Esistono molecole composte di due parti: una che ama l'acqua (idrofila), l'altra che la respinge (idrofoba). Quando molte di queste molecole entrano in contatto in un ambiente acquoso, tendono a unirsi in un modo particolare: le parti idrofobe si serrano aderendo le une alle altre, quelle idrofile si espongono invece all'acqua, creando così un doppio strato. Ne nasce una conformazione che, scossa dai movimenti ondosi, ha la naturale propensione a racchiudersi su se stessa, formando una membrana di forma sferica. Queste molecole, oggi molto diffuse, sono i fosfolipidi (particolari tipi di grassi) e costituiscono più del 50 per cento delle nostre membrane cellulari. La loro origine ancora una volta potrebbe essere imputabile alle rocce vaganti nello spazio (asteroidi e planetesimi), che portarono sulla Terra una buona consistenza di metano ghiacciato. Quest'ultimo, sciolto nei mari, subì l'attacco dei raggi ultravioletti e fu trasformato in un immenso strato di idrocarburi condensati (secondo il ricercatore Dick Holland, dell'Università di Harvard, nei mari della preistoria si sarebbe formato uno strato spesso vari metri). Gli idrocarburi furono a loro volta lentamente demoliti dalla radiazione solare, parzialmente ossidati e solubilizzati. Alla fine del processo pertanto sulla superficie degli oceani rimasero larghe chiazze oleose che, per effetto del moto ondoso o della pioggia, diedero origine a un'infinità di sferule, o sacche. E forse fu questa l'"invenzione" fondamentale nella storia della vita, perché in questo modo apparentemente semplice e spontaneo vennero a crearsi dei "luoghi privilegiati" per l'evoluzione. Un involucro di tali dimensioni avrebbe infatti potuto consentire la concentrazione al suo interno di molte molecole, che poterono così incontrarsi e interagire, proprio come avviene in provetta. Anche i chimici, del resto, hanno bisogno di provette per mettere a contatto i vari composti e innescare reazioni che, altrimenti si disperderebbero in grandi spazi, annullandosi.