L’espressione “post-verità” è entrata nel dibattito pubblico per inquadrare diversi fenomeni che caratterizzano la comunicazione contemporanea e che nel loro insieme determinano una difficoltà a separare con chiarezza fatti veri e invenzioni.
Un primo fenomeno riguarda la produzione e diffusione di notizie false in diversi ambiti, dalla politica alla scienza. Di per sé questo non costituisce una novità, poiché è ovvio a chiunque, e certamente ai lettori di Query, che falsità, bufale o distorsioni propagandistiche sono state sempre presenti nel discorso pubblico e in quello mediatico. Del resto, nel manifesto che ha accompagnato la nascita del CICAP quasi 30 anni fa si denunciava che «Giornali, settimanali, radio e televisioni dedicano ampio spazio a presunti fenomeni paranormali, a guaritori, ad astrologi, trattando tutto ciò in modo acritico, senza alcun criterio di controllo; anzi cercando, il più delle volte, l’avvenimento sensazionale, che permetta di alzare l’indice di vendita o di ascolto».
Il punto è allora che queste notizie false, in un mondo che è sempre più interconnesso, tendono a diffondersi in maniera globale, superando i tradizionali confini locali e raggiungendo strati sempre più ampi di popolazione.
Questa diffusione, ed è questo un ulteriore elemento di rilevante differenza rispetto al passato, è inoltre particolarmente rapida, il che rende più complesso poterla fermare attraverso una smentita, che arriva comunque in ritardo e non riesce quindi a contrastare con piena efficacia la notizia falsa.
Un terzo elemento che merita di essere citato è il progressivo indebolimento delle redazioni giornalistiche nella loro relazione con altri poteri, quello economico e quello politico in primis. Questo determina una minore capacità dei giornalisti di porsi come controllori nei confronti delle informazioni che ricevono dagli uffici stampa e una parallela maggiore influenza di comunicatori esperti, i cosiddetti spin doctor, nel confezionare versioni parziali della verità o nell’indirizzare l’attenzione dell’opinione pubblica verso alcuni fatti a discapito di altri.
Infine, un elemento che merita di essere considerato in relazione all’influenza di internet in questo processo è quello che viene chiamato clickbait: la presenza di siti internet che pubblicano notizie del tutto infondate, presentate con titoli accattivanti o sensazionalistici in maniera da attirare l’attenzione dei navigatori, per spingere il più ampio numero possibile di persone a leggere quelle pagine aumentando le entrate pubblicitarie del sito, che sono appunto legate al numero di visitatori che cliccano sui contenuti presenti.
Il secondo fenomeno è relativo alla ricezione dei contenuti informativi e in particolare al fatto che storie false e da tempo autorevolmente smentite, come per esempio l’associazione tra vaccini e autismo, continuino a propagarsi sui social media. Per spiegare questo fenomeno si è fatto in particolare riferimento al concetto di echo-chamber. Walter Quattrociocchi e i suoi collaboratori hanno infatti mostrato che l’utente dei social media tende a entrare in contatto con persone che propongono contenuti informativi simili a quelli che lei/lui stesso già approva e a non relazionarsi con chi invece produce contenuti opposti, che potrebbero portare a mettere in discussione le proprie idee.
In questo senso, l’espressione post-verità rimanda all’idea che le persone siano più interessate a mantenere le proprie idee o i propri pregiudizi piuttosto che a confrontarsi con altri e a scoprire quale sia la verità su un certo fenomeno o notizia.
Anche in questo caso, abbiamo a che fare con processi psicologici e psicosociali noti da tempo. In particolare, gli studi sull’errore di conferma hanno per esempio mostrato la tendenza delle persone a cercare prove che siano coerenti con le loro ipotesi piuttosto che prove che le smentiscano, oppure hanno evidenziato che le persone tendono a ricordare informazioni ed eventi che siano coerenti con le loro aspettative attuali, tralasciando quelle che non lo sono.
Sul piano delle relazioni, sin dagli anni ’70 del secolo scorso diversi psicologi sociali hanno rilevato che la percezione di somiglianza aumenta l’attrazione tra le persone, il che spiega la nostra tendenza a preferire partner che abbiano atteggiamenti, interessi, valori, credenze simili a noi, trovando anche in queste relazioni una conferma della nostra visione del mondo.
Per quanto noti, questi fenomeni sono però enormemente amplificati da quella che Maurizio Ferraris chiama documedialità, ossia la possibilità che la rete offre a tutti di produrre documenti che hanno un ruolo rilevante nella costruzione sociale della realtà, anche grazie alla capacità di mobilitazione orizzontale della rete stessa. Questa attivazione costituisce, per usare ancora le parole di Ferraris in un recente intervento su Repubblica, un esempio di «massificazione di un atteggiamento di avanguardia»: la trasformazione cioè della critica filosofica post-moderna alla scienza e alle sue verità nello slogan secondo cui nessuna verità è superiore alle altre in quanto si tratta di versioni del mondo tutte egualmente legittime.
Questo atteggiamento prende anche la forma di una crescente sfiducia nei confronti delle autorità, che siano queste politiche, istituzionali o anche scientifiche, alimentando la produzione e la diffusione di teorie cospirative. Tali teorie, infatti, offrono un punto di vista alternativo sui fatti sociali che smaschera presunti interessi nascosti e che risulta difficile contrastare in quanto per una parte crescente dell’opinione pubblica manca una autorità affidabile a cui si possa fare riferimento per stabilire una verità certa.
Relativamente all’ambito scientifico, è però opportuno chiarire che si possono osservare due dinamiche speculari. Da una parte cresce, anche se in misura limitata, la scientific literacy della popolazione generale e aumentano le iniziative di coinvolgimento del pubblico nell’ambito dell’impresa scientifica (dalle raccolte di finanziamenti, alla creazione di forme di consultazione su tematiche scientifiche eticamente sensibili, per citare solo due esempi), due indicatori di una diffusa attenzione nei confronti della scienza e della tecnologia.
Dall’altra si è accresciuta la percezione della rischiosità di alcune tecnologie e soprattutto si è diffusa, in alcuni settori dell’opinione pubblica, una sfiducia nei confronti della comunità scientifica e delle sue procedure di funzionamento.
Complessivamente i temi che abbiamo qui sinteticamente richiamato aiutano a comprendere perché il CICAP abbia voluto intitolare il suo XIV Convegno, nonché primo CICAP-FEST, “Il valore dei fatti nell’era della post verità”. Questo incontro costituirà infatti innanzitutto un’occasione di riflessione e confronto sulle trasformazioni sociali e comunicative che ci hanno proiettato in questa era della post verità. Ci aiuterà inoltre a comprendere, grazie all’aiuto di tanti esperti relatori, in quali ambiti hanno maggior diffusione informazioni false e distorte, quando non vere e proprie pseudoscienze, e teorie complottiste.
Ma il Festival vorrà anche essere un’occasione nella quale discutere come diffondere maggiormente nel dibattito pubblico il “valore dei fatti”, ovvero la necessità che le diverse affermazioni, teorie, ipotesi di spiegazione che vengono immesse nel dibattito pubblico siano adeguatamente supportate da evidenze che le sostengono.
La validità di questa idea non è secondo noi limitata a quegli ambiti in cui si è più affermata negli ultimi decenni come quello dell’evidence based medicine, ma può essere utilmente estesa agli ambiti dell’economia, della decisione politica, della storia.
Connesso a questo principio, come scrivemmo alcuni anni fa presentando un Convegno organizzato alla Università Statale di Milano, ve ne è un secondo, il “valore della trasparenza”. Valorizzare l’importanza dei fatti è possibile solo nel quadro di un sistema che consente un esame trasparente e aperto dei processi e delle modalità attraverso cui questi fatti e queste evidenze vengono costruiti e che ne permette una disanima critica il più possibile pubblica.
Il terzo principio è il “valore della responsabilità”. La responsabilità riguarda sia coloro che producono conoscenza scientifica e tecnica, sia coloro che operano nel mondo dell’informazione e della divulgazione. In questo senso è coinvolta anche l’opinione pubblica più allargata, dal momento che, come abbiamo detto, la produzione di messaggi pubblici non è più solo appannaggio dei giornalisti ma è diventata prerogativa diffusa, per quanto chiaramente gli operatori dell’informazione possano disporre di platee ben più ampie a cui parlare e in questo senso debbano essere consapevoli della propria maggiore responsabilità sociale.
Complessivamente questi tre valori costituiscono l’ossatura di un discorso culturale ed educativo che si presenta come l’unico serio antidoto alla sfida sociale e culturale della post verità. È chiaro che un evento come il CICAP-FEST è solo un tassello di un quadro molto più ampio e che questioni di questo genere richiedono un lavoro diffuso e che si articola in un tempo non breve: un lavoro che questo Comitato porta avanti da quando fu fondato nel 1989 e di cui si avvertono sempre più l’esigenza e la rilevanza pubblica.
La produzione di notizie false
Un primo fenomeno riguarda la produzione e diffusione di notizie false in diversi ambiti, dalla politica alla scienza. Di per sé questo non costituisce una novità, poiché è ovvio a chiunque, e certamente ai lettori di Query, che falsità, bufale o distorsioni propagandistiche sono state sempre presenti nel discorso pubblico e in quello mediatico. Del resto, nel manifesto che ha accompagnato la nascita del CICAP quasi 30 anni fa si denunciava che «Giornali, settimanali, radio e televisioni dedicano ampio spazio a presunti fenomeni paranormali, a guaritori, ad astrologi, trattando tutto ciò in modo acritico, senza alcun criterio di controllo; anzi cercando, il più delle volte, l’avvenimento sensazionale, che permetta di alzare l’indice di vendita o di ascolto».
Il punto è allora che queste notizie false, in un mondo che è sempre più interconnesso, tendono a diffondersi in maniera globale, superando i tradizionali confini locali e raggiungendo strati sempre più ampi di popolazione.
Questa diffusione, ed è questo un ulteriore elemento di rilevante differenza rispetto al passato, è inoltre particolarmente rapida, il che rende più complesso poterla fermare attraverso una smentita, che arriva comunque in ritardo e non riesce quindi a contrastare con piena efficacia la notizia falsa.
Un terzo elemento che merita di essere citato è il progressivo indebolimento delle redazioni giornalistiche nella loro relazione con altri poteri, quello economico e quello politico in primis. Questo determina una minore capacità dei giornalisti di porsi come controllori nei confronti delle informazioni che ricevono dagli uffici stampa e una parallela maggiore influenza di comunicatori esperti, i cosiddetti spin doctor, nel confezionare versioni parziali della verità o nell’indirizzare l’attenzione dell’opinione pubblica verso alcuni fatti a discapito di altri.
Infine, un elemento che merita di essere considerato in relazione all’influenza di internet in questo processo è quello che viene chiamato clickbait: la presenza di siti internet che pubblicano notizie del tutto infondate, presentate con titoli accattivanti o sensazionalistici in maniera da attirare l’attenzione dei navigatori, per spingere il più ampio numero possibile di persone a leggere quelle pagine aumentando le entrate pubblicitarie del sito, che sono appunto legate al numero di visitatori che cliccano sui contenuti presenti.
Ricerca di conferme
Il secondo fenomeno è relativo alla ricezione dei contenuti informativi e in particolare al fatto che storie false e da tempo autorevolmente smentite, come per esempio l’associazione tra vaccini e autismo, continuino a propagarsi sui social media. Per spiegare questo fenomeno si è fatto in particolare riferimento al concetto di echo-chamber. Walter Quattrociocchi e i suoi collaboratori hanno infatti mostrato che l’utente dei social media tende a entrare in contatto con persone che propongono contenuti informativi simili a quelli che lei/lui stesso già approva e a non relazionarsi con chi invece produce contenuti opposti, che potrebbero portare a mettere in discussione le proprie idee.
In questo senso, l’espressione post-verità rimanda all’idea che le persone siano più interessate a mantenere le proprie idee o i propri pregiudizi piuttosto che a confrontarsi con altri e a scoprire quale sia la verità su un certo fenomeno o notizia.
Anche in questo caso, abbiamo a che fare con processi psicologici e psicosociali noti da tempo. In particolare, gli studi sull’errore di conferma hanno per esempio mostrato la tendenza delle persone a cercare prove che siano coerenti con le loro ipotesi piuttosto che prove che le smentiscano, oppure hanno evidenziato che le persone tendono a ricordare informazioni ed eventi che siano coerenti con le loro aspettative attuali, tralasciando quelle che non lo sono.
Sul piano delle relazioni, sin dagli anni ’70 del secolo scorso diversi psicologi sociali hanno rilevato che la percezione di somiglianza aumenta l’attrazione tra le persone, il che spiega la nostra tendenza a preferire partner che abbiano atteggiamenti, interessi, valori, credenze simili a noi, trovando anche in queste relazioni una conferma della nostra visione del mondo.
Verità personali
Per quanto noti, questi fenomeni sono però enormemente amplificati da quella che Maurizio Ferraris chiama documedialità, ossia la possibilità che la rete offre a tutti di produrre documenti che hanno un ruolo rilevante nella costruzione sociale della realtà, anche grazie alla capacità di mobilitazione orizzontale della rete stessa. Questa attivazione costituisce, per usare ancora le parole di Ferraris in un recente intervento su Repubblica, un esempio di «massificazione di un atteggiamento di avanguardia»: la trasformazione cioè della critica filosofica post-moderna alla scienza e alle sue verità nello slogan secondo cui nessuna verità è superiore alle altre in quanto si tratta di versioni del mondo tutte egualmente legittime.
Questo atteggiamento prende anche la forma di una crescente sfiducia nei confronti delle autorità, che siano queste politiche, istituzionali o anche scientifiche, alimentando la produzione e la diffusione di teorie cospirative. Tali teorie, infatti, offrono un punto di vista alternativo sui fatti sociali che smaschera presunti interessi nascosti e che risulta difficile contrastare in quanto per una parte crescente dell’opinione pubblica manca una autorità affidabile a cui si possa fare riferimento per stabilire una verità certa.
Relativamente all’ambito scientifico, è però opportuno chiarire che si possono osservare due dinamiche speculari. Da una parte cresce, anche se in misura limitata, la scientific literacy della popolazione generale e aumentano le iniziative di coinvolgimento del pubblico nell’ambito dell’impresa scientifica (dalle raccolte di finanziamenti, alla creazione di forme di consultazione su tematiche scientifiche eticamente sensibili, per citare solo due esempi), due indicatori di una diffusa attenzione nei confronti della scienza e della tecnologia.
Dall’altra si è accresciuta la percezione della rischiosità di alcune tecnologie e soprattutto si è diffusa, in alcuni settori dell’opinione pubblica, una sfiducia nei confronti della comunità scientifica e delle sue procedure di funzionamento.
Il valore dei fatti
Complessivamente i temi che abbiamo qui sinteticamente richiamato aiutano a comprendere perché il CICAP abbia voluto intitolare il suo XIV Convegno, nonché primo CICAP-FEST, “Il valore dei fatti nell’era della post verità”. Questo incontro costituirà infatti innanzitutto un’occasione di riflessione e confronto sulle trasformazioni sociali e comunicative che ci hanno proiettato in questa era della post verità. Ci aiuterà inoltre a comprendere, grazie all’aiuto di tanti esperti relatori, in quali ambiti hanno maggior diffusione informazioni false e distorte, quando non vere e proprie pseudoscienze, e teorie complottiste.
Ma il Festival vorrà anche essere un’occasione nella quale discutere come diffondere maggiormente nel dibattito pubblico il “valore dei fatti”, ovvero la necessità che le diverse affermazioni, teorie, ipotesi di spiegazione che vengono immesse nel dibattito pubblico siano adeguatamente supportate da evidenze che le sostengono.
La validità di questa idea non è secondo noi limitata a quegli ambiti in cui si è più affermata negli ultimi decenni come quello dell’evidence based medicine, ma può essere utilmente estesa agli ambiti dell’economia, della decisione politica, della storia.
Connesso a questo principio, come scrivemmo alcuni anni fa presentando un Convegno organizzato alla Università Statale di Milano, ve ne è un secondo, il “valore della trasparenza”. Valorizzare l’importanza dei fatti è possibile solo nel quadro di un sistema che consente un esame trasparente e aperto dei processi e delle modalità attraverso cui questi fatti e queste evidenze vengono costruiti e che ne permette una disanima critica il più possibile pubblica.
Il terzo principio è il “valore della responsabilità”. La responsabilità riguarda sia coloro che producono conoscenza scientifica e tecnica, sia coloro che operano nel mondo dell’informazione e della divulgazione. In questo senso è coinvolta anche l’opinione pubblica più allargata, dal momento che, come abbiamo detto, la produzione di messaggi pubblici non è più solo appannaggio dei giornalisti ma è diventata prerogativa diffusa, per quanto chiaramente gli operatori dell’informazione possano disporre di platee ben più ampie a cui parlare e in questo senso debbano essere consapevoli della propria maggiore responsabilità sociale.
Complessivamente questi tre valori costituiscono l’ossatura di un discorso culturale ed educativo che si presenta come l’unico serio antidoto alla sfida sociale e culturale della post verità. È chiaro che un evento come il CICAP-FEST è solo un tassello di un quadro molto più ampio e che questioni di questo genere richiedono un lavoro diffuso e che si articola in un tempo non breve: un lavoro che questo Comitato porta avanti da quando fu fondato nel 1989 e di cui si avvertono sempre più l’esigenza e la rilevanza pubblica.