Giunge una buona notizia: un gruppo di ricercatori italiani dell'università di Padova ha scoperto il centoduesimo pianeta extrasolare. La lista è destinata ad allungarsi: in un ventennio la tecnologia ha fatto passi da gigante, un modesto telescopio da astronomo dilettante ottiene oggi immagini che fanno concorrenza a quelle leggendarie di Monte Palomar degli anni '50.
Al momento l'evidenza per questi pianeti è basata su tecniche raffinate di analisi spettroscopica, siamo ancora lontani dallo splendore degli anelli di Saturno o del disco di Giove, ma non credo che dovremo attendere molto.
Non illudiamoci, si tratta di mondi molto distanti e il cui clima non è certo primaverile.
Solo pochissimi pianeti della lista potrebbero ospitare infatti vita simile a quella terrestre, il nostro sistema solare ci serva da esempio. La temperatura di Mercurio è quella del piombo fuso, l'atmosfera venusiana è tossica e rovente, Marte e i pianeti esterni sono gelidi ed inospitali.
Inoltre e per ovvie ragioni è molto più facile scoprire un gigante gassoso simile a Giove di un misero sasso adatto a noi umani. Nonostante queste riserve penso che la nostra galassia, e non solo la nostra, contengano miliardi di pianeti di dimensioni e clima di tipo terrestre. Su qualcuno di questi sassi cosmici potrebbe albergare la vita e non è escluso che in alcuni decenni e con il progresso tecnologico si arrivi a ricevere segnali di razze intelligenti.
Rendiamoci tuttavia conto dell'esistenza di limiti invalicabili. I pianeti finora scoperti giacciono tutti a distanze di centinaia di anni luce. Il diametro della nostra galassia è di circa 100 mila anni luce. Per chi non avesse familiarità con queste distanze ricordo che l'anno luce è il percorso fatto dalla luce in un anno a circa 300 mila chilometri al secondo, fatti i conti l'anno luce è poco meno di 10 mila miliardi di chilometri. Una delle nostre navicelle spaziali impiegherebbe circa 100 mila anni per arrivare ad Alpha Centauri, la stella più vicina distante soli 4 anni luce.
Si tratta quindi di una scala di distanze e di tempi enorme e disumana. Un messaggio spedito da un pianeta distante 200 anni luce impiega 200 anni per arrivare, la nostra risposta arriverebbe fra altri 200 anni, difficilmente potremmo considerarlo come un caloroso scambio di saluti.
Peggio ancora rendiamoci conto che la storia umana non va oltre qualche decina di migliaia di anni, l'era tecnologica ha la durata di un lampo rispetto ai tempi ieratici della evoluzione galattica. Una civiltà extraterrestre confrontabile con la nostra potrebbe essere fiorita un milione di anni or sono e poi scomparsa per sempre in un olocausto. Un milione di anni è ancora nulla in confronto con i miliardi di anni della evoluzione stellare.
La probabilità che due razze intelligenti possano darsi un appuntamento nella storia galattica è infima, la ricezione di segnali da civiltà ormai scomparse darebbe piuttosto inizio a una strana ed aliena forma di archeologia spaziale, a nuove religioni che vedranno in questi sospiri spaziali messaggi arcani e nuove rivelazioni sul destino dell'uomo.
Nonostante queste riserve vorrei proprio che la lista dei pianeti di allungasse e ci regalasse l'inaspettato, quel singolo evento che ci dirà che non siamo soli nel cosmo. Cari astronomi padovani datevi da fare.
Tullio Regge
Fisico, Politecnico di Torino