Tutta la nostra vita è condizionata, senza che ce ne accorgiamo, da premi e da punizioni.
Cioè da motivazioni profonde che ci fanno agire e che regolano ogni nostro comportamento, anche quando pensiamo di prendere decisioni in piena autonomia e indipendenza.
Nel nostro cervello infatti abbiamo memorizzato un'enorme quantità di esperienze, positive e negative, in base alle quali formuliamo dei giudizi su ciò che vediamo (agendo poi di conseguenza).
Il nostro cervello registra automaticamente gli avvenimenti che provocano in noi particolari emozioni. Se provate a passare rapidamente in rassegna "il film della vostra vita" cioè i ricordi che avete accumulato negli anni o nei decenni, vi renderete conto che si tratta sempre di avvenimenti legati a situazioni emotive (piacevoli oppure spiacevoli).
Ad esempio: nascite, funerali, matrimoni, incidenti, viaggi, amori, separazioni, vincite, malattie, successi e insuccessi (nella scuola, nel lavoro, nella vita familiare), figuracce, litigate, lutti, regali, esperienze sessuali, guadagni, pericoli corsi eccetera. Perché tutte queste cose riescono a imprimersi più facilmente nella memoria?
Quando scatta l'allarme
Perché il nostro cervello (attraverso una lunghissima storia evolutiva di centinaia di milioni di anni) si è man mano strutturato per rispondere nel migliore dei modi al problema numero uno di un organismo: sopravvivere. E sopravvive meglio chi impara (attraverso la memorizzazione e l'esperienza) a evitare le cose negative e a ottenere quelle positive. Ad esempio a procurarsi del cibo e a evitare un predatore.
Quando ci troviamo in una situazione emotiva, sia essa piacevole o spiacevole (del tipo di quelle elencate prima), scatta un allarme, e nella nostra corteccia cerebrale si diffondono delle particolari sostanze chimiche stimolate da una zona arcaica sottostante, il sistema limbico, che presiede alle emozioni e all'affettività. Sono queste sostanze, sembra, a permettere il fissaggio a lungo termine delle memorie, grazie a vere e proprie crescite di nuovi "rametti" nervosi.
Queste memorie rimangono ancor più impresse perché ogni tanto, ripensandoci, noi le riattiviamo e le rinforziamo (così come avviene per il ripasso di una poesia).
Riempiendo man mano il nostro cervello di queste esperienze creiamo una griglia mentale attraverso la quale passano le nuove percezioni: esse vengono immediatamente confrontate con le esperienze precedenti e catalogate in utili/non utili, buone/cattive, gradevoli/sgradevoli, portatrici di premi o di punizioni.
L'ottovolante e il concerto
Naturalmente i giudizi possono variare a seconda delle esperienze personali degli individui: un giro in ottovolante può essere una gioia o una sofferenza (una serata al concerto può essere un premio o una punizione, a seconda della cultura musicale di chi ci va).
Va anche detto che in uno stesso individuo possono esservi conflitti interni, dovuti al fatto che premi e punizioni premono in modo diverso. Si può essere attratti da qualcosa che la morale ha insegnato essere disdicevole. Si può essere tentati di rincorrere delle gratificazioni che sono contrarie all'educazione ricevuta. O ci si può trovare nella situazione di dover prendere una decisione scegliendo tra due spinte contrastanti.
Sono "casi di coscienza", nei quali solitamente (ma non sempre) prende il sopravvento il riflesso più forte, più radicato: ma a prezzo di esitazioni e di tormenti.
Conflitti interni
Tutto ciò avviene anche perché nel nostro ecosistema cerebrale si affollano tantissime "spinte" di origine diversa: quelle che provengono dalle zone arcaiche del paleoencefalo, cioè gli istinti, quelle che provengono dall'area delle emozioni e dell'affettività, il limbico, e quelle (molto più articolate e complesse) che sono immagazzinate nella corteccia cerebrale (la parte "pensante" e razionale del cervello).
È evidente che queste spinte spesso premono in direzioni diverse, o magari opposte, alla ricerca di gratificazioni differenti, creando contraddizioni e conflitti. Soprattutto quando i "pesi" si equivalgono e la bilancia del comportamento non riesce a pendere decisamente da una parte o dall'altra.
Piero Angela Giornalista e scrittore
Cioè da motivazioni profonde che ci fanno agire e che regolano ogni nostro comportamento, anche quando pensiamo di prendere decisioni in piena autonomia e indipendenza.
Nel nostro cervello infatti abbiamo memorizzato un'enorme quantità di esperienze, positive e negative, in base alle quali formuliamo dei giudizi su ciò che vediamo (agendo poi di conseguenza).
Il nostro cervello registra automaticamente gli avvenimenti che provocano in noi particolari emozioni. Se provate a passare rapidamente in rassegna "il film della vostra vita" cioè i ricordi che avete accumulato negli anni o nei decenni, vi renderete conto che si tratta sempre di avvenimenti legati a situazioni emotive (piacevoli oppure spiacevoli).
Ad esempio: nascite, funerali, matrimoni, incidenti, viaggi, amori, separazioni, vincite, malattie, successi e insuccessi (nella scuola, nel lavoro, nella vita familiare), figuracce, litigate, lutti, regali, esperienze sessuali, guadagni, pericoli corsi eccetera. Perché tutte queste cose riescono a imprimersi più facilmente nella memoria?
Quando scatta l'allarme
Perché il nostro cervello (attraverso una lunghissima storia evolutiva di centinaia di milioni di anni) si è man mano strutturato per rispondere nel migliore dei modi al problema numero uno di un organismo: sopravvivere. E sopravvive meglio chi impara (attraverso la memorizzazione e l'esperienza) a evitare le cose negative e a ottenere quelle positive. Ad esempio a procurarsi del cibo e a evitare un predatore.
Quando ci troviamo in una situazione emotiva, sia essa piacevole o spiacevole (del tipo di quelle elencate prima), scatta un allarme, e nella nostra corteccia cerebrale si diffondono delle particolari sostanze chimiche stimolate da una zona arcaica sottostante, il sistema limbico, che presiede alle emozioni e all'affettività. Sono queste sostanze, sembra, a permettere il fissaggio a lungo termine delle memorie, grazie a vere e proprie crescite di nuovi "rametti" nervosi.
Queste memorie rimangono ancor più impresse perché ogni tanto, ripensandoci, noi le riattiviamo e le rinforziamo (così come avviene per il ripasso di una poesia).
Riempiendo man mano il nostro cervello di queste esperienze creiamo una griglia mentale attraverso la quale passano le nuove percezioni: esse vengono immediatamente confrontate con le esperienze precedenti e catalogate in utili/non utili, buone/cattive, gradevoli/sgradevoli, portatrici di premi o di punizioni.
L'ottovolante e il concerto
Naturalmente i giudizi possono variare a seconda delle esperienze personali degli individui: un giro in ottovolante può essere una gioia o una sofferenza (una serata al concerto può essere un premio o una punizione, a seconda della cultura musicale di chi ci va).
Va anche detto che in uno stesso individuo possono esservi conflitti interni, dovuti al fatto che premi e punizioni premono in modo diverso. Si può essere attratti da qualcosa che la morale ha insegnato essere disdicevole. Si può essere tentati di rincorrere delle gratificazioni che sono contrarie all'educazione ricevuta. O ci si può trovare nella situazione di dover prendere una decisione scegliendo tra due spinte contrastanti.
Sono "casi di coscienza", nei quali solitamente (ma non sempre) prende il sopravvento il riflesso più forte, più radicato: ma a prezzo di esitazioni e di tormenti.
Conflitti interni
Tutto ciò avviene anche perché nel nostro ecosistema cerebrale si affollano tantissime "spinte" di origine diversa: quelle che provengono dalle zone arcaiche del paleoencefalo, cioè gli istinti, quelle che provengono dall'area delle emozioni e dell'affettività, il limbico, e quelle (molto più articolate e complesse) che sono immagazzinate nella corteccia cerebrale (la parte "pensante" e razionale del cervello).
È evidente che queste spinte spesso premono in direzioni diverse, o magari opposte, alla ricerca di gratificazioni differenti, creando contraddizioni e conflitti. Soprattutto quando i "pesi" si equivalgono e la bilancia del comportamento non riesce a pendere decisamente da una parte o dall'altra.
Piero Angela Giornalista e scrittore