Una mappa impossibile? Il mistero della mappa di Piri Reis

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Se andate a visitare la Biblioteca del Palazzo di Topkapı, a Istanbul, potrete ammirare il frammento di un’antica mappa disegnata su pelle di gazzella, mappa che sembra nascondere molti misteri.

Come rivela la firma, l’autore è il cartografo turco Hagji Ahmed Muhiddin Piri, conosciuto come Piri Reis (“Reis” significa ammiraglio), e la mappa è datata all’anno 919 secondo il calendario musulmano, che corrisponde al 1513 d.C.

Per molti secoli, però, questa mappa è rimasta sconosciuta al pubblico. Nell’ottobre 1929, nel Palazzo di Topkapı, che era stato la residenza del sultano e il centro amministrativo dell’Impero ottomano dalla seconda metà del XV secolo fino al 1856, fervevano i lavori per l’apertura di un nuovo museo. Il responsabile della catalogazione dei beni custoditi nella biblioteca, Gustav Adolf Deissmann, mentre inventariava le carte presenti, trovò una pergamena che attirò subito la sua attenzione. Si trattava di una parte di una mappa, circa un terzo o forse la metà dell’originale, che raffigurava parte del continente americano, all’epoca da poco scoperto.

Il primo incredibile mistero di questa mappa riguarda la raffigurazione della costa settentrionale dell’Antartico, che però sarebbe stato scoperto solo nel 1820 dalla spedizione russa di Lazarev e Bellingshausen. Non solo: nella mappa di Piri Reis l’Antartide è raffigurata priva di ghiacci, situazione che, secondo gli esperti, risale a oltre 6000 anni fa. Com’è possibile?

Come se non bastasse, nel 1965 il professor Charles Hapgood, dell’Università del New Hampshire, notò che nella mappa era usata la “proiezione di Mercatore”, una tecnica usata per rappresentare la superficie terrestre su un piano, che ha come difetto quello di esagerare le dimensioni dei paesi più vicini ai poli e diminuire le dimensioni di quelli vicino all’equatore. Questa tecnica, però, è stata introdotta dal cartografo fiammingo Gerardo Mercatore per la prima volta nel 1569, quindi oltre 50 anni dopo la mappa di Piri Reis.

Erich Von Däniken, autore che probabilmente detiene il record di citazioni in questa rubrica, ne parla nel suo libro Chariots of Gods (in Italiano: Gli extraterrestri torneranno), ma a diffondere il mistero è stato soprattutto Graham Hancock, nel suo best seller fanta-archeologico Impronte degli Dei.

Come ha fatto Piri Reis a realizzare una mappa così particolare e “fuori dal tempo”?

Una prima risposta ce la dà lo stesso Piri, che, nelle note a margine della mappa, dichiara di aver usato come fonti oltre venti altre mappe, tra cui otto mappe tolemaiche, quattro portoghesi, una araba e una di Cristoforo Colombo.

Il professor Hapgood, invece, sostiene che tra le fonti usate da Piri debbano esserci anche mappe o resoconti risalenti al 4000 a.C., quando, stando alle nostre conoscenze storiche, la civiltà non era ancora progredita; al contrario, Hapgood ritiene che dovessero esistere civiltà preistoriche evolute, che possedevano tecnologie avanzate in grado di navigare su lunghe rotte e, probabilmente, anche di volare. È infatti convinto che non sia possibile tracciare una mappa con tale precisione senza alcuna osservazione aerea: «È chiaro che gli antichi navigatori viaggiarono da polo a polo. Anche se appare incredibile, l’evidenza tuttavia indica che alcuni popoli antichi esplorarono l’Antartide quando le sue coste erano libere dal ghiaccio. È anche chiaro che essi avevano strumenti di navigazione per determinare accuratamente la longitudine, cosa che era lontana dall’essere posseduta dalle popolazioni dell’antico Medioevo o dei tempi moderni fino alla seconda metà del XVIII secolo. Questa prova di una tecnologia perduta supporta e dà credito a molte delle altre ipotesi che sono state formulate riguardo ad una perduta civiltà esistente nei tempi remoti. Gli studiosi sono stati abili a respingere molte di queste prove come pura mitologia, ma qui abbiamo fatti che non possono essere respinti. L’evidenza richiede che tutte le altre prove che sono state portate avanti in passato dovrebbero essere riesaminate con una mentalità più aperta[1]».

E se si trattasse di una civiltà aliena? E se ci fosse di mezzo la civiltà perduta di Atlantide? Sono tante le ipotesi che vengono avanzate per spiegare l’inspiegabile…

In realtà, nonostante quanto sostenuto da Hapgood e Hancock, la mappa di Piri Reis non è così straordinariamente precisa: l’unica regione più dettagliata dell’America del Sud è la costa dell’attuale Brasile, anche se, sovrapponendo le due linee costiere, risulta evidente che la corrispondenza sia solo apparente. Invece il disegno di altre zone presenta diversi errori, come nel caso del Rio delle Amazzoni, che viene rappresentato in due diverse posizioni, oppure i Caraibi, rappresentati in modo grossolano, con evidenti errori di proporzioni e orientamento. Infatti all’epoca non era ancora chiara la distinzione tra Asia e America: veniva chiamata America (dopo i viaggi di Amerigo Vespucci) solo l’attuale America del Sud, mentre tutte le terre a nord dei Caraibi erano considerate parte dell’Asia. Nei mappamondi del primo ’500, per esempio, il Giappone veniva disegnato poco a ovest di Cuba. È proprio l’errata rappresentazione dei Caraibi a darci una prova del fatto che Piri Reis si fosse basato anche sulle mappe di Cristoforo Colombo, dove in questa parte del continente americano è disegnata una grande isola disposta lungo l’asse nord-sud, difficilmente identificabile con Cuba anche ruotando la mappa di 90° in senso antiorario.

Bisogna inoltre considerare che le carte geografiche del Medioevo e del Rinascimento erano spesso costruite in modo simbolico, più che realistico. Per esempio, il nord poteva essere raffigurato a sinistra e il sud a destra, una nazione più importante poteva essere disegnata più grande delle altre solo per enfatizzarne la potenza, a prescindere dalle reali dimensioni. E, ad aumentare la confusione di un non esperto, nelle mappe venivano spesso rappresentati anche luoghi mitici come il Paradiso Terrestre o la Torre di Babele.

Arriviamo, quindi, alla presunta raffigurazione dell’Antartide, per di più senza ghiacci. Quello che stupisce è che i sostenitori di questa teoria non si siano mai presi la briga di controllare quanto il disegno sulla mappa corrisponda realmente con l’Antartide! I confini della mappa e quelli dell’Antartide, infatti, non combaciano se sovrapposti.

Va ricordato che, all’epoca, le carte geografiche erano talvolta strumenti politici con cui accampare pretese di possesso: bastava infatti disegnare una terra da un lato o dall’altro del meridiano denominato “la Raya”, al confine tra l’area di influenza della Spagna e quella del Portogallo, per rivendicarla come propria. Le terre nell’estremità inferiore della mappa, identificate erroneamente come l’Antartide, potrebbero essere il prolungamento dell’estremità del continente sudamericano, deformate e piegate a destra semplicemente per adattarsi alla forma della pergamena o per far rientrare quelle terre nei 180° assegnati al Portogallo dal trattato di Tordesillas del 1494, come avrebbe fatto comodo ai portoghesi. A sostegno di questa ipotesi ci sono anche numerose note dello stesso Piri.

Ad ogni modo, dopo aver effettuato un confronto sovrapponendo la mappa di Piri Reis con una mappa attuale, risulta quanto mai assurda l’ipotesi che per disegnarla fossero state necessarie osservazioni aeree. Se, infatti, ci fosse davvero stata questa possibilità, nella mappa non sarebbero certo mancati i 2000 chilometri di costa dal Brasile alla Terra del Fuoco, pari cioè a tutta l’Argentina, e l’Antartide sarebbe stata rappresentata 4000 chilometri a sud del Brasile, e non attaccata a quest’ultimo…

Insomma, anche in questo caso il mistero era solo negli occhi di chi l’ha creato.

Note

1) Charles H. Hapgood, “Maps of the Ancient Sea Kings” (“Antiche Mappe dei Re del Mare”), Turnstone Books, Londra, 1979.


Per approfondire:

  • Massimo Polidoro, Gli enigmi della storia, Milano: Piemme, 2003.
  • Diego Cuoghi, I misteri della mappa di Piri Reis: https://bit.ly/2nvrq6L .

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