7 - Cappella della Sindone, piazza San Giovanni
8 - Museo della Sindone, via San Domenico
9 - Chiesa di Maria Santissima Ausiliatrice, via Maria Ausiliatrice 32
Tra tutti i grandi e piccoli misteri di Torino, la Sindone è probabilmente il più conosciuto nel mondo, nonché quello che attira più visitatori. Ne abbiamo parlato così spesso su S&P che non vale la pena riassumere le infinite controversie sulla sua autenticità; rimandiamo per questo alla piccola bibliografia di lavori critici segnalata in fondo. La storia documentata del lenzuolo di lino, che secondo la tradizione avvolse il corpo di Gesù Cristo, inizia nel basso Medioevo, come quella di moltissime altre reliquie dello stesso genere. Esposta pubblicamente per la prima volta in Francia intorno alla metà del Trecento, nel 1453 la Sindone fu acquistata dai Savoia e nel 1578 fu trasportata a Torino, dove è custodita ancora oggi, nella stupenda cappella barocca di Guarino Guarini, adiacente al duomo cittadino. Nel 1898 venne fotografata per la prima volta: in quell'occasione si scoprì che il negativo dell'immagine aveva la curiosa caratteristica di essere più facilmente leggibile del positivo, cosa che da allora ha scatenato selvagge speculazioni sulla natura dell'immagine.
L'ultimo re d'Italia, Umberto II di Savoia, nel 1983 la lasciò in eredità al Papa, che decise di delegarne la custodia all'Arcivescovo di Torino. Nel 1988 la Chiesa cattolica decise di far sottoporre un campione di tessuto prelevato da un angolo del lenzuolo alla datazione con il carbonio 14. Tre laboratori indipendenti datarono il tessuto intorno al XIV secolo, ma questo risultato è stato ferocemente contestato dai sindonologi con le motivazioni più varie. Nel 2002 la Sindone venne sottoposta a un massiccio e controverso restauro che permise di fotografare per la prima volta il retro del lenzuolo, sul quale sono presenti immagini molto lievi del volto e delle mani. La Sindone viene mostrata periodicamente al pubblico in occasioni particolari chiamate ostensioni; l'ultima è avvenuta nel 2000, la prossima ufficiale è prevista per il 2025, anche se in città si parla di un'ostensione "speciale" che potrebbe avvenire prossimamente. La Chiesa cattolica non ha mai definito ufficialmente la Sindone una reliquia, ma sempre e soltanto un'icona, cioè un'immagine di importante significato spirituale, ma non necessariamente un oggetto autentico. D'altra parte la stessa Chiesa cattolica ha sempre guardato di buon occhio l'intensa pubblicistica che, soprattutto dopo le due ostensioni del 1998 e del 2000, ha sostenuto con teorie sempre più intricate l'autenticità del lenzuolo, attaccando frontalmente tutti gli studi scientifici che la mettevano in dubbio, a partire dall'esame al carbonio 14. La Chiesa valdese e le altre chiese protestanti, dal canto loro, ne hanno invece sempre contestato sia l'autenticità sia il valore religioso.
Come spesso accade, la bibliografia che cerca di dimostrare l'autenticità della Sindone (e, dopo il 1989, di screditare la datazione medioevale ottenuta con la tecnica del radiocarbonio) è sterminata, mentre è molto più limitata quella critica. Ecco alcuni punti di partenza per approfondire. Pesce Delfino V. (1982), E l'uomo creò la Sindone, Bari: Edizioni Dedalo. Il principale fautore della tesi del bassorilievo come tecnica di realizzazione della Sindone, il libro di Pesce Delfino è forse il primo testo critico sull'origine della Sindone comparso in italiano. Lombatti A. (2000), Sfida alla Sindone, Pontremoli: Centro Editore; Lombatti A. (1998), Il Graal e la Sindone, Milano: Mondadori. Una documentata fonte per la critica alle obiezioni di carattere storico all'origine medioevale della Sindone. L'autore è stato a lungo il direttore della rivista (critica) Approfondimento Sindone.
Papini C. (1998), Sindone: Una sfida alla scienza e alla fede, Claudiana: Torino. Copre un po' tutti gli studi sulla Sindone, da quelli scientifici a quelli storici, soffermandosi in particolare su questi ultimi. Contiene le migliori critiche alle tesi dei sindonologi. Garlaschelli G. (1998), Processo alla Sindone, Roma: Avverbi Edizioni. Un agile riassunto delle principali "prove" a carico della Sindone. Ottimo come punto di partenza o per farsi un'idea generale. Nickell J. (prima edizione 1983, seconda edizione 1987), Inquest on the Shroud of Turin, Buffalo NY (USA): Prometheus Books. Entrambe le edizioni sono ormai un po' datate, ma continua a essere il testo di riferimento per le critiche precedenti alla datazione del 1988. Replica alle tesi dei sindonologi e affronta in modo approfondito il problema della natura dell'immagine e del metodo di esecuzione. Damon P.E. et al, "Radiocarbon Dating of the Shroud of Turin", in Nature, vol. 337, n. 6208, pp. 611-615, 16 febbraio 1989. L'articolo scientifico con il risultato della datazione al radiocarbonio.
McCrone W. (1996), Judgement Day for the Turin Shroud, Chicago: Microscope Publications. L'autore era un famoso microscopista americano, che lasciò lo Shroud of Turin Research Project in polemica con i suoi colleghi. Nel discusso volume, McCrone afferma l'esistenza di pigmenti nelle zone della Sindone corrispondenti all'immagine. Rinaldi G.M., "Dossier Kuznetsov", in Scienza&Paranormale n. 43: (2002). Un aggiornamento nel numero 74 del 2007. I lavori sindonologici di uno scienziato russo si rivelano completamente inventati. Curioso che vengano ancora citati come genuini da molti sindonologi.
Non molti dei visitatori che ogni giorno ammirano la chiesa di Maria Ausiliatrice, casa madre di Salesiani di tutto il mondo, sanno che da una porticina nella navata destra si può scendere a visitare una delle più singolari collezioni di Torino. Prima ancora di entrare, la vecchina che monta la guardia alla base delle scale rivela orgogliosamente come la cripta ospiti più di cinquemila reliquie di ogni foggia e misura, di tutti i santi possibili ed immaginabili, ma anche di un buon numero di beati, venerabili ed altri personaggi minori. E se non bastasse, spiega anche che molte altre reliquie sono immagazzinate da qualche parte, in attesa di essere riordinate ed esposte. Le cappelle laterali traboccano in effetti di una collezione incredibile di teschi, tibie, femori, denti, cilici, cingoli, indefinibili pezzi di stoffa, frammenti irriconoscibili probabilmente di osso, tutti accuratamente catalogati con un piccolo cartiglio riportante, in latino, il nome del Santo. Una delle cappelle laterali, che da lontano sembra decorata un po' pacchianamente con centinaia di pezzetti di vetro incastonati nell'intonaco, ad un esame ravvicinato si rivela letteralmente rivestita di teche in miniatura, ognuna contenente un minuscolo frammento d'osso, dotato, beninteso, del regolamentare cartiglio in latino. La reliquia più importante, un frammento del legno della Vera Croce, fa bella mostra di sé al posto d'onore nell'abside, in una teca che condivide con un flacone contenente alcune gocce del sangue di Cristo. Che origine può avere una simile raccolta? Una lapide alla base delle scale, integrata con le informazioni della vecchina, permette di risolvere il piccolo mistero, scoprendo una figura curiosa: il collezionista appassionato di reliquie. A quanto pare, infatti, questa gigantesca collezione di ossa venerabili apparteneva ad un privato, che l'aveva raccolta nel corso della sua vita e lasciata in eredità alla basilica intorno al 1920. Difficile immaginare a cosa potesse assomigliare la casa di questo insolito personaggio, o come avesse fatto a convincere sua moglie ad accettare questa sua piccola, innocua mania… magari aveva riconvertito in cripta l'infernotto sotto la cantina. La collezione è talmente vasta da includere tutti i santi del calendario (e molti altri: chi scrive ha passato alcuni minuti spensierati e un po' irrispettosi a cercare il santo col nome più improbabile, fermandosi infine soddisfatto davanti alla falange di San Gengulfo); per facilitare il pellegrino disorientato, in una specie di bacheca d'onore vicino all'ingresso viene esposta, ogni mattina, la "Reliquia del Giorno". Torino avrà anche la fama di città funerea e vagamente iettatoria, ma certo che qualche volta se la va proprio un po' a cercare...
8 - Museo della Sindone, via San Domenico
9 - Chiesa di Maria Santissima Ausiliatrice, via Maria Ausiliatrice 32
Tra tutti i grandi e piccoli misteri di Torino, la Sindone è probabilmente il più conosciuto nel mondo, nonché quello che attira più visitatori. Ne abbiamo parlato così spesso su S&P che non vale la pena riassumere le infinite controversie sulla sua autenticità; rimandiamo per questo alla piccola bibliografia di lavori critici segnalata in fondo. La storia documentata del lenzuolo di lino, che secondo la tradizione avvolse il corpo di Gesù Cristo, inizia nel basso Medioevo, come quella di moltissime altre reliquie dello stesso genere. Esposta pubblicamente per la prima volta in Francia intorno alla metà del Trecento, nel 1453 la Sindone fu acquistata dai Savoia e nel 1578 fu trasportata a Torino, dove è custodita ancora oggi, nella stupenda cappella barocca di Guarino Guarini, adiacente al duomo cittadino. Nel 1898 venne fotografata per la prima volta: in quell'occasione si scoprì che il negativo dell'immagine aveva la curiosa caratteristica di essere più facilmente leggibile del positivo, cosa che da allora ha scatenato selvagge speculazioni sulla natura dell'immagine.
L'ultimo re d'Italia, Umberto II di Savoia, nel 1983 la lasciò in eredità al Papa, che decise di delegarne la custodia all'Arcivescovo di Torino. Nel 1988 la Chiesa cattolica decise di far sottoporre un campione di tessuto prelevato da un angolo del lenzuolo alla datazione con il carbonio 14. Tre laboratori indipendenti datarono il tessuto intorno al XIV secolo, ma questo risultato è stato ferocemente contestato dai sindonologi con le motivazioni più varie. Nel 2002 la Sindone venne sottoposta a un massiccio e controverso restauro che permise di fotografare per la prima volta il retro del lenzuolo, sul quale sono presenti immagini molto lievi del volto e delle mani. La Sindone viene mostrata periodicamente al pubblico in occasioni particolari chiamate ostensioni; l'ultima è avvenuta nel 2000, la prossima ufficiale è prevista per il 2025, anche se in città si parla di un'ostensione "speciale" che potrebbe avvenire prossimamente. La Chiesa cattolica non ha mai definito ufficialmente la Sindone una reliquia, ma sempre e soltanto un'icona, cioè un'immagine di importante significato spirituale, ma non necessariamente un oggetto autentico. D'altra parte la stessa Chiesa cattolica ha sempre guardato di buon occhio l'intensa pubblicistica che, soprattutto dopo le due ostensioni del 1998 e del 2000, ha sostenuto con teorie sempre più intricate l'autenticità del lenzuolo, attaccando frontalmente tutti gli studi scientifici che la mettevano in dubbio, a partire dall'esame al carbonio 14. La Chiesa valdese e le altre chiese protestanti, dal canto loro, ne hanno invece sempre contestato sia l'autenticità sia il valore religioso.
Bibliografia critica
Come spesso accade, la bibliografia che cerca di dimostrare l'autenticità della Sindone (e, dopo il 1989, di screditare la datazione medioevale ottenuta con la tecnica del radiocarbonio) è sterminata, mentre è molto più limitata quella critica. Ecco alcuni punti di partenza per approfondire. Pesce Delfino V. (1982), E l'uomo creò la Sindone, Bari: Edizioni Dedalo. Il principale fautore della tesi del bassorilievo come tecnica di realizzazione della Sindone, il libro di Pesce Delfino è forse il primo testo critico sull'origine della Sindone comparso in italiano. Lombatti A. (2000), Sfida alla Sindone, Pontremoli: Centro Editore; Lombatti A. (1998), Il Graal e la Sindone, Milano: Mondadori. Una documentata fonte per la critica alle obiezioni di carattere storico all'origine medioevale della Sindone. L'autore è stato a lungo il direttore della rivista (critica) Approfondimento Sindone.
Papini C. (1998), Sindone: Una sfida alla scienza e alla fede, Claudiana: Torino. Copre un po' tutti gli studi sulla Sindone, da quelli scientifici a quelli storici, soffermandosi in particolare su questi ultimi. Contiene le migliori critiche alle tesi dei sindonologi. Garlaschelli G. (1998), Processo alla Sindone, Roma: Avverbi Edizioni. Un agile riassunto delle principali "prove" a carico della Sindone. Ottimo come punto di partenza o per farsi un'idea generale. Nickell J. (prima edizione 1983, seconda edizione 1987), Inquest on the Shroud of Turin, Buffalo NY (USA): Prometheus Books. Entrambe le edizioni sono ormai un po' datate, ma continua a essere il testo di riferimento per le critiche precedenti alla datazione del 1988. Replica alle tesi dei sindonologi e affronta in modo approfondito il problema della natura dell'immagine e del metodo di esecuzione. Damon P.E. et al, "Radiocarbon Dating of the Shroud of Turin", in Nature, vol. 337, n. 6208, pp. 611-615, 16 febbraio 1989. L'articolo scientifico con il risultato della datazione al radiocarbonio.
McCrone W. (1996), Judgement Day for the Turin Shroud, Chicago: Microscope Publications. L'autore era un famoso microscopista americano, che lasciò lo Shroud of Turin Research Project in polemica con i suoi colleghi. Nel discusso volume, McCrone afferma l'esistenza di pigmenti nelle zone della Sindone corrispondenti all'immagine. Rinaldi G.M., "Dossier Kuznetsov", in Scienza&Paranormale n. 43: (2002). Un aggiornamento nel numero 74 del 2007. I lavori sindonologici di uno scienziato russo si rivelano completamente inventati. Curioso che vengano ancora citati come genuini da molti sindonologi.
Torino macabra: collezionisti di reliquie
Non molti dei visitatori che ogni giorno ammirano la chiesa di Maria Ausiliatrice, casa madre di Salesiani di tutto il mondo, sanno che da una porticina nella navata destra si può scendere a visitare una delle più singolari collezioni di Torino. Prima ancora di entrare, la vecchina che monta la guardia alla base delle scale rivela orgogliosamente come la cripta ospiti più di cinquemila reliquie di ogni foggia e misura, di tutti i santi possibili ed immaginabili, ma anche di un buon numero di beati, venerabili ed altri personaggi minori. E se non bastasse, spiega anche che molte altre reliquie sono immagazzinate da qualche parte, in attesa di essere riordinate ed esposte. Le cappelle laterali traboccano in effetti di una collezione incredibile di teschi, tibie, femori, denti, cilici, cingoli, indefinibili pezzi di stoffa, frammenti irriconoscibili probabilmente di osso, tutti accuratamente catalogati con un piccolo cartiglio riportante, in latino, il nome del Santo. Una delle cappelle laterali, che da lontano sembra decorata un po' pacchianamente con centinaia di pezzetti di vetro incastonati nell'intonaco, ad un esame ravvicinato si rivela letteralmente rivestita di teche in miniatura, ognuna contenente un minuscolo frammento d'osso, dotato, beninteso, del regolamentare cartiglio in latino. La reliquia più importante, un frammento del legno della Vera Croce, fa bella mostra di sé al posto d'onore nell'abside, in una teca che condivide con un flacone contenente alcune gocce del sangue di Cristo. Che origine può avere una simile raccolta? Una lapide alla base delle scale, integrata con le informazioni della vecchina, permette di risolvere il piccolo mistero, scoprendo una figura curiosa: il collezionista appassionato di reliquie. A quanto pare, infatti, questa gigantesca collezione di ossa venerabili apparteneva ad un privato, che l'aveva raccolta nel corso della sua vita e lasciata in eredità alla basilica intorno al 1920. Difficile immaginare a cosa potesse assomigliare la casa di questo insolito personaggio, o come avesse fatto a convincere sua moglie ad accettare questa sua piccola, innocua mania… magari aveva riconvertito in cripta l'infernotto sotto la cantina. La collezione è talmente vasta da includere tutti i santi del calendario (e molti altri: chi scrive ha passato alcuni minuti spensierati e un po' irrispettosi a cercare il santo col nome più improbabile, fermandosi infine soddisfatto davanti alla falange di San Gengulfo); per facilitare il pellegrino disorientato, in una specie di bacheca d'onore vicino all'ingresso viene esposta, ogni mattina, la "Reliquia del Giorno". Torino avrà anche la fama di città funerea e vagamente iettatoria, ma certo che qualche volta se la va proprio un po' a cercare...