Alcuni misteriosi omicidi legati alla musica jazz avvennero a New Orleans tra il 1918 e il 1919, proprio durante la pandemia dovuta all’influenza spagnola che in quegli anni fece milioni di vittime in tutto il mondo. A tal proposito è interessante notare che l’appellativo di spagnola fu dato a questa influenza perché la sua esistenza venne riportata per la prima volta nelle cronache dei giornali spagnoli, dal momento che la Spagna non era coinvolta nella Prima guerra mondiale e dunque la stampa spagnola non subiva la censura politico-militare che era in atto negli altri Paesi durante la guerra in corso. Fra gli esperti non c’è un accordo univoco sull’origine geografica della spagnola; alcuni studi identificano il primo focolaio nella contea americana di Haskell nel Kansas, altri nella località francese di Étaples, altri ancora in Asia orientale. D’altra parte la quasi totalità degli studiosi attribuisce il ruolo di vettore principale del virus ai militari coinvolti nella Prima guerra mondiale, che contribuirono a rendere quell’influenza una vera pandemia globale grazie ai loro spostamenti, principalmente tramite viaggi su navi.
Il virus della spagnola appartiene alla famiglia dei virus dell’influenza A, sottotipo H1N1, e il sequenziamento del suo genoma fu completato solamente nel 2005 grazie agli studi del virologo americano di origine tedesca Jeffery Taubenberger, che per primo era riuscito ad isolarlo nel 1997. Per i risultati di Taubenberger fu però determinante l’opera di Johan Hultin, patologo americano nato in Svezia nel 1924, che già nel 1951 aveva cercato, senza grande successo, di isolare il virus della spagnola attraverso i resti delle vittime sepolte nel permafrost nei pressi di una città chiamata Brevig Mission, in Alaska, dove nel 1918 erano morti per l’influenza 72 degli 80 residenti. Nonostante ciò Hultin non si dette per vinto. Dopo 46 anni, nel 1997 egli lesse sulla rivista Science l’articolo in cui Jeffery Taubenberger pubblicò la sequenza iniziale del genoma dell’influenza spagnola e nonostante avesse in quel momento più di 70 anni contattò comunque Taubenberger con grande ardore e tenacia, offrendosi di tornare presso la città di Brevig Mission. La speranza di Hultin era di recuperare dei campioni migliori dai corpi delle vittime del 1918 sepolti nel permafrost e questa volta fu premiato dagli eventi. Tornato in Alaska, riuscì a trovare i resti di una donna obesa di circa 30 anni a cui dette il nome di Lucy. Il grasso della povera donna aveva aiutato a preservarne i polmoni che Hultin prelevò e in qualche modo fece avere a Taubenberger, avendo prima provveduto a inattivare il virus tramite Tiocianato di guanidinio. Anche e soprattutto con l’uso di questo nuovo materiale biologico contenente l’informazione virale congelata nel 1918, Taubenberger fu in grado di completare il sequenziamento del genoma del virus e pubblicare i risultati nel 2005: un grande risultato della scienza ottenuto anche grazie all’incredibile resilienza e caparbietà di Johan Hultin, un vero e proprio cacciatore di virus[1].
Ma torniamo al 1918 e precisamente a New Orleans dove ebbe i natali Louis Armstrong, uno dei grandi padri del jazz. Nella sua autobiografia Satchmo: My Life in New Orleans[2] Armstrong cita la drammatica presenza dell’influenza spagnola in quegli anni («[...] there was a very serious sickness spreading around in New Orleans called the 'Flu [...]»[3]) ed effettivamente New Orleans ne fu duramente colpita, come riportato da diverse fonti e in particolare[4] sul portale online Influenza Encyclopedia[5] che raccoglie i dati americani e i documenti storici legati alla spagnola del 1918-1919.
Proprio in quei due anni New Orleans non solo conobbe drammaticamente la pandemia ma dovette fare i conti con uno spietato serial killer che dal maggio 1918 fino all’ottobre 1919 commise degli efferati omicidi facendo uso tipicamente dell’ascia, strumento che gli valse il nomignolo di Axeman. Le vittime furono principalmente immigrati italiani e italo-americani, assassinati spesso con asce di loro proprietà, il tutto apparentemente senza alcun motivo; non vennero infatti riportati furti o sottrazioni di oggetti dalle case dei malcapitati. Il legame delle vittime con l’Italia fece pensare che Axeman potesse essere mosso da motivazioni etniche di qualche tipo o che la mafia fosse implicata, ma nessuna evidenza confermò queste ipotesi.
Un evento singolare avvenne inoltre il 16 marzo del 1919 quando il quotidiano locale The Times-Picayune pubblicò un’inquietante lettera[6] a firma “The Axeman”, spedita con tutta probabilità dal serial killer di New Orleans e giunta alla redazione del giornale due giorni prima. Nella lettera l’assassino dichiarava esplicitamente che sarebbe tornato a uccidere esattamente quindici minuti dopo lo scoccare della mezzanotte del 19 marzo.
Nella stessa lettera Axeman aggiunse inoltre uno sconcertante riferimento che legò in maniera indissolubile la sua terribile figura da serial killer al jazz che proprio in quegli anni cominciava a prendere corpo come forma musicale. Egli scrisse: «Sono molto appassionato di musica jazz e giuro su tutti i diavoli degli inferi che saranno risparmiate tutte le persone nelle cui case una jazz band starà swingando all’ora che ho appena menzionato. Se tutti avrete una jazz band che suona, bene, tanto meglio per voi. L’unica cosa certa è che coloro che non suoneranno jazz in quello specifico martedì notte conosceranno l'ascia».
Quella notte a New Orleans si suonò musica jazz un po’ dappertutto nei locali e nelle case e di fatto Axeman non fece la sua comparsa.
A dir la verità, ci sono forti dubbi che l’autore di quel testo fosse proprio il vero serial killer, la lettera sembrava scritta troppo bene e ricordava molto lo stile delle lettere che il famoso Jack lo squartatore inviò nel 1888; proprio per questo la redazione del giornale esitò prima di pubblicarla. Ma chi poteva essere l’autore di quello scherzo e chi poteva trarne beneficio?
Miriam C. Davis, storica ed esperta in storia medievale e archeologia, riporta[7] nel suo libro Axeman of New Orleans: The True Story che il musicista locale Joseph John Davilla, dopo aver letto la lettera su The Times-Picayune, dichiarò che questa vicenda gli aveva dato l’ispirazione per comporre un brano jazz a cui aveva dato il nome di “The Mysterious Axman’s Jazz (Don’t Scare Me, Papa”)[8]. Nonostante lo spartito non fosse ancora disponibile il 19 marzo, Davilla riuscì scaltramente a pubblicare sul quotidiano alcune pubblicità che richiamavano e rinforzavano nei lettori il riferimento all’Axman’s Jazz, inoltre assoldò anche un pianista di ragtime per suonare continuamente la sua musica in quei giorni a New Orleans. Davilla sfruttò tutto quello che aveva a disposizione per fare pubblicità alla sua musica, compreso il fatto di utilizzare come copertina del suo spartito la vignetta comica pubblicata il 19 marzo su The Times-Picayune. La vignetta in questione ritraeva una donna al pianoforte mentre suonava proprio The Mysterious Axman’s Jazz insieme a tutta la famiglia, nel disperato tentativo di evitare l’arrivo di Axeman. Dati tutti questi elementi, è ragionevole pensare che la lettera sia stata spedita al giornale proprio dal musicista Joseph John Davilla, per scherzo e per trarne vantaggio pubblicizzando la propria musica. A tutti gli effetti, però, il serial killer di New Orleans purtroppo non fu mai identificato e tantomeno catturato. E così, dopo l’ultimo omicidio avvenuto nell’ottobre del 1919, Axeman scomparve misteriosamente dalle scene di New Orleans, così come anche l’influenza spagnola aveva fatto qualche mese prima.
Il virus della spagnola appartiene alla famiglia dei virus dell’influenza A, sottotipo H1N1, e il sequenziamento del suo genoma fu completato solamente nel 2005 grazie agli studi del virologo americano di origine tedesca Jeffery Taubenberger, che per primo era riuscito ad isolarlo nel 1997. Per i risultati di Taubenberger fu però determinante l’opera di Johan Hultin, patologo americano nato in Svezia nel 1924, che già nel 1951 aveva cercato, senza grande successo, di isolare il virus della spagnola attraverso i resti delle vittime sepolte nel permafrost nei pressi di una città chiamata Brevig Mission, in Alaska, dove nel 1918 erano morti per l’influenza 72 degli 80 residenti. Nonostante ciò Hultin non si dette per vinto. Dopo 46 anni, nel 1997 egli lesse sulla rivista Science l’articolo in cui Jeffery Taubenberger pubblicò la sequenza iniziale del genoma dell’influenza spagnola e nonostante avesse in quel momento più di 70 anni contattò comunque Taubenberger con grande ardore e tenacia, offrendosi di tornare presso la città di Brevig Mission. La speranza di Hultin era di recuperare dei campioni migliori dai corpi delle vittime del 1918 sepolti nel permafrost e questa volta fu premiato dagli eventi. Tornato in Alaska, riuscì a trovare i resti di una donna obesa di circa 30 anni a cui dette il nome di Lucy. Il grasso della povera donna aveva aiutato a preservarne i polmoni che Hultin prelevò e in qualche modo fece avere a Taubenberger, avendo prima provveduto a inattivare il virus tramite Tiocianato di guanidinio. Anche e soprattutto con l’uso di questo nuovo materiale biologico contenente l’informazione virale congelata nel 1918, Taubenberger fu in grado di completare il sequenziamento del genoma del virus e pubblicare i risultati nel 2005: un grande risultato della scienza ottenuto anche grazie all’incredibile resilienza e caparbietà di Johan Hultin, un vero e proprio cacciatore di virus[1].
Ma torniamo al 1918 e precisamente a New Orleans dove ebbe i natali Louis Armstrong, uno dei grandi padri del jazz. Nella sua autobiografia Satchmo: My Life in New Orleans[2] Armstrong cita la drammatica presenza dell’influenza spagnola in quegli anni («[...] there was a very serious sickness spreading around in New Orleans called the 'Flu [...]»[3]) ed effettivamente New Orleans ne fu duramente colpita, come riportato da diverse fonti e in particolare[4] sul portale online Influenza Encyclopedia[5] che raccoglie i dati americani e i documenti storici legati alla spagnola del 1918-1919.
Proprio in quei due anni New Orleans non solo conobbe drammaticamente la pandemia ma dovette fare i conti con uno spietato serial killer che dal maggio 1918 fino all’ottobre 1919 commise degli efferati omicidi facendo uso tipicamente dell’ascia, strumento che gli valse il nomignolo di Axeman. Le vittime furono principalmente immigrati italiani e italo-americani, assassinati spesso con asce di loro proprietà, il tutto apparentemente senza alcun motivo; non vennero infatti riportati furti o sottrazioni di oggetti dalle case dei malcapitati. Il legame delle vittime con l’Italia fece pensare che Axeman potesse essere mosso da motivazioni etniche di qualche tipo o che la mafia fosse implicata, ma nessuna evidenza confermò queste ipotesi.
Un evento singolare avvenne inoltre il 16 marzo del 1919 quando il quotidiano locale The Times-Picayune pubblicò un’inquietante lettera[6] a firma “The Axeman”, spedita con tutta probabilità dal serial killer di New Orleans e giunta alla redazione del giornale due giorni prima. Nella lettera l’assassino dichiarava esplicitamente che sarebbe tornato a uccidere esattamente quindici minuti dopo lo scoccare della mezzanotte del 19 marzo.
Nella stessa lettera Axeman aggiunse inoltre uno sconcertante riferimento che legò in maniera indissolubile la sua terribile figura da serial killer al jazz che proprio in quegli anni cominciava a prendere corpo come forma musicale. Egli scrisse: «Sono molto appassionato di musica jazz e giuro su tutti i diavoli degli inferi che saranno risparmiate tutte le persone nelle cui case una jazz band starà swingando all’ora che ho appena menzionato. Se tutti avrete una jazz band che suona, bene, tanto meglio per voi. L’unica cosa certa è che coloro che non suoneranno jazz in quello specifico martedì notte conosceranno l'ascia».
Quella notte a New Orleans si suonò musica jazz un po’ dappertutto nei locali e nelle case e di fatto Axeman non fece la sua comparsa.
A dir la verità, ci sono forti dubbi che l’autore di quel testo fosse proprio il vero serial killer, la lettera sembrava scritta troppo bene e ricordava molto lo stile delle lettere che il famoso Jack lo squartatore inviò nel 1888; proprio per questo la redazione del giornale esitò prima di pubblicarla. Ma chi poteva essere l’autore di quello scherzo e chi poteva trarne beneficio?
Copertina dello spartito del brano "The Mysterious Axman’s Jazz (Don’t Scare Me, Papa)" composto da Joseph John Davilla nel 1919.