L'ufologia è una disciplina recente, ma gli ufologi sono andati a caccia di avvistamenti anche nel nostro lontano passato, e la civiltà dell'antico Egitto occupa un posto di primo piano nelle loro ricerche. Tra i monumenti della città sacra di Abydos (vicino all'attuale al-Balyana) si trovano alcune iscrizioni che hanno destato la curiosità degli ufologi e degli appassionati di OOPArt (Out Of Place Artifacts, oggetti incompatibili con la tecnologia dell'epoca a cui vengono attribuiti): su una parete del tempio principale si vedono dei geroglifici che sembrano raffigurare oggetti moderni come un disco volante, un carro armato e un elicottero militare Apache, uno dei modelli attualmente usati dall'esercito statunitense. Le iscrizioni risalgono alla XIX dinastia egizia, ovvero al XIII secolo avanti Cristo, e costituirebbero la testimonianza di un incontro ravvicinato con una civiltà tecnologicamente molto più avanzata di quella dei faraoni. La somiglianza dei geroglifici con gli oggetti citati è davvero sorprendente ed è stata fonte di ispirazione anche al di fuori dell'ufologia: nel film Stargate i protagonisti vengono trasportati su un pianeta alieno chiamato Abydos. Se però proviamo a inserire le figure in un contesto più ampio, notiamo subito alcune incongruenze: i geroglifici misteriosi sono infatti parte di un testo più grande, che si estende sull'intera parete della stanza; per poterli interpretare correttamente è necessario leggere e decifrare l'intero testo, che in nessun punto fa riferimento a oggetti volanti, tecnologie avanzate o altri fenomeni inspiegabili. I segni misteriosi appaiono quindi decisamente fuori posto e completamente indecifrabili, perché non corrispondono ad alcun simbolo geroglifico conosciuto. Come sono finiti all'interno di una iscrizione ufficiale di un tempio, e chi li ha realizzati? Anche gli oggetti raffigurati lasciano qualche dubbio: se il disco volante può venire interpretato come una prova dei contatti tra gli alieni e la civiltà egizia, il carro armato e l'elicottero Apache sono più difficili da collocare; perché degli esseri che disponevano di tecnologie per noi difficili da immaginare avrebbero fatto uso di banalissimi strumenti di guerra del XXI secolo? A questo punto sarebbe più semplice ipotizzare che si tratti di veicoli provenienti dal futuro, piuttosto che da altri mondi. In attesa di ritrovare un geroglifico raffigurante la DeLorean di Ritorno al Futuro, a dimostrazione della possibilità di viaggiare nel tempo, possiamo comunque cercare di fare un po' di luce sul mistero chiedendo aiuto agli egittologi.
Marcello Garbagnati, autore del portale Egittologia.net, e Marco Chioffi, archeologo esperto di scrittura geroglifica, spiegano che tra i faraoni era molto diffusa la pratica di modificare i testi scritti dai loro predecessori, specialmente all'interno dei templi. In alcuni casi si trattava di una rottura netta con un passato che si voleva dimenticare; ad esempio le insegne del faraone Akhenaton furono completamente distrutte dai suoi successori, che volevano cancellare ogni traccia della sua fallita rivoluzione religiosa e ripristinare gli antichi culti. Più spesso, il faraone aggiornava semplicemente le scritte rituali, per riferirle a se stesso e sottolineare l'avvenuto passaggio dei poteri. Un po' come oggi fa un dirigente che, appena insediatosi nel nuovo ufficio, sostituisce la targhetta fuori della porta e cambia i quadri alle pareti. Le iscrizioni misteriose di Abydos, che sono in realtà delle incisioni a bassorilievo, presentano proprio questa caratteristica: il vecchio testo è stato coperto con uno strato di intonaco su cui sono state realizzate le nuove decorazioni. Col tempo, l'intonaco si è sgretolato, lasciando comparire una parte delle iscrizioni sottostanti. Gli archeologi in questi casi si trovano di fronte a un mix di diversi testi, difficile da interpretare se non si ha un'ottima conoscenza della lingua egizia. Per i turisti che visitano il tempio è molto difficile notare che le scritte si trovano su più livelli sovrapposti, perché sono poste nella parte alta della stanza e illuminate da luce artificiale, che crea numerosi effetti di ombra e confonde l'occhio. Se però si ha la possibilità di osservarle da vicino, si vede chiaramente che il testo è composto su più livelli. Ad esempio, è possibile riconoscere che il simbolo del disco volante è in realtà la sovrapposizione di ben tre geroglifici, che corrispondono ai segni che gli scribi utilizzavano per la bocca (corrispondente al suono "r"), il braccio (corrispondente ad un suono usualmente trascritto con la lettera "a"), e il cestino, che rappresenta il suono "k", ma può indicare anche l'aggettivo "tuo" o il pronome "tu". Con molta pazienza è possibile ricostruire in maniera completa almeno due dei testi sovrapposti: si tratta di due titoli regali appartenenti ai faraoni che hanno contribuito alla costruzione del tempio. Il più antico è quello di Seti I, che era definito «colui che respinge i Nove Archi», che rappresentano i nove tradizionali nemici dell'Egitto. Il suo successore Ramesse II sostituì il titolo con il proprio, «colui che protegge l'Egitto e porta alla disfatta dei paesi stranieri». Sulla parete si intravedono anche altri simboli appartenenti ad un terzo testo, ma sono troppo frammentari per poterne ricostruire il significato. Di avvistamenti alieni, però, non rimane alcuna traccia.
Marcello Garbagnati, autore del portale Egittologia.net, e Marco Chioffi, archeologo esperto di scrittura geroglifica, spiegano che tra i faraoni era molto diffusa la pratica di modificare i testi scritti dai loro predecessori, specialmente all'interno dei templi. In alcuni casi si trattava di una rottura netta con un passato che si voleva dimenticare; ad esempio le insegne del faraone Akhenaton furono completamente distrutte dai suoi successori, che volevano cancellare ogni traccia della sua fallita rivoluzione religiosa e ripristinare gli antichi culti. Più spesso, il faraone aggiornava semplicemente le scritte rituali, per riferirle a se stesso e sottolineare l'avvenuto passaggio dei poteri. Un po' come oggi fa un dirigente che, appena insediatosi nel nuovo ufficio, sostituisce la targhetta fuori della porta e cambia i quadri alle pareti. Le iscrizioni misteriose di Abydos, che sono in realtà delle incisioni a bassorilievo, presentano proprio questa caratteristica: il vecchio testo è stato coperto con uno strato di intonaco su cui sono state realizzate le nuove decorazioni. Col tempo, l'intonaco si è sgretolato, lasciando comparire una parte delle iscrizioni sottostanti. Gli archeologi in questi casi si trovano di fronte a un mix di diversi testi, difficile da interpretare se non si ha un'ottima conoscenza della lingua egizia. Per i turisti che visitano il tempio è molto difficile notare che le scritte si trovano su più livelli sovrapposti, perché sono poste nella parte alta della stanza e illuminate da luce artificiale, che crea numerosi effetti di ombra e confonde l'occhio. Se però si ha la possibilità di osservarle da vicino, si vede chiaramente che il testo è composto su più livelli. Ad esempio, è possibile riconoscere che il simbolo del disco volante è in realtà la sovrapposizione di ben tre geroglifici, che corrispondono ai segni che gli scribi utilizzavano per la bocca (corrispondente al suono "r"), il braccio (corrispondente ad un suono usualmente trascritto con la lettera "a"), e il cestino, che rappresenta il suono "k", ma può indicare anche l'aggettivo "tuo" o il pronome "tu". Con molta pazienza è possibile ricostruire in maniera completa almeno due dei testi sovrapposti: si tratta di due titoli regali appartenenti ai faraoni che hanno contribuito alla costruzione del tempio. Il più antico è quello di Seti I, che era definito «colui che respinge i Nove Archi», che rappresentano i nove tradizionali nemici dell'Egitto. Il suo successore Ramesse II sostituì il titolo con il proprio, «colui che protegge l'Egitto e porta alla disfatta dei paesi stranieri». Sulla parete si intravedono anche altri simboli appartenenti ad un terzo testo, ma sono troppo frammentari per poterne ricostruire il significato. Di avvistamenti alieni, però, non rimane alcuna traccia.