Dopo la doppia e piena assoluzione di Piero Angela nel processo intentato contro di lui da due associazione di omeopati (S&P n.59 e 55), i sostenitori della disciplina di Samuel Hahnemann devono incassare un'ennesima sconfitta. Uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista medica Lancet (A. Shang, K. Huwiler-Mûntener, L. Nartey, P. Juni, S. Dörig, J. A. C. Sterne, D. Pewsner, M. Egger, "Are the clinical effects of homoeopathy placebo effects? Comparative study of placebo-controlled trials of homoeopathy and allopathy", Lancet 366, 726-32, 2005) ha dimostrato, caso mai ce ne fosse ancora bisogno, che i rimedi omeopatici non presentano alcuna efficacia superiore al semplice effetto placebo.
I ricercatori, coordinati da Matthias Egger dell'Università di Berna, hanno condotto un particolare studio statistico chiamato tecnicamente metaanalisi. In pratica hanno preso in esame 110 studi clinici nei quali si confrontava l'effetto di un placebo con quello delle cure omeopatiche. In modo analogo hanno poi esaminato altrettanti studi in cui invece si confrontava l'efficacia del placebo rispetto a trattamenti medici convenzionali. In entrambi i casi le patologie prese in considerazione riguardavano malattie di pertinenza chirurgica, dell'apparato respiratorio, e d'interesse anestesiologico. Nella loro indagine statistica i ricercatori hanno preso in considerazione studi di diversa consistenza numerica e di diversa qualità metodologica.
Dallo studio pubblicato da Lancet risulta innanzi tutto che qualunque trattamento, omeopatico o convenzionale, appare in genere maggiormente efficace negli studi clinici numericamente esigui e di minore qualità che non in quelli più grandi e di maggior rigore. Secondariamente, negli studi numericamente più consistenti e di migliore qualità i trattamenti omeopatici non mostrano sostanziali differenze rispetto al trattamento con placebo, al contrario dei trattamenti convenzionali la cui differenza rispetto al placebo risulta invece evidente.
I risultati dello studio hanno indotto Egger a dichiarare che "il nostro lavoro dimostra che l'effetto dell'omeopatia è compatibile con l'ipotesi-placebo".
L'editoriale che apre il numero di Lancet in cui compare l'articolo si intitola provocatoriamente "La fine dell'omeopatia" e al suo interno compare un appello rivolto ai medici: "Bisogna che i dottori siano chiari e onesti con i loro pazienti sull'assenza di benefici dell'omeopatia, e con sé stessi sulla debolezza della medicina moderna nel prendere atto del bisogno di attenzione personalizzata da parte dei loro pazienti". Come dire, bisogna denunciare l'inefficacia dell'omeopatia, ma bisogna anche rendere più "umana" la medicina convenzionale. Il rapporto medico paziente è infatti un fattore chiave per comprendere perché tanta gente si rivolga alle terapie alternative.
Il prof. Silvio Garattini, direttore dell'Istituto Farmacologico "Mario Negri" di Milano e Garante Scientifico del CICAP, ha così commentato la pubblicazione dell'articolo: "Lo studio pubblicato da Lancet rappresenta l'ennesima conferma di tanti altri lavori scientifici che si sono accumulati nel tempo e che non hanno mai evidenziato l'efficacia dell'omeopatia. [...] Che poi i piccoli studi mettano più facilmente in evidenza l'efficacia rispetto al placebo è vero anche per molti farmaci, che quando vengono esaminati più seriamente molto spesso mostrano i loro limiti. Ma il fatto che questa sia un regola generale non toglie però che si debba usare sempre lo stesso metro per giudicare le terapie e che sia un po' difficile che "niente" faccia qualcosa. [...] E in questo senso anche le autorità regolatorie hanno grandi responsabilità: se io diluissi del Chianti a livelli omeopatici non sarei autorizzato a mettere un'etichetta sulla bottiglia e a venderlo, e quindi non vedo perché debba essere possibile mettere in commercio altri prodotti, come appunto quelli omeopatici, che contengono semplicemente acqua, indistinguibili uno dall'altro".
I risultati riportati nell'articolo di Lancet non rappresentano certo una sorpresa per chi conosce la posizione della comunità scientifica nei confronti dell'omeopatia. La novità positiva è che tale studio sia stato ampiamente pubblicizzato dai media. Tutti i principali quotidiani e notiziari radiotelevisivi ne hanno dato ampia notizia. Un servizio del TG2 ha persino citato la sfida da un milione di dollari di James Randi nell'ambito della quale gli omeopati dovrebbero essere in grado di distinguere i loro rimedi dal semplice solvente. Sarà sufficiente questo a far cambiare idea ai milioni di pazienti che si affidano alle cure omeopatiche? Non lo sappiamo, ma sicuramente il fatto che i media abbiano finalmente fornito informazioni scientificamente corrette relativamente all'omeopatia rappresenta un notevole passo in avanti.