Asma bronchiale: curare i sintomi o la malattia? Una provocazione

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  • 23-07-2012
  • di Giorgio Dobrilla
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©Deviant Art - starlightairways
Uno studio controllato in pazienti con asma bronchiale realizzato da Michael E. Wechsler e colleghi e pubblicato da poco su The New England Journal of Medicine, ha riproposto la classica questione se è sufficiente curare i sintomi del paziente o se è bene incidere anche sui meccanismi che sostengono i sintomi[1].
Grazie a un protocollo complesso, quarantasei asmatici ben informati e consenzienti erano trattati a rotazione con: 1. inalazione di farmaco broncodilatatore attivo (albuterolo, o, come è meglio noto nel resto del mondo, salbutamolo); 2. inalazione di placebo (spray farmacologicamente inerte); 3. agopuntura attuata con punti non ortodossi scelti a caso e 4. nessun trattamento, costituito dall’attesa in ambulatorio fino all’attenuazione spontanea dell’asma.
Parametro “soggettivo” di giudizio d’efficacia era il benessere sintomatico denunciato dai pazienti stessi durante i singoli trattamenti (di cui ignoravano la natura come rigorosamente vuole il doppio cieco del protocollo).
Parametro “oggettivo” era l’entità dello spasmo bronchiale che è responsabile dell’asma, valutato mediante un test respiratorio (spirometria).
È risultato dallo studio che lo spray sia del broncodilatatore attivo sia di quello placebico, così come l’agopuntura che prescinde dai meridiani codificati, procurano ai pazienti un sollievo sintomatico significativo equivalente. Sul broncospasmo, invece, soltanto il broncodilatatore “vero” risulta efficace.
Ne deriva che il rapporto tra broncospasmo e asma non è così stretto, poiché trattamenti che non modificano per nulla la costrizione delle vie respiratorie possono risultare altrettanto benefici della terapia che il broncospasmo lo attenua davvero. Al contrario, il non-trattamento è risultato inefficace sia sui sintomi sia sul test spirometrico.
Questa discrepanza tra sintomi e modifica oggettiva del meccanismo base, che tra l’altro riconferma la potenzialità dell’effetto placebo, non riguarda solo l’asma, ma una serie di altre patologie come schizofrenia, depressione, mal di testa, mal di schiena, gonartrosi, Parkinson, alcune malattie autoimmuni, malattie infiammatorie croniche intestinali. Infatti, in queste e in altre condizioni, la cura farmacologicamente attiva su uno o più fattori responsabili dei sintomi, per quanto riguarda i disturbi percepiti dal paziente risulta molte volte non più efficace, e talora persino meno efficace, dei trattamenti placebici.
Da qui la disputa se è preferibile la terapia patient-centered, quella cioè che fa star meglio il paziente modificandone solo la percezione dei sintomi, o quella che convince di più il medico (terapia doctor-centered), la quale si propone non solo di alleviare i sintomi ma anche di correggerne il substrato scatenante e le possibili conseguenze a distanza. I fautori in buona fede delle medicine alternative hanno un altro studio su cui meditare.

Note

1) Wechsler M.E. et al. 2011. “Active albuterol or placebo, sham acupuncture, or no intervention in asthma”. The New England Journal of Medicine, (2) 365, pp. 119-126, doi: 10.1056/NEJMoa1103319
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