L’insegnamento della teoria dell’evoluzione nelle scuole ha sempre presentato aspetti problematici. Alcune correnti di pensiero integraliste, infatti, lo hanno sempre contrastato, rivendicando pari dignità alle varie versioni delle dottrine creazioniste.
Notevole scalpore fece, nell’ottobre 2004, l’introduzione, da parte delle autorità scolastiche di Dover, in Pennsylvania, dell’insegnamento della dottrina dell’Intelligent Design nei programmi di biologia delle scuole pubbliche. Introduzione poi bloccata da una sentenza del tribunale (presieduto dal giudice John E. Jones), nel dicembre 2005[1]. La sentenza ha sancito chiaramente che la dottrina dell’Intelligent Design è una dottrina religiosa e come tale non può quindi trovare posto nelle ore di scienze.
Nel nostro paese, sempre nel 2004, la cosiddetta “riforma Moratti” (dal nome dell’allora ministro dell’istruzione Letizia Moratti), che rivedeva i programmi delle scuole materne, elementari e medie inferiori, aveva fatto sparire dai programmi delle scuole medie inferiori ogni riferimento alle teorie di Darwin[2].
Non si fecero attendere, per fortuna, le reazioni della comunità scientifica che portarono il ministro Moratti a istituire una commissione, costituita da Carlo Rubbia, Roberto Colombo, Vittorio Sgaramella e Rita Levi Montalcini che la presiedeva. Nel 2005 la commissione, dopo alcuni mesi di lavoro, ribadì in modo chiaro l’importanza dell’insegnamento delle teorie di Darwin, sostenendo che «lo studio dell’evoluzione è essenziale per una visione integrale della vita»[3]. E contemporaneamente chiese al Ministero la reintroduzione della teoria dell’evoluzione nei programmi di insegnamento, sia nella scuola primaria, che in entrambi i cicli di quella secondaria.
La commissione dichiarò espressamente che togliere lo studio dell’evoluzione dai programmi scolastici «significherebbe danneggiare gravemente la formazione intellettuale dei giovani, che debbono aprirsi con senso critico all’osservazione della realtà».
Ancora oggi, a distanza di oltre 12 anni dall’increscioso episodio, non tutti i problemi sono stati risolti. L’allarme è stato recentemente lanciato dal paleoantropologo Giorgio Manzi, dell’università La Sapienza di Roma. L’occasione è stata la conferenza, organizzata il 23 novembre 2017 a Palazzo Madama dalla senatrice Fabiola Anitori (insegnante, di formazione biologa), per la presentazione del libro dello stesso Manzi Ultime notizie sull’evoluzione umana[4].
L’evento, al quale ha partecipato anche Piero Angela, è stato organizzato in concomitanza dell’anniversario della scoperta in Etiopia, nel 1974, di Lucy, lo scheletro di giovane femmina di australopiteco risalente a più di tre milioni di anni fa.
Durante l’evento Manzi, riferendosi al modo in cui l’evoluzione dell’uomo viene insegnata nelle scuole italiane, ha denunciato che[5]:
non si può etichettare così e liquidare in poche pagine una storia che, come quella dell’evoluzione umana, è durata milioni di anni. La scuola dovrebbe dare uno spazio maggiore alla scienza.
In particolare, secondo Manzi, lo studio dell’evoluzione umana non andrebbe trattato sbrigativamente in poche pagine e all’interno del programma di storia. In realtà, l’evoluzione dell’uomo è un argomento di scienze. Chi insegna storia ha solitamente una preparazione di tipo umanistico. Per un’adeguata trattazione dell’evoluzione umana sono invece necessarie specifiche competenze scientifiche.
Ad esempio, la storia di Lucy, l’ominide diventato il simbolo dell’evoluzione umana, è stata, secondo Manzi, «una scoperta straordinaria che ha raccontato la biologia della nostra specie, una storia così avvincente da essere quasi un romanzo». Senza contare che nei 43 anni trascorsi da quella scoperta sono aumentate le tecniche di indagine e le conoscenze scientifiche capaci di raccontare un passato così lontano.
Manzi ha inoltre aggiunto che:
La scienza delle nostre origini è cresciuta molto, ma forse è cresciuta poco dal punto di vista dell’insegnamento.
Come si legge nella locandina dell’evento:
Dallo studio delle ossa fossili, dei siti, dei manufatti preistorici e dai dati della biologia molecolare, ci addentriamo in un complicato intreccio di specie estinte che sono alla base delle nostre origini: da Lucy ai Neanderthal, da Homo naledi. ultimo antenato appena scoperto. all’affermazione e diffusione di Homo sapiens, la nostra specie. Attraverso una serie di “pillole” di evoluzione umana, Giorgio Manzi, paleoantropologo alla Sapienza Università di Roma e autore del libro Ultime notizie sull’evoluzione umana (ll Mulino. Bologna 2017) ricompone le tessere di un puzzle che corrispondono a una serie di istantanee scattate dagli antropologi, tra cui anche lui, nei quarant’anni successivi alla scoperta di Lucy. La conferenza stampa, organizzata dalla senatrice Fabiola Anitori e con la partecipazione straordinaria di un divulgatore scientifico quale Piero Angela, si propone di portare all’attenzione la Paleoantropologia, una disciplina scientifica che tanto affascina l’opinione pubblica e che, anche per questo, andrebbe maggiormente valorizzata nell’insegnamento scolastico e universitario.
Circa l’insegnamento, Piero Angela ha ribadito, ancora una volta, un tema a lui molto caro:
la scuola italiana non insegna la scienza. Io mi sono appassionato per conto mio e la divulgazione è un aiuto che diamo a una scuola che insegna la scienza molto poco.
Sulla stessa la linea si è espressa la senatrice Anitori, che ha auspicato «un maggiore contatto anche fra il mondo della scienza e quello della politica». Parole quanto mai condivisibili, soprattutto in quanto pronunciate da un’esponente politica. Speriamo solo che alle parole seguano anche i fatti.
Notevole scalpore fece, nell’ottobre 2004, l’introduzione, da parte delle autorità scolastiche di Dover, in Pennsylvania, dell’insegnamento della dottrina dell’Intelligent Design nei programmi di biologia delle scuole pubbliche. Introduzione poi bloccata da una sentenza del tribunale (presieduto dal giudice John E. Jones), nel dicembre 2005[1]. La sentenza ha sancito chiaramente che la dottrina dell’Intelligent Design è una dottrina religiosa e come tale non può quindi trovare posto nelle ore di scienze.
Nel nostro paese, sempre nel 2004, la cosiddetta “riforma Moratti” (dal nome dell’allora ministro dell’istruzione Letizia Moratti), che rivedeva i programmi delle scuole materne, elementari e medie inferiori, aveva fatto sparire dai programmi delle scuole medie inferiori ogni riferimento alle teorie di Darwin[2].
Non si fecero attendere, per fortuna, le reazioni della comunità scientifica che portarono il ministro Moratti a istituire una commissione, costituita da Carlo Rubbia, Roberto Colombo, Vittorio Sgaramella e Rita Levi Montalcini che la presiedeva. Nel 2005 la commissione, dopo alcuni mesi di lavoro, ribadì in modo chiaro l’importanza dell’insegnamento delle teorie di Darwin, sostenendo che «lo studio dell’evoluzione è essenziale per una visione integrale della vita»[3]. E contemporaneamente chiese al Ministero la reintroduzione della teoria dell’evoluzione nei programmi di insegnamento, sia nella scuola primaria, che in entrambi i cicli di quella secondaria.
La commissione dichiarò espressamente che togliere lo studio dell’evoluzione dai programmi scolastici «significherebbe danneggiare gravemente la formazione intellettuale dei giovani, che debbono aprirsi con senso critico all’osservazione della realtà».
Ancora oggi, a distanza di oltre 12 anni dall’increscioso episodio, non tutti i problemi sono stati risolti. L’allarme è stato recentemente lanciato dal paleoantropologo Giorgio Manzi, dell’università La Sapienza di Roma. L’occasione è stata la conferenza, organizzata il 23 novembre 2017 a Palazzo Madama dalla senatrice Fabiola Anitori (insegnante, di formazione biologa), per la presentazione del libro dello stesso Manzi Ultime notizie sull’evoluzione umana[4].
L’evento, al quale ha partecipato anche Piero Angela, è stato organizzato in concomitanza dell’anniversario della scoperta in Etiopia, nel 1974, di Lucy, lo scheletro di giovane femmina di australopiteco risalente a più di tre milioni di anni fa.
Durante l’evento Manzi, riferendosi al modo in cui l’evoluzione dell’uomo viene insegnata nelle scuole italiane, ha denunciato che[5]:
non si può etichettare così e liquidare in poche pagine una storia che, come quella dell’evoluzione umana, è durata milioni di anni. La scuola dovrebbe dare uno spazio maggiore alla scienza.
In particolare, secondo Manzi, lo studio dell’evoluzione umana non andrebbe trattato sbrigativamente in poche pagine e all’interno del programma di storia. In realtà, l’evoluzione dell’uomo è un argomento di scienze. Chi insegna storia ha solitamente una preparazione di tipo umanistico. Per un’adeguata trattazione dell’evoluzione umana sono invece necessarie specifiche competenze scientifiche.
Ad esempio, la storia di Lucy, l’ominide diventato il simbolo dell’evoluzione umana, è stata, secondo Manzi, «una scoperta straordinaria che ha raccontato la biologia della nostra specie, una storia così avvincente da essere quasi un romanzo». Senza contare che nei 43 anni trascorsi da quella scoperta sono aumentate le tecniche di indagine e le conoscenze scientifiche capaci di raccontare un passato così lontano.
Manzi ha inoltre aggiunto che:
La scienza delle nostre origini è cresciuta molto, ma forse è cresciuta poco dal punto di vista dell’insegnamento.
Come si legge nella locandina dell’evento:
Dallo studio delle ossa fossili, dei siti, dei manufatti preistorici e dai dati della biologia molecolare, ci addentriamo in un complicato intreccio di specie estinte che sono alla base delle nostre origini: da Lucy ai Neanderthal, da Homo naledi. ultimo antenato appena scoperto. all’affermazione e diffusione di Homo sapiens, la nostra specie. Attraverso una serie di “pillole” di evoluzione umana, Giorgio Manzi, paleoantropologo alla Sapienza Università di Roma e autore del libro Ultime notizie sull’evoluzione umana (ll Mulino. Bologna 2017) ricompone le tessere di un puzzle che corrispondono a una serie di istantanee scattate dagli antropologi, tra cui anche lui, nei quarant’anni successivi alla scoperta di Lucy. La conferenza stampa, organizzata dalla senatrice Fabiola Anitori e con la partecipazione straordinaria di un divulgatore scientifico quale Piero Angela, si propone di portare all’attenzione la Paleoantropologia, una disciplina scientifica che tanto affascina l’opinione pubblica e che, anche per questo, andrebbe maggiormente valorizzata nell’insegnamento scolastico e universitario.
Circa l’insegnamento, Piero Angela ha ribadito, ancora una volta, un tema a lui molto caro:
la scuola italiana non insegna la scienza. Io mi sono appassionato per conto mio e la divulgazione è un aiuto che diamo a una scuola che insegna la scienza molto poco.
Sulla stessa la linea si è espressa la senatrice Anitori, che ha auspicato «un maggiore contatto anche fra il mondo della scienza e quello della politica». Parole quanto mai condivisibili, soprattutto in quanto pronunciate da un’esponente politica. Speriamo solo che alle parole seguano anche i fatti.
Note
1) Si veda: S. Fuso, “No al creazionismo nelle scuole”, Scienza & Paranormale n. 65, anno XIV, 2006
2) Si veda: S. Fuso, “Scuola: ma dov'è finito Darwin?”, Scienza & Paranormale n. 55, anno XII, 2004
3) Si veda: S. Fuso, “Darwin è indispensabile ma gli insegnamenti scientifici arretrano”, Scienza & Paranormale n. 60, anno XIII, 2005
4) G. Manzi, Ultime notizie sull’evoluzione umana, Il Mulino, Bologna 2017
5) “Basta 'preistoria', paleontologo chiede più scienza a scuola”, Ansa 24/11/2017: http://bit.ly/2os8ohl .