Tutto cominciò in seguito all'incauta notizia data dai giornali il 22 gennaio 1994: «Avevano l'Aids, li ho salvati con la pranoterapia». A parlare così era Giovanni Giacalone, noto pranoterapeuta di Vercelli, che spiegava: «Ho guarito due malati di Aids, uno dei quali è un sacerdote. Una terza persona, sieropositiva, grazie a me è diventata sieronegativa (...) Con questa esperienza potremmo arrivare addirittura al Nobel e portare l'Italia ai massimi vertici della scienza».
Tali incredibili affermazioni, che se vere non solo dimostrerebbero per la prima volta l'efficacia della pranoterapia ma fornirebbero anche una soluzione per una malattia, l'Aids, per cui la scienza ufficiale non ha ancora trovato un rimedio, non potevano non interessare il CICAP.
Immediatamente, i più seri esperti del settore avevano bocciato le affermazioni di Giacalone; il prof. Femando Aiuti spiegò che una delle prove addotte dal pranoterapeuta, quella della sieronegatività all'Hiv antigene, non aveva alcuna validità. «Nella fase acuta - spiegò il prof. Aiuti - si ha quasi sempre positività, poi subentra la negatività. La replicazione virale si può negativizzare per un periodo che va da uno a 6-7 anni, ma non significa che il virus sia sparito, quel valore non vuoi dire nulla. E io non credo aqueste dichiarazioni». Anche più esplicito l'immunologo Walter Grillone: «Cerchiamo di non scadere nel ridicolo. Occorre verificare con attenzione ogni dato, esaminare lo stato dei linfociti T4 e T8 e quello degli anticorpi. Purtroppo, non mi è mai capitato di vedere guarire un malato di Aids».
Giacalone sembrava ben disposto a mostrare i suoi dati: «Lo scetticismo è ancora a tasso elevato», affermava in un'intervista per la Stampa del 23.1.94. «Errore. Perché di fronte a una scoperta l'atteggiamento più intelligente dovrebbe essere quello di vedere e controllare: in fondo, anche Galileo Galilei, trattato da eretico e malpensante, chiedeva soltanto che usassero il suo cannocchiale: 'Guardate voi e poi ditemi che cosa vedete'. Ma gli altri non avevano bisogno, sapevano già e lo portarono al processo. Io chiedo che si guardi nel mio cannocchiale».
Il CICAP lo prese in parola. Il 24.1.94 gli scrissi a nome del Comitato chiedendo di poter esaminare la documentazione relativa alle sue "guarigioni", in particolare ci interessavano le cartelle mediche dei tre pazienti redatte in ospedale prima e dopo l'intervento del pranoterapeuta.
L'8 febbraio il signor Walter Camurati, "responsabile relazioni esterne" dello studio di Giacalone, ci rispondeva inviandoci una "relazione" preparata da Giacalone e, ci veniva fatto notare, inviata anche «all'Organizzazione mondiale della sanità ed ai competenti ministeri delle Nazioni Cee e degli Stati Uniti». Niente di più inutile. Una simile relazione, a meno di una sua pubblicazione su una rivista scientifica attendibile, non può assolutamente avere alcun valore scientifico. Solo le cartelle cliniche redatte in ospedale avrebbero potuto costituire un documento interessante.
Riscrivemmo dunque allo studio di Giacalone richiedendo nuovamente copia delle cartelle cliniche o, qualora ciò non fosse stato possibile, l'indicazione del tipo di esami clinici condotti, i risultati ottenuti, il nome dei medici che li aveva eseguiti ed in quale ospedale ciò era avvenuto. Il signor Camurati ci riscrisse spiegando che «le cartelle cliniche dei pazienti non vengono spedite a destra e a manca», ne sarebbe stato possibile esibirle se non ai diretti interessati o a suoi stretti congiunti; «in casi eccezionali», tuttavia, «ciò è possibile per soggetti autorevolmente accreditati e per esclusivi interessi scientifici che comunque sono da comprovare». Qualora però queste caratteristiche fossero state riscontrare, il signor Camurati sarebbe stato «felice di esibire personalmente le cartelle in questione».
Chiesi dunque al Dr. Roberto Satolli, direttore del periodico Tempo medico, di effettuare per conto del CICAP tale richiesta.
Satolli ebbe diversi contatti telefonici con lo studio di Giovanni Giacalone ed ogni volta gli fu promesso che le cartelle gli sarebbero state spedite entro breve, a giorni, tra pochissimo... Alla fine, gli fu detto che non avrebbero spedito le cartelle e che, se proprio volevamo vederle, dovevamo andare nello studio di Giacalone e leggerle dalle sue mani.
Non è certo questo il comportamento di chi onestamente ritiene di aver fatto un'autentica scoperta scientifica; se questo fosse stato il caso, il signor Giacalone avrebbe prima di tutto dovuto sottoporre i suoi risultati alla commissione esaminatrice di una rivista come Lancet o Nature; quindi, solamente nel caso di pubblicazione da parte di dette riviste, divulgare la notizia e mettere a disposizione di qualunque studioso la documentazione relativa.
Le dichiarazioni irresponsabili di Giacalone, invece, sono solamente servite a procurare pubblicità per il suo centro di pranoterapia e, come ha spiegato Giuseppe Guazzetti, infettivologo al Sant'Andrea di Torino, ad illudere un pubblico impreparato, spingendo molti malati ad interrompere le terapie ufficiali creando così seri scompensi.
È comprensibile che un pranoterapeuta non abbia le più elementari cognizioni su come funzioni la scienza, ma la stessa cosa non si dovrebbe poter dire per i medici che hanno avallato le affermazioni di Giacalone, i dottori: Nicola Carlone, dell'istituto di Microbiologia di Torino e Roberto Gualtierotti, cattedratico milanese.
Massimo Polidoro,
responsabile indagini del CICAP
P. S. Il 14.4.94 l'Ordine dei medici di Vercelli annunciava che era stata istituita una commissione per esaminare le affermazioni di Giacalone. 11 verdetto della commissione arrivò il 30 giugno 1994:
«In conclusione, questo Ordine, sentita la Commissione di esperti di Aids, non ritiene che emergano elementi a favore di una qualche efficacia della pranoterapia in pazienti HIV positivi».
Tali incredibili affermazioni, che se vere non solo dimostrerebbero per la prima volta l'efficacia della pranoterapia ma fornirebbero anche una soluzione per una malattia, l'Aids, per cui la scienza ufficiale non ha ancora trovato un rimedio, non potevano non interessare il CICAP.
Immediatamente, i più seri esperti del settore avevano bocciato le affermazioni di Giacalone; il prof. Femando Aiuti spiegò che una delle prove addotte dal pranoterapeuta, quella della sieronegatività all'Hiv antigene, non aveva alcuna validità. «Nella fase acuta - spiegò il prof. Aiuti - si ha quasi sempre positività, poi subentra la negatività. La replicazione virale si può negativizzare per un periodo che va da uno a 6-7 anni, ma non significa che il virus sia sparito, quel valore non vuoi dire nulla. E io non credo aqueste dichiarazioni». Anche più esplicito l'immunologo Walter Grillone: «Cerchiamo di non scadere nel ridicolo. Occorre verificare con attenzione ogni dato, esaminare lo stato dei linfociti T4 e T8 e quello degli anticorpi. Purtroppo, non mi è mai capitato di vedere guarire un malato di Aids».
Giacalone sembrava ben disposto a mostrare i suoi dati: «Lo scetticismo è ancora a tasso elevato», affermava in un'intervista per la Stampa del 23.1.94. «Errore. Perché di fronte a una scoperta l'atteggiamento più intelligente dovrebbe essere quello di vedere e controllare: in fondo, anche Galileo Galilei, trattato da eretico e malpensante, chiedeva soltanto che usassero il suo cannocchiale: 'Guardate voi e poi ditemi che cosa vedete'. Ma gli altri non avevano bisogno, sapevano già e lo portarono al processo. Io chiedo che si guardi nel mio cannocchiale».
Il CICAP lo prese in parola. Il 24.1.94 gli scrissi a nome del Comitato chiedendo di poter esaminare la documentazione relativa alle sue "guarigioni", in particolare ci interessavano le cartelle mediche dei tre pazienti redatte in ospedale prima e dopo l'intervento del pranoterapeuta.
L'8 febbraio il signor Walter Camurati, "responsabile relazioni esterne" dello studio di Giacalone, ci rispondeva inviandoci una "relazione" preparata da Giacalone e, ci veniva fatto notare, inviata anche «all'Organizzazione mondiale della sanità ed ai competenti ministeri delle Nazioni Cee e degli Stati Uniti». Niente di più inutile. Una simile relazione, a meno di una sua pubblicazione su una rivista scientifica attendibile, non può assolutamente avere alcun valore scientifico. Solo le cartelle cliniche redatte in ospedale avrebbero potuto costituire un documento interessante.
Riscrivemmo dunque allo studio di Giacalone richiedendo nuovamente copia delle cartelle cliniche o, qualora ciò non fosse stato possibile, l'indicazione del tipo di esami clinici condotti, i risultati ottenuti, il nome dei medici che li aveva eseguiti ed in quale ospedale ciò era avvenuto. Il signor Camurati ci riscrisse spiegando che «le cartelle cliniche dei pazienti non vengono spedite a destra e a manca», ne sarebbe stato possibile esibirle se non ai diretti interessati o a suoi stretti congiunti; «in casi eccezionali», tuttavia, «ciò è possibile per soggetti autorevolmente accreditati e per esclusivi interessi scientifici che comunque sono da comprovare». Qualora però queste caratteristiche fossero state riscontrare, il signor Camurati sarebbe stato «felice di esibire personalmente le cartelle in questione».
Chiesi dunque al Dr. Roberto Satolli, direttore del periodico Tempo medico, di effettuare per conto del CICAP tale richiesta.
Satolli ebbe diversi contatti telefonici con lo studio di Giovanni Giacalone ed ogni volta gli fu promesso che le cartelle gli sarebbero state spedite entro breve, a giorni, tra pochissimo... Alla fine, gli fu detto che non avrebbero spedito le cartelle e che, se proprio volevamo vederle, dovevamo andare nello studio di Giacalone e leggerle dalle sue mani.
Non è certo questo il comportamento di chi onestamente ritiene di aver fatto un'autentica scoperta scientifica; se questo fosse stato il caso, il signor Giacalone avrebbe prima di tutto dovuto sottoporre i suoi risultati alla commissione esaminatrice di una rivista come Lancet o Nature; quindi, solamente nel caso di pubblicazione da parte di dette riviste, divulgare la notizia e mettere a disposizione di qualunque studioso la documentazione relativa.
Le dichiarazioni irresponsabili di Giacalone, invece, sono solamente servite a procurare pubblicità per il suo centro di pranoterapia e, come ha spiegato Giuseppe Guazzetti, infettivologo al Sant'Andrea di Torino, ad illudere un pubblico impreparato, spingendo molti malati ad interrompere le terapie ufficiali creando così seri scompensi.
È comprensibile che un pranoterapeuta non abbia le più elementari cognizioni su come funzioni la scienza, ma la stessa cosa non si dovrebbe poter dire per i medici che hanno avallato le affermazioni di Giacalone, i dottori: Nicola Carlone, dell'istituto di Microbiologia di Torino e Roberto Gualtierotti, cattedratico milanese.
Massimo Polidoro,
responsabile indagini del CICAP
P. S. Il 14.4.94 l'Ordine dei medici di Vercelli annunciava che era stata istituita una commissione per esaminare le affermazioni di Giacalone. 11 verdetto della commissione arrivò il 30 giugno 1994:
«In conclusione, questo Ordine, sentita la Commissione di esperti di Aids, non ritiene che emergano elementi a favore di una qualche efficacia della pranoterapia in pazienti HIV positivi».