L'aloe è una pianta grassa usata a scopo ornamentale, che cresce spontaneamente o in coltivazioni specializzate, conosciuta da tempo. Ne esistono diverse varietà (le più diffuse sono la barbadensis e l’arborescens, piante conosciutissime e presenti in tantissimi giardini e terrazze italiane) e alcune di esse sono apprezzate già dall’antichità (esistono documentazioni del loro uso in epoca romana) per alcune proprietà curative, soprattutto come cicatrizzante e protettivo della pelle.
In tempi più recenti l’utilizzo dell’aloe ha trovato spazio come lassativo, soprattutto per la presenza di antrachinoni, sostanze irritanti l’intestino che possono essere usate a questo scopo. In effetti è tradizione utilizzare piante o loro derivati per la cura di svariate patologie e non dimentichiamo che tantissimi principi attivi dei farmaci derivano direttamente o indirettamente da vegetali, ma l’uso dell’aloe ha avuto un “boom” solo negli ultimi decenni.
Negli anni ottanta è stato pubblicato un piccolo libretto scritto da un presunto frate, Padre Romano Zago, brasiliano, il quale descriveva le proprietà curative del “frullato” delle foglie di Aloe arborescens specie nei riguardi del cancro. Secondo il frate, bere una preparazione (la cui ricetta è descritta nel libro) a base di aloe, miele e alcol, curerebbe velocemente e senza effetti collaterali le malattie tumorali. Nel libro sono descritte alcune storie di pazienti “guariti” in maniera romanzesca, senza alcun riferimento documentale medico o scientifico.
Da quel momento si è assistito a un’escalation di prodotti a base di aloe: estratti, tisane, sciroppi, tutti in vendita liberamente come integratori alimentari. Esistono anche conventi di suore che vendono le loro preparazioni a base di aloe e negli ambienti alternativi la voce della pianta curativa è molto conosciuta, anche se, per uno strano fenomeno, questa tradizione è molto diffusa in Italia ma quasi sconosciuta all’estero.
Oltre al presunto effetto antineoplastico l’aloe è nota per accertate proprietà antimicotiche (che eliminano le infezioni da funghi) e per le proprietà ipoglicemizzanti (che diminuiscono il livello di zuccheri nel sangue) che hanno portato a tentativi di applicazione clinica. In particolare l’effetto nei confronti degli zuccheri è stato sperimentato con un certo successo su soggetti obesi. Al contrario di quello che può apparire, le proprietà antitumorali dell’aloe sono state studiate sufficientemente bene e alcuni elementi depongono per l’effettiva capacità dei derivati di questa pianta nel fermare la crescita di cellule tumorali. Gli studi comunque sono contrastanti e sono emersi alcuni particolari interessanti.
Quando si parla di “cure naturali” per il cancro (e di solito con questo termine il riferimento è a piante o sostanze comuni che avrebbero la proprietà di curare i tumori) si sente dire che uno dei motivi per cui queste presunte cure non vedrebbero mai la luce sarebbe quello dell’impossibilità di brevettare i derivati di sostanze esistenti in natura e quindi di non poterne ricavare un business. Il concetto è falso, non è possibile brevettare un fiore ma un suo estratto per un uso particolare sì; non si può brevettare un minerale ma un suo derivato per un uso medico sicuramente sì. Nel caso dell’aloe è stata un’università italiana, quella di Padova, ad aver brevettato, con la collaborazione di una società finanziaria, un estratto di aloe per utilizzarlo come cura per il cancro. Nel 2001, infatti, un gruppo dell’università veneta realizzò degli esperimenti in vitro per controllare l’azione antitumorale dei derivati dell’aloe.
Il risultato dell’esperimento fu incoraggiante, l’aloe bloccava la crescita delle cellule tumorali (di un particolare tipo, quelle neuroectodermiche). Un dato interessante fu invece che l’effetto cicatrizzante della pianta (quello per cui l’aloe è conosciuto dalla notte dei tempi) era molto meno evidente rispetto a quello neoplastico: l’aloe non sembra avere un effetto cicatrizzante particolarmente evidente e sicuramente non è più efficace di altri prodotti esistenti, mentre è molto più chiara la sua azione antitumorale in vitro e antimicrobica in formulazioni per applicazione locale (gel, pomate).
Questo risultato rispecchiava quelli già ottenuti in altri esperimenti simili nei quali l’aloe era riuscita a limitare la crescita neoplastica. L’effetto è dovuto principalmente all’azione di alcuni componenti del succo di aloe, i cosiddetti antrachinoni, i quali avrebbero effetto immunostimolante e che si erano già dimostrati efficaci nel bloccare o nel diminuire la crescita di cellule leucemiche e di altri tipi di tumori.
Dagli studi sono però emersi anche alcuni effetti inattesi. Sembra infatti che, se stimolati dalla luce ultravioletta (basterebbe quella di una lunga esposizione al sole), gli antrachinoni avrebbero un effetto opposto, di stimolazione del tumore, soprattutto a carico dei tumori della pelle. In alcuni esperimenti su cavie, inoltre, si è notato un effetto stimolante e non inibente sulla crescita di tumori artificialmente indotti e questo sembra dovuto al contenuto di aloina, una sostanza abbondantemente presente nelle foglie della pianta.
Per questo effetto la FDA statunitense ha chiesto la rimozione di questa sostanza da tutti gli integratori in vendita negli Stati Uniti. I risultati quindi, seppur incoraggianti, non sono univoci e sufficienti per farci parlare di “cura del cancro”. Non sono segnalati importanti effetti collaterali, anche se l’azione lassativa può essere poco indicata in persone dal fisico indebolito da malattia, e in generale non si tratta di vegetale tossico. In alcuni Stati però esistono formulazioni di aloe da somministrare endovena, in questo caso sono stati segnalati gravi effetti collaterali e alcuni casi letali.
Gli studi sulla sostanza proseguono, di sicuro non è possibile al momento considerare l’aloe e i suoi derivati come cure per il cancro affidabili e sicure e non bisogna credere nemmeno ai tanti venditori che infuriano sul web (anche con metodi di vendita multilevel) i quali di fronte a premesse ancora deboli fanno promesse illusorie e distorte.
In tempi più recenti l’utilizzo dell’aloe ha trovato spazio come lassativo, soprattutto per la presenza di antrachinoni, sostanze irritanti l’intestino che possono essere usate a questo scopo. In effetti è tradizione utilizzare piante o loro derivati per la cura di svariate patologie e non dimentichiamo che tantissimi principi attivi dei farmaci derivano direttamente o indirettamente da vegetali, ma l’uso dell’aloe ha avuto un “boom” solo negli ultimi decenni.
Negli anni ottanta è stato pubblicato un piccolo libretto scritto da un presunto frate, Padre Romano Zago, brasiliano, il quale descriveva le proprietà curative del “frullato” delle foglie di Aloe arborescens specie nei riguardi del cancro. Secondo il frate, bere una preparazione (la cui ricetta è descritta nel libro) a base di aloe, miele e alcol, curerebbe velocemente e senza effetti collaterali le malattie tumorali. Nel libro sono descritte alcune storie di pazienti “guariti” in maniera romanzesca, senza alcun riferimento documentale medico o scientifico.
Da quel momento si è assistito a un’escalation di prodotti a base di aloe: estratti, tisane, sciroppi, tutti in vendita liberamente come integratori alimentari. Esistono anche conventi di suore che vendono le loro preparazioni a base di aloe e negli ambienti alternativi la voce della pianta curativa è molto conosciuta, anche se, per uno strano fenomeno, questa tradizione è molto diffusa in Italia ma quasi sconosciuta all’estero.
Oltre al presunto effetto antineoplastico l’aloe è nota per accertate proprietà antimicotiche (che eliminano le infezioni da funghi) e per le proprietà ipoglicemizzanti (che diminuiscono il livello di zuccheri nel sangue) che hanno portato a tentativi di applicazione clinica. In particolare l’effetto nei confronti degli zuccheri è stato sperimentato con un certo successo su soggetti obesi. Al contrario di quello che può apparire, le proprietà antitumorali dell’aloe sono state studiate sufficientemente bene e alcuni elementi depongono per l’effettiva capacità dei derivati di questa pianta nel fermare la crescita di cellule tumorali. Gli studi comunque sono contrastanti e sono emersi alcuni particolari interessanti.
Quando si parla di “cure naturali” per il cancro (e di solito con questo termine il riferimento è a piante o sostanze comuni che avrebbero la proprietà di curare i tumori) si sente dire che uno dei motivi per cui queste presunte cure non vedrebbero mai la luce sarebbe quello dell’impossibilità di brevettare i derivati di sostanze esistenti in natura e quindi di non poterne ricavare un business. Il concetto è falso, non è possibile brevettare un fiore ma un suo estratto per un uso particolare sì; non si può brevettare un minerale ma un suo derivato per un uso medico sicuramente sì. Nel caso dell’aloe è stata un’università italiana, quella di Padova, ad aver brevettato, con la collaborazione di una società finanziaria, un estratto di aloe per utilizzarlo come cura per il cancro. Nel 2001, infatti, un gruppo dell’università veneta realizzò degli esperimenti in vitro per controllare l’azione antitumorale dei derivati dell’aloe.
Il risultato dell’esperimento fu incoraggiante, l’aloe bloccava la crescita delle cellule tumorali (di un particolare tipo, quelle neuroectodermiche). Un dato interessante fu invece che l’effetto cicatrizzante della pianta (quello per cui l’aloe è conosciuto dalla notte dei tempi) era molto meno evidente rispetto a quello neoplastico: l’aloe non sembra avere un effetto cicatrizzante particolarmente evidente e sicuramente non è più efficace di altri prodotti esistenti, mentre è molto più chiara la sua azione antitumorale in vitro e antimicrobica in formulazioni per applicazione locale (gel, pomate).
Questo risultato rispecchiava quelli già ottenuti in altri esperimenti simili nei quali l’aloe era riuscita a limitare la crescita neoplastica. L’effetto è dovuto principalmente all’azione di alcuni componenti del succo di aloe, i cosiddetti antrachinoni, i quali avrebbero effetto immunostimolante e che si erano già dimostrati efficaci nel bloccare o nel diminuire la crescita di cellule leucemiche e di altri tipi di tumori.
Dagli studi sono però emersi anche alcuni effetti inattesi. Sembra infatti che, se stimolati dalla luce ultravioletta (basterebbe quella di una lunga esposizione al sole), gli antrachinoni avrebbero un effetto opposto, di stimolazione del tumore, soprattutto a carico dei tumori della pelle. In alcuni esperimenti su cavie, inoltre, si è notato un effetto stimolante e non inibente sulla crescita di tumori artificialmente indotti e questo sembra dovuto al contenuto di aloina, una sostanza abbondantemente presente nelle foglie della pianta.
Per questo effetto la FDA statunitense ha chiesto la rimozione di questa sostanza da tutti gli integratori in vendita negli Stati Uniti. I risultati quindi, seppur incoraggianti, non sono univoci e sufficienti per farci parlare di “cura del cancro”. Non sono segnalati importanti effetti collaterali, anche se l’azione lassativa può essere poco indicata in persone dal fisico indebolito da malattia, e in generale non si tratta di vegetale tossico. In alcuni Stati però esistono formulazioni di aloe da somministrare endovena, in questo caso sono stati segnalati gravi effetti collaterali e alcuni casi letali.
Gli studi sulla sostanza proseguono, di sicuro non è possibile al momento considerare l’aloe e i suoi derivati come cure per il cancro affidabili e sicure e non bisogna credere nemmeno ai tanti venditori che infuriano sul web (anche con metodi di vendita multilevel) i quali di fronte a premesse ancora deboli fanno promesse illusorie e distorte.