L'evoluzionismo biologico darwiniano è una teoria scientifica. È cioè un modello teorico in grado di spiegare una enorme mole di fatti sperimentali in modo efficace, coerente e con un minimo di ipotesi. Essa ha ricevuto innumerevoli conferme sperimentali di tipo paleontologico, biogeografico (distribuzione geografica di specie viventi), embriologico, anatomico e biochimico. L'importanza di questa teoria nella biologia contemporanea è stata efficacemente sintetizzata dal genetista Theodosius Dobzhansky che ha affermato: «nulla ha senso in biologia se non è visto sub specie evolutionis». Nonostante i suoi successi però, al di fuori dell'ambiente strettamente scientifico, la teoria darwiniana è difficilmente accettata, viene spesso fraintesa e ancora oggi, a distanza di 200 anni dalla nascita di Darwin, suscita reazioni ideologiche che conducono a vere e proprie crociate contro di essa. Lo stesso Darwin si era reso perfettamente conto delle difficoltà che la sua teoria avrebbe incontrato e il 21 settembre 1871, in una lettera indirizzata all'amico Thomas Henry Huxley, scriveva: «Sarà una lunga battaglia, anche dopo che saremo morti e sepolti… grande è il potere del fraintendimento».
L'idea secondo la quale da mutazioni casuali filtrate dalla selezione effettuata dall'ambiente possano nascere strutture incredibilmente complesse è sicuramente controintuitiva e anche di questo lo stesso Darwin era perfettamente consapevole. Ma vi sono molte altre teorie scientifiche altrettanto controintuitive: pensiamo alla relatività o alla meccanica quantistica. Ma nessuna di queste ha mai suscitato reazioni analoghe. Non esistono movimenti antiquantistici o antirelativistici, mentre sappiamo bene quanto forti e agguerriti siano i movimenti antievoluzionisti. Viene quindi spontaneo chiedersi: perché?
Fino a qualche tempo fa questa domanda poteva trovare un senso solo dal punto di vista sociologico, ma difficilmente poteva ricevere una risposta di tipo sperimentale. Recenti ricerche scientifiche hanno tuttavia reso possibile cercare di azzardare una possibile risposta. Già nel 1986 il noto zoologo evoluzionista Richard Dawkins, nel suo celebre libro L'orologiaio cieco, aveva avanzato una singolare ipotesi: «è quasi come se il cervello umano fosse stato specificatamente progettato per fraintendere il darwinismo e per giudicarlo difficile da credere».
La tesi di Dawkins viene ripresa e sviluppata dai tre autori di Nati per credere. Vittorio Girotto è uno psicologo cognitivo che insegna all'università di Venezia. Telmo Pievani insegna filosofia della scienza presso l'Università Bicocca di Milano ed è specializzato in biologia evoluzionistica e filosofia della biologia. Giorgio Vallortigara insegna all'Università di Trento e dirige il Laboratorio di cognizione animale e neuro-scienze dello stesso ateneo. Mettendo insieme le loro specifiche competenze, i tre ricercatori sostengono, basandosi su convincenti ricerche e solide argomentazioni, la tesi che dà il titolo al libro: siamo nati per credere.
Il nostro cervello non è affatto una tabula rasa che verrà progressivamente riempita dall'esperienza e dall'insegnamento che riceveremo. Fin dalla nascita possediamo modelli innati che ci consentono di fornire un'interpretazione di quello che ci accade intorno. Alla base di queste interpretazioni vi è l'applicazione inconsapevole di alcune procedure rapide ed economiche, ma che spesso possono condurre a valutazioni errate. Tali procedure sono state definite dallo psicologo Herbert Simon (1916-2001) euristiche. Le euristiche sono scorciatoie mentali, che abbiamo acquisito evolutivamente, che spesso sono utilissime alla sopravvivenza, ma che altrettanto spesso ci fanno commettere errori. Una tipica euristica è il ragionamento per analogia che spesso ci porta a confondere causalità e semplice correlazione o addirittura a confondere cause ed effetti. Queste erronee valutazioni sono evidenti nel pensiero magico, nelle superstizioni, nelle medicine alternative (pensiamo all'omeopatia e alla "legge dei simili"), ma sono sempre in agguato anche nell'ambito scientifico e anche la persona più razionale non ne è affatto immune.
Un'euristica particolarmente potente, precoce e universale, è la tendenza a vedere il mondo in termini di scopi e disegni intenzionali. Numerosi esperimenti hanno mostrato che i bambini tendono spontaneamente ad attribuire finalità non solo agli artefatti umani ("le forbici servono a tagliare") e alle parti degli esseri viventi ("gli occhi servono a vedere"), ma anche a fenomeni e oggetti naturali inanimati ("le nuvole servono a far piovere"). Tale tendenza è stata chiamata da Keleman teleologia promiscua, in quanto genera una confusione di domini. I vantaggi evolutivi di tale tendenza sono evidenti: meglio cauti che morti. Se si vede un ramo spezzato è più prudente considerarlo il segno del recente passaggio di un predatore o di un nemico piuttosto che il risultato di un evento fisico naturale, come il vento.
Altri studi evidenziano l'esistenza di un dualismo intuitivo che ci fa trattare come entità separate gli oggetti fisici e gli oggetti mentali. Con la conseguenza di poter concepire corpi privi di mente e menti prive di corpo. Da tale dualismo deriverebbero tutte le credenze soprannaturali: divinità, spiriti, sopravvivenza dopo la morte. Si evidenzia inoltre una "ipertrofia del sistema che tratta gli oggetti animati" con la conseguente tendenza a inferire e attribuire desideri e obiettivi anche laddove questi non esistono affatto.
Per tutti questi motivi le spiegazioni creazioniste risulterebbero molto più cognitivamente persuasive rispetto al ragionamento darwiniano, decisamente più difficile da accettare. Come si legge nel libro: «In questo modo, la nostra attrezzatura biologicamente predisposta alla lettura intenzionale di una porzione della realtà, quella relativa agli oggetti animati, che è stata resa possibile dal lavoro di scultura delle nostre menti da parte della selezione naturale, è la stessa che, paradossalmente, ci rende così difficile capire e accettare il meccanismo di funzionamento della selezione naturale».
Nel libro di Girotto, Pievani e Vallortigara viene prestata particolare attenzione allo studio dell'origine delle credenze religiose e dei sentimenti morali. E la teoria darwiniana, suffragata da recenti studi di psicologia cognitiva, di neuroscienze e di etologia, consente di fornirne una convincente interpretazione.
In definitiva Nati per credere mostra come la teoria di Darwin riesca anche a spiegare la diffusa ostilità verso se stessa, confermando in tal modo tutta la sua potenza esplicativa.
Un libro intrigante, ricchissimo di informazioni su affascinanti ricerche, che andrebbe letto con attenzione sia dai non credenti che dai credenti, ma che sicuramente non può essere ignorato da tutti coloro che si occupano di false credenze e che si impegnano affinché la voce chiarificatrice della scienza possa avere la meglio sul pregiudizio, sull'oscurantismo e sulla superstizione (non a caso, un po' beffardamente, la copertina del libro presenta una evidente banda viola e raffigura un ciondolo scaramantico a forma di mano che fa le corna).
L'idea secondo la quale da mutazioni casuali filtrate dalla selezione effettuata dall'ambiente possano nascere strutture incredibilmente complesse è sicuramente controintuitiva e anche di questo lo stesso Darwin era perfettamente consapevole. Ma vi sono molte altre teorie scientifiche altrettanto controintuitive: pensiamo alla relatività o alla meccanica quantistica. Ma nessuna di queste ha mai suscitato reazioni analoghe. Non esistono movimenti antiquantistici o antirelativistici, mentre sappiamo bene quanto forti e agguerriti siano i movimenti antievoluzionisti. Viene quindi spontaneo chiedersi: perché?
Fino a qualche tempo fa questa domanda poteva trovare un senso solo dal punto di vista sociologico, ma difficilmente poteva ricevere una risposta di tipo sperimentale. Recenti ricerche scientifiche hanno tuttavia reso possibile cercare di azzardare una possibile risposta. Già nel 1986 il noto zoologo evoluzionista Richard Dawkins, nel suo celebre libro L'orologiaio cieco, aveva avanzato una singolare ipotesi: «è quasi come se il cervello umano fosse stato specificatamente progettato per fraintendere il darwinismo e per giudicarlo difficile da credere».
La tesi di Dawkins viene ripresa e sviluppata dai tre autori di Nati per credere. Vittorio Girotto è uno psicologo cognitivo che insegna all'università di Venezia. Telmo Pievani insegna filosofia della scienza presso l'Università Bicocca di Milano ed è specializzato in biologia evoluzionistica e filosofia della biologia. Giorgio Vallortigara insegna all'Università di Trento e dirige il Laboratorio di cognizione animale e neuro-scienze dello stesso ateneo. Mettendo insieme le loro specifiche competenze, i tre ricercatori sostengono, basandosi su convincenti ricerche e solide argomentazioni, la tesi che dà il titolo al libro: siamo nati per credere.
Il nostro cervello non è affatto una tabula rasa che verrà progressivamente riempita dall'esperienza e dall'insegnamento che riceveremo. Fin dalla nascita possediamo modelli innati che ci consentono di fornire un'interpretazione di quello che ci accade intorno. Alla base di queste interpretazioni vi è l'applicazione inconsapevole di alcune procedure rapide ed economiche, ma che spesso possono condurre a valutazioni errate. Tali procedure sono state definite dallo psicologo Herbert Simon (1916-2001) euristiche. Le euristiche sono scorciatoie mentali, che abbiamo acquisito evolutivamente, che spesso sono utilissime alla sopravvivenza, ma che altrettanto spesso ci fanno commettere errori. Una tipica euristica è il ragionamento per analogia che spesso ci porta a confondere causalità e semplice correlazione o addirittura a confondere cause ed effetti. Queste erronee valutazioni sono evidenti nel pensiero magico, nelle superstizioni, nelle medicine alternative (pensiamo all'omeopatia e alla "legge dei simili"), ma sono sempre in agguato anche nell'ambito scientifico e anche la persona più razionale non ne è affatto immune.
Un'euristica particolarmente potente, precoce e universale, è la tendenza a vedere il mondo in termini di scopi e disegni intenzionali. Numerosi esperimenti hanno mostrato che i bambini tendono spontaneamente ad attribuire finalità non solo agli artefatti umani ("le forbici servono a tagliare") e alle parti degli esseri viventi ("gli occhi servono a vedere"), ma anche a fenomeni e oggetti naturali inanimati ("le nuvole servono a far piovere"). Tale tendenza è stata chiamata da Keleman teleologia promiscua, in quanto genera una confusione di domini. I vantaggi evolutivi di tale tendenza sono evidenti: meglio cauti che morti. Se si vede un ramo spezzato è più prudente considerarlo il segno del recente passaggio di un predatore o di un nemico piuttosto che il risultato di un evento fisico naturale, come il vento.
Altri studi evidenziano l'esistenza di un dualismo intuitivo che ci fa trattare come entità separate gli oggetti fisici e gli oggetti mentali. Con la conseguenza di poter concepire corpi privi di mente e menti prive di corpo. Da tale dualismo deriverebbero tutte le credenze soprannaturali: divinità, spiriti, sopravvivenza dopo la morte. Si evidenzia inoltre una "ipertrofia del sistema che tratta gli oggetti animati" con la conseguente tendenza a inferire e attribuire desideri e obiettivi anche laddove questi non esistono affatto.
Per tutti questi motivi le spiegazioni creazioniste risulterebbero molto più cognitivamente persuasive rispetto al ragionamento darwiniano, decisamente più difficile da accettare. Come si legge nel libro: «In questo modo, la nostra attrezzatura biologicamente predisposta alla lettura intenzionale di una porzione della realtà, quella relativa agli oggetti animati, che è stata resa possibile dal lavoro di scultura delle nostre menti da parte della selezione naturale, è la stessa che, paradossalmente, ci rende così difficile capire e accettare il meccanismo di funzionamento della selezione naturale».
Nel libro di Girotto, Pievani e Vallortigara viene prestata particolare attenzione allo studio dell'origine delle credenze religiose e dei sentimenti morali. E la teoria darwiniana, suffragata da recenti studi di psicologia cognitiva, di neuroscienze e di etologia, consente di fornirne una convincente interpretazione.
In definitiva Nati per credere mostra come la teoria di Darwin riesca anche a spiegare la diffusa ostilità verso se stessa, confermando in tal modo tutta la sua potenza esplicativa.
Un libro intrigante, ricchissimo di informazioni su affascinanti ricerche, che andrebbe letto con attenzione sia dai non credenti che dai credenti, ma che sicuramente non può essere ignorato da tutti coloro che si occupano di false credenze e che si impegnano affinché la voce chiarificatrice della scienza possa avere la meglio sul pregiudizio, sull'oscurantismo e sulla superstizione (non a caso, un po' beffardamente, la copertina del libro presenta una evidente banda viola e raffigura un ciondolo scaramantico a forma di mano che fa le corna).