Da diversi anni l'omeopatia è stata introdotta anche nel nostro Paese e la vendita di prodotti omeopatici è diventata un grande affare cui partecipano sia le farmacie, sia i medici. Parlarne è diventato argomento dei salotti, dove molti vantano risultati ottenuti, consigliando agli amici di provare questi rimedi per tutti i mali che li affliggono. In un certo senso il fascino dell'omeopatia deriva proprio dal suo termine. Per mia esperienza, so che la gente che parla di tarmaci omeopatici non ha la più pallida idea del loro contenuto, ne delle modalità di preparazione. È perciò utile dare qualche spiegazione sulla omeopatia prima di fare alcune considerazioni più specifiche.
Le teorie dell'omeopatia sono state enunciate circa 200 anni fa da F.S. Hahnemann e non sono sostanzialmente cambiate, nonostante i progressi fatti dalla scienza in questo lasso di tempo.
L'omeopatia impiega, per curare le malattie, le medesime sostanze chimiche, estratti vegetali o altri prodotti naturali, che avrebbero causato le stesse malattie. Inoltre le sostanze che sono causa delle malattie, diventano terapeutiche se diluite e assunte in modo adeguato; infine suppone che ci sia un'interazione fra la sostanza utilizzata e il solvente in cui viene diluita, mediata da una "energia" che verrebbe sviluppata dal preparato. Sono ingenuità che possono essere facilmente ridimensionate. Si sa che le cause delle malattie - a parte quelle di origine infettiva - sono ancora per lo più ignorate e, men che meno, si conoscevano due secoli orsono. Esiste poi un rapporto fra la dose che si assume e l'effetto che si ottiene: per molti tarmaci dosi alte danno tossicità, dosi medie danno l'effetto che si vuole ottenere con una tossicità accettabile e, man mano che le dosi diminuiscono, l'effetto tende a scomparire. Nel caso dell'omeopatia le diluizioni sono così elevate, che non vi è più presenza di una sola molecola della sostanza chimica impiegata nel preparato che viene somministrato al paziente. Se la soluzione finale non contiene alcun farmaco, non si vede come il "niente" possa permettere di ottenere un effetto sull'organismo.
Forse è per rimediare a questa semplicistica constatazione e per inserire un pizzico di magia che gli omeopati ascrivono, ai loro farmaci, un'azione che si esplicherebbe attraverso la liberazione di un'energia.
Nonostante i progressi della fisica, nessuno è riuscito a dimostrare l'esistenza di questa energia, ma anche se ciò avvenisse, non si capirebbe perché un'energia possa essere salutare per una serie di malattie assai diverse fra di loro.
L'omeopatia è, per quanto detto, insostenibile dal punto di vista scientifico e i suoi fautori potrebbero essere definiti sacerdoti di una religione, piuttosto che medici capaci di utilizzare i risultati della ricerca scientifica. Il problema non meriterebbe troppa attenzione, visto che l'acqua non ha mai fatto male a nessuno, se non fosse per il fatto che ogni trattamento terapeutico rappresenta una potenziale omissione. La medicina ufficiale, pur essendo qualche volta ugualmente colpevole di usare sostanze inattive, ha a disposizione terapie curative o palliative per molte malattie. Ma questi farmaci finiscono per non venir utilizzati dai malati che si curano con pratiche omeopatiche; un'omissione di terapia che talvolta può risultare fatale al paziente. Parliamo pure di omeopatia nei salotti, ma, se abbiamo problemi di salute,
lasciamo la "religione" dei tarmaci omeopatici e rivolgiamoci alla medicina ufficiale che si avvale di metodi scientifici per le sue sperimentazioni e le sue verifiche cllniche epidemiologiche.
L'ACQUA, QUESTA SMEMORATA
L'acqua è ritornata a essere smemorata dopo l'esplosione di interesse e di entusiasmo per una ricerca che era stata presentata come un attacco alla scienza ufficiale mentre era un attacco al buon senso. I fatti sono troppo recenti per essere discussi in dettaglio; basterà ricordare che un'équipe di ricercatori francesi, associata a un gruppo israeliano e a uno italiano, aveva "dimostrato" che una soluzione in cui erano stati aggiunti anticorpi, successivamente portata a diluizione infinitesimale continuava ad avere un'attività biologica significativa (degranulazione delle cellule basofile del sangue). L'acqua in cui erano passati degli anticorpi manteneva una "memoria" di quelle sostanze, anche se non erano più presenti. Da vari esperti si sono fatte ipotesi interpretative di questo fenomeno. C'è chi è ricorso alla fisica "quantistica" e chi ad altri approcci. Alcuni ricercatori - non molti per la verità - hanno spiegato che occorrono ben altre prove per sostenere tesi che avrebbero scardinato decenni di conquiste scientifiche, per ora inattaccabili. Bastava pensare che l'acqua, se avesse veramente "una memoria", dovrebbe essere un concentrato di memorie, veleni noti e sconosciuti. Sono poi arrivate le smentite ufficiali. La stessa rivista inglese, Nature, che aveva pubblicato il lavoro originale ha riportato i risultati di un comitato di esperti che, per una settimana, nei laboratori francesi, ha ispezionato i libri di laboratorio e ha cercato di ripetere gli esperimenti che avevano dato luogo all'ipotesi della "memoria" dell'acqua. Il rapporto stilato dallo stesso direttore di Nature, John Maddox, da un esperto di errori nella letteratura scientifica, Walter Stewart, dal noto investigatore del paranomale, James Randi, è molto severo e pone una serie di problemi tecnici che rendono inattendibile il lavoro dei ricercatori francesi e dei loro collaboratori israeliani e italiani. Senza entrare nei dettagli (le argomentazioni sono state rifiutate con indignazione dagli autori francesi senza per altro riscontri scientifici da parte loro) ecco alcune considerazioni che possono essere di interesse generale:
a) la ricerca scientifica procede attraverso metodo rigorosi che tengono conto della necessità di adeguati controlli e nella riproducibilità degli esperimenti. Gli esperimenti eseguiti dagli autori francesi, quando sono stati rifatti in condizioni controllate, non si sono dimostrati capaci di riprodurre i dati precedentemente ottenuti. Una scoperta non è mai tale se qualcuno, diverso dagli autori, non è in grado di riprodurla;
b) la memoria dell'acqua non è solo un argomento di controversia scientifica puramente teorico. È Stata descritta come un'evidenza della validità della omeopatia che utilizza il metodo delle diluizioni per preparare prodotti che sono fatti di acqua. E chi prepara e vende prodotti omeopatici aveva interesse a diffondere il più possibile i risultati degli autori francesi; fra l'altro, due dei ricercatori che hanno eseguito lo studio in questione venivano pagati da un'industria produttrice di prodotti omeopatici. Senza voler assolutamente insinuare l'idea che esistessero rapporti illeciti è sicuro che chi vende prodotti omeopatici ha tratto vantaggi economici da una pubblicità insperata che ha raggiunto gruppi di persone che non avrebbero mai pensato alla validità dell'omeopatia;
e) i giornali, le riviste, la radio e la televisione hanno dedicato molto spazio a questo esperimento scientifico che, quindi, è stato recepito come importante. La smentita dal valore scientifico degli esperimenti non ha scandalizzato più di tanto e non ha innescato processi contro l'uso di dati (pseudo) scientifici per interessi privati. Alcuni giornali hanno riportato la notizia, ma senza dare l'eccessiva evidenza. L'enfasi usata nel dare certe informazioni dovrebbe essere pari all'enfasi nel ritrattarle quando si dimostrano errate. Il problema dell'etica dell'informazione meriterebbe adeguate riflessioni, particolarmente nel nostro Paese. Solo una piccola percentuale di chi ha appreso la notizia della memoria dell'acqua è stata raggiunto poi dalla smentita. E chi ha voluto strumentalizzarla per propri affari, lo ha fatto.
omeopatia E LEGISLAZIONE
Anche nel nostro Paese l'omeopatia sta diffondendosi e sono nate le prime ditte farmaceutiche omeopatiche. Per dare l'impressione che si vuole regolamentare il settore sono uscite disposizioni da parte del ministero della Sanità che, pare abbiano il parere favorevole del Consiglio superiore della Sanità. In tali disposizioni, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale, viene posta una serie di regole per cui le preparazioni omeopatiche non "devono essere presentale come specialità medicinali", non devono recare in etichetta indicazioni terapeutiche (ma le possono riportare nel foglio illustrativo interno?) e devono essere vendute solo in farmacia (per dare quali garanzie?):
E sorprendente che, se i preparati omeopatici:
"sono a base di sostanze utilizzate nella medicina ufficiale, le diluizioni omeopatiche devono essere tali che la qualità di principio attivo rintracciabile nel prodotto finito non sia superiore a 1/1000 del più basso dosaggio con cui lo stesso principio attivo è utilizzato in medicina ufficiale". Sfugge del tutto la logica di questa disposizione; se l'intento è di far si che il prodotto abbia le attività del principio attivo iniziale, questa è una dichiarazione di inattività; ma è strano che, il per Ministero, i prodotti omeopatici possano essere venduti (dalle farmacie) solo se inattivi. Se, invece l'intento della disposizione è di conservare 1/1000 dell'attività originale, ci si domanda perché approvare i farmaci (quelli della medicina ufficiale) con dosi così alte. Ci sono già tanti tarmaci inutili nella medicina ufficiale; è proprio necessario dare disposizione perché si aggiungano anche gli omeopatici, che per legge devono essere inutili perché documentatamente inattivi?