Questo numero speciale della rivista Culture and Cosmos, dedicata agli studi di "storia dell'astronomia e astrologia culturale", raccoglie un'antologia di scritti sull'attività astrologica del grande scienziato italiano, dispersi nei venti volumi dell'edizione nazionale delle sue opere, o in vari libri ed articoli di difficile reperibilità.
Il volume si prefigge di presentare quello che rimane della pratica e dell'atteggiamento di Galileo verso l'astrologia dopo che questi sono stati "fortemente censurati attraverso i secoli" (p. 3). In realtà la penuria di fonti può essere spiegata anche in altro modo: quella di tracciare oroscopi per Galileo è stata un'attività marginale, collegata con il suo incarico istituzionale di lettore di matematica all'Università di Padova, che tradizionalmente comportava anche l'insegnamento agli studenti di medicina dei rudimenti per fare gli oroscopi ai loro pazienti. La formazione matematica che lo scienziato ricevette in Toscana, riguardava la meccanica e l'ingegneria ed era estranea all'astrologia che molto probabilmente Galileo imparò a Padova. Sulla fine del Rinascimento, la figura del "matematico" si confondeva con quella dell'astrologo, che a sua volta era legata alla scienza dell'osservazione delle stelle; quest'ultima sarebbe evoluta in astronomia grazie al contributo decisivo dato dallo scienziato pisano con le scoperte effettuate al telescopio. Galileo ebbe per quasi per tutta la vita grossi problemi finanziari e non è il caso di stupirsi se i "registri contabili" che egli tenne durante il periodo padovano contengano l'indicazione di alcuni pagamenti per oroscopi fatti a suoi allievi. Tra gli altri documenti, un manoscritto conservato alla Biblioteca Nazionale di Firenze raccoglie una piccola quantità di "carte natali", calcoli astronomici e sintetici pronostici che Galileo decise di conservare: questi includono gli oroscopi di sé stesso, delle figlie e dell'amico Giovanfrancesco Sagredo (uno degli attori del Dialogo sopra i Massimi Sistemi).
Galileo utilizzò anche l'astrologia a scopo politico quando i potenti lo gradivano o lo volevano: calcolò, ad esempio, l'oroscopo del granduca di Toscana Ferdinando I su richiesta della moglie - ma senza prevedere che sarebbe morto da lì a due settimane. Anche l'adulatoria dedica del Sidereus Nuncius al granduca Cosimo II contiene alcuni riferimenti astrologici; ma si tratta di un testo del tutto separato dal resto dell'opera, che rappresenta ancora oggi un modello di come si effettua una comunicazione scientifica libera da considerazioni filosofiche. Non possiamo farne una colpa a Galileo: in fin dei conti, ai suoi tempi la figura dello scienziato professionista non esisteva ancora ed egli aveva bisogno di un mecenate per portare avanti i suoi amati studi di meccanica e scrivere quelle "due o tre opere grandi" su cui meditava da anni.
Fin qui i fatti, ma anche se - a parte un commento presente nel Dialogo sugli oroscopi fatti successivamente ai fatti - Galileo decise per ragioni pratiche di non esprimersi pubblicamente nei confronti dell'astrologia quali furono veramente le sue opinioni in questo campo? Sappiamo che nel 1630 rifiutò di mandare la propria "natività" ad uno scandalizzato Tommaso Campanella dicendo di non crederci. Tre anni dopo, in una lettera ad Elia Diodati, Galileo mostrò un analogo scetticismo riguardo alle credenze astrologiche del celebre matematico e astrologo francese Morin de Villefranche; rincarò poi la dose nelle annotazioni che fece su un volume dello stesso - un documento che compare nell'edizione nazionale ma non in questa raccolta. Galileo ebbe comunque modo di mostrare le sue perplessità già dal 1604: ossia immediatamente a ridosso del periodo in cui - secondo il biografo Stillman Drake - fece la maggior parte degli oroscopi conservati alla Biblioteca Nazionale di Firenze. Nel Dialogo de Cecco di Ronchitti, Galileo non esitò a mettere in ridicolo le opinioni astrologiche di Antonio Lorenzini, un filosofo aristotelico suo avversario. Anche questo passaggio non è compreso nell'antologia in questione. Presente in modo frammentato e non completo è invece un articolo dell'astrologa torinese Grazia Mirti, che oltre una decina di anni fa esaminò i manoscritti astrologici galileiani non solo con l'occhio dello storico - come erano stati fino ad allora visti - ma con quello del "praticante". La Mirti, da credente nell'astrologia, non rinunciò a redigere un proprio oroscopo di Galileo; nell'esaminare le "geniture" dello scienziato concluse però che egli, anche se rispettava le regole dell'astrologia giudiziaria, soprattutto nella loro parte matematica, sembrava più interessato ai calcoli astronomici.
Stupisce anche che non abbia trovato posto in questa raccolta neppure uno dei tanti commenti su come le osservazioni astronomiche strumentali di Galileo misero in crisi sul piano epistemologico non solo la filosofia aristotelica ma anche l'astrologia: la nuova scienza astronomica cancellò infatti la distinzione ontologica tra un cielo "sacro inaccessibile e incorruttibile" e una Terra, centro dell'Universo ma anche "sentina di tutti i mali". Non dimentichiamo che dire che la Terra era un corpo celeste come gli altri, significava anche smentire la possibilità che gli astri fossero la causa remota e primaria di tutti i processi terrestri di generazione, alterazione e corruzione.
Il volume si prefigge di presentare quello che rimane della pratica e dell'atteggiamento di Galileo verso l'astrologia dopo che questi sono stati "fortemente censurati attraverso i secoli" (p. 3). In realtà la penuria di fonti può essere spiegata anche in altro modo: quella di tracciare oroscopi per Galileo è stata un'attività marginale, collegata con il suo incarico istituzionale di lettore di matematica all'Università di Padova, che tradizionalmente comportava anche l'insegnamento agli studenti di medicina dei rudimenti per fare gli oroscopi ai loro pazienti. La formazione matematica che lo scienziato ricevette in Toscana, riguardava la meccanica e l'ingegneria ed era estranea all'astrologia che molto probabilmente Galileo imparò a Padova. Sulla fine del Rinascimento, la figura del "matematico" si confondeva con quella dell'astrologo, che a sua volta era legata alla scienza dell'osservazione delle stelle; quest'ultima sarebbe evoluta in astronomia grazie al contributo decisivo dato dallo scienziato pisano con le scoperte effettuate al telescopio. Galileo ebbe per quasi per tutta la vita grossi problemi finanziari e non è il caso di stupirsi se i "registri contabili" che egli tenne durante il periodo padovano contengano l'indicazione di alcuni pagamenti per oroscopi fatti a suoi allievi. Tra gli altri documenti, un manoscritto conservato alla Biblioteca Nazionale di Firenze raccoglie una piccola quantità di "carte natali", calcoli astronomici e sintetici pronostici che Galileo decise di conservare: questi includono gli oroscopi di sé stesso, delle figlie e dell'amico Giovanfrancesco Sagredo (uno degli attori del Dialogo sopra i Massimi Sistemi).
Galileo utilizzò anche l'astrologia a scopo politico quando i potenti lo gradivano o lo volevano: calcolò, ad esempio, l'oroscopo del granduca di Toscana Ferdinando I su richiesta della moglie - ma senza prevedere che sarebbe morto da lì a due settimane. Anche l'adulatoria dedica del Sidereus Nuncius al granduca Cosimo II contiene alcuni riferimenti astrologici; ma si tratta di un testo del tutto separato dal resto dell'opera, che rappresenta ancora oggi un modello di come si effettua una comunicazione scientifica libera da considerazioni filosofiche. Non possiamo farne una colpa a Galileo: in fin dei conti, ai suoi tempi la figura dello scienziato professionista non esisteva ancora ed egli aveva bisogno di un mecenate per portare avanti i suoi amati studi di meccanica e scrivere quelle "due o tre opere grandi" su cui meditava da anni.
Fin qui i fatti, ma anche se - a parte un commento presente nel Dialogo sugli oroscopi fatti successivamente ai fatti - Galileo decise per ragioni pratiche di non esprimersi pubblicamente nei confronti dell'astrologia quali furono veramente le sue opinioni in questo campo? Sappiamo che nel 1630 rifiutò di mandare la propria "natività" ad uno scandalizzato Tommaso Campanella dicendo di non crederci. Tre anni dopo, in una lettera ad Elia Diodati, Galileo mostrò un analogo scetticismo riguardo alle credenze astrologiche del celebre matematico e astrologo francese Morin de Villefranche; rincarò poi la dose nelle annotazioni che fece su un volume dello stesso - un documento che compare nell'edizione nazionale ma non in questa raccolta. Galileo ebbe comunque modo di mostrare le sue perplessità già dal 1604: ossia immediatamente a ridosso del periodo in cui - secondo il biografo Stillman Drake - fece la maggior parte degli oroscopi conservati alla Biblioteca Nazionale di Firenze. Nel Dialogo de Cecco di Ronchitti, Galileo non esitò a mettere in ridicolo le opinioni astrologiche di Antonio Lorenzini, un filosofo aristotelico suo avversario. Anche questo passaggio non è compreso nell'antologia in questione. Presente in modo frammentato e non completo è invece un articolo dell'astrologa torinese Grazia Mirti, che oltre una decina di anni fa esaminò i manoscritti astrologici galileiani non solo con l'occhio dello storico - come erano stati fino ad allora visti - ma con quello del "praticante". La Mirti, da credente nell'astrologia, non rinunciò a redigere un proprio oroscopo di Galileo; nell'esaminare le "geniture" dello scienziato concluse però che egli, anche se rispettava le regole dell'astrologia giudiziaria, soprattutto nella loro parte matematica, sembrava più interessato ai calcoli astronomici.
Stupisce anche che non abbia trovato posto in questa raccolta neppure uno dei tanti commenti su come le osservazioni astronomiche strumentali di Galileo misero in crisi sul piano epistemologico non solo la filosofia aristotelica ma anche l'astrologia: la nuova scienza astronomica cancellò infatti la distinzione ontologica tra un cielo "sacro inaccessibile e incorruttibile" e una Terra, centro dell'Universo ma anche "sentina di tutti i mali". Non dimentichiamo che dire che la Terra era un corpo celeste come gli altri, significava anche smentire la possibilità che gli astri fossero la causa remota e primaria di tutti i processi terrestri di generazione, alterazione e corruzione.