31 gennaio 2012, ore 10:30, Milano, pieno centro. Una Renault con targa francese, lanciata a forte velocità, rischia di investire un pedone. Due vigili urbani, in servizio anticontraffazione in borghese a bordo di un'auto civetta, iniziano un inseguimento nel traffico cittadino. I fuggitivi, raggiunti, speronano lateralmente gli inseguitori gettandoli fuori strada e l'auto della Polizia Locale si ferma sul marciapiede, urtando violentemente alcuni paletti.
I criminali riescono a ripartire, investendo uno dei vigili scesi dalla loro macchina semidistrutta. Il secondo agente spara alcuni colpi di pistola, ma la Renault scompare. Il vigile ferito viene trasportato al pronto soccorso in codice giallo, l'auto della Polizia Locale è ridotta a un rottame e i bossoli tra i binari del tram testimoniano la sparatoria. Poco dopo, la Renault viene ritrovata nel parcheggio di un supermercato, danneggiata e con due gomme forate. Dei criminali nessuna traccia, ma la refurtiva viene recuperata: due corni di rinoceronte, rapinati poco prima a un noto antiquario nelle vicinanze di Via Torino, sono ancora sul sedile anteriore.
18 novembre 2011, ore 9:30, Milano, Museo di Storia Naturale. I primi visitatori della giornata, entrati da pochi minuti, non hanno ancora raggiunto la sala numero 8. Qui, un improvviso e forte rumore attira l'attenzione di un custode, che accorre immediatamente.
Un uomo sta scappando, ormai troppo lontano per essere bloccato. Riesce a fuggire attraverso un'uscita di servizio (attualmente non più praticabile…), mentre il custode si rende conto che il pannello laterale di una vetrina è stato divelto e che il corno di rinoceronte è scomparso. Il danno non è grave, perché gli addetti della sezione di zoologia dei vertebrati lo avevano preventivamente sostituito con una fedele copia in plastica, realizzata allo scopo, mettendo al sicuro il prezioso corno originale.
Insieme ad altre misure di sicurezza, la decisione di sostituire il corno era stata presa in seguito alle informazioni divulgate da altri musei scientifici e case d'asta nel corso del 2011. I primi furti si erano verificati nei musei sudafricani. In febbraio, un trofeo di rinoceronte era stato rubato in una casa d'aste inglese. All'inizio di marzo, un corno era stato sottratto al Museo di Storia Naturale di Rouen, in Francia.
In aprile, al Museo Universitario di Coimbra, in Portogallo, erano stati trafugati due corni risalenti al XVIII secolo. In maggio, una testa di rinoceronte era scomparsa dall'Educational Museum di Haslemere, in Inghilterra. In Belgio, il Museo di Zoologia di Liegi aveva subito in giugno un analogo ma maldestro furto, con recupero del bottino ma con gravi danni al reperto. Il mese di giugno 2011 aveva visto i ladri in azione anche in Italia, al Museo Zoologico La Specola di Firenze, dove erano stati sottratti tre corni, uno dei quali appartenente al rarissimo rinoceronte di Sumatra: un danno grave e irreparabile per l'antico museo fiorentino. In luglio, un'altra testa di rinoceronte era stata rubata al Museo di Storia Naturale di Blois, ancora in Francia.
Le ragioni di questa serie di furti, verosimilmente eseguiti su commissione per conto di organizzazioni criminali internazionali, sono presto elencate: le superstizioni legate alle presunte, ma del tutto inesistenti, proprietà medicinali e afrodisiache del corno di rinoceronte; la sempre maggiore difficoltà di scovare e uccidere rinoceronti in natura; la crescente disponibilità di denaro nei Paesi orientali, dove le suddette superstizioni sono fortemente radicate, con conseguente aumento della domanda di corno; le relativamente scarse misure di sicurezza all'interno della maggior parte dei musei scientifici, di solito considerati poco attraenti per i criminali e il cui patrimonio è spesso sottovalutato dagli stessi enti amministratori.
Anni fa, la richiesta di corno di rinoceronte interessava soprattutto la Cina, Taiwan, la Corea del Sud, il Giappone e lo Yemen. Attualmente invece la maggior parte del traffico si concentra in Vietnam: si stima che in quel paese, nel corso del 2011, sia entrata almeno una tonnellata di corno, equivalente a centinaia di animali abbattuti. In Vietnam si può trovare corno di rinoceronte ovunque, nei centri di medicina tradizionale e nelle case private, ma anche negli ospedali, nei negozi e nei bar di Hanoi. Qui, se volete, ve ne preparano una porzione sfregandone un frammento contro il fondo ruvido di un apposito piattino di ceramica, insieme con dell'acqua. La mistura insapore che ne risulta viene servita in bicchieri da liquore e può essere molto utile, vi dicono, per curare praticamente qualunque malanno, dalla sbronza al tumore, ma anche soltanto per mantenervi in buona salute. A farne uso sono persone di ogni tipo, spesso con elevato grado di istruzione, compresi medici che hanno compiuto i loro studi in Occidente. Non importa che la cheratina, la sostanza proteica di cui è fatto il corno, non abbia dato nessun risultato nei pochi studi scientifici volti ad accertarne le presunte proprietà terapeutiche. Non importa nemmeno che si tratti della stessa identica sostanza di cui sono fatte le corna delle vacche, gli zoccoli, le unghie e i peli di qualunque mammifero, uomo incluso, oltre alle penne e al becco degli uccelli o alle squame dei rettili.
Il risultato è che il corno di rinoceronte può rendere, sul mercato nero, il doppio dell'oro e più della cocaina: parecchie decine di migliaia di dollari al chilogrammo. Un singolo animale fornisce diversi chilogrammi di materiale, per un corrispettivo di centinaia di migliaia di euro. Non stupisce quindi che la caccia a questi animali non venga condotta soltanto da alcuni sprovveduti bracconieri che tentano disperatamente di sopravvivere in qualche poverissimo paese africano, bensì da una criminalità organizzata dotata di elicotteri, moderne armi di grosso calibro, organizzazione paramilitare e grande capacità di penetrazione negli alti livelli della società, attraverso la corruzione.
Quella che si combatte attualmente nelle pianure africane, per proteggere gli ultimi rinoceronti selvatici, è una guerra che vede l'impiego di pesanti fucili automatici e che provoca vittime - umane - da entrambe le parti. I ranger vengono addestrati da ex militari professionisti con alle spalle missioni in Iraq. Qualunque strategia che abbia una possibilità di funzionare viene messa in campo. Si è provato a tagliare ai rinoceronti il loro corno, per eliminare il motivo della loro caccia illegale. Alcuni di questi animali sono stati massacrati ugualmente, per rappresaglia. Altri sono stati uccisi dopo qualche tempo, quando il corno era in parte ricresciuto. Inoltre, il corno ai rinoceronti serve: secondo alcuni studi, le femmine che ne sono prive non riescono a proteggere sufficientemente i loro piccoli dai predatori. Si è provato a dipingere il corno con colori improbabili, diffondendo contemporaneamente la diceria che, così trattato, il corno stesso sarebbe tossico. Niente, però, sembra fermare la strage: nel solo Sudafrica, sono stati uccisi 13 rinoceronti nel 2007, 83 nel 2008, 333 nel 2010, circa 400 nel 2011.
C'è anche chi alleva rinoceronti come investimento a lungo termine: tagliando il corno a 8-10 centimetri dalla base, nel giro di un paio di anni esso ricresce. In questo modo, si sostiene, si possono avere contemporaneamente rinoceronti vivi e corno da vendere legalmente, utilizzando poi almeno una parte dei cospicui proventi per iniziative di tutela di questi animali. Questo permetterebbe anche, vendendo il corno a prezzo contenuto, di abbassarne il valore disincentivando la caccia illegale. Ma anche queste "fattorie dei rinoceronti" vengono prese d'assalto dai bracconieri, per i quali il forte profitto immediato è quello che conta.
Quanti rinoceronti rimangono? Delle cinque specie esistenti, due vivono in Africa: il rinoceronte nero (Diceros bicornis) e il rinoceronte bianco (Ceratotherium simum). Le altre tre si trovano in Asia meridionale: il rinoceronte indiano (Rhinoceros unicornis), quello di Giava (Rhinoceros sondaicus) e quello di Sumatra (Dicerorhinus sumatrensis). Del rinoceronte indiano esistevano, all'inizio del XX secolo, soltanto circa 200 esemplari scampati alla caccia, mentre oggi sono 2.700, protetti nei parchi nazionali dell'India settentrionale e del Nepal. Il rinoceronte di Sumatra conta circa 200 esemplari, forse solo 150, che sopravvivono in piccole popolazioni tra Indonesia e Malesia, scarsamente protetti. Del rinoceronte di Giava rimane solo una trentina di esemplari nella parte occidentale dell'isola omonima; in Vietnam, sembra che l'ultimo esemplare in natura sia stato ucciso nel 2010. Le specie africane sono decisamente più numerose, sebbene siano scomparse in gran parte del continente. Del rinoceronte nero esistono circa 4.200 esemplari, più del doppio rispetto agli anni novanta. Il rinoceronte bianco conta più di 20.000 animali (erano 17.470 nel 2007): senz'altro un successo dei programmi di tutela, anche perché negli ultimi anni sono stati fatti importanti progressi nel campo della riproduzione in cattività.
Per quanto riguarda le due specie africane, sembrerebbero dati incoraggianti, ma il continuo aumento dei casi di bracconaggio, con tutto quello che comporta la spietata criminalità collegata, non induce all'ottimismo. Fino a quando importanti personalità politiche del sud-est asiatico continueranno a sostenere di essere guarite dal cancro grazie al corno di rinoceronte, difficilmente la richiesta potrà diminuire.
La sottospecie occidentale del rinoceronte nero (Diceros bicornis longipes) è ormai estinta. La sottospecie settentrionale del rinoceronte bianco (Ceratotherium simum cottoni) sopravvive con soli sette esemplari: quattro di essi, radunati in Kenya e privati dei loro corni, protetti da guardie armate, sono i protagonisti di un disperato tentativo di riproduzione programmata.
Al Museo di Storia Naturale di Milano, all'interno di un diorama, potete ammirare un rarissimo rinoceronte bianco settentrionale, abbattuto in Congo nel 1924. Se vi venisse qualche tentazione, vi conviene rinunciare in partenza: non riuscireste nemmeno ad avvicinarvi ai suoi due corni. A Milano, per i ladri, il corno di rinoceronte porta sfiga.
Giorgio Bardelli
Museo di Storia Naturale di Milano
I criminali riescono a ripartire, investendo uno dei vigili scesi dalla loro macchina semidistrutta. Il secondo agente spara alcuni colpi di pistola, ma la Renault scompare. Il vigile ferito viene trasportato al pronto soccorso in codice giallo, l'auto della Polizia Locale è ridotta a un rottame e i bossoli tra i binari del tram testimoniano la sparatoria. Poco dopo, la Renault viene ritrovata nel parcheggio di un supermercato, danneggiata e con due gomme forate. Dei criminali nessuna traccia, ma la refurtiva viene recuperata: due corni di rinoceronte, rapinati poco prima a un noto antiquario nelle vicinanze di Via Torino, sono ancora sul sedile anteriore.
18 novembre 2011, ore 9:30, Milano, Museo di Storia Naturale. I primi visitatori della giornata, entrati da pochi minuti, non hanno ancora raggiunto la sala numero 8. Qui, un improvviso e forte rumore attira l'attenzione di un custode, che accorre immediatamente.
Un uomo sta scappando, ormai troppo lontano per essere bloccato. Riesce a fuggire attraverso un'uscita di servizio (attualmente non più praticabile…), mentre il custode si rende conto che il pannello laterale di una vetrina è stato divelto e che il corno di rinoceronte è scomparso. Il danno non è grave, perché gli addetti della sezione di zoologia dei vertebrati lo avevano preventivamente sostituito con una fedele copia in plastica, realizzata allo scopo, mettendo al sicuro il prezioso corno originale.
Insieme ad altre misure di sicurezza, la decisione di sostituire il corno era stata presa in seguito alle informazioni divulgate da altri musei scientifici e case d'asta nel corso del 2011. I primi furti si erano verificati nei musei sudafricani. In febbraio, un trofeo di rinoceronte era stato rubato in una casa d'aste inglese. All'inizio di marzo, un corno era stato sottratto al Museo di Storia Naturale di Rouen, in Francia.
In aprile, al Museo Universitario di Coimbra, in Portogallo, erano stati trafugati due corni risalenti al XVIII secolo. In maggio, una testa di rinoceronte era scomparsa dall'Educational Museum di Haslemere, in Inghilterra. In Belgio, il Museo di Zoologia di Liegi aveva subito in giugno un analogo ma maldestro furto, con recupero del bottino ma con gravi danni al reperto. Il mese di giugno 2011 aveva visto i ladri in azione anche in Italia, al Museo Zoologico La Specola di Firenze, dove erano stati sottratti tre corni, uno dei quali appartenente al rarissimo rinoceronte di Sumatra: un danno grave e irreparabile per l'antico museo fiorentino. In luglio, un'altra testa di rinoceronte era stata rubata al Museo di Storia Naturale di Blois, ancora in Francia.
Le ragioni di questa serie di furti, verosimilmente eseguiti su commissione per conto di organizzazioni criminali internazionali, sono presto elencate: le superstizioni legate alle presunte, ma del tutto inesistenti, proprietà medicinali e afrodisiache del corno di rinoceronte; la sempre maggiore difficoltà di scovare e uccidere rinoceronti in natura; la crescente disponibilità di denaro nei Paesi orientali, dove le suddette superstizioni sono fortemente radicate, con conseguente aumento della domanda di corno; le relativamente scarse misure di sicurezza all'interno della maggior parte dei musei scientifici, di solito considerati poco attraenti per i criminali e il cui patrimonio è spesso sottovalutato dagli stessi enti amministratori.
Anni fa, la richiesta di corno di rinoceronte interessava soprattutto la Cina, Taiwan, la Corea del Sud, il Giappone e lo Yemen. Attualmente invece la maggior parte del traffico si concentra in Vietnam: si stima che in quel paese, nel corso del 2011, sia entrata almeno una tonnellata di corno, equivalente a centinaia di animali abbattuti. In Vietnam si può trovare corno di rinoceronte ovunque, nei centri di medicina tradizionale e nelle case private, ma anche negli ospedali, nei negozi e nei bar di Hanoi. Qui, se volete, ve ne preparano una porzione sfregandone un frammento contro il fondo ruvido di un apposito piattino di ceramica, insieme con dell'acqua. La mistura insapore che ne risulta viene servita in bicchieri da liquore e può essere molto utile, vi dicono, per curare praticamente qualunque malanno, dalla sbronza al tumore, ma anche soltanto per mantenervi in buona salute. A farne uso sono persone di ogni tipo, spesso con elevato grado di istruzione, compresi medici che hanno compiuto i loro studi in Occidente. Non importa che la cheratina, la sostanza proteica di cui è fatto il corno, non abbia dato nessun risultato nei pochi studi scientifici volti ad accertarne le presunte proprietà terapeutiche. Non importa nemmeno che si tratti della stessa identica sostanza di cui sono fatte le corna delle vacche, gli zoccoli, le unghie e i peli di qualunque mammifero, uomo incluso, oltre alle penne e al becco degli uccelli o alle squame dei rettili.
Il risultato è che il corno di rinoceronte può rendere, sul mercato nero, il doppio dell'oro e più della cocaina: parecchie decine di migliaia di dollari al chilogrammo. Un singolo animale fornisce diversi chilogrammi di materiale, per un corrispettivo di centinaia di migliaia di euro. Non stupisce quindi che la caccia a questi animali non venga condotta soltanto da alcuni sprovveduti bracconieri che tentano disperatamente di sopravvivere in qualche poverissimo paese africano, bensì da una criminalità organizzata dotata di elicotteri, moderne armi di grosso calibro, organizzazione paramilitare e grande capacità di penetrazione negli alti livelli della società, attraverso la corruzione.
Quella che si combatte attualmente nelle pianure africane, per proteggere gli ultimi rinoceronti selvatici, è una guerra che vede l'impiego di pesanti fucili automatici e che provoca vittime - umane - da entrambe le parti. I ranger vengono addestrati da ex militari professionisti con alle spalle missioni in Iraq. Qualunque strategia che abbia una possibilità di funzionare viene messa in campo. Si è provato a tagliare ai rinoceronti il loro corno, per eliminare il motivo della loro caccia illegale. Alcuni di questi animali sono stati massacrati ugualmente, per rappresaglia. Altri sono stati uccisi dopo qualche tempo, quando il corno era in parte ricresciuto. Inoltre, il corno ai rinoceronti serve: secondo alcuni studi, le femmine che ne sono prive non riescono a proteggere sufficientemente i loro piccoli dai predatori. Si è provato a dipingere il corno con colori improbabili, diffondendo contemporaneamente la diceria che, così trattato, il corno stesso sarebbe tossico. Niente, però, sembra fermare la strage: nel solo Sudafrica, sono stati uccisi 13 rinoceronti nel 2007, 83 nel 2008, 333 nel 2010, circa 400 nel 2011.
C'è anche chi alleva rinoceronti come investimento a lungo termine: tagliando il corno a 8-10 centimetri dalla base, nel giro di un paio di anni esso ricresce. In questo modo, si sostiene, si possono avere contemporaneamente rinoceronti vivi e corno da vendere legalmente, utilizzando poi almeno una parte dei cospicui proventi per iniziative di tutela di questi animali. Questo permetterebbe anche, vendendo il corno a prezzo contenuto, di abbassarne il valore disincentivando la caccia illegale. Ma anche queste "fattorie dei rinoceronti" vengono prese d'assalto dai bracconieri, per i quali il forte profitto immediato è quello che conta.
Quanti rinoceronti rimangono? Delle cinque specie esistenti, due vivono in Africa: il rinoceronte nero (Diceros bicornis) e il rinoceronte bianco (Ceratotherium simum). Le altre tre si trovano in Asia meridionale: il rinoceronte indiano (Rhinoceros unicornis), quello di Giava (Rhinoceros sondaicus) e quello di Sumatra (Dicerorhinus sumatrensis). Del rinoceronte indiano esistevano, all'inizio del XX secolo, soltanto circa 200 esemplari scampati alla caccia, mentre oggi sono 2.700, protetti nei parchi nazionali dell'India settentrionale e del Nepal. Il rinoceronte di Sumatra conta circa 200 esemplari, forse solo 150, che sopravvivono in piccole popolazioni tra Indonesia e Malesia, scarsamente protetti. Del rinoceronte di Giava rimane solo una trentina di esemplari nella parte occidentale dell'isola omonima; in Vietnam, sembra che l'ultimo esemplare in natura sia stato ucciso nel 2010. Le specie africane sono decisamente più numerose, sebbene siano scomparse in gran parte del continente. Del rinoceronte nero esistono circa 4.200 esemplari, più del doppio rispetto agli anni novanta. Il rinoceronte bianco conta più di 20.000 animali (erano 17.470 nel 2007): senz'altro un successo dei programmi di tutela, anche perché negli ultimi anni sono stati fatti importanti progressi nel campo della riproduzione in cattività.
Per quanto riguarda le due specie africane, sembrerebbero dati incoraggianti, ma il continuo aumento dei casi di bracconaggio, con tutto quello che comporta la spietata criminalità collegata, non induce all'ottimismo. Fino a quando importanti personalità politiche del sud-est asiatico continueranno a sostenere di essere guarite dal cancro grazie al corno di rinoceronte, difficilmente la richiesta potrà diminuire.
La sottospecie occidentale del rinoceronte nero (Diceros bicornis longipes) è ormai estinta. La sottospecie settentrionale del rinoceronte bianco (Ceratotherium simum cottoni) sopravvive con soli sette esemplari: quattro di essi, radunati in Kenya e privati dei loro corni, protetti da guardie armate, sono i protagonisti di un disperato tentativo di riproduzione programmata.
Al Museo di Storia Naturale di Milano, all'interno di un diorama, potete ammirare un rarissimo rinoceronte bianco settentrionale, abbattuto in Congo nel 1924. Se vi venisse qualche tentazione, vi conviene rinunciare in partenza: non riuscireste nemmeno ad avvicinarvi ai suoi due corni. A Milano, per i ladri, il corno di rinoceronte porta sfiga.
Giorgio Bardelli
Museo di Storia Naturale di Milano