parte iniziale e terminale della scritta, vale a dire TIB…LIS». Le ultime tre lettere (dove la S è in realtà lo "stigma") designano appunto la data.
Quale evidenza è stata presentata per questa scoperta? Nessuna evidenza nelle pubblicazioni di Baima Bollone o Balossino, per quanto ho potuto vedere. Per contro, troppa evidenza in un libro di altri autori di cui diremo subito. Su una normale foto della Sindone, in quel punto non si vede niente se non alcune striature orizzontali chiaramente dovute alla tessitura, che del resto hanno dimensioni maggiori rispetto alle linee orizzontali del mestolo sulla moneta. Una eventuale impronta, se venisse mostrata, sarebbe emersa come per magia nelle elaborazioni che Balossino ha fatto sul suo computer, partendo come sempre da una foto del 1931. Balossino pubblica nel 1997 ([1], p. 36) la "elaborazione bidimensionale" di fig. 14, riportata anche sul sito del CIS. Non dice se sia un positivo o un negativo. Dovrebbe trattarsi di un positivo con inversione destra/sinistra. Mette a confronto la sua elaborazione con la moneta di fig. 15, forse un esemplare in possesso di Baima Bollone. Nell'elaborazione non c'è niente di simile alla moneta, a parte gli scontati andamenti orizzontali, e non vi si scorge nessuna lettera. Poi Balossino pubblica nel 1998 ([2], p. 246) la stessa elaborazione ma ruotata di 180 gradi, benché a confronto con la moneta nella solita posizione. Nessuno se ne sarà accorto perché entrambe le immagini, quella diritta e quella rovesciata, assomigliano altrettanto poco alla moneta. Nel 2000 non pubblica illustrazioni per questa moneta.
In queste pubblicazioni, Balossino non spiega in alcun modo come ha prodotto le elaborazioni al computer, cioè per quali passaggi e con quali procedure tecniche. Non escludo che ne parli altrove.
Baima Bollone pubblica nel 1998 ([6], di fronte a p. 89) altre due elaborazioni di Balossino, a colori, dove si vede ancor meno. Poi pubblica nel 2006 ([8], p. 192) le stesse due elaborazioni, ma entrambe ruotate di 180 gradi rispetto al libro del 1990, sempre a confronto con la stessa moneta di fig. 15. Nemmeno si capisce quali immagini siano da considerare diritte e quali rovesciate, e anche qui nessuno si sarà accorto della discrepanza.
Finora non abbiamo incontrato alcuna evidenza. Ma ecco che si scopre in un libro del 1997 di altri due autori, Moroni e Barbesino (
La didascalia, nel libro e nel sito, è la seguente: «Il simpulum evidenziato mediante elaborazione elettronica dell'immagine sindonica dai proff. Baima Bollone e Balossino (pseudo colori)». Quindi viene dichiarato che si tratta di una elaborazione a partire da una foto della Sindone. La prima reazione è di pensare che la didascalia sia sbagliata, forse per uno scambio di immagini in tipografia durante la stampa del libro. Infatti questa appare essere una elaborazione ottenuta direttamente dalla foto della moneta di fig. 15. Quindi ho scritto a Moroni e Barbesino che hanno affermato che la didascalia è giusta. Potrebbe allora esserci stato un errore più a monte, per esempio nella trasmissione televisiva da cui sembra tratta l'immagine, e gli unici a poter dare una risposta definitiva sono gli stessi Baima Bollone e Balossino. Ho scritto anche a loro ma non ho avuto risposta. Va comunque considerato che in quel periodo, attorno al 1996, Moroni e Barbesino, o almeno Moroni, collaboravano con Balossino appunto per elaborazioni di immagini delle monete e dovrebbero quindi essere informati. Inoltre è strano che ancora oggi, a più di dieci anni dalla pubblicazione del libro, nessuno si sia accorto dello sbaglio, nemmeno gli stessi autori del libro. Lasciamo comunque aperta la questione finché non ci saranno conferme ufficiali che l'immagine è stata presentata da Baima Bollone e Balossino come una elaborazione di una fotografia della Sindone e non di una fotografia della moneta. Se fosse vera la prima alternativa, occorrerebbe esaminare questo caso con molta attenzione.
Che almeno Baima Bollone fosse convinto, nel 1996, che l'impronta elaborata da Balossino è tanto simile alla moneta, lo si capisce dalla frase citata sopra dall'intervista a Epoca. Baima Bollone diceva che c'era una moneta "che aderisce al millesimo di millimetro, sembra quasi che si tratti dello stesso conio." Se si riferiva alla elaborazione elettronica di cui parliamo, allora non c'è bisogno di un "quasi": la moneta è proprio quella! La sua moneta di fig. 15 non è solo gemella di conio: è proprio la stessa, quella che fu messa sull'occhio sinistro di Gesù per poi scivolare sul sopraccilio e lasciare l'impronta sulla Sindone! Infatti anche le monete impresse dallo stesso conio mostrano piccole differenze che permettono di distinguerle. In questo caso, la moneta di fig. 15 è un po' fuori centro con la figura spostata a sinistra, tanto che rimane spazio a destra al di là dell'iscrizione, mentre sulla sinistra l'iscrizione deborda. Lo stesso si riscontra sull'immagine dell'elaborazione, cioè sulla Sindone. Sulla moneta ci sono lettere ben visibili e altre meno, esattamente come nell'elaborazione. E sulla moneta c'è una macchia scura a sinistra del manico del mestolo, proprio come nella elaborazione, e possiamo dedurne che la macchia c'era già nell'anno 30 d.C. benché allora la moneta fosse nuova di zecca. Questo, beninteso, se fosse vero che l'elaborazione in falsi colori proviene da una foto della Sindone, ma ci auguriamo che prima o poi arrivi una smentita...
Gian Marco Rinaldi
Ringrazio Gaetano Ciccone, Luigi Garlaschelli e Antonio Lombatti per la collaborazione.
Note
1) Sarà utile accennare a come venivano battute quelle monete. Si preparavano i due conii, cilindretti di ferro che a una estremità avevano l'incisione (speculare e in incavo) di una faccia della moneta. Un tondello di bronzo riscaldato veniva posto fra i due conii, tenuti in verticale, e si batteva sopra con un martello imprimendo le figure dei conii sul tondello. Il conio inferiore stava infisso in un basamento. Il conio superiore veniva tenuto in mano dall'operaio che batteva con il martello. I conii si rompevano o si consumavano in fretta e dovevano essere spesso sostituiti. Chi incideva le figure sui conii lavorava a mano, di solito in modo grossolano, e ogni volta le figure risultavano un po' diverse. Quindi le monete in circolazione provenivano da un gran numero di conii non identici.
Anche le monete battute con la stessa coppia di conii erano un po' diverse l'una dall'altra. La figura era spesso fuori centro perché sia il tondello sul conio inferiore, sia il conio superiore sul tondello erano posizionati a mano e in modo non preciso. Altre differenze erano dovute per esempio al metallo del tondello più o meno tenero in funzione della temperatura o della particolare composizione della lega, o alle condizioni dei conii che potevano essere più o meno consumati. In pratica, fra le monete uscite dalla zecca non se ne trovavano due che fossero perfettamente uguali. Quelle monete di Pilato, di piccolo valore, erano prodotte in modo frettoloso e con qualità di lavorazione spesso scadente. Si trovano a volte monete con errori grossolani, anche lettere sbagliate o mancanti nelle iscrizioni.
Un difetto che si può incontrare, sia pure raramente, è la "doppia battitura". Una moneta già battuta veniva battuta di nuovo con la posizione del tondello, relativamente a uno o a entrambi i conii, spostata o ruotata rispetto alla prima battitura. Ne risultavano immagini confuse con la figura doppia e sfalsata. Oggi, dopo duemila anni, le monete pervenute sono più o meno consumate ed erose. È raro che si legga bene tutta l'iscrizione.
Anche le monete battute con la stessa coppia di conii erano un po' diverse l'una dall'altra. La figura era spesso fuori centro perché sia il tondello sul conio inferiore, sia il conio superiore sul tondello erano posizionati a mano e in modo non preciso. Altre differenze erano dovute per esempio al metallo del tondello più o meno tenero in funzione della temperatura o della particolare composizione della lega, o alle condizioni dei conii che potevano essere più o meno consumati. In pratica, fra le monete uscite dalla zecca non se ne trovavano due che fossero perfettamente uguali. Quelle monete di Pilato, di piccolo valore, erano prodotte in modo frettoloso e con qualità di lavorazione spesso scadente. Si trovano a volte monete con errori grossolani, anche lettere sbagliate o mancanti nelle iscrizioni.
Un difetto che si può incontrare, sia pure raramente, è la "doppia battitura". Una moneta già battuta veniva battuta di nuovo con la posizione del tondello, relativamente a uno o a entrambi i conii, spostata o ruotata rispetto alla prima battitura. Ne risultavano immagini confuse con la figura doppia e sfalsata. Oggi, dopo duemila anni, le monete pervenute sono più o meno consumate ed erose. È raro che si legga bene tutta l'iscrizione.
2) Per avere un'idea del grado di ingrandimento in questa e in altre fotografie, va considerato che sulla Sindone la distanza fra due linee verticali dove si inverte l'andamento dello spigato è di circa un centimetro o appena superiore. Intendiamo la verticale, per il lenzuolo della Sindone, così come è verticale la figura anteriore dell'uomo.
3) I fili di ordito sono paralleli ai lati lunghi della Sindone. I fili di trama sono trasversali. Nella Sindone il filo di trama passa sopra a tre fili di ordito, sotto a uno, sopra a tre e così via.
4) Si noterà che i sindonologi cercano di vedere l'impronta non nelle riproduzioni fotografiche di buona qualità, come sarebbe logico, ma in quelle peggiori. Baima Bollone ha questa spiegazione ([5], p. 224): «Il fatto poi che le lettere della scritta spicchino soprattutto sulle copie di terza-quarta generazione è facilmente spiegabile. Infatti la ripetuta riproduzione non fa altro che esaltare i contrasti, deprimendo i toni deboli e accentuando quelli forti, con il risultato di esaltare le più fini particolarità». Anche per l'altra moneta, quella sul sopraccilio sinistro, che nessuno ha mai visto in una fotografia normale e si rivela solo nelle elaborazioni elettroniche, Baima Bollone ha detto ([7], p. 133) che il risultato si ottiene solo con la fotografia di Enrie del 1931, non con le fotografie recenti, nemmeno con quelle scattate da lui stesso.
5) Whanger commenta che «ciò è stupefacente come tutto quanto in questa saga delle monete perché è così improbabile». Infatti si rende conto di quanto fosse improbabile trovare proprio una moneta gemella di conio e spiega ([20], p. 27): «I conii di ferro duravano solo per forse mille o duemila monete e poi si deformavano o si rompevano e si doveva fare un nuovo conio. Quindi ci sono innumerevoli variazioni dello stesso disegno, molti errori e molte variazioni di posizione. Abbiamo osservato centinaia di esemplari e non ne abbiamo mai visti due uguali, nemmeno con lo stesso disegno. Quanto è davvero straordinario, quindi, trovare una moneta che è gemella di conio di quella la cui immagine è sulla Sindone!» Non gli viene il sospetto che la fortuna sia troppa.
6) Qualche numismatico ritiene che siano state trovate rarissime monete del lituo che portano la data dell'anno 16 di Tiberio, ma la questione sembra essere incerta. L'iscrizione per l'anno 17 è LIZ ma la Z si trova anche scritta simile a una S. L'iscrizione per l'anno 16 al posto della Z ha uno "stigma", un carattere arcaico dell'alfabeto greco che a volte non è chiaramente leggibile. Comunque l'eventuale variante di moneta del lituo con la data dell'anno 16 è così rara che ne sarebbero stati trovati solo cinque esemplari. I sindonologi ne hanno già trovati almeno altri tre: la prima moneta di Filas, quella trovata nel 1992 con l'errore della C secondo Baima Bollone, un'altra col lituo speculare posseduta da Mario Moroni di cui diremo. Si deve supporre che sbaglino a leggere l'iscrizione della data.
7) In almeno due pubblicazioni, Moroni dice che le monetine di Pilato erano coniate per fusione. Non c'è bisogno di essere esperti di numismatica per vedere che le monete erano ottenute per battitura.
8) Come esempio di moneta con doppia battitura, Moroni mostra proprio la foto della seconda moneta di Filas (nostra fig. 9), senza dire che per Filas si trattava invece di un esempio di una moneta con la C al posto della K.
9) Nel 1998 [2] e nel sito del CIS, Balossino mostra una foto di bassa qualità in negativo, analoga a quella di Filas ma diversa se si guarda al fine dettaglio. Nel 1997 presenta un negativo di qualità ancora peggiore (già pubblicato da Tamburelli), che nel dettaglio è a sua volta diverso dal precedente e da quello di Filas. Questo conferma che nelle foto di cattiva qualità, o che sono passate per diverse riproduzioni, le immagini risultano alterate.
10) Si vede che anche questa moneta del simpulum, come già quella del lituo, viene immaginata con l'impronta sulla Sindone ben diritta con l'asse in verticale, non ruotata, per poter far corrispondere gli andamenti orizzontali (o verticali nel caso del lituo) della tessitura con le linee orizzontali nella figura del simpulum. Baima Bollone non si meraviglia e ripete in diversi suoi libri (per esempio [8] , p. 327): «Resta tuttavia il fatto indiscutibile che l'impronta delle due monete spicca con estrema chiarezza e che la loro disposizione, esattamente secondo l'asse verticale, implica l'intenzionalità di chi le ha messe a far sì che esse, con i loro simboli, si mostrassero con tutta evidenza». Quindi dobbiamo immaginare che chi mise le monete sugli occhi fece attenzione a collocarle diritte. Si deve anche supporre che quella che era sulla palpebra sinistra sia scivolata sul sopracciglio conservando l'asse verticale.
Bibliografia
1) N. Balossino: L'immagine della Sindone. 1997.
2) N. Balossino: pp. 231-53 in Sindone: Cento anni di ricerca, a cura di B. Barberis e G.M. Zaccone, 1998
3) N. Balossino: Sindon, giugno 2000, 111-24
4) P. Baima Bollone: L'impronta di Dio, 1985
5) P. Baima Bollone: Sindone o no, 1990
6) P. Baima Bollone: Sindone: La prova, 1998
7) P. Baima Bollone: Sindon, giugno 2000, 125-35
8) P. Baima Bollone: Il mistero della Sindone, 2006
9) G. Fanti: La Sindone, 2008
10) F. Filas: Biblical Archeologist, estate 1981, 135-37
11) F. Filas: Sindon, dicembre 1983, pp. 65-73
12) E. Garello: pp. 153-55 in Sindone: Scienza e fede. Atti del Convegno nazionale di sindonologia, Bologna 1981.
13) E. Marinelli: La Sindone: Un'immagine "impossibile", 1996
14) M. Moroni: pp. 329-43 in La Sindone: Indagini scientifiche, Atti del IV Congresso Nazionale di Studi sulla Sindone, Siracusa 1987
15) M. Moroni: pp. 43-49 in La Sindone questo mistero, a cura della Delegazione Lombarda del "Centro Internazionale della Sindone di Torino", 1991
16a) M. Moroni e F. Barbesino: Apologia di un falsario, 1997
16b) http://xoomer.alice.it/sacrasindone/immagini.htm
17) M. Moroni, F. Barbesino e M. Bettinelli, 2002: http://xoomer.alice.it/sacrasindone/brasile2002_monete.htm
18) J.-M. Orenga e C. Barta, Linteum, 41, 2006. www.redentoristas.org/sabanasanta/monedas.PDF
19) G. Tamburelli: Sindon, dicembre 1985, 15-20
20) M. e A. Whanger: The Shroud of Turin: An Adventure of Discovery, 1998
21)www.sindone.it/ricerche_immagine_monete.asp?sm=sindone&check=null&ss=6&pic=info6