Sembra strano e paradossale, ma una terra come l'Italia, che sin dall'antichità è stata interessata da fenomeni sismici ed eruzioni vulcaniche, non ha mai sviluppato una cultura del rispetto e della convivenza con un territorio geologicamente instabile come hanno fatto invece molti altri paesi. In Italia, infatti, sia le eruzioni vulcaniche (alcuni tra i vulcani più attivi d'Europa sono ubicati nel nostro territorio) che i frequenti terremoti, spesso distruttivi, sono visti come eventi tutto sommato sporadici e inconsueti, e non vengono prese decisioni a lungo termine per minimizzare i danni che essi provocano. Di cultura della sicurezza, di rispetto del territorio, di edilizia antisismica e di educazione alla gestione dell'emergenza si parla molto poco e soprattutto senza mobilitare risorse volte a passare dalle parole ai fatti. Eppure la terra trema di frequente, quasi a ricordarci che sarebbe meglio prevenire i danni, anziché contarli dopo un sisma rovinoso.
Sin dall'antichità l'Italia è stata interessata da terremoti più o meno potenti, con un numero complessivo di vittime nei secoli che è difficilmente stimabile con precisione, ma non è certamente inferiore a quattrocentomila. Per scoprire le zone e le città più colpite è sufficiente guardare la carta della pericolosità sismica, nella quale le varie tonalità di colore mostrano le aree in cui è più probabile che avvengano terremoti, e quelle meno sismiche. Si scopre così che le aree più sismiche si trovano nella Sicilia orientale, nello stretto di Messina, nel Gargano occidentale, nell'Appennino centrale, tra la Basilicata e l'Umbria. Alcune regioni invece sono al sicuro dai terremoti, come la pianura Padana occidentale, tra Piemonte e Lombardia, la Sardegna, la costa tirrenica della Toscana.
Tutta la dorsale appenninica, come abbiamo visto, è colpita periodicamente da terremoti anche devastanti. Un'altra zona particolarmente attiva dal punto di vista sismico è costituita dalle Alpi orientali. Il 25 gennaio del 1348 il Friuli settentrionale fu colpito da un fortissimo terremoto, con scosse che durarono sino all'inizio del mese successivo. I morti furono, secondo stime piuttosto attendibili, più di diecimila. Talvolta un terremoto resta impresso nelle cronache dell'epoca non tanto a causa del numero delle vittime, quanto per gli ingenti danni al patrimonio che causa, un evento che, in un paese ricco di monumenti e opere d'arte come l'Italia, è particolarmente frequente. Il patrimonio storico e artistico italiano - ponti, edifici e palazzi, piazze, fontane, chiese, e quanto vi è contenuto - è infatti particolarmente esposto al terremoto in quanto si tratta di costruzioni molto vecchie, anche di diversi secoli, non più in grado di sopportare scosse anche di modesta entità. Il 9 settembre del 1349 si registrò un forte terremoto lungo tutto l'arco appenninico centrale, che provocò enormi danni a Roma, Frosinone, Perugia, Benevento. L'abbazia di Montecassino fu quasi interamente distrutta, crollarono la basilica desideriana e il cenobio (questa fu la terza volta in cui l'abbazia fu distrutta, la quarta fu nel febbraio del 1944, quando subì il bombardamento degli Alleati). A Napoli caddero la facciata e il campanile della cattedrale di Santa Maria Assunta, mentre in provincia di Isernia viene distrutto il monastero di San Vincenzo al Volturno.
Sarebbe lungo e inutile elencare qui tutti i terremoti di grande entità che hanno coinvolto la nostra penisola negli ultimi mille anni. Ma non si può non menzionare quello che il 30 luglio del 1627 colpì la Campania, e che rase al suolo San Severo, Torremaggiore e i comuni limitrofi, provocando la morte di quasi cinquemila persone e rendendo necessaria una ricostruzione quasi totale che durò molti anni. Undici anni dopo (marzo 1638) un terremoto forse anche più potente scosse l'intera Calabria, distruggendo oltre cento centri abitati e provocando più di diecimila vittime; terremoto replicato pochi mesi dopo da un secondo evento che distrusse la Sila e il Crotonese. Arriviamo così al terremoto dell'11 gennaio 1693, che colpì la Sicilia e la Calabria. Con una magnitudo Richter stimata (poiché allora non esistevano sismografi in grado di fornire tali informazioni) in 7,4, è considerato il sisma più potente mai registrato nel nostro paese. Provocò la distruzione completa di oltre 45 centri abitati con oltre sessantamila morti.
Se arriviamo direttamente al febbraio del 1783, saltando quindi ben novant'anni, non è certo perché in questo lasso di tempo la terra abbia cessato di tremare (si registrarono infatti terremoti anche potenti in Abruzzo nel 1703 e nel 1706, in Puglia nel 1731, in Piemonte a Pinerolo nel 1753, accanto a tanti altri episodi di minore impatto), ma perché in questa data si registrò un potente terremoto che interessò per l'ennesima volta la Sicilia e la Calabria. La terra tremò per due minuti distruggendo Messina, Reggio Calabria e tanti altri centri abitati dello stretto. Si contarono almeno sessantamila vittime. Saltiamo qui le molte decine di terremoti di una certa entità che si registrarono nell'800, ricordando soltanto quello che, il 16 dicembre del 1857, colpì la Campania e la Basilicata. I tecnici, sulla base dei danni registrati e della vulnerabilità del territorio in quell'epoca, stimano che questo terremoto abbia avuto una magnitudo di 6,9, quindi tra le più elevate mai registrate in Italia.
Poco più di tre anni dovevano passare perché si arrivasse al terremoto che ha provocato più danni a persone e cose nel nostro paese. Il 28 dicembre del 1908 un terrificante terremoto fa oscillare come un diapason tutta l'area circostante lo stretto di Messina. La terra trema per trenta secondi, producendo un'onda di maremoto (tsunami) che raggiunge e rade al suolo Messina, Reggio Calabria e tutti i villaggi dell'area. Con novantamila vittime (ma alcune fonti parlano di 130 mila morti) il terremoto dello stretto di Messina costituisce la più grave sciagura naturale che l'uomo ricordi e che abbia coinvolto l'Italia.
Nel 1914 un sisma ancora più violento, quanto a energia liberata (7,2 Richter), colpì l'area etnea, distruggendo quasi completamente il paese di Linera, Santa Venerina, Zafferana Etnea. I morti però furono solo una settantina, a causa della bassa demografia dell'area interessata.
Altri sismi furono registrati nel 1915 (Avezzano, in Abruzzo, con ben 30 mila vittime), nel 1916 (Marche), nel 1917 (Umbria e Toscana), nel 1919 (Mugello, Toscana), e così via, con decine di terremoti sino al terremoto del Belice nel 1968. Il 15 gennaio un fortissimo terremoto (magnitudo 6,4 Richter) colpisce il Belice, nella Sicilia occidentale. Vengono rasi al suolo i centri abitati di Gibellina, Montevago, Poggioreale, Partanna, Salaparuta, Salemi. I morti furono quasi quattrocento. Può essere scontato, ma è il caso di sottolineare che una regione del pianeta resta sismica per centinaia di migliaia o persino milioni di anni. La sismicità di un territorio non si esaurisce quindi in tempi compatibili con le esigenze umane. Il Friuli per esempio fu colpito da un sisma nel 1511, ma il terremoto più vicino a noi è quello relativo allo sciame sismico registrato dal 6 maggio e al 15 settembre 1976, che colpì il Friuli e tutta l'Italia settentrionale interessando ben 77 comuni italiani. Il primo evento (maggio) fu un terremoto molto distruttivo, che raggiunse il decimo grado della scala Mercalli, con una magnitudo 6,4 nella scala Richter. Le vittime furono quasi mille, con decine di migliaia di sfollati.
Il 23 novembre del 1980 l'Irpinia, regione storico-geografica dell'Italia centro-meridionale, viene colpita da un sisma di magnitudo 6,9 della scala Richter. Si tratta del più potente terremoto dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Intere aree tra la Campania e la Basilicata furono devastate. Le vittime furono quasi tremila. A Gubbio la terra trema alla fine di aprile del 1984. Molti i danni al patrimonio: Gubbio, Perugia, Assisi. Diversi feriti ma nessuna vittima, se non tra le opere d'arte.
Sin dall'antichità l'Italia è stata interessata da terremoti più o meno potenti, con un numero complessivo di vittime nei secoli che è difficilmente stimabile con precisione, ma non è certamente inferiore a quattrocentomila. Per scoprire le zone e le città più colpite è sufficiente guardare la carta della pericolosità sismica, nella quale le varie tonalità di colore mostrano le aree in cui è più probabile che avvengano terremoti, e quelle meno sismiche. Si scopre così che le aree più sismiche si trovano nella Sicilia orientale, nello stretto di Messina, nel Gargano occidentale, nell'Appennino centrale, tra la Basilicata e l'Umbria. Alcune regioni invece sono al sicuro dai terremoti, come la pianura Padana occidentale, tra Piemonte e Lombardia, la Sardegna, la costa tirrenica della Toscana.
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I terremoti più antichi
Non è facile reperire informazioni storiche attendibili sui più antichi terremoti che sono avvenuti nel nostro paese. Per esempio, esistono poche e frammentarie testimonianze di un devastante terremoto avvenuto nello stretto di Messina 2100 anni fa: si tratta del primo terremoto di cui si ha notizia certa che abbia riguardato il nostro paese. Successivamente sono stati registrati numerosi terremoti: sino all'anno Mille la storiografia ha registrato una ventina di terremoti di una certa importanza. Tra le città più colpite, Benevento e Messina. Non si tratta certamente di un caso di accanimento della natura contro questi centri abitati. Tutto l'arco appenninico è interessato, per via della natura geologica che ha comportato la nascita stessa di questa dorsale montuosa, da numerosi fenomeni sismici, di varia intensità. Lo stretto di Messina da parte sua si trova in corrispondenza di un sistema di faglie che collega la Sicilia alla Calabria, un contesto geodinamico molto attivo dove ogni anno si registrano numerose piccole scosse. Proprio questo contesto geologicamente sfavorevole sconsiglierebbe per esempio l'edificazione del famoso ponte sullo stretto. Tra gli eventi sismici più noti nell'antichità, dovuti all'attività vulcanica del Vesuvio, vi sono i terremoti del febbraio del 62 d.C. e soprattutto quello dell'agosto del 79 d.C. Quest'ultimo danneggiò gravemente le città di Pompei, Ercolano e Stabia, che verranno sepolte sotto una spessa coltre di lava e fango. In Italia gli eventi sismici non sono dovuti solo al contesto geodinamico profondo, ma anche alla presenza di vulcani emersi (Vesuvio, Etna, Stromboli) e sottomarini (come il Marsili, nel Tirreno meridionale).Tutta la dorsale appenninica, come abbiamo visto, è colpita periodicamente da terremoti anche devastanti. Un'altra zona particolarmente attiva dal punto di vista sismico è costituita dalle Alpi orientali. Il 25 gennaio del 1348 il Friuli settentrionale fu colpito da un fortissimo terremoto, con scosse che durarono sino all'inizio del mese successivo. I morti furono, secondo stime piuttosto attendibili, più di diecimila. Talvolta un terremoto resta impresso nelle cronache dell'epoca non tanto a causa del numero delle vittime, quanto per gli ingenti danni al patrimonio che causa, un evento che, in un paese ricco di monumenti e opere d'arte come l'Italia, è particolarmente frequente. Il patrimonio storico e artistico italiano - ponti, edifici e palazzi, piazze, fontane, chiese, e quanto vi è contenuto - è infatti particolarmente esposto al terremoto in quanto si tratta di costruzioni molto vecchie, anche di diversi secoli, non più in grado di sopportare scosse anche di modesta entità. Il 9 settembre del 1349 si registrò un forte terremoto lungo tutto l'arco appenninico centrale, che provocò enormi danni a Roma, Frosinone, Perugia, Benevento. L'abbazia di Montecassino fu quasi interamente distrutta, crollarono la basilica desideriana e il cenobio (questa fu la terza volta in cui l'abbazia fu distrutta, la quarta fu nel febbraio del 1944, quando subì il bombardamento degli Alleati). A Napoli caddero la facciata e il campanile della cattedrale di Santa Maria Assunta, mentre in provincia di Isernia viene distrutto il monastero di San Vincenzo al Volturno.
Sarebbe lungo e inutile elencare qui tutti i terremoti di grande entità che hanno coinvolto la nostra penisola negli ultimi mille anni. Ma non si può non menzionare quello che il 30 luglio del 1627 colpì la Campania, e che rase al suolo San Severo, Torremaggiore e i comuni limitrofi, provocando la morte di quasi cinquemila persone e rendendo necessaria una ricostruzione quasi totale che durò molti anni. Undici anni dopo (marzo 1638) un terremoto forse anche più potente scosse l'intera Calabria, distruggendo oltre cento centri abitati e provocando più di diecimila vittime; terremoto replicato pochi mesi dopo da un secondo evento che distrusse la Sila e il Crotonese. Arriviamo così al terremoto dell'11 gennaio 1693, che colpì la Sicilia e la Calabria. Con una magnitudo Richter stimata (poiché allora non esistevano sismografi in grado di fornire tali informazioni) in 7,4, è considerato il sisma più potente mai registrato nel nostro paese. Provocò la distruzione completa di oltre 45 centri abitati con oltre sessantamila morti.
Se arriviamo direttamente al febbraio del 1783, saltando quindi ben novant'anni, non è certo perché in questo lasso di tempo la terra abbia cessato di tremare (si registrarono infatti terremoti anche potenti in Abruzzo nel 1703 e nel 1706, in Puglia nel 1731, in Piemonte a Pinerolo nel 1753, accanto a tanti altri episodi di minore impatto), ma perché in questa data si registrò un potente terremoto che interessò per l'ennesima volta la Sicilia e la Calabria. La terra tremò per due minuti distruggendo Messina, Reggio Calabria e tanti altri centri abitati dello stretto. Si contarono almeno sessantamila vittime. Saltiamo qui le molte decine di terremoti di una certa entità che si registrarono nell'800, ricordando soltanto quello che, il 16 dicembre del 1857, colpì la Campania e la Basilicata. I tecnici, sulla base dei danni registrati e della vulnerabilità del territorio in quell'epoca, stimano che questo terremoto abbia avuto una magnitudo di 6,9, quindi tra le più elevate mai registrate in Italia.
I terremoti italiani del XX secolo
Il ventesimo secolo si aprì con un forte terremoto il 30 ottobre 1901, quando un sisma di intensità stimata intorno all'ottavo grado della scala Mercalli colpì la regione ad ovest del lago di Garda e il Bresciano, causando molti danni ma nessuna vittima. Non altrettanto pietoso fu invece il terremoto successivo, che l'8 settembre del 1905 colpì l'attuale Lamezia Terme (allora si chiamava ancora Nicastro) e la Calabria. La magnitudo di questo sisma, di intensità pari al grado 6,8 della scala Richter, ebbe come epicentro il golfo di Santa Eufemia. I danni furono molto rilevanti e oltre cinquecento persone persero la vita.Poco più di tre anni dovevano passare perché si arrivasse al terremoto che ha provocato più danni a persone e cose nel nostro paese. Il 28 dicembre del 1908 un terrificante terremoto fa oscillare come un diapason tutta l'area circostante lo stretto di Messina. La terra trema per trenta secondi, producendo un'onda di maremoto (tsunami) che raggiunge e rade al suolo Messina, Reggio Calabria e tutti i villaggi dell'area. Con novantamila vittime (ma alcune fonti parlano di 130 mila morti) il terremoto dello stretto di Messina costituisce la più grave sciagura naturale che l'uomo ricordi e che abbia coinvolto l'Italia.
Nel 1914 un sisma ancora più violento, quanto a energia liberata (7,2 Richter), colpì l'area etnea, distruggendo quasi completamente il paese di Linera, Santa Venerina, Zafferana Etnea. I morti però furono solo una settantina, a causa della bassa demografia dell'area interessata.
Altri sismi furono registrati nel 1915 (Avezzano, in Abruzzo, con ben 30 mila vittime), nel 1916 (Marche), nel 1917 (Umbria e Toscana), nel 1919 (Mugello, Toscana), e così via, con decine di terremoti sino al terremoto del Belice nel 1968. Il 15 gennaio un fortissimo terremoto (magnitudo 6,4 Richter) colpisce il Belice, nella Sicilia occidentale. Vengono rasi al suolo i centri abitati di Gibellina, Montevago, Poggioreale, Partanna, Salaparuta, Salemi. I morti furono quasi quattrocento. Può essere scontato, ma è il caso di sottolineare che una regione del pianeta resta sismica per centinaia di migliaia o persino milioni di anni. La sismicità di un territorio non si esaurisce quindi in tempi compatibili con le esigenze umane. Il Friuli per esempio fu colpito da un sisma nel 1511, ma il terremoto più vicino a noi è quello relativo allo sciame sismico registrato dal 6 maggio e al 15 settembre 1976, che colpì il Friuli e tutta l'Italia settentrionale interessando ben 77 comuni italiani. Il primo evento (maggio) fu un terremoto molto distruttivo, che raggiunse il decimo grado della scala Mercalli, con una magnitudo 6,4 nella scala Richter. Le vittime furono quasi mille, con decine di migliaia di sfollati.
Il 23 novembre del 1980 l'Irpinia, regione storico-geografica dell'Italia centro-meridionale, viene colpita da un sisma di magnitudo 6,9 della scala Richter. Si tratta del più potente terremoto dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Intere aree tra la Campania e la Basilicata furono devastate. Le vittime furono quasi tremila. A Gubbio la terra trema alla fine di aprile del 1984. Molti i danni al patrimonio: Gubbio, Perugia, Assisi. Diversi feriti ma nessuna vittima, se non tra le opere d'arte.