Un Nobel all’omeopatia

  • In Articoli
  • 30-04-2011
  • di Salvo Di Grazia
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©Prolineserver
Nelle ultime settimane imbattersi in una discussione sull’omeopatia vuol dire affrontare questo argomento: persino un premio Nobel per la medicina, il francese Luc Montagnier a cui il premio è stato conferito per aver isolato il virus HIV, ha effettuato degli esperimenti che confermano le basi della più diffusa pratica alternativa al mondo ed appoggiano una teoria fino ad oggi smentita dalla scienza: la memoria dell’acqua.

Possibile che un premio Nobel confermi sperimentalmente l’omeopatia? I fatti sono un po’ diversi da come vengono spesso raccontati ed è bene quindi ripercorrere la vicenda. Luc Montagnier ha pubblicato uno studio intitolato “Electromagnetic signals are produced by aqueous nanostructures derived from bacterial DNA” ovvero “Segnali elettromagnetici prodotti da nanostrutture in acqua derivate da DNA batterico”.

Il titolo dice poco. In soldoni Montagnier avrebbe osservato che diluendo in maniera infinitesimale (utilizzando una diluizione omeopatica decimale) alcuni batteri (Mycoplasma pirum), questi seppur diluiti emettevano onde elettromagnetiche che potevano essere captate da un sistema di registrazione sonora. La conclusione potrebbe essere quindi che anche se un solvente (l’acqua) non presenta più traccia di sostanza attiva (in questo caso i batteri) ne conserva in qualche modo la memoria e la prova è proprio l’emissione di segnali elettromagnetici.

In una seconda parte della ricerca Montagnier effettua un esperimento che ricorda quelli di un Benveniste (il protagonista dello “scandalo” svelato da James Randi della memoria dell’acqua pubblicato su Nature) ormai a fine carriera. Montagnier si è sempre definito un amico di Benveniste, spesso ricordato come suo maestro. Una soluzione di batteri (sempre ultradiluita) che emette segnali elettromagnetici, se avvicinata ad un’altra che non contiene nessun batterio nemmeno ad alta diluizione, la “contagia” e trasmette a distanza le sue proprietà. Così anche questa seconda soluzione diventerà capace di trasmettere segnali elettromagnetici. In alcune conferenze questo secondo esperimento è stato definito “teletrasporto delle molecole” e Montagnier ha promesso di pubblicare in maniera più specifica i dati relativi a questo studio.

Tornando al primo, se lo studio fosse ben fatto e corretto in effetti si tratterebbe della tanto e sinora invano attesa prova dell’esistenza della memoria dell’acqua. Ipotesi affascinante quindi, ma lo studio fa...acqua da tutte le parti.

Formalmente si tratta di una pubblicazione scritta male (contenente anche errori nell’inglese con il quale è scritta) in una rivista di scarsa importanza (Interdisciplinary Sciences: Computational Life Sciences) che ha un editore cinese e come responsabile editoriale...Luc Montagnier. Già, proprio lui. In pratica il premio Nobel ha pubblicato in una rivista che egli stesso dirige: non proprio il massimo della neutralità ed infatti non stupisce che un lavoro che ha la pretesa di sconvolgere chimica, fisica e medicina sia stato accettato e pubblicato in soli tre giorni quando in genere possono trascorrere anche diversi mesi prima di una revisione completa di uno studio importante. Curioso come l’inizio dell’abstract (il riassunto della ricerca) esordisca con “è stata scoperta una nuova proprietà del DNA” (sarebbe quella di emettere segnali elettromagnetici) quando lo studio in questione fa sorgere più di un dubbio sulla correttezza delle conclusioni. In effetti affermare di aver scoperto una “nuova proprietà del DNA” appare piuttosto pretenzioso alla luce di quello che si può leggere nello studio. Ma oltre l’aspetto formale della vicenda colpisce anche la metodologia utilizzata per svolgere l’esperimento. Per “captare” le presunte onde elettromagnetiche emesse da questi batteri ultradiluiti Montagnier ha utilizzato un metodo piuttosto grezzo. Ha messo il liquido (quello che conterrebbe i batteri ultradiluiti) in una provetta, ha posto la provetta in mezzo ad una bobina di rame che ha collegato con un cavo ad un amplificatore e questo con un altro cavo è stato collegato ad un computer che, fornito di scheda audio e programma di registrazione suoni, ha registrato i rumori elettronici provenienti (ha concluso lui) dalla provetta.

Con un mezzo di “registrazione” così improvvisato ed imperfetto, concludere che i “suoni” registrati provenissero dalla provetta è sicuramente arbitrario ed inaccettabile. Gli errori di metodo sono tanti e rilevanti: nessuna schermatura particolare, nessuna taratura specifica e disturbi che potevano provenire da qualsiasi fonte esterna, i rumori di fondo (provenienti persino da altri computer o da telefoni cellulari) possono essere stati tantissimi. Lo stesso Montagnier sottolinea nel suo lavoro che i suoni erano più potenti quando il PC era collegato all’alimentazione di rete e si attenuavano quando questa veniva staccata utilizzando la batteria del PC. Lo scienziato inoltre ha provato a brevettare la sua “macchina” che però non è stata accettata dall’ufficio brevetti perché apparentemente senza utilità.

Insomma, dal punto di vista metodologico questo lavoro è davvero scadente e non sorprende che non sia stato minimamente considerato dalla comunità scientifica internazionale, che forse ha risparmiato critiche feroci solo per rispetto nei confronti di un già premio Nobel. Di fronte all’indifferenza del mondo accademico, Montagnier ha annunciato che trasferirà in Cina i suoi studi sull’argomento regalando ai cinesi, che definisce più aperti e pronti ad accettare le innovazioni, i suoi risultati.

Gli omeopati hanno invece cantato vittoria. Se persino Montagnier ha sperimentato la memoria dell’acqua e vi è pure una ricerca a testimoniarlo, finalmente l’omeopatia è dimostrata. Chiuso il discorso. In realtà, se leggiamo bene lo studio, ammettendone la correttezza, esso fornisce la prova che l’omeopatia che troviamo negli scaffali delle farmacie è assolutamente inefficace (o in alternativa che lo studio in questione smentisce i dogmi principali di questa pratica).

Parliamo sempre di ciò che è scritto nella ricerca. Si dice ad esempio che i “batteri ultradiluiti” cessavano di emettere segnali elettromagnetici dopo 48 ore. Ciò vorrebbe dire che dopo due giorni dalla preparazione una sostanza omeopatica smetterebbe di mantenere le sue proprietà. Quindi, attenendosi ai dati di Montagnier, i prodotti omeopatici in vendita dovrebbero essere ritirati. Si dice anche che solo i batteri patogeni per l’uomo emettevano queste onde, mentre quelli inoffensivi no. Prima di tutto bisognerebbe spiegare come faccia la memoria dell’acqua a distinguere i batteri patogeni da quelli non pericolosi e di come possa riconoscere solo i batteri patogeni per l’uomo quando gli stessi batteri potrebbero essere patogeni per esempio per gli animali. Un’acqua con memoria “specifica”? Quindi l’omeopatia non potrebbe funzionare sugli animali...

Infine il colpo di grazia all’omeopatia, cito il testo dello studio:

Le prime basse diluizioni erano solitamente negative, evidenziando solo la presenza del rumore di fondo. I segnali positivi si ottenevano solitamente a diluzioni comprese in un range tra 10-5 fino a 10-8 o 10-12. Diluizioni maggiori erano nuovamente negative”.

Le emissioni si sono cioè ottenute con le diluizioni 10-5, 10-8 e 10-12 per quella più bassa e quelle più alte nessun segnale elettromagnetico, niente, silenzio. Ciò vuol dire che non è vero che più si diluisce una sostanza e più questa è efficace come dicono gli omeopati e significa anche che le uniche diluizioni efficaci sarebbero quelle contenute in quel range di diluizione e né quelle meno né quelle più diluite hanno dimostrato nello studio di possedere un acqua con la celebre memoria omeopatica. Insomma, più che appoggiare le teorie di Hahnemann questo studio (ammettendone con molta buona volontà la correttezza) le smentisce. La prossima volta che un omeopata proverà a citarlo avvertitelo.

Bibliografia


Interdiscip Sci Comput Life Sci (2009) 1: 81-90
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