Quando una notizia scientifica si trasforma in spettacolo o cronaca rosa si tratta sempre di una sconfitta della ragione: è quasi sempre banalizzata, semplificata fino alla distorsione, a volte trasformata in senso negativo. Sulla sponda opposta del fiume della scienza c’è chi fa divulgazione scientifica e si adopera per trasformare la scienza e gli argomenti più complessi in qualcosa di accattivante per incuriosire e attirare chi legge per passione o chi vuole semplicemente informarsi. La recente vicenda “staminali” è un esempio di un argomento scientifico fatto a pezzi dalla cronaca. Breve riassunto: una trasmissione televisiva presenta i casi “disperati” di bambini affetti da gravi malattie per le quali la medicina non può offrire più di un supporto nelle difficoltà della vita quotidiana, in mancanza di cure definitive e senza che spesso si conosca bene neanche la causa di alcune di esse. La stessa trasmissione lascia intendere che, al contrario, esiste una possibilità e dipinge le autorità che non autorizzano la cura in questione come “nemiche” dei bambini sofferenti. Basta pochissimo per portare in piazza gruppi di manifestanti, personaggi pubblici che lanciano appelli e politici che si schierano, tutti a favore della “libertà di cura” (un principio di cui continuano ad abusare). Chi invita alla calma, chi chiede di conoscere meglio la “terapia” e chi accusa la trasmissione di pubblicità pericolosa viene subito additato come insensibile e, in alcuni casi, addirittura minacciato. Il protagonista principale di questa vicenda, “l’inventore” della cura, attacca, accusa, alza la voce. Con lui, accanto ai bambini sofferenti e alle madri che reclamano speranza, c’è anche chi si dice pronto a gesti violenti pur di convincere il potere ad approvare “l’unica cura efficace” per quei bambini. Tutto succede in pochi giorni, la presunta cura sarebbe rappresentata da infusioni di cellule staminali, ovvero le progenitrici delle cellule adulte e mature, che hanno mostrato per alcune malattie la capacità di “riparare” tessuti danneggiati o non funzionanti. In realtà le staminali, già provate in molte delle malattie neurodegenerative in oggetto, non sembrano avere grandi effetti e soprattutto non cambiano il decorso di queste malattie, quasi sempre a prognosi infausta. La cura reclamizzata in televisione, inoltre, non è ben conosciuta, né sono noti i risultati ottenuti sulle persone che già l’hanno provata. Oltre a essere state rilevate delle irregolarità sia normative sia di sicurezza, oggetto di indagini della magistratura, sono le stesse caratteristiche di queste cellule che non mostrano particolari benefici in quel contesto terapeutico. Non si tratta di scienza né di medicina insomma, è l’ennesima speranza venduta al popolo, la ricerca del miracolo che deve avvenire per forza. La storia inoltre s’intreccia con inchieste giudiziarie, uomini politici, connivenze da chiarire e questo va molto oltre a ciò che serve per stabilire se una cura funzioni o meno. Gli scienziati ci provano: rilasciano dichiarazioni, comunicati stampa, si muove persino la rivista “Nature” e le associazioni mediche internazionali ma, anche loro, a turno, diventano «nemici» e «schiavi delle multinazionali» (nonostante le multinazionali avrebbero tutti gli interessi a scoprire una cura per una grave malattia che di cure non ne ha) secondo la propaganda dei promotori della cura.
Chi fa scienza e medicina può capire l’amarezza, il senso di impotenza e di frustrazione che si provano davanti ad avvenimenti del genere. Si cerca il sostegno della politica che però, fino a oggi, invece di impedire uno scempio del genere sembra favorirlo più per accontentare l’opinione pubblica che per proteggerla (atto doveroso, ma spesso impopolare). Così è spontaneo chiedersi come comportarsi, cosa fare e come parlare. La rabbia non serve, le spiegazioni a quanto pare non portano nessun frutto, il principio di precauzione è visto come un’inutile perdita di tempo. Dall’altro lato continuano i video dei “guariti”, le dichiarazioni bellicose. Sembra quasi che più si cerca di spiegare e più chi è a favore si chiuda a riccio e non voglia sentire ragioni. Non per niente qualcuno ha paragonato questa storia alla vicenda Di Bella: manifestazioni di piazza, guarigioni miracolose mai dimostrate, politici schierati e medici “insensibili”. Se devo essere sincero io una risposta non ce l’ho però ho notato che è spesso l’atteggiamento da “crocerossina” tipico di molti scienziati che si rivela un boomerang e crea più danni che altro. Non è scritto da nessuna parte che uno scienziato debba salvare l’umanità dalla distruzione, non è il medico che deve impedire le truffe, non è il ricercatore che deve scovare il marcio. Può farlo se vuole ma questo rimane un compito secondario, il compito di coloro che fanno scienza è quello di spiegare, raccontare, mettere a disposizione le loro conoscenze, saranno poi le autorità a regolamentare, scovare eventuali reati, permettere o proibire. Creando uno “schieramento” di scienziati o di “contrari” si avrà per forza di cose uno schieramento opposto di “favorevoli”. Dipingendo come ingenuo chi ci crede, questi dipingerà come «senza cuore» chi è contro e, così, si finirà col fare il gioco di chi non si basa sulla scienza per proporre un trattamento medico. Avendo a disposizione degli schieramenti, si formano i leader e automaticamente chi è contrario diventa un nemico da attaccare, annientare. Non solo: lo scontro è assolutamente impari. Se lo “schieramento contro” le cure non scientifiche fa appello agli studi in doppio cieco, alla regolamentazione secondo legge, quello “a favore” mostrerà le immagini dei bambini paralizzati, farà parlare le madri sfinite, parlerà di braccia che si muovono e di sillabe pronunciate per la prima volta. Il “vincitore” in questo modo è praticamente scontato e, visto che non si tratta di guerre o crociate, sta a chi racconta la scienza trovare il modo migliore per farlo. Se persino le sentenze sull’argomento (che dovevano decidere se somministrare o meno le terapie a singoli casi) sono oggetto di “tifoseria” (pur basandosi su leggi precise, il giudice decide se applicare una norma o meno), figuriamoci i pareri degli scienziati che si basano su “idee” e considerazioni che, pur se condivisibili e condivise, restano sempre smentibili proprio perché basate su ragionamenti scientifici.
Il problema non è evidentemente secondario, poiché questo fenomeno si presenta in Italia (e non solo) per l’ennesima volta. Potrebbe succedere la stessa cosa (perché no?) se qualcuno proponesse uno strumento diagnostico creato da un cartomante o una cura a base di olio di serpente: basta trovare il giusto canale di diffusione e qualche bravo comunicatore, la cosa stupirebbe qualcuno? Quello che è successo sembra sostenere le tesi di alcuni studiosi che parlano di “tecnoscienza”, ovvero il progressivo allontanamento della scienza e dei suoi protagonisti dalla società, bombardata da scienza spazzatura e da miracoli televisivi. In questo scenario, il cittadino è immerso in mille messaggi, insegne, colori che generano confusione e così compra solo ciò che è all’altezza della sua vista, alla sua portata, e gli appare più comodo, mentre il prodotto di qualità e più costoso si trova solo nei negozi autorizzati, quelli ufficiali. Gli scienziati sarebbero sempre più una sorta di club chiuso e incapace di comunicare, e la società baserebbe la maggioranza delle proprie scelte in tema di tecnica e salute sulla pubblicità, non avendo nessun valore il parere di chi quelle cose le fa per mestiere. Avverrà proprio questo? Come evitarlo? Forse facendo comprendere che anche quegli scienziati sono cittadini, genitori e potenziali malati? Oppure iniziando dalla scuola così da avere un terreno già preparato al ragionamento critico e scientifico? Come ho detto una risposta non ce l’ho, ma credo serva urgentemente trovarne qualcuna.
Chi fa scienza e medicina può capire l’amarezza, il senso di impotenza e di frustrazione che si provano davanti ad avvenimenti del genere. Si cerca il sostegno della politica che però, fino a oggi, invece di impedire uno scempio del genere sembra favorirlo più per accontentare l’opinione pubblica che per proteggerla (atto doveroso, ma spesso impopolare). Così è spontaneo chiedersi come comportarsi, cosa fare e come parlare. La rabbia non serve, le spiegazioni a quanto pare non portano nessun frutto, il principio di precauzione è visto come un’inutile perdita di tempo. Dall’altro lato continuano i video dei “guariti”, le dichiarazioni bellicose. Sembra quasi che più si cerca di spiegare e più chi è a favore si chiuda a riccio e non voglia sentire ragioni. Non per niente qualcuno ha paragonato questa storia alla vicenda Di Bella: manifestazioni di piazza, guarigioni miracolose mai dimostrate, politici schierati e medici “insensibili”. Se devo essere sincero io una risposta non ce l’ho però ho notato che è spesso l’atteggiamento da “crocerossina” tipico di molti scienziati che si rivela un boomerang e crea più danni che altro. Non è scritto da nessuna parte che uno scienziato debba salvare l’umanità dalla distruzione, non è il medico che deve impedire le truffe, non è il ricercatore che deve scovare il marcio. Può farlo se vuole ma questo rimane un compito secondario, il compito di coloro che fanno scienza è quello di spiegare, raccontare, mettere a disposizione le loro conoscenze, saranno poi le autorità a regolamentare, scovare eventuali reati, permettere o proibire. Creando uno “schieramento” di scienziati o di “contrari” si avrà per forza di cose uno schieramento opposto di “favorevoli”. Dipingendo come ingenuo chi ci crede, questi dipingerà come «senza cuore» chi è contro e, così, si finirà col fare il gioco di chi non si basa sulla scienza per proporre un trattamento medico. Avendo a disposizione degli schieramenti, si formano i leader e automaticamente chi è contrario diventa un nemico da attaccare, annientare. Non solo: lo scontro è assolutamente impari. Se lo “schieramento contro” le cure non scientifiche fa appello agli studi in doppio cieco, alla regolamentazione secondo legge, quello “a favore” mostrerà le immagini dei bambini paralizzati, farà parlare le madri sfinite, parlerà di braccia che si muovono e di sillabe pronunciate per la prima volta. Il “vincitore” in questo modo è praticamente scontato e, visto che non si tratta di guerre o crociate, sta a chi racconta la scienza trovare il modo migliore per farlo. Se persino le sentenze sull’argomento (che dovevano decidere se somministrare o meno le terapie a singoli casi) sono oggetto di “tifoseria” (pur basandosi su leggi precise, il giudice decide se applicare una norma o meno), figuriamoci i pareri degli scienziati che si basano su “idee” e considerazioni che, pur se condivisibili e condivise, restano sempre smentibili proprio perché basate su ragionamenti scientifici.
Il problema non è evidentemente secondario, poiché questo fenomeno si presenta in Italia (e non solo) per l’ennesima volta. Potrebbe succedere la stessa cosa (perché no?) se qualcuno proponesse uno strumento diagnostico creato da un cartomante o una cura a base di olio di serpente: basta trovare il giusto canale di diffusione e qualche bravo comunicatore, la cosa stupirebbe qualcuno? Quello che è successo sembra sostenere le tesi di alcuni studiosi che parlano di “tecnoscienza”, ovvero il progressivo allontanamento della scienza e dei suoi protagonisti dalla società, bombardata da scienza spazzatura e da miracoli televisivi. In questo scenario, il cittadino è immerso in mille messaggi, insegne, colori che generano confusione e così compra solo ciò che è all’altezza della sua vista, alla sua portata, e gli appare più comodo, mentre il prodotto di qualità e più costoso si trova solo nei negozi autorizzati, quelli ufficiali. Gli scienziati sarebbero sempre più una sorta di club chiuso e incapace di comunicare, e la società baserebbe la maggioranza delle proprie scelte in tema di tecnica e salute sulla pubblicità, non avendo nessun valore il parere di chi quelle cose le fa per mestiere. Avverrà proprio questo? Come evitarlo? Forse facendo comprendere che anche quegli scienziati sono cittadini, genitori e potenziali malati? Oppure iniziando dalla scuola così da avere un terreno già preparato al ragionamento critico e scientifico? Come ho detto una risposta non ce l’ho, ma credo serva urgentemente trovarne qualcuna.