Dopo che Loki, con uno dei raggiri per i quali era famoso, ebbe provocato la morte di Baldr, figlio di Odino, gli dèi lo condannarono a restare incatenato nelle viscere della terra, con un serpente che stillava veleno sulla sua testa. Sigyn, moglie di Loki, da allora lo assiste raccogliendo il veleno del serpente in una tazza. Quando si volta per vuotarla, non sempre è abbastanza svelta e alcune gocce di veleno cadono su Loki che, nella sua agonia, si agita, scuotendo il sottosuolo in cui è incatenato, provocando i terremoti.
Nel mito scandivano è racchiuso il senso di devastante imprevedibilità che questi eventi hanno da sempre ispirato. Come spesso accade quando la mente umana si sforza di trovare ordine in qualcosa che è governato dal caso, anche per i terremoti si sono accumulate negli anni una serie infinita di credenze e superstizioni. Già nel 1977 Charles Richter, inventore dell'omonima scala che misura l'energia rilasciata durante un terremoto, dichiarò «Fin da quando ho cominciato ad occuparmi di sismologia ho sempre avuto orrore delle predizioni e dei predittori»[1].
Un approccio scientifico sistematico allo studio della previsione dei terremoti comincia nella seconda metà degli anni settanta del secolo scorso. Nell'inverno del 1975 il governo cinese fa evacuare la città di Haicheng – che all'epoca contava circa un milione di abitanti – in seguito a una serie di eventi anomali (come le variazioni di altezza della falda freatica o lo strano comportamento di alcuni animali), ma soprattutto per il progressivo intensificarsi di piccole scosse di terremoto. Il 4 febbraio un sisma di magnitudo 7,3 colpisce la regione, facendo poco più di duemila morti; se la città di Haicheng non fosse stata evacuata, secondo le stime dell'epoca, le vittime sarebbero potute essere 150 mila[2]. Questo successo diede un grande impulso allo studio dei fenomeni che precedono i grandi terremoti, i cosiddetti precursori sismici, ma l'entusiasmo durò poco. Il 27 luglio dell'anno successivo un terremoto di magnitudo 7,6 colpì la città di Tangshan, causando 250 mila morti, senza che vi fosse stato alcuno dei "segni premonitori" osservati ad Haicheng.
Tuttavia gli studi sui precursori sismici proseguirono.
È italiana, infatti, la prima rete di sorveglianza sismica amatoriale nata in Europa: il Friuli Experimental Seismic Network (FESN; www.fesn.org). Nato in seguito al terremoto del Friuli del 1976, in tempi più recenti – grazie anche all'evoluzione informatica che ha reso disponibili elaboratori di buona capacità a prezzi accessibili – il FESN, in collaborazione con l'Associazione Radioamatori Italiani (ARI), ha cominciato ad affiancare alla sua rete di sismografi anche lo studio di un precursore propriamente detto: la già citata emissione di segnali radio[4].
«Lo scopo del progetto» spiega Cristiano Cornini, presidente della Sezione ARI di Fidenza (PR), che gestisce un "punto di ascolto" dei precursori radio indipendente dalla rete FESN, «è quello di raccogliere dati in modo continuo, omogeneo e per un lungo periodo di tempo, e di rendere disponibili questi dati, in modo che possano essere utilizzati in futuro per analisi statistiche significative. Attualmente i dati raccolti dalla nostra stazione sono visibili in tempo reale sul sito web della nostra Associazione»[5]. «La fase successiva» prosegue Cornini «sarà quella di coordinare più punti d'ascolto in una rete quanto più possibile omogenea e distribuita sul territorio, in modo da poter confrontare fra loro i diversi rilevamenti, e valutare, triangolando le fonti dei segnali radio, se esiste una qualche correlazione tra gli "epicentri elettromagnetici" e gli epicentri sismici. Allo stato attuale, infatti, non è ancora operativo un vero e proprio "coordinamento centrale" delle varie stazioni di ascolto».
Ricerche analoghe sui precursori radio sono in corso anche in Giappone[6] e Stati Uniti[7], ma è chiaro che la possibilità di utilizzare questo precursore, così come molti altri, per fare previsioni è, nella migliore delle ipotesi, ancora lontana.
Se si consulta la letteratura scientifica, a prima vista sembrerebbe che per ogni sisma, o quasi, sia stato possibile individuare uno o più precursori a diverse ore dall'evento stesso – quando non addirittura diverse settimane prima – siano essi segnali radio, deformazioni del suolo, variazioni delle emissioni di radon o altro. Ad un'analisi più attenta della letteratura risulta però che l'individuazione di precursori è quasi sempre avvenuta soltanto dopo l'evento, consultando le registrazioni relative ai giorni precedenti. È quindi più corretto definirli precursori presunti, essendo tutt'altro che certo il loro legame con il sisma in oggetto.
Il problema nasce dal fatto che tutti i (presunti) precursori sismici fin qui identificati sono fenomeni caratterizzati da un grande "rumore di fondo", che rende molto difficile distinguere a priori un vero precursore dalle normali variazioni del fenomeno che si sta tenendo sotto controllo. Inoltre il comportamento di questi presunti precursori, quando non la loro stessa presenza, dipende dalle caratteristiche geologiche della zona osservata, il che rende molto difficile confrontare i dati raccolti in luoghi diversi o esportare eventuali modelli di previsione per fare delle verifiche incrociate. Questa situazione, nella quale il rumore di fondo è forte quasi quanto il segnale che si vuole individuare, rende necessaria una solidissima base statistica prima di poter utilizzare proficuamente i precursori a scopo di previsione. Inoltre questa stessa situazione è proprio l'ideale per innescare i meccanismi di autoinganno legati alla "selezione degli eventi da ricordare" – cioè la tendenza a ricordare i pochi casi in cui A è seguito da B e a dimenticare la stragrande maggioranza delle volte in cui questo non è accaduto.
Stando a quanto dichiarato da Walter Marzocchi, dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma, alla rivista Science[11], sembrerebbe che Gioacchino Giuliani, quando ha tentato di fare previsioni usando i dati raccolti dalla sua rete di rilevatori, sia inciampato proprio sul "rumore di fondo" delle emissioni di radon.
Tra i precursori abbondantemente studiati nel corso degli anni vi è, appunto, il radon; un gas appartenente al gruppo dei gas nobili, così chiamati per la loro scarsa propensione a reagire chimicamente. Questo gas si forma in seguito al decadimento dell'uranio e resta "intrappolato" all'interno degli strati rocciosi, dai quali, più o meno lentamente, filtra verso la superficie. Essendo anche solubile in acqua, spesso si accumula nelle falde acquifere. L'idea che le tensioni che si accumulano e si scaricano nel sottosuolo, in prossimità di eventi sismici, possano influire sulla quantità di radon che filtra dal terreno non è nuova e molti sono stati gli studi in proposito[12]. Però, secondo quanto dichiarato all'agenzia Reuters da Brian Baptie, del British Geological Survey, «non c'è un legame sicuro tra le misurazione del radon e gli eventi sismici. A volte viene rilevato il radon senza che accada nessun terremoto e viceversa»[13]. In effetti lo studio di questo precursore in molte nazioni è stato da tempo messo da parte[10].
Il 24 marzo Gioacchino Giuliani, in un'intervista rilasciata al sito http://www.donnedemocratiche.com , dichiarava, a proposito dello sciame sismico che interessava in quel periodo la provincia de L'Aquila: «Mi sento di poter tranquillizzare i miei concittadini, in quanto lo sciame sismico andrà scemando con la fine di marzo»[14]. Sei giorni più tardi, il 30 marzo, l'Aquila veniva colpita da quella che fino a quel momento sarà la scossa sismica più forte dello sciame (magnitudo 4,0). All'incirca quello stesso giorno, secondo quanto riportato dai media, Giuliani informava telefonicamente il sindaco di Sulmona di aspettarsi una forte scossa di terremoto entro 6-24 ore; scossa che non avverrà mai. In seguito a questo episodio, Giuliani venne denunciato per procurato allarme.
Immediatamente dopo il terremoto del 6 aprile, Giuliani dichiarò in diretta, a Porta a Porta, di aver visto nei dati rilevati dai suoi sensori l'arrivo di un terremoto di magnitudo superiore a 4 (il terremoto è stato in effetti di grandezza 6,3, ovvero circa mille volte più potente della "previsione" di Giuliani). La sua rete di rilevamento, però, al momento della dichiarazione era ancora off-line a causa del sisma stesso, e non gli è stato quindi possibile mostrare nessun dato. Nel momento in cui scrivo questo articolo, a più di due mesi di distanza, non ho avuto notizia di eventuali dati recuperati dalla rete sismica di Giuliani e resi pubblici.
Approfittando del fatto che trascorre un certo lasso di tempo tra l'inizio di un sisma e la propagazione delle onde meccaniche dall'epicentro verso la periferia, l'apposita rete di comunicazione sperimentata dovrebbe essere in grado di segnalare un terremoto alcuni secondi prima dell'effettivo arrivo dell'onda sismica – ad eccezione delle aree adiacenti l'epicentro, che ricevono l'allerta a sisma già iniziato.
A fronte di un'attendibilità pressoché assoluta (in effetti non si tratta di una previsione in senso stretto, perché quando parte l'allerta il terremoto c'è già), il preavviso è ridottissimo e permette solo alcuni interventi comunque utili – come l'arresto di treni e ascensori o la messa in sicurezza di alcune lavorazioni industriali o di una centrale nucleare – ma di efficacia limitata. Per effettuare, ad esempio, l'interruzione delle forniture di gas ed energia elettrica – il dissesto di queste reti è responsabile di numerosi incidenti collaterali ai terremoti – è necessaria almeno qualche ora di preavviso. Per una vera e propria evacuazione possono essere necessarie ventiquattro ore o anche molte di più per i grossi centri urbani o per situazioni particolari come potrebbe essere, ad esempio, la città di Venezia.
Le grosse incertezze legate sia alla frequenza dei falsi allarmi, sia all'impossibilità di individuare con ragionevole precisione epicentro e intensità del sisma, oltre che il momento in cui avverrà, rendono di fatto impraticabili, ad oggi, le previsioni di tipo deterministico dei terremoti.
Non a caso, come ho già ricordato, da anni la tendenza è quella di concentrarsi sulle previsioni a medio e lungo termine, all'individuazione delle aree a rischio sismico e alla messa a punto di sistemi che minimizzino sia il rischio di fatalità, sia i danni provocati da un evento che, prevedibile o meno che sia, rimane pur sempre inevitabile. A proposito di prevenzione e riduzione del danno, non dimentichiamo che il quattordici giugno 2008 un terremoto di magnitudo 7,2 avvenuto nella provincia di Iwate, a pochi chilometri dalla capitale Morioka che conta circa 300 mila abitanti, ha fatto 14 morti, 350 feriti e 2000 senza tetto.
Il sisma che ha colpito l'Abruzzo – con i suoi 294 morti, 1500 feriti e 28 mila senzatetto – è stato trenta volte meno potente.
Nel mito scandivano è racchiuso il senso di devastante imprevedibilità che questi eventi hanno da sempre ispirato. Come spesso accade quando la mente umana si sforza di trovare ordine in qualcosa che è governato dal caso, anche per i terremoti si sono accumulate negli anni una serie infinita di credenze e superstizioni. Già nel 1977 Charles Richter, inventore dell'omonima scala che misura l'energia rilasciata durante un terremoto, dichiarò «Fin da quando ho cominciato ad occuparmi di sismologia ho sempre avuto orrore delle predizioni e dei predittori»[1].
Un approccio scientifico sistematico allo studio della previsione dei terremoti comincia nella seconda metà degli anni settanta del secolo scorso. Nell'inverno del 1975 il governo cinese fa evacuare la città di Haicheng – che all'epoca contava circa un milione di abitanti – in seguito a una serie di eventi anomali (come le variazioni di altezza della falda freatica o lo strano comportamento di alcuni animali), ma soprattutto per il progressivo intensificarsi di piccole scosse di terremoto. Il 4 febbraio un sisma di magnitudo 7,3 colpisce la regione, facendo poco più di duemila morti; se la città di Haicheng non fosse stata evacuata, secondo le stime dell'epoca, le vittime sarebbero potute essere 150 mila[2]. Questo successo diede un grande impulso allo studio dei fenomeni che precedono i grandi terremoti, i cosiddetti precursori sismici, ma l'entusiasmo durò poco. Il 27 luglio dell'anno successivo un terremoto di magnitudo 7,6 colpì la città di Tangshan, causando 250 mila morti, senza che vi fosse stato alcuno dei "segni premonitori" osservati ad Haicheng.
Tuttavia gli studi sui precursori sismici proseguirono.
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I precursori sismici
Quali sono dunque questi fenomeni che precederebbero i terremoti, permettendo di prevederne l'arrivo? I fenomeni oggetto di studio sono tanti. Alcuni di essi hanno un legame abbastanza ovvio con l'attività sismica: ad esempio le variazioni nell'altimetria del terreno rilevabili attraverso il GPS, o l'aumento di frequenza e intensità di tutte quelle piccole scosse sismiche, impercettibili per l'uomo ma rilevate quotidianamente dai sismografi. Altri, ad esempio l'emissione di onde radio, sono meno ovvi; qualche idea appare addirittura decisamente folcloristica, come le presunte variazioni nel comportamento delle blatte[3]. Giappone e California sono, per ovvie ragioni, all'avanguardia nello studio di questi fenomeni, ma anche in Italia, che è quasi interamente a rischio sismico, i terremoti sono ampiamente studiati, non solo dai professionisti.È italiana, infatti, la prima rete di sorveglianza sismica amatoriale nata in Europa: il Friuli Experimental Seismic Network (FESN; www.fesn.org). Nato in seguito al terremoto del Friuli del 1976, in tempi più recenti – grazie anche all'evoluzione informatica che ha reso disponibili elaboratori di buona capacità a prezzi accessibili – il FESN, in collaborazione con l'Associazione Radioamatori Italiani (ARI), ha cominciato ad affiancare alla sua rete di sismografi anche lo studio di un precursore propriamente detto: la già citata emissione di segnali radio[4].
«Lo scopo del progetto» spiega Cristiano Cornini, presidente della Sezione ARI di Fidenza (PR), che gestisce un "punto di ascolto" dei precursori radio indipendente dalla rete FESN, «è quello di raccogliere dati in modo continuo, omogeneo e per un lungo periodo di tempo, e di rendere disponibili questi dati, in modo che possano essere utilizzati in futuro per analisi statistiche significative. Attualmente i dati raccolti dalla nostra stazione sono visibili in tempo reale sul sito web della nostra Associazione»[5]. «La fase successiva» prosegue Cornini «sarà quella di coordinare più punti d'ascolto in una rete quanto più possibile omogenea e distribuita sul territorio, in modo da poter confrontare fra loro i diversi rilevamenti, e valutare, triangolando le fonti dei segnali radio, se esiste una qualche correlazione tra gli "epicentri elettromagnetici" e gli epicentri sismici. Allo stato attuale, infatti, non è ancora operativo un vero e proprio "coordinamento centrale" delle varie stazioni di ascolto».
Ricerche analoghe sui precursori radio sono in corso anche in Giappone[6] e Stati Uniti[7], ma è chiaro che la possibilità di utilizzare questo precursore, così come molti altri, per fare previsioni è, nella migliore delle ipotesi, ancora lontana.
È possibile prevedere i terremoti usando i precursori sismici?
Nel 1984 un gruppo di sismologi americani, sulla scorta dei dati storici relativi ai terremoti che si verificano con frequenza lungo la faglia di Sant'Andrea, nel sudovest degli Stati Uniti, tentarono una previsione relativa alla zona di Parkfield, un piccolo villaggio nella California centrale. Secondo il loro modello sperimentale, un terremoto di magnitudo 6 si sarebbe dovuto verificare in quella zona all'incirca nel 1988, al massimo entro il 1992. La zona venne ampiamente monitorata nella speranza di individuare anche gli eventuali precursori sismici dell'evento. A dispetto dei numerosi "precursori" che nel corso degli anni fecero pensare che il terremoto fosse in arrivo, il primo gennaio del 1993 l'esperimento si concluse senza che si fosse verificato alcun sisma significativo[8]. Nel 1997, in Giappone, una commissione di valutazione sull'efficacia dei programmi di previsione dei terremoti - portati avanti da più di trent'anni con investimenti dell'ordine del centinaio di milioni di dollari all'anno – giungeva alla conclusione che una previsione deterministica dei sismi attraverso i precursori era, al momento, da considerarsi irraggiungibile in tempi ragionevoli[9]. L'anno successivo, quando il Giappone si apprestava a estendere per altri cinque anni questi progetti, un gruppo di 160 scienziati giapponesi coinvolti a vario titolo nelle ricerche sismologiche, chiese invece al governo di impiegare quelle risorse nello studio dei meccanismi di base dei terremoti e nella preparazione di dettagliate mappe di rischio sismico[10].Due tipi di previsioni
Le polemiche avvenute in Giappone nel 1997-98 sono una chiara indicazione di ciò che è avvenuto, e ancora sta avvenendo, riguardo allo studio della prevedibilità dei terremoti. Dopo gli entusiasmi dei primi anni, legati a qualche (quasi casuale?) successo, ci si è dovuti rendere conto che la previsione a breve termine (dove, quando e quanto forte) è un obiettivo non raggiungibile in tempi brevi. Gli sforzi si sono dunque spostati verso le previsioni a medio e lungo termine – cioè all'identificazione delle aree a rischio sismico – e alla sorveglianza dell'attività sismica, precursori compresi; lo scopo, però, non è più quello di prevedere i singoli eventi, ma di stilare delle mappe di rischio, continuamente aggiornate, che alcuni paragonano a una sorta di "previsione del tempo sismico". In Italia è l'Istituto Nazionale di Geofisica a gestire questa mappatura (http://zonesismiche.mi.ingv.it/ ).Se si consulta la letteratura scientifica, a prima vista sembrerebbe che per ogni sisma, o quasi, sia stato possibile individuare uno o più precursori a diverse ore dall'evento stesso – quando non addirittura diverse settimane prima – siano essi segnali radio, deformazioni del suolo, variazioni delle emissioni di radon o altro. Ad un'analisi più attenta della letteratura risulta però che l'individuazione di precursori è quasi sempre avvenuta soltanto dopo l'evento, consultando le registrazioni relative ai giorni precedenti. È quindi più corretto definirli precursori presunti, essendo tutt'altro che certo il loro legame con il sisma in oggetto.
Il problema nasce dal fatto che tutti i (presunti) precursori sismici fin qui identificati sono fenomeni caratterizzati da un grande "rumore di fondo", che rende molto difficile distinguere a priori un vero precursore dalle normali variazioni del fenomeno che si sta tenendo sotto controllo. Inoltre il comportamento di questi presunti precursori, quando non la loro stessa presenza, dipende dalle caratteristiche geologiche della zona osservata, il che rende molto difficile confrontare i dati raccolti in luoghi diversi o esportare eventuali modelli di previsione per fare delle verifiche incrociate. Questa situazione, nella quale il rumore di fondo è forte quasi quanto il segnale che si vuole individuare, rende necessaria una solidissima base statistica prima di poter utilizzare proficuamente i precursori a scopo di previsione. Inoltre questa stessa situazione è proprio l'ideale per innescare i meccanismi di autoinganno legati alla "selezione degli eventi da ricordare" – cioè la tendenza a ricordare i pochi casi in cui A è seguito da B e a dimenticare la stragrande maggioranza delle volte in cui questo non è accaduto.
Stando a quanto dichiarato da Walter Marzocchi, dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma, alla rivista Science[11], sembrerebbe che Gioacchino Giuliani, quando ha tentato di fare previsioni usando i dati raccolti dalla sua rete di rilevatori, sia inciampato proprio sul "rumore di fondo" delle emissioni di radon.
Il radon e la "previsione" di Gioacchino Giuliani
La stella indica la posizione del sisma che Gioacchino Giuliani aveva "previsto" per l'1 o il 2 aprile. Il terremoto si è verificato il 6 aprile, alle ore 3.32, nella posizione indicata dalla freccia (mappa ricavata da Google Maps).
Il 24 marzo Gioacchino Giuliani, in un'intervista rilasciata al sito http://www.donnedemocratiche.com , dichiarava, a proposito dello sciame sismico che interessava in quel periodo la provincia de L'Aquila: «Mi sento di poter tranquillizzare i miei concittadini, in quanto lo sciame sismico andrà scemando con la fine di marzo»[14]. Sei giorni più tardi, il 30 marzo, l'Aquila veniva colpita da quella che fino a quel momento sarà la scossa sismica più forte dello sciame (magnitudo 4,0). All'incirca quello stesso giorno, secondo quanto riportato dai media, Giuliani informava telefonicamente il sindaco di Sulmona di aspettarsi una forte scossa di terremoto entro 6-24 ore; scossa che non avverrà mai. In seguito a questo episodio, Giuliani venne denunciato per procurato allarme.
Immediatamente dopo il terremoto del 6 aprile, Giuliani dichiarò in diretta, a Porta a Porta, di aver visto nei dati rilevati dai suoi sensori l'arrivo di un terremoto di magnitudo superiore a 4 (il terremoto è stato in effetti di grandezza 6,3, ovvero circa mille volte più potente della "previsione" di Giuliani). La sua rete di rilevamento, però, al momento della dichiarazione era ancora off-line a causa del sisma stesso, e non gli è stato quindi possibile mostrare nessun dato. Nel momento in cui scrivo questo articolo, a più di due mesi di distanza, non ho avuto notizia di eventuali dati recuperati dalla rete sismica di Giuliani e resi pubblici.
Invece della previsione: il preavviso
Come viene spiegato nell'articolo a pagina 42, i punti chiave attorno a cui ruota l'utilità di una previsione sono sostanzialmente tre: la percentuale di falsi allarmi (e di mancati allarmi); la precisione (tempo, luogo e intensità); il tempo di preavviso. Dal 2007 la Japan Meteorological Agency – che si occupa anche delle emergenze tsunami e terremoto – ha attivato in via sperimentale un sistema denominato Earthquake Early Warnigs (allerta-terremoto rapida)[6].Approfittando del fatto che trascorre un certo lasso di tempo tra l'inizio di un sisma e la propagazione delle onde meccaniche dall'epicentro verso la periferia, l'apposita rete di comunicazione sperimentata dovrebbe essere in grado di segnalare un terremoto alcuni secondi prima dell'effettivo arrivo dell'onda sismica – ad eccezione delle aree adiacenti l'epicentro, che ricevono l'allerta a sisma già iniziato.
A fronte di un'attendibilità pressoché assoluta (in effetti non si tratta di una previsione in senso stretto, perché quando parte l'allerta il terremoto c'è già), il preavviso è ridottissimo e permette solo alcuni interventi comunque utili – come l'arresto di treni e ascensori o la messa in sicurezza di alcune lavorazioni industriali o di una centrale nucleare – ma di efficacia limitata. Per effettuare, ad esempio, l'interruzione delle forniture di gas ed energia elettrica – il dissesto di queste reti è responsabile di numerosi incidenti collaterali ai terremoti – è necessaria almeno qualche ora di preavviso. Per una vera e propria evacuazione possono essere necessarie ventiquattro ore o anche molte di più per i grossi centri urbani o per situazioni particolari come potrebbe essere, ad esempio, la città di Venezia.
Conclusioni
Prevedere un evento catastrofico come un terremoto non è cosa da prendersi alla leggera. Come ha fatto notare lo stesso Guido Bertolaso, direttore del Dipartimento della Protezione Civile, se le autorità avessero dato ascolto alle "previsioni" di Giuliani probabilmente avrebbero evacuato la popolazione di Sulmona trasferendola proprio a L'Aquila, giusto in tempo per il terremoto[15].Le grosse incertezze legate sia alla frequenza dei falsi allarmi, sia all'impossibilità di individuare con ragionevole precisione epicentro e intensità del sisma, oltre che il momento in cui avverrà, rendono di fatto impraticabili, ad oggi, le previsioni di tipo deterministico dei terremoti.
Non a caso, come ho già ricordato, da anni la tendenza è quella di concentrarsi sulle previsioni a medio e lungo termine, all'individuazione delle aree a rischio sismico e alla messa a punto di sistemi che minimizzino sia il rischio di fatalità, sia i danni provocati da un evento che, prevedibile o meno che sia, rimane pur sempre inevitabile. A proposito di prevenzione e riduzione del danno, non dimentichiamo che il quattordici giugno 2008 un terremoto di magnitudo 7,2 avvenuto nella provincia di Iwate, a pochi chilometri dalla capitale Morioka che conta circa 300 mila abitanti, ha fatto 14 morti, 350 feriti e 2000 senza tetto.
Il sisma che ha colpito l'Abruzzo – con i suoi 294 morti, 1500 feriti e 28 mila senzatetto – è stato trenta volte meno potente.
Note
1) «Since my first attachment to seismology, I have had a horror of predictions and of predictors», tratto da: Alden, A. "The Bogeyman of earthquake prediction". About.com. (http://geology.about.com/cs/eq_prediction/a/aa030903a.htm )
2) http://earthquake.usgs.gov/research/parkfield/eq_predict.php . È però possibile che questo successo predittivo sia stato amplificato dalle autorità cinesi per ragioni che nulla hanno a che fare con la scienza (Geller J.L. et al., "Earthquakes cannot be predicted", Science (275), 1997, pp. 1616).
3) L'aneddotica in proposito è ricca ma non esiste nessuna prova scientifica del fatto che le blatte si siano mai comportate in qualche modo strano in prossimità di un terremoto. Un tentativo di studiare (anche) questa possibilità fu fatto in occasione dell'esperimento di Parkfield (vedi riferimento nota 8) senza ottenere alcun risultato.
4) Chi volesse saperne di più su questo particolare precursore, può cercare su Internet "precursori sismici elettromagnetici" (PSE), oppure, se ha dimestichezza con l'inglese, "Electromagnetic Earthquake Precursore" (EMEP), facendo comunque sempre attenzione all'attendibilità dei siti che trattano questo delicato argomento.
7) A titolo d'esempio: Hayakawa M., "Electromagnetic precursors to the 2004 Mid Niigata prefecture earthquake", Physics and chemistry of the Earth, parts A/B/C (31), 2006, 4-9, pp. 356-364; oppure: Park S.K. et al., "The 2004 Parkfield earthquake: test of the electromagnetic precursor hypothesis", Journal of Geophysical Research, 5 maggio 2007.
8) Kerr R.A., "Parkfield quakes skip a beat", Science (259), 1993, pp. 1120-1122.
9) Normile D., "Earthquake prediction: report slams japanese program", Science, 1997.
10) Normile D., "Japan urged to dropo short-term goal", Science, 1998.
11) Kerr R.A., "After the quake, in search of the science , 1993 or even a good prediction", Science (324), 2009, p. 322.
12) A titolo d'esempio: Igarashi G. et al., “Ground-water radon anomaly before the Kobe earthquake in Japan”, Science. (269), 1995, pp. 60-61.
13) «There isn't a definitive link between radon gas measurements and earthquake occurrence. […] Sometimes people have measured radon gas and no earthquakes have occurred, and vice-versa»; tratto da (15).
15) Stewart P., "Scientists dismiss earthquake prediction", Reuters, 7 aprile 2009.