La Sindone di Torino, il lenzuolo di lino che reca l’immagine anteriore e posteriore di una figura antropomorfa, che alcuni ritengono il sudario di Cristo è una falsa reliquia realizzata da un abile artefice medievale che la ottenne utilizzando una tela di lino e un bassorilievo riscaldato. Una spiegazione razionale che, sin dalla prima edizione giungeva ad indicare le modalità per riprodurre l’immagine con tutte le caratteristiche identiche a quelle della Sindone di Torino; veniva anche indicata la datazione che sarebbe stata fornita dal metodo con il carbonio radioattivo. Tale tecnica è stata applicata a frammenti del telo torinese nel 1998 e il risultato, perfettamente corrispondente alla previsione, ha indicato un’età non superiore a 700 anni; nel Medioevo appunto. A questo dato i sostenitori dell’autenticità hanno risposto scompostamente tentando addirittura di invalidare un metodo che in realtà è molto moderno ed evoluto, di estesa applicazione in archeologia e antropologia, non portando altri e più nuovi sostegni e limitandosi a riformulazioni di vecchie congetture (pollini, monetine, macchie varie, inconsulti calcoli di probabilità). Ma una novità c’è! Il falsario ottenne l’immagine utilizzando il calore che è tipicamente in grado di lasciare tracce indelebili su una tela attraverso un meccanismo di ossidazione e disidratazione delle fibre del tessuto. Ed è appunto una superficiale ossidazione/disidratazione della cellulosa delle fibre di lino ad aver prodotto l’immagine, come riconosce persino il documento conclusivo del Simposio La Sindone di Torino. Passato, presente e futuro, organizzato a marzo del 2000 dalla Commissione Ostensione Sindone dell’Arcidiocesi di Torino in occasione del Giubileo.
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