Nel 1979 un uomo viene trovato senza vita, disteso sul pavimento nell'osservatorio astronomico ricavato all'interno della sua abitazione. Ha 86 anni e ha speso buona parte della sua vita a cercare di convincere la comunità scientifica che la posizione dei corpi celesti del sistema solare, in particolare della Luna e del Sole, possano produrre i terremoti e influenzare l'attività endogena della Terra. Si chiama Raffaele Bendandi, è nato a Faenza nel 1893 e per molti anni studia da autodidatta geologia e sismologia, anche se la sua vera grande passione è l'astronomia.
Chi era Raffaele Bendandi? Controversa figura del XX secolo, divenne noto per le sue teorie sismologiche e astronomiche e per la sua presunta capacità di prevedere non solo i terremoti, ma qualunque attività endogena sulla base della posizione degli astri, in particolare della Luna e del Sole.
Diciamo adesso che l'idea di base di Bendandi è stata ripresa da altri studiosi, in genere più o meno autodidatti o, per dirla in altri termini, "indipendenti", cioè di solito non legati alla comunità scientifica e alle università. Il concetto si esprime facilmente: la Luna e il Sole influenzano la superficie terrestre attraverso la loro forza di attrazione gravitazionale. Tuttavia, distando la Luna in media 384 mila km e il Sole ben 150 milioni di km, questa forza di attrazione non ha effetti misurabili sulla parte solida del pianeta, ma ne ha sulla parte fluida, l'atmosfera e, soprattutto, l'idrosfera. Si tratta degli effetti di marea ben noti soprattutto nelle zone oceaniche, dove l'escursione di marea può raggiungere i 19 metri (Baia di Fundy in Canada), ma anche nel Mediterraneo (dove la differenza tra il livello dell'alta e della bassa marea non supera il mezzo metro).
Come appena evidenziato, gli effetti delle forze di marea esercitate dalla Luna e dal Sole non hanno effetti visibili sulle aree continentali (anche se è possibile rilevare quasi insignificanti variazioni a livello strumentale). Ed è proprio qui che la scienza ufficiale diverge dalle idee di Bendandi. Secondo il sismologo di Faenza, infatti, le forze di marea avrebbero conseguenze molto più serie sulle rocce della crosta, arrivando addirittura a favorire, se non a causare, movimenti tellurici come i terremoti e le eruzioni vulcaniche.
Un'osservazione può emergere facilmente: se così fosse, essendo le forze di marea abbastanza regolari (l'alta e la bassa marea si alternano infatti ben 4 volte al giorno, ogni sei ore circa) allora anche i terremoti dovrebbero ripresentarsi a cadenza altrettanto regolare, ma così non è.
Una spiegazione "bendandiana" potrebbe essere la seguente: le forze di marea sono dovute principalmente all'attrazione gravitazionale della Luna, secondariamente a quella del Sole (il Sole ha un diametro 400 volte maggiore di quello lunare, ma si trova anche a una distanza quasi altrettante volte maggiore). Com'è noto, le maree non sono tutte uguali. Infatti esistono maree deboli, o maree morte, che avvengono quando il Sole e la Luna si trovano a formare un angolo di circa 90° rispetto alla Terra (quadratura), per cui l'attrazione della Luna e quella del Sole si sottraggono, e maree molto forti (o maree sigiziali) che hanno luogo quando il Sole, la Terra e la Luna si trovano allineati, e in questo caso le forze di attrazione lunisolari si addizionano. Quindi è evidente che, per chi ritiene che le forze di marea possano deformare la crosta terrestre, le maree sigiziali rappresentano la congiunzione più favorevole. A ciò si aggiunga l'eventuale allineamento di altri corpi celesti quali Mercurio, Venere, Marte soprattutto Giove.
In realtà, la formula di Newton sulla gravitazione universale basta da sola a fornirci qualche utile spunto di riflessione. La forza esercitata reciprocamente tra due corpi è inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Questo significa che se la distanza raddoppia, la forza non si limita a dimezzarsi, ma diminuisce molto più velocemente (si riduce a un quarto). Es. se la distanza iniziale di 10 metri viene portata a 20, la forza diminuisce di quattro volte; se la distanza aumenta sino a 30 metri, la forza si riduce a 1/9 di quella iniziale, e così via. È facile capire quale può essere l'influenza della forza di gravità di un pianeta gigante come Giove, che però dista dalla Terra in media 800 milioni di kilometri (oltre 5 volte la distanza del Sole dalla Terra).
In realtà, tali allineamenti planetari sono stati segnalati di volta in volta in questi anni dagli astronomi, pur mancando di un reale significato, se non quello meramente geometrico. Per esempio ce ne fu uno molto "temuto" nel 1982, e un altro nel maggio del 2000, ma senza che si sia registrata alcuna catastrofe, e in particolare nessun aumento dell'attività sismica. Del resto, l'allineamento più marcato si ebbe nel 1128, quando buona parte dei pianeti del sistema solare si trovarono compresi nella stessa parte dell'eclittica, entro un raggio di "appena" 43 gradi. Eppure anche allora non si registrarono particolari conseguenze, come cataclismi, né si verificarono più terremoti del solito.
Sembrerebbe quindi che la teoria dell'attività sismica indotta dalle forze di marea lunisolare con l'appoggio degli altri corpi celesti, faccia acqua da tutte le parti, o comunque non regga il vaglio della scienza.
Ma torniamo a Raffaele Bendandi. Bisogna riconoscergli, soprattutto considerando i tempi in cui cominciò a proporre le sue idee (anni '20-'30 dello scorso secolo) un certo coraggio, una certa iniziativa e persino una certa manualità, visto che era solito costruire in proprio gli strumenti, tra i quali i sismografi, utilizzati per le sue misurazioni.
Nel 1920 formulò la sua teoria "sismo genica" secondo la quale in pratica l'attività sismica del pianeta, e anzi l'intera dinamica endogena, era spiegata in termini di influenze astrali e di congiunzioni planetarie. Tale teoria avrebbe dovuto permettere il controllo dei fenomeni endogeni e in particolare la previsione dei terremoti. La fissazione di Bendandi per i terremoti nacque, per sua stessa ammissione, dopo il terribile terremoto del dicembre 1908 nello stretto di Messina, che portò alla morte di quasi centomila persone e che lo impressionò enormemente (molti anni dopo, nel 1976, egli si rammaricherà di non essere riuscito a convincere le autorità di un imminente terremoto nel Friuli).
Erano tuttavia anni in cui usare una certa prudenza. Qualche anno dopo la formulazione della sua teoria, si sparse la voce che Bendandi avesse previsto il terremoto nelle Marche del 1924 (previsione ufficializzata attraverso un atto notarile del 1923). Questo valse a far accrescere la sua fama, ma gli inimicò alcuni esponenti della scienza ufficiale, a causa della riluttanza dello scienziato faentino a presentare dati e dettagli verificabili sperimentalmente, nonché per quella ritrosia, in parte ingiustificata, da parte della scienza ufficiale a dare ascolto a chi parlava al di fuori dei canali accademici. Nel 1927, in pieno ventennio fascista e su segnalazione di alcuni accademici, la prefettura lo diffidò dal diffondere le sue previsioni e dal pubblicare i risultati delle sue ricerche. Ormai conosciuto come "l'uomo dei terremoti", Bendandi dovette lavorare in modo più discreto, almeno sino alla fine della guerra. In ogni caso, già nel 1931 consegna all'Accademia Pontificia e all'Accademia dei Lincei un plico contenente le formule base per la spiegazione del ciclo solare undecennale, già scoperto nel 1844 dall'astrofilo H. Schwabe, e poi studiato sistematicamente dall'astronomo svizzero R. Wolf nel 1850. Bisogna dire che gli studi di Bendandi non prescindevano da un certo spirito scientifico autentico, per cui non ricorreva a teorie totalmente fantasiose o a spiegazioni soprannaturali.
Ebbe anche diversi importanti riconoscimenti. Alcuni scienziati anglosassoni riuscirono ad applicare e migliorare il sistema proposto da Bendandi per la previsione dell'attività solare (macchie solare e brillamenti) in base al ciclo di undici anni.
Ancora in vita, ebbe la soddisfazione di alcuni riconoscimenti ufficiali quale la nomina a Cavaliere Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana, e la nomina a membro della Società Sismologica Italiana.
Ma allora, Bendandi, "l'uomo dei terremoti", riuscì davvero a scoprire una qualche relazione tra qualcosa di misurabile e prevedibile, come le posizioni degli astri nel cielo, e l'insorgenza dei terremoti? Purtroppo sembrerebbe di no, e oltre cento anni dopo la nascita di questa strana e tutto sommato affascinante figura di scienziato, siamo ancora alla ricerca di qualcosa che ci consenta di evitare che ogni anno migliaia di vite umane vengano perse a causa dell'irrequietezza del nostro pianeta.
Chi era Raffaele Bendandi? Controversa figura del XX secolo, divenne noto per le sue teorie sismologiche e astronomiche e per la sua presunta capacità di prevedere non solo i terremoti, ma qualunque attività endogena sulla base della posizione degli astri, in particolare della Luna e del Sole.
Diciamo adesso che l'idea di base di Bendandi è stata ripresa da altri studiosi, in genere più o meno autodidatti o, per dirla in altri termini, "indipendenti", cioè di solito non legati alla comunità scientifica e alle università. Il concetto si esprime facilmente: la Luna e il Sole influenzano la superficie terrestre attraverso la loro forza di attrazione gravitazionale. Tuttavia, distando la Luna in media 384 mila km e il Sole ben 150 milioni di km, questa forza di attrazione non ha effetti misurabili sulla parte solida del pianeta, ma ne ha sulla parte fluida, l'atmosfera e, soprattutto, l'idrosfera. Si tratta degli effetti di marea ben noti soprattutto nelle zone oceaniche, dove l'escursione di marea può raggiungere i 19 metri (Baia di Fundy in Canada), ma anche nel Mediterraneo (dove la differenza tra il livello dell'alta e della bassa marea non supera il mezzo metro).
Come appena evidenziato, gli effetti delle forze di marea esercitate dalla Luna e dal Sole non hanno effetti visibili sulle aree continentali (anche se è possibile rilevare quasi insignificanti variazioni a livello strumentale). Ed è proprio qui che la scienza ufficiale diverge dalle idee di Bendandi. Secondo il sismologo di Faenza, infatti, le forze di marea avrebbero conseguenze molto più serie sulle rocce della crosta, arrivando addirittura a favorire, se non a causare, movimenti tellurici come i terremoti e le eruzioni vulcaniche.
Un'osservazione può emergere facilmente: se così fosse, essendo le forze di marea abbastanza regolari (l'alta e la bassa marea si alternano infatti ben 4 volte al giorno, ogni sei ore circa) allora anche i terremoti dovrebbero ripresentarsi a cadenza altrettanto regolare, ma così non è.
Una spiegazione "bendandiana" potrebbe essere la seguente: le forze di marea sono dovute principalmente all'attrazione gravitazionale della Luna, secondariamente a quella del Sole (il Sole ha un diametro 400 volte maggiore di quello lunare, ma si trova anche a una distanza quasi altrettante volte maggiore). Com'è noto, le maree non sono tutte uguali. Infatti esistono maree deboli, o maree morte, che avvengono quando il Sole e la Luna si trovano a formare un angolo di circa 90° rispetto alla Terra (quadratura), per cui l'attrazione della Luna e quella del Sole si sottraggono, e maree molto forti (o maree sigiziali) che hanno luogo quando il Sole, la Terra e la Luna si trovano allineati, e in questo caso le forze di attrazione lunisolari si addizionano. Quindi è evidente che, per chi ritiene che le forze di marea possano deformare la crosta terrestre, le maree sigiziali rappresentano la congiunzione più favorevole. A ciò si aggiunga l'eventuale allineamento di altri corpi celesti quali Mercurio, Venere, Marte soprattutto Giove.
In realtà, la formula di Newton sulla gravitazione universale basta da sola a fornirci qualche utile spunto di riflessione. La forza esercitata reciprocamente tra due corpi è inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Questo significa che se la distanza raddoppia, la forza non si limita a dimezzarsi, ma diminuisce molto più velocemente (si riduce a un quarto). Es. se la distanza iniziale di 10 metri viene portata a 20, la forza diminuisce di quattro volte; se la distanza aumenta sino a 30 metri, la forza si riduce a 1/9 di quella iniziale, e così via. È facile capire quale può essere l'influenza della forza di gravità di un pianeta gigante come Giove, che però dista dalla Terra in media 800 milioni di kilometri (oltre 5 volte la distanza del Sole dalla Terra).
In realtà, tali allineamenti planetari sono stati segnalati di volta in volta in questi anni dagli astronomi, pur mancando di un reale significato, se non quello meramente geometrico. Per esempio ce ne fu uno molto "temuto" nel 1982, e un altro nel maggio del 2000, ma senza che si sia registrata alcuna catastrofe, e in particolare nessun aumento dell'attività sismica. Del resto, l'allineamento più marcato si ebbe nel 1128, quando buona parte dei pianeti del sistema solare si trovarono compresi nella stessa parte dell'eclittica, entro un raggio di "appena" 43 gradi. Eppure anche allora non si registrarono particolari conseguenze, come cataclismi, né si verificarono più terremoti del solito.
Sembrerebbe quindi che la teoria dell'attività sismica indotta dalle forze di marea lunisolare con l'appoggio degli altri corpi celesti, faccia acqua da tutte le parti, o comunque non regga il vaglio della scienza.
Ma torniamo a Raffaele Bendandi. Bisogna riconoscergli, soprattutto considerando i tempi in cui cominciò a proporre le sue idee (anni '20-'30 dello scorso secolo) un certo coraggio, una certa iniziativa e persino una certa manualità, visto che era solito costruire in proprio gli strumenti, tra i quali i sismografi, utilizzati per le sue misurazioni.
Nel 1920 formulò la sua teoria "sismo genica" secondo la quale in pratica l'attività sismica del pianeta, e anzi l'intera dinamica endogena, era spiegata in termini di influenze astrali e di congiunzioni planetarie. Tale teoria avrebbe dovuto permettere il controllo dei fenomeni endogeni e in particolare la previsione dei terremoti. La fissazione di Bendandi per i terremoti nacque, per sua stessa ammissione, dopo il terribile terremoto del dicembre 1908 nello stretto di Messina, che portò alla morte di quasi centomila persone e che lo impressionò enormemente (molti anni dopo, nel 1976, egli si rammaricherà di non essere riuscito a convincere le autorità di un imminente terremoto nel Friuli).
Erano tuttavia anni in cui usare una certa prudenza. Qualche anno dopo la formulazione della sua teoria, si sparse la voce che Bendandi avesse previsto il terremoto nelle Marche del 1924 (previsione ufficializzata attraverso un atto notarile del 1923). Questo valse a far accrescere la sua fama, ma gli inimicò alcuni esponenti della scienza ufficiale, a causa della riluttanza dello scienziato faentino a presentare dati e dettagli verificabili sperimentalmente, nonché per quella ritrosia, in parte ingiustificata, da parte della scienza ufficiale a dare ascolto a chi parlava al di fuori dei canali accademici. Nel 1927, in pieno ventennio fascista e su segnalazione di alcuni accademici, la prefettura lo diffidò dal diffondere le sue previsioni e dal pubblicare i risultati delle sue ricerche. Ormai conosciuto come "l'uomo dei terremoti", Bendandi dovette lavorare in modo più discreto, almeno sino alla fine della guerra. In ogni caso, già nel 1931 consegna all'Accademia Pontificia e all'Accademia dei Lincei un plico contenente le formule base per la spiegazione del ciclo solare undecennale, già scoperto nel 1844 dall'astrofilo H. Schwabe, e poi studiato sistematicamente dall'astronomo svizzero R. Wolf nel 1850. Bisogna dire che gli studi di Bendandi non prescindevano da un certo spirito scientifico autentico, per cui non ricorreva a teorie totalmente fantasiose o a spiegazioni soprannaturali.
Ebbe anche diversi importanti riconoscimenti. Alcuni scienziati anglosassoni riuscirono ad applicare e migliorare il sistema proposto da Bendandi per la previsione dell'attività solare (macchie solare e brillamenti) in base al ciclo di undici anni.
Ancora in vita, ebbe la soddisfazione di alcuni riconoscimenti ufficiali quale la nomina a Cavaliere Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana, e la nomina a membro della Società Sismologica Italiana.
Ma allora, Bendandi, "l'uomo dei terremoti", riuscì davvero a scoprire una qualche relazione tra qualcosa di misurabile e prevedibile, come le posizioni degli astri nel cielo, e l'insorgenza dei terremoti? Purtroppo sembrerebbe di no, e oltre cento anni dopo la nascita di questa strana e tutto sommato affascinante figura di scienziato, siamo ancora alla ricerca di qualcosa che ci consenta di evitare che ogni anno migliaia di vite umane vengano perse a causa dell'irrequietezza del nostro pianeta.