Sabato 10 giugno, Ciro Risolo, antenna CICAP di Salerno, Giuseppe Cerullo, del direttivo CICAP Campania, e io abbiamo raggiunto il luogo del miracolo murale.
Appena arrivati, ho chiesto l'ubicazione della parete al primo benzinaio che abbiamo incontrato, scegliendo le parole nel tentativo di adeguarci all'opinione comune che supponevamo. Ma il mio scettico interlocutore mi ha corretto subito: "Il volto, non il volto santo". Ho incamerato ben volentieri il rimbrotto e ho pensato che l'atmosfera attorno a questo caso poteva essere non così isterica come avevo letto sulle cronache locali.
Abbiamo percorso circa duecento metri e, come indicatoci, di fianco al civico numero 30, non è stato difficile individuare la parete. Si tratta della parete chiara di una piccola costruzione proprio di fronte a un rinomato negozio della zona. La costruzione non è più alta di cinque metri e larga sei, e sorge accanto a un cortile che la divide dalle costruzioni seguenti, la prima delle quali è un negozio di biciclette.
Ciò che ci ha subito colpito non è stata la raffigurazione in sé, visibilissima e netta anche da lontano, quanto gli ornamenti che la corredavano. C'era veramente di tutto: un ritratto di Padre Pio appeso a lato della figura, vicino a un'enorme corona di legno, sul lato opposto una fila di immaginette sacre attaccate ad altrettante corone, e sul marciapiedi una catena di lumini rossi da cimitero e molti fasci di fiori, chi in vaso chi no. Insomma, sembrava già una sorta di cappella pubblica da venerare.
L'immagine è grande pressappoco un metro quadrato e risulta essere scura su fondo chiaro. La figura sta su un rappezzo di intonaco cementizio da esterno pittato con bianco al quarzo. In altri punti risulta che la vernice è mancante per un'applicazione non corretta o per il supporto non ben trattato. È abbastanza facile dedurre che il tratto è dovuto all'asportazione della pittura, attuata forse con uno sverniciante, o meglio ancora con una specifica azione meccanica e, data la regolarità del tratto, si può escludere la normale usura (vedi foto a lato).
Ho fatto subito una prova. Ho preso una penna e, scegliendo un'area diversa, ho grattato sulla superficie chiara e rugosa; il risultato è stato uguale al tipo di segno che forma la figura, con una sola innocente differenza: il mio disegno era costituito dalla linea lasciata dalla penna, il disegno del volto appare formato invece da un'abrasione di una superficie non appuntita, come un tampone di carta vetrata o qualcosa di simile.
Assieme a noi, che abbiamo subito cominciato a fare foto e a impostare dei rilievi, si è raccolta man mano un po' di gente, che dopo un quarto d'ora è arrivata una diecina di persone. Insospettatamente poche, rispetto a quelle che ci aspettavamo. Ho cominciato a chiedere qualcosa a qualcuno presentandomi come inviato di Scienza & Paranormale e accennando al Comitato per il controllo delle affermazioni sul paranormale. La cosa non ha sortito grandi clamori, forse molti hanno colto solo la parola "paranormale" associandola al senso credente del termine; solo una persona, un uomo tarchiato e cordiale, mi si è avvicinata e ha fatto cenno come se sapesse di cosa stessi parlando. Questa persona, in modo del tutto autonomo, ha iniziato a raccontare un po' di cose, e ad un certo punto gli ho chiesto chi fosse. Mi si è presentato come Stefano De Liso, comproprietario della costruzione nonché titolare del vicino negozio di biciclette. Costui ha raccontato di essere stato pure ospite della trasmissione I fatti vostri assieme ad altri, ma di non aver potuto dire niente di significativo. Ne ho incoraggiato con piacere il già tracimante eloquio. È stato lui a imbiancare la parete in dicembre, coprendola con dell'intonaco lavorato a fracassino (uno strato rugoso come di calcina spruzzata a grumi). Ha tenuto a specificare, però, che sotto il volto c'era soltanto del mattone grezzo, come a prevenire ogni obiezione di natura fisico-naturale. Quest'asserzione non la potevamo controllare, se non demolendo la parete.
Sempre secondo la cronaca del De Liso, fino a tutta la giornata del 30 maggio la parete non presentava niente di estraneo. Poi, improvvisamente, alle 20 e 30, l'immagine era là. "Come è apparsa?", ho chiesto. Non si sa. Un minuto prima non c'era, un minuto dopo sì. La prima persona a vederla è stato lui stesso. Ho chiesto lumi sulla spiegazione alternativa che avevo letto sui quotidiani, vale a dire quella dell'affioramento di un disegno preesistente di Che Guevara. Il De Liso ritiene che quella è stata una trovata dei negozi circostanti, ai quali aveva dato fastidio l'afflusso improvviso e inconsueto di pellegrini. Non mi è sembrata una spiegazione logica, ma ho lasciato stare; del resto la figura non somiglia né a un santo né a Che Guevara.
Chiedo della polizia scientifica di Santa Maria Capuavetere e delle conclusioni che ne avesse tratto. Il De Liso sembra informatissimo anche su questo: le indagini, a suo dire, sono state eseguite anche utilizzando raggi infrarossi (mi chiedo perché, ma solo in cuor mio), ed ecco una rivelazione. De Liso si confida fra mille calibrate incertezze: lui ha assistito ai rilievi all'infrarosso e, assieme al poliziotto che li stava eseguendo, attraverso l'apparecchiatura ha visto una corona di spine luminosa e grondante di sangue sovrapposta al capo della figura sulla parete. E il poliziotto, anche lui sconvolto, gli aveva fatto un segno d'intesa come per dire "questo non è mai successo, non lo diciamo a nessuno".
Un'informazione che non conoscevamo, e che poi si è rivelata un'altra chiave di lettura dell'intera faccenda, ce l'ha fornita ancora il loquace De Liso. Accanto alla palazzina, e fra questa e il suo negozio di biciclette, si apre il vasto cortile che porta alla sua abitazione (v. foto a pag. 53). Ci siamo andati subito, quasi costretti dal buon De Liso che ci prometteva "padre Pio". All'imbocco del cortile, in quel momento spalancato sulla strada, c'è un pannello di videocitofoni, con su attaccato un adesivo rotondo col volto di padre Pio. Il cortile è ampio, oltre i cento metri quadri. Sulla destra, appena dopo la soglia, per terra, ancora fiori, immagini sante, quadretti. Proprio di fronte all'entrata, in fondo, una statua addossata alla parete: un padre Pio di bronzo, alto più di due metri, in mezzo ai soliti fiori, lumini, immagini sacre e quadretti. Rimaniamo sinceramente estasiati, nel senso meno mistico del termine.
Scateniamo tre macchine fotografiche, mentre il padrone di casa ci tesse le lodi di padre Pio, e ci racconta che lui spesso avverte il caratteristico odore di viole segno della presenza eterea del santo di Pietrelcina. Ed è più intenso vicino al citofono, dice con certezza assoluta (ecco perché l'adesivo). Ci fa pure provare, ma noi, pur bendisposti, non sentiamo nient'altro che la puzza del traffico automobilistico che ci scorre a pochi metri.
Si comincia però a delineare l'idea della personalità del nostro gentile cicerone, esageratamente affascinata dalla figura di padre Pio. Dopo brevi reticenze, il nostro ospite ci indica un'altra immagine virtuale, stavolta sulla parete del cortile a cui è addossata la statuona. I nostri laici e disincantati occhi vedono soltanto una canalina tracciata nella parete (di quelle che si utilizzano per i garages entro cui far passare i fili della corrente), perpendicolare al suolo, lunga un paio di metri proprio sulla verticale della statua. Ma il De Liso ci informa che quella è l'immagine di un Cristo in croce, difficile da vedere per le sfavorevoli condizioni di luminosità, ma reale e visibile. Be', in effetti, collegando mentalmente lo scavo verticale con certe incrostazioni orizzontali della parete, si può anche ricostruire approssimativamente una figura di croce. Giuseppe Cerullo, che fra noi è quello più insolente, si avvicina a un paio di curiosi e li plagia: loro all'inizio dicono di non vedere niente, ma Giuseppe gli indica dove guardare e soprattutto cosa guardare, così che dopo pochi minuti anche loro vedono la croce.
Potremmo approfondire ancora, ma alla fine desistiamo. In fondo, quello che abbiamo visto già ha azzerato le probabilità che sotto all'episodio ci sia qualcosa di davvero interessante. Raccogliamo altre notizie, stavolta di secche smentite. Il vescovo di Capua, Schettino, non è convinto per niente del miracolo. Il curato di zona, don Filippo Melone, ancora meno. La gente comune si schernisce, ridacchia, mima dubbi e incertezze. Risaliamo in macchina un po' sconsolati. Il paradiso può attendere, l'onomastico di Diana, la dolce figlioletta di Giuseppe, no. Ce ne andiamo tutti a festeggiare da Giuseppe il quale, peraltro, sarà pure ateo, ma è in grado di cucinare piatti tipici (quelli sì) prodigiosi...
Oggi il muro è protetto da una spessa lastra di vetro, non si può più toccare, non si può più analizzare. Anche questo miracolo è stato congelato nel tempo e nello spazio, disponendosi così soltanto ad alimentare un mito.
Calogero Martorana
insegnante di statistica e probabilità,
coordinatore del CICAP-Campania
[email protected]
Ciro Risolo
studente di ingegneria, [email protected]
Giuseppe Cerullo
tecnico elettronico, webmaster del sito
del Cicap Campania, [email protected]