Mani mozzate di nemici sconfitti

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  • 22-06-2023
  • di Mattia Mancini
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© Gresky, J. et al./Scientific Reports
el 2011, la missione archeologica austriaca diretta da Manfred Bietak e Irene Forstner-Müller aveva effettuato a Tell el-Dab’a, in Egitto, un ritrovamento decisamente macabro: mani mozzate sepolte nel cortile di un palazzo. Il sito indagato si trova nel Delta nord orientale del Nilo e corrisponde all’antica Avaris, la capitale della XV dinastia (1640-1530 a.C.). In quel periodo di crisi del potere centrale e rottura dell’unità territoriale, gli Hyksos (forma grecizzata dell'egiziano Hekau khasut, ovvero “Capi dei paesi stranieri”), popolazioni asiatiche che erano penetrate gradualmente nel nord dell’Egitto, riuscirono perfino a conquistare l’egemonia nell’area e a nominare propri faraoni.

Tornando alla scoperta, tanto macabra quanto importante, uno studio bioarcheologico recentemente pubblicato su Nature[1], fornisce ora nuove informazioni. La pratica del taglio degli arti dei nemici sconfitti e la conseguente offerta di questi trofei al faraone vittorioso era infatti nota finora solo da fonti scritte o iconografiche di periodi successivi, come papiri, autobiografie in tombe di generali e rilievi templari del Nuovo Regno (1550-1069 a.C. circa).

Le mani scoperte a Tell el-Dab’a erano deposte in tre fosse scavate di fronte alla sala del trono di un palazzo costruito durante la XV dinastia e appartenevano a un numero di individui adulti che va da un minimo di 12 a un massimo di 18. Il riconoscimento non è stato semplice perché le mani complete sono solo 11 e, a causa del cattivo stato di conservazione dovuto all’umidità del terreno del Delta, il resto delle ossa disarticolate non è riconducibile a identificazioni sicure. Per lo stesso motivo, non è stato possibile effettuare esami genetici non essendosi conservati campioni di DNA utilizzabili, ma l’analisi osteologica ha comunque portato a riconoscere 11 maschi e una possibile donna. Quest’ultimo dato non deve stupire più di tanto perché, a discapito dei luoghi comuni, nel corso della storia egiziana più di un personaggio femminile ha ricoperto importanti ruoli politici, diplomatici e perfino militari.

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© Gresky, J. et al./Scientific Reports
Non è chiaro se il taglio sia stato effettuato prima o dopo la morte perché mancano i segni dell’incisione per via della certosina asportazione delle ossa dell’avambraccio, evidentemente effettuata con un’incisione sull’articolazione radio-carpica. Per quanto riguarda la disposizione delle 11 mani complete, invece, otto erano sul palmo e tre sul dorso, sei con le dita allargate, quattro chiuse e una non determinabile.

Secondo i ricercatori coinvolti nello studio, vista anche la posizione strategica delle fosse, il taglio sarebbe da ricondurre, più che a una punizione, a una cerimonia pubblica di origine asiatica, introdotta in Egitto dagli Hyksos e adottata dalla società locale. Non è un caso che, circa 50-80 anni dopo, durante il regno del faraone Ahmose, l’iniziatore del Nuovo Regno che da Tebe (l’odierna Luxor) prese Avaris e riunificò il paese, si vedano le prime attestazioni nelle fonti egizie. Ne sono esempi proprio i rilievi nel suo tempio funerario ad Abido e le autobiografie di alcuni suoi ufficiali, come Ahmose figlio di Ibana e Ahmose Pennekhbet, riportate nelle relative tombe nella necropoli di El-Kab (80 chilometri a sud di Luxor).

Ma la testimonianza più nota di questa pratica cruenta è sulle pareti del tempio funerario di Ramesse III (1186-1155 a.C.) a Medinet Habu, Tebe Ovest, in cui sono raffigurati soldati egiziani mentre presentano al cospetto del re interi mucchi di mani mozzate (ma anche di peni…) per permettere il conteggio dei nemici stranieri abbattuti e ricevere l’oro dell’onore, ma anche per rendere inefficace la minaccia estera nell’aldilà, mantenendo così salvo l’ordine cosmico.

Note

1) Gresky J., Bietak M., Petiti E. et al, 2023. “First osteological evidence of severed hands in Ancient Egypt”, in Scientific Reports n. 13

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