La prima domanda che vorremmo farti è: come sei arrivato al CICAP? Anche se in realtà ci sei sempre stato.
In effetti ci sono stato praticamente dal primo giorno, quello di una riunione quasi carbonara che fu organizzata in una trattoria di Torino. Ci andai e il CICAP venne di fatto costituito in quella occasione. Stiamo parlando di più di vent'anni fa, ventidue per la precisione. Io avevo saputo di quella riunione quasi per caso. Mi trovavo a casa di Margherita Hack e sulla sua tavola c’era una lettera di Piero Angela che la invitava a partecipare a quell’incontro.
Ricordo che ne parlai con il marito di Margherita, Aldo De Rosa, e decidemmo di andarci insieme. Anche Aldo, come me, era molto incuriosito dal paranormale e dai presunti misteri, mentre all’epoca Margherita, che poi sarebbe diventata Garante scientifica del Comitato, diceva che era tutto tempo perso.
E ti hanno nominato presidente.
Anche nella questione del presidente Aldo ha avuto un ruolo importante. Circa sei mesi dopo quell’incontro di Torino, ci fu una nuova riunione a Milano e, vedendo che nessuno si faceva avanti, fu lui a proporre il mio nome. In quell’occasione nacque un po' tutto: definimmo il ruolo dei soci, i compiti che avrebbe avuto l'associazione e io notai subito che c’era una bella intesa fra coloro che partecipavano a quell’incontro.
Ricordo anche che in quell’occasione avevamo organizzato una conferenza stampa per annunciare ufficialmente la fondazione del CICAP. Fu un fiasco totale: non venne nessun giornalista. Per fortuna da quella prima volta molte cose sono cambiate nei nostri rapporti coi mass-media!
Come furono quei primi anni?
Devo dire che ho accettato di fare il presidente perché sapevo che mia moglie Patrizia mi avrebbe aiutato da un punto di vista organizzativo. Lei è un'ottima organizzatrice e all'inizio tutto era gestito in maniera molto artigianale e spontanea. Per esempio, lo statuto lo feci scrivere dal notaio che abitava di fronte a casa mia. Si trattava di un’operazione difficile, perché ci serviva uno statuto che ci proteggesse da possibili infiltrazioni di maghi e affini, e questo spiega perché il CICAP non ha i caratteri democratici tipici delle associazioni aperte. Però il notaio ha capito qual era il motivo che ci spingeva ad andare in quella direzione, e devo dire che forse non l'ho mai ringraziato abbastanza, non gli ho mai detto che, a distanza di tanti anni, il suo statuto ha dimostrato di essere uno strumento davvero adeguato alla realtà del nostro Comitato. Ma appunto si trattò di un inizio pionieristico in cui dovevamo arrangiarci a fare di tutto: ricordo che alcuni dei primi numeri della rivista li feci stampare nella tipografia sotto casa. E la prima iniziativa del CICAP nazionale l’abbiamo organizzata in un palazzetto dello sport a Cormons, la città dove abito. Fu un bel successo: vennero ottocento persone, e così abbiamo cominciato davvero a esistere come associazione.
Ventidue anni dopo ti chiediamo: perché oggi un ventenne dovrebbe entrare nel CICAP?
Per risponderti bisognerebbe conoscere bene la mentalità dei ventenni! Come tutte le persone che hanno una certa età, io nell'animo sento di avere sempre vent'anni, però mi rendo conto di non avere la stessa mentalità di un ventenne di oggi. Scherzi a parte, quando io avevo vent'anni, pensavo che quello del paranormale fosse un argomento affascinante perché all'epoca si trattava di un problema aperto. Nella mia disciplina, la fisica, e più in generale nella scienza, c'era chi sospettava che il paranormale avesse un fondamento di verità.
Oggi non c'è più praticamente nessuno che, dal punto di vista scientifico, sostenga questa posizione, però credo valga ancora la pena occuparsi di questi temi perché rendono evidente l’esistenza di una frattura tra il modo di pensare di molte persone e la posizione della comunità scientifica.
Perché così tante persone credono all’esistenza di questi fenomeni? Si stanno ingannando, è una specie di inganno collettivo? Da un lato, mi pare che impegnarsi per fare chiarezza su questi temi sia un'impresa necessaria, perché lasciare che certe illusioni e certi errori si diffondano non è giusto, se vogliamo che la nostra società progredisca. Dall’altro, direi che è anche affascinante, perché si possono scoprire molte cose interessanti. E noi, nei nostri convegni, facciamo sempre vedere che questi fenomeni nuovi e bizzarri hanno dei risvolti interessanti, da un punto di vista psicologico e sociologico, o sul piano della comunicazione.
Insomma, dal punto di vista culturale a me pare che la sfida del paranormale sia più viva che mai. Se una volta era un tema più accademico, e all'epoca a me interessava come giovane fisico , adesso direi che è innanzitutto un fenomeno sociale, e credo che i giovani che hanno desiderio di impegnarsi per migliorare la società farebbero bene ad occuparsi anche di questi temi. Se non altro, per non rimanere in balia di illusioni o di falsità spacciate per vere.
Come è cambiato il CICAP in questi ventidue anni?
Credo di poter dire che è cambiato molto, e io rivendico di essere stato il primo a dimostrare come questo cambiamento potesse essere anche misurato in termini quantitativi. Dieci anni fa, in un Convegno che avevamo organizzato a Padova, presentai una tesi di un mio giovane collaboratore, che dimostrava come stesse avvenendo un cambiamento importante nelle attività organizzate dallo CSICOP (oggi CSI, N.d.R.), il Comitato statunitense a cui ci siamo ispirati quando abbiamo costituito il CICAP. Noi analizzammo le pubblicazioni dello CSICOP e evidenziammo che, dai primi anni ‘70, quando l’associazione era stata fondata, alla seconda metà degli anni ‘90, c’era stata una significativa evoluzione nei temi trattati da quel Comitato. Alcuni argomenti, che per un certo periodo avevano suscitato grande interesse e attenzione, avevano poi perso di importanza, mentre altri erano diventati rilevanti. Nel 2009, poi, al Convegno per i 20 anni del CICAP ho condotto la stessa analisi, ma questa volta sulle pubblicazioni che noi stessi avevamo prodotto ed è venuta fuori con tutta evidenza la stessa tendenza.
Di fatto, quando abbiamo cominciato, sia noi che i nostri colleghi statunitensi eravamo focalizzati sui temi del paranormale classico, le quattro colonne della parapsicologia: precognizione, telepatia, chiaroveggenza, psicocinesi.
Si trattava di fenomeni rilevanti perché sembravano mettere in dubbio le leggi dell'universo, così come noi abbiamo imparato a conoscerle. Era il paranormale hard, e ce ne occupavamo anche perché si poteva sperimentare con relativa facilità. E infatti ogni volta che c'era uno che diceva: «Io posso muovere col pensiero...» io correvo a vedere.
Non si muoveva mai, ma insomma la curiosità c’era.
Molto chiaro, e poi cosa è successo?
Nel corso del tempo mi sono reso conto che a molti dei giovani che entravano nel CICAP questi temi interessavanosolo marginalmente: parlavano di teorie cospirative, di leggende metropolitane, di scie chimiche. All’inizio mi dicevo: questi temi non hanno lo stesso potere dirompente dei fenomeni paranormali classici, i quali, se venissero davvero dimostrati, ci costringerebbero a riscrivere i manuali di fisica. A un certo punto, però, ho ho capito che la parola paranormale che c’è nella sigla CICAP aveva acquisito anche un altro significato, era diventata una categoria che includeva più fenomeni rispetto a quelli tradizionali. E la nostra analisi delle pubblicazioni del CICAP rese evidente come questo cambiamento si riflettesse nelle nostre pubblicazioni: oggi lo spazio per certi fenomeni è ormai marginale, mentre altri sono diventati decisamente più importanti.
Tra l’altro, Silvio Garattini mi ha detto che qualcosa di molto simile è avvenuto in ambito medico. Le medicine alternative, infatti, non mettono più in discussione la medicina scientifica, non sostengono più che sia sbagliata. Anzi, si può sostenere che la medicina scientifica da quel punto di vista abbia vinto, allo stesso modo in cui ha vinto la fisica rispetto ai fenomeni paranormali classici: nessuno se ne occupa davvero più perché, dopo anni di sperimentazioni, ne è emersa l’inconsistenza.
Eppure le pseudomedicine fioriscono, anzi sempre più spesso le trovi offerte anche nell’ambito del servizio sanitario nazionale.
Esatto, e questo perché in entrambi i casi la vittoria è solo apparente. In ambito medico, le medicine alternative ora si dichiarano complementari, non pretendono più di rappresentare un modello diverso, ma semplicemente di essere offerte insieme alle terapie che hanno una base scientifica. Così facendo, sono più forti di prima: inquinano l'ambiente medico con una pseudo-medicina, che però sta dentro, che non ha la pretesa di essere scientifica, ma che ha un'importanza economica rilevante.
Analogamente, per quanto riguarda il paranormale classico, nessuno sostiene più che la fisica sia sbagliata, però proliferano visioni del mondo più o meno misticheggianti e new-age che con la scienza non hanno nulla a che vedere e che di fatto contribuiscono a plasmare il modo di ragionare e di sentire comune.
Quindi, da una parte abbiamo vinto importanti battaglie culturali, perché abbiamo reso evidente che la fisica non aveva sbagliato, che la scienza medica non aveva sbagliato.
Però quel nostro avversario culturale si è trasfigurato, si è travestito e, così facendo, è diventato più accattivante, e sotto sotto forse anche più forte.
Per questo è importante che orientiamo bene la nostra attenzione e i nostri sforzi laddove c’è più bisogno di difendere la razionalità, la ragione.
Che augurio fai al CICAP?
Gli auguro tanti altri anni di attività, belli come i primi ventidue anni che abbiamo vissuto sin qui.
Ai nostri incontri ho sempre visto decine, centinaia di persone attivissime, entusiaste, sempre sorridenti, mai stanche. Ho sempre visto un'atmosfera di cordiale collaborazione, molta concordia e coerenza di idee.
Siamo sulla buona strada e sono anche contento di incontrare ogni volta tante facce nuove, di persone che si sono avvicinate nel tempo a questo Comitato.
Sono la migliore testimonianza del buon lavoro che abbiamo fatto sin qui e sono, allo stesso tempo, la garanzia del fatto che questo Comitato potrà sempre contare su energie e creatività nuove, per portare avanti la sua missione culturale in difesa della scienza e della ragione.
In effetti ci sono stato praticamente dal primo giorno, quello di una riunione quasi carbonara che fu organizzata in una trattoria di Torino. Ci andai e il CICAP venne di fatto costituito in quella occasione. Stiamo parlando di più di vent'anni fa, ventidue per la precisione. Io avevo saputo di quella riunione quasi per caso. Mi trovavo a casa di Margherita Hack e sulla sua tavola c’era una lettera di Piero Angela che la invitava a partecipare a quell’incontro.
Ricordo che ne parlai con il marito di Margherita, Aldo De Rosa, e decidemmo di andarci insieme. Anche Aldo, come me, era molto incuriosito dal paranormale e dai presunti misteri, mentre all’epoca Margherita, che poi sarebbe diventata Garante scientifica del Comitato, diceva che era tutto tempo perso.
E ti hanno nominato presidente.
Anche nella questione del presidente Aldo ha avuto un ruolo importante. Circa sei mesi dopo quell’incontro di Torino, ci fu una nuova riunione a Milano e, vedendo che nessuno si faceva avanti, fu lui a proporre il mio nome. In quell’occasione nacque un po' tutto: definimmo il ruolo dei soci, i compiti che avrebbe avuto l'associazione e io notai subito che c’era una bella intesa fra coloro che partecipavano a quell’incontro.
Ricordo anche che in quell’occasione avevamo organizzato una conferenza stampa per annunciare ufficialmente la fondazione del CICAP. Fu un fiasco totale: non venne nessun giornalista. Per fortuna da quella prima volta molte cose sono cambiate nei nostri rapporti coi mass-media!
Come furono quei primi anni?
Devo dire che ho accettato di fare il presidente perché sapevo che mia moglie Patrizia mi avrebbe aiutato da un punto di vista organizzativo. Lei è un'ottima organizzatrice e all'inizio tutto era gestito in maniera molto artigianale e spontanea. Per esempio, lo statuto lo feci scrivere dal notaio che abitava di fronte a casa mia. Si trattava di un’operazione difficile, perché ci serviva uno statuto che ci proteggesse da possibili infiltrazioni di maghi e affini, e questo spiega perché il CICAP non ha i caratteri democratici tipici delle associazioni aperte. Però il notaio ha capito qual era il motivo che ci spingeva ad andare in quella direzione, e devo dire che forse non l'ho mai ringraziato abbastanza, non gli ho mai detto che, a distanza di tanti anni, il suo statuto ha dimostrato di essere uno strumento davvero adeguato alla realtà del nostro Comitato. Ma appunto si trattò di un inizio pionieristico in cui dovevamo arrangiarci a fare di tutto: ricordo che alcuni dei primi numeri della rivista li feci stampare nella tipografia sotto casa. E la prima iniziativa del CICAP nazionale l’abbiamo organizzata in un palazzetto dello sport a Cormons, la città dove abito. Fu un bel successo: vennero ottocento persone, e così abbiamo cominciato davvero a esistere come associazione.
Ventidue anni dopo ti chiediamo: perché oggi un ventenne dovrebbe entrare nel CICAP?
Per risponderti bisognerebbe conoscere bene la mentalità dei ventenni! Come tutte le persone che hanno una certa età, io nell'animo sento di avere sempre vent'anni, però mi rendo conto di non avere la stessa mentalità di un ventenne di oggi. Scherzi a parte, quando io avevo vent'anni, pensavo che quello del paranormale fosse un argomento affascinante perché all'epoca si trattava di un problema aperto. Nella mia disciplina, la fisica, e più in generale nella scienza, c'era chi sospettava che il paranormale avesse un fondamento di verità.
Oggi non c'è più praticamente nessuno che, dal punto di vista scientifico, sostenga questa posizione, però credo valga ancora la pena occuparsi di questi temi perché rendono evidente l’esistenza di una frattura tra il modo di pensare di molte persone e la posizione della comunità scientifica.
Perché così tante persone credono all’esistenza di questi fenomeni? Si stanno ingannando, è una specie di inganno collettivo? Da un lato, mi pare che impegnarsi per fare chiarezza su questi temi sia un'impresa necessaria, perché lasciare che certe illusioni e certi errori si diffondano non è giusto, se vogliamo che la nostra società progredisca. Dall’altro, direi che è anche affascinante, perché si possono scoprire molte cose interessanti. E noi, nei nostri convegni, facciamo sempre vedere che questi fenomeni nuovi e bizzarri hanno dei risvolti interessanti, da un punto di vista psicologico e sociologico, o sul piano della comunicazione.
Insomma, dal punto di vista culturale a me pare che la sfida del paranormale sia più viva che mai. Se una volta era un tema più accademico, e all'epoca a me interessava come giovane fisico , adesso direi che è innanzitutto un fenomeno sociale, e credo che i giovani che hanno desiderio di impegnarsi per migliorare la società farebbero bene ad occuparsi anche di questi temi. Se non altro, per non rimanere in balia di illusioni o di falsità spacciate per vere.
Come è cambiato il CICAP in questi ventidue anni?
Credo di poter dire che è cambiato molto, e io rivendico di essere stato il primo a dimostrare come questo cambiamento potesse essere anche misurato in termini quantitativi. Dieci anni fa, in un Convegno che avevamo organizzato a Padova, presentai una tesi di un mio giovane collaboratore, che dimostrava come stesse avvenendo un cambiamento importante nelle attività organizzate dallo CSICOP (oggi CSI, N.d.R.), il Comitato statunitense a cui ci siamo ispirati quando abbiamo costituito il CICAP. Noi analizzammo le pubblicazioni dello CSICOP e evidenziammo che, dai primi anni ‘70, quando l’associazione era stata fondata, alla seconda metà degli anni ‘90, c’era stata una significativa evoluzione nei temi trattati da quel Comitato. Alcuni argomenti, che per un certo periodo avevano suscitato grande interesse e attenzione, avevano poi perso di importanza, mentre altri erano diventati rilevanti. Nel 2009, poi, al Convegno per i 20 anni del CICAP ho condotto la stessa analisi, ma questa volta sulle pubblicazioni che noi stessi avevamo prodotto ed è venuta fuori con tutta evidenza la stessa tendenza.
Di fatto, quando abbiamo cominciato, sia noi che i nostri colleghi statunitensi eravamo focalizzati sui temi del paranormale classico, le quattro colonne della parapsicologia: precognizione, telepatia, chiaroveggenza, psicocinesi.
Si trattava di fenomeni rilevanti perché sembravano mettere in dubbio le leggi dell'universo, così come noi abbiamo imparato a conoscerle. Era il paranormale hard, e ce ne occupavamo anche perché si poteva sperimentare con relativa facilità. E infatti ogni volta che c'era uno che diceva: «Io posso muovere col pensiero...» io correvo a vedere.
Non si muoveva mai, ma insomma la curiosità c’era.
Molto chiaro, e poi cosa è successo?
Nel corso del tempo mi sono reso conto che a molti dei giovani che entravano nel CICAP questi temi interessavanosolo marginalmente: parlavano di teorie cospirative, di leggende metropolitane, di scie chimiche. All’inizio mi dicevo: questi temi non hanno lo stesso potere dirompente dei fenomeni paranormali classici, i quali, se venissero davvero dimostrati, ci costringerebbero a riscrivere i manuali di fisica. A un certo punto, però, ho ho capito che la parola paranormale che c’è nella sigla CICAP aveva acquisito anche un altro significato, era diventata una categoria che includeva più fenomeni rispetto a quelli tradizionali. E la nostra analisi delle pubblicazioni del CICAP rese evidente come questo cambiamento si riflettesse nelle nostre pubblicazioni: oggi lo spazio per certi fenomeni è ormai marginale, mentre altri sono diventati decisamente più importanti.
Tra l’altro, Silvio Garattini mi ha detto che qualcosa di molto simile è avvenuto in ambito medico. Le medicine alternative, infatti, non mettono più in discussione la medicina scientifica, non sostengono più che sia sbagliata. Anzi, si può sostenere che la medicina scientifica da quel punto di vista abbia vinto, allo stesso modo in cui ha vinto la fisica rispetto ai fenomeni paranormali classici: nessuno se ne occupa davvero più perché, dopo anni di sperimentazioni, ne è emersa l’inconsistenza.
Eppure le pseudomedicine fioriscono, anzi sempre più spesso le trovi offerte anche nell’ambito del servizio sanitario nazionale.
Esatto, e questo perché in entrambi i casi la vittoria è solo apparente. In ambito medico, le medicine alternative ora si dichiarano complementari, non pretendono più di rappresentare un modello diverso, ma semplicemente di essere offerte insieme alle terapie che hanno una base scientifica. Così facendo, sono più forti di prima: inquinano l'ambiente medico con una pseudo-medicina, che però sta dentro, che non ha la pretesa di essere scientifica, ma che ha un'importanza economica rilevante.
Analogamente, per quanto riguarda il paranormale classico, nessuno sostiene più che la fisica sia sbagliata, però proliferano visioni del mondo più o meno misticheggianti e new-age che con la scienza non hanno nulla a che vedere e che di fatto contribuiscono a plasmare il modo di ragionare e di sentire comune.
Quindi, da una parte abbiamo vinto importanti battaglie culturali, perché abbiamo reso evidente che la fisica non aveva sbagliato, che la scienza medica non aveva sbagliato.
Però quel nostro avversario culturale si è trasfigurato, si è travestito e, così facendo, è diventato più accattivante, e sotto sotto forse anche più forte.
Per questo è importante che orientiamo bene la nostra attenzione e i nostri sforzi laddove c’è più bisogno di difendere la razionalità, la ragione.
Che augurio fai al CICAP?
Gli auguro tanti altri anni di attività, belli come i primi ventidue anni che abbiamo vissuto sin qui.
Ai nostri incontri ho sempre visto decine, centinaia di persone attivissime, entusiaste, sempre sorridenti, mai stanche. Ho sempre visto un'atmosfera di cordiale collaborazione, molta concordia e coerenza di idee.
Siamo sulla buona strada e sono anche contento di incontrare ogni volta tante facce nuove, di persone che si sono avvicinate nel tempo a questo Comitato.
Sono la migliore testimonianza del buon lavoro che abbiamo fatto sin qui e sono, allo stesso tempo, la garanzia del fatto che questo Comitato potrà sempre contare su energie e creatività nuove, per portare avanti la sua missione culturale in difesa della scienza e della ragione.