Il 23 marzo 2009 il redattore scientifico e ambientale del Corriere della Sera Franco Foresta Martin ha pubblicato su quel giornale un articolo intitolato: Ritorna la fusione fredda, con tanti proiettili nucleari.
Foresta Martin ha giustamente ricordato che sono trascorsi esattamente 20 anni dal clamoroso annuncio di Martin Fleischmann e Stanley Pons di avere scoperto la "fusione fredda", ossia la fusione nucleare di due nuclei di deuterio in reticolo di palladio (24 marzo 1989).
Il merito del "ritorno" della fusione fredda andrebbe attribuito alla Dr.ssa Pamela Mosier-Boss, chimica analitica del U.S. Navy's Space and Naval Warfare Systems Center (SPAWAR) di San Diego, California. Nei suoi esperimenti, peraltro concettualmente molto diversi da quelli descritti da Fleischmann e Pons, la Mosier-Boss avrebbe rilevato la presenza di tracce di Trizio e di Elio, prova dell'avvenuta fusione. I dettagli dell'esperimento e delle rivendicazioni della ricercatrice americana possono essere tralasciati perché rintracciabili nel sito del Corriere della Sera[1]. Anche se periodicamente viene annunciato che "ritorna la fusione fredda" (qualcuno ricorderà che nel maggio dell'anno scorso la fusione fredda fu clamorosamente rilanciata in forma di happening dall'ingegnere giapponese Yoshiaki Arata; l'evento fu commentato sulle pagine di S&P nel numero di luglio-agosto 2008), l'annuncio merita di essere considerato seriamente, per le implicazioni scientifiche e pratiche che la sua conferma implicherebbe e per inquadrarlo nelle residue attività di ricerca sulla fusione fredda, di cui si conserva ancora consistente traccia in Italia e nel mondo.
In altre occasioni la Mosier-Boss ha fatto lo stesso annuncio di essere arrivata al breaking point in fusione fredda: almeno a partire dal 2004, in una presentazione fatta all' ICCF11 (International Conference on Cold Fusion), tenutasi a Marsiglia in ottobre-novembre 2004. Se si tratta di comunicare che le ricerche sono in corso, nulla da obiettare; se invece ogni volta che partecipa a un convegno la Mosier-Boss annuncia che la fusione fredda è stata da lei rilanciata, dovrebbe essere invitata a moderare i toni. In quella conferenza fu presentato il seguente lavoro: S. Szpak, P. A. Mosier-Boss, F.E. Gordon (SPAWAR Systems Center San Diego)[2].
Il testo, una ricca presentazione di 19 diapositive, contiene la descrizione dettagliata dei procedimenti sperimentali seguiti. Termina con le considerazioni teoriche che dovrebbero giustificare la riuscita della fusione fredda. Richiama prepotentemente l'attenzione un brevissimo ma significativo passaggio: «D2 + subisce cattura elettronica per formare T e 4He». [3]
Una cattura elettronica è una reazione nucleare a neutrini, che comporta l'intervento della forza debole o forza di Fermi. La sezione d'urto di una reazione debole (la probabilità che essa avvenga) è espressa da un numero dell'ordine di 10-40 barn, un valore talmente piccolo da apparire inconcepibile.
Oggi i fisici sono in grado di provocare interazioni deboli, ma gli eventi segnalati sono pochi e richiedono rivelatori della dimensione di una palazzina. In pratica, si può affermare che la cattura elettronica o è spontanea o non può essere provocata. Le reazioni cui partecipano i neutrini avvengono solo nell'ambito di set sperimentali particolari, di enormi dimensioni, estremamente complessi, pochi in tutto il mondo. In Giappone un rivelatore dell'esperimento Super-Kamiokande era talmente grande che collassò durante la costruzione, provocando danni enormi.
Ci sono altre bizzarrie teoriche da soddisfare per giustificare la fusione secondo il modello Mosier-Boss, come la formazione di un nucleo inesistente 1(X)4 eccitato, che dovrebbe decadere beta, con formazione di He4 o decadere con emissione di un protone con formazione di 3H.
Come sempre accade in fusione fredda, esiste un enorme disaccordo tra quanto si afferma di avere rilevato sperimentalmente e le teorie di supporto, che sistematicamente fanno trasparire una singolare ignoranza delle leggi della scienza nucleare. Del resto Pamela Mosier-Boss è un'esperta di chimica analitica, materia che non ha rapporto con la chimica nucleare.
Non si può non rilevare che le prime rivendicazioni di fusione fredda furono spettacolari, con produzione di grandi quantità di calore. Fleischmann e Pons segnalarono perfino la fusione esplosiva di un blocchetto del palladio sede della reazione, con proiezione di materiale sul soffitto del laboratorio. In Italia il professor Francesco Scaramuzzi dell'ENEA fu invitato a intervenire a una audizione parlamentare dedicata, come autore di una via italiana alla fusione fredda. Seguì una sua intervista presso la televisione di stato nel corso della quale furono espresse concrete speranze di sfruttamento pratico della fusione fredda. Molti non esperti ebbero la sensazione di essere fortunati testimoni del lancio di una rivoluzione energetica. Manifestazioni spettacolari, che avrebbero dovuto preludere a sviluppi spettacolari. Eugene Mallove firmò un editoriale di Infinite Energy, un periodico da lui messo in piedi per seguire gli eventi della fusione fredda: Cold Fusion goes commercial (la fusione fredda diventa commerciale) (vol 1, n. 2, 1995). Edmund Storms (ENECO, Salt Lake City, 1995): We can thank the skeptics for allowing some of us the chance to become very rich (possiamo ringraziare gli scettici per avere permesso ad alcuni di noi di diventare molto ricchi).
Foresta Martin osserva giustamente che «la storia della scienza è fatta anche di scoperte che stentano a decollare prima di affermarsi». La storia della scienza non è fatta però di scoperte clamorose che rapidamente si riducono a nulla. Se accade, si tratta di scienza patologica. È come se, dopo la "costruzione" di Dolly, i biologi avessero dimenticato come si realizzano le manipolazioni genetiche; arriva prima la scoperta spettacolare dello studio introduttivo.
Da quei giorni di successi esibiti si sono fatti i progressi del gambero. A vent'anni di distanza dal giorno in cui Fleischmann e Pons dichiararono di avere realizzato «una reazione di fusione prolungata per 100 ore» (Salt Lake Tribune, 24 marzo 1989) e sostennero che «la prova che la fusione aveva avuto luogo era che, oltre l'emissione di calore, essi avevano rivelato la presenza di neutroni, trizio, elio – i coprodotti previsti per la reazione di fusione» (Wall Street Journal, 24 marzo 1989), Pamela Mosier-Boss si sente gratificata per avere rivelato neutroni e tracce di trizio e di elio: tracce, quando per produrre calore servono flussi enormi di particelle, non da rivelare con apparecchiature costose, ma da cui difendersi per non morire. Senza volere, la Mosier-Boss ha fornito la prova clamorosa che tutte le rivendicazioni del primo mese, che fioccarono da tutto il mondo, erano millanterie, goffi tentativi di salire sul treno della fama e della ricchezza.
I fusionisti di oggi lamentano costantemente di disporre di pochi mezzi per rivelare i prodotti di fusione. Si lagnano degli ostacoli che le forze del male, genericamente definite "poteri occulti", mettono sulla loro strada. Si considerano al centro di oscuri complotti. Non si rendono conto di essere entrati in un vicolo cieco, un po' per ambizione, molto per ignoranza.
Certamente sentiremo ancora parlare di Pamela Mosier-Boss, perché non manca mai alle manifestazioni fusioniste, ogni volta ripresentando le sue elettrolisi di cloruro di palladio, le sue coprecipitazioni, ogni volta presentandosi come protagonista, ogni volta facendo affidamento sul CR-39, "plastica speciale" usata da tutti i fisici sanitari dotati di una modesta attrezzatura. Disgraziatamente, scoop come questi vengono abilmente usati per ottenere fondi per ricerche di scienza patologica. Non dubito che saranno in molti a esibire quella pagina del Corriere della Sera nelle riunioni che contano, luoghi dove le conoscenze scientifiche non possono essere puntuali. Si tratta ora di vedere in che forma e dove Pamela Mosier-Boss pubblicherà i risultati delle sue pluriennali ricerche sulla fusione fredda. Perché il test di qualità rimane sempre lo stesso: l'accettazione da parte degli esperti e la pubblicazione su riviste appropriate (possibilmente diverse da Infinite Energy).
Foresta Martin ha giustamente ricordato che sono trascorsi esattamente 20 anni dal clamoroso annuncio di Martin Fleischmann e Stanley Pons di avere scoperto la "fusione fredda", ossia la fusione nucleare di due nuclei di deuterio in reticolo di palladio (24 marzo 1989).
Il merito del "ritorno" della fusione fredda andrebbe attribuito alla Dr.ssa Pamela Mosier-Boss, chimica analitica del U.S. Navy's Space and Naval Warfare Systems Center (SPAWAR) di San Diego, California. Nei suoi esperimenti, peraltro concettualmente molto diversi da quelli descritti da Fleischmann e Pons, la Mosier-Boss avrebbe rilevato la presenza di tracce di Trizio e di Elio, prova dell'avvenuta fusione. I dettagli dell'esperimento e delle rivendicazioni della ricercatrice americana possono essere tralasciati perché rintracciabili nel sito del Corriere della Sera[1]. Anche se periodicamente viene annunciato che "ritorna la fusione fredda" (qualcuno ricorderà che nel maggio dell'anno scorso la fusione fredda fu clamorosamente rilanciata in forma di happening dall'ingegnere giapponese Yoshiaki Arata; l'evento fu commentato sulle pagine di S&P nel numero di luglio-agosto 2008), l'annuncio merita di essere considerato seriamente, per le implicazioni scientifiche e pratiche che la sua conferma implicherebbe e per inquadrarlo nelle residue attività di ricerca sulla fusione fredda, di cui si conserva ancora consistente traccia in Italia e nel mondo.
In altre occasioni la Mosier-Boss ha fatto lo stesso annuncio di essere arrivata al breaking point in fusione fredda: almeno a partire dal 2004, in una presentazione fatta all' ICCF11 (International Conference on Cold Fusion), tenutasi a Marsiglia in ottobre-novembre 2004. Se si tratta di comunicare che le ricerche sono in corso, nulla da obiettare; se invece ogni volta che partecipa a un convegno la Mosier-Boss annuncia che la fusione fredda è stata da lei rilanciata, dovrebbe essere invitata a moderare i toni. In quella conferenza fu presentato il seguente lavoro: S. Szpak, P. A. Mosier-Boss, F.E. Gordon (SPAWAR Systems Center San Diego)[2].
Il testo, una ricca presentazione di 19 diapositive, contiene la descrizione dettagliata dei procedimenti sperimentali seguiti. Termina con le considerazioni teoriche che dovrebbero giustificare la riuscita della fusione fredda. Richiama prepotentemente l'attenzione un brevissimo ma significativo passaggio: «D2 + subisce cattura elettronica per formare T e 4He». [3]
Una cattura elettronica è una reazione nucleare a neutrini, che comporta l'intervento della forza debole o forza di Fermi. La sezione d'urto di una reazione debole (la probabilità che essa avvenga) è espressa da un numero dell'ordine di 10-40 barn, un valore talmente piccolo da apparire inconcepibile.
Oggi i fisici sono in grado di provocare interazioni deboli, ma gli eventi segnalati sono pochi e richiedono rivelatori della dimensione di una palazzina. In pratica, si può affermare che la cattura elettronica o è spontanea o non può essere provocata. Le reazioni cui partecipano i neutrini avvengono solo nell'ambito di set sperimentali particolari, di enormi dimensioni, estremamente complessi, pochi in tutto il mondo. In Giappone un rivelatore dell'esperimento Super-Kamiokande era talmente grande che collassò durante la costruzione, provocando danni enormi.
Ci sono altre bizzarrie teoriche da soddisfare per giustificare la fusione secondo il modello Mosier-Boss, come la formazione di un nucleo inesistente 1(X)4 eccitato, che dovrebbe decadere beta, con formazione di He4 o decadere con emissione di un protone con formazione di 3H.
Come sempre accade in fusione fredda, esiste un enorme disaccordo tra quanto si afferma di avere rilevato sperimentalmente e le teorie di supporto, che sistematicamente fanno trasparire una singolare ignoranza delle leggi della scienza nucleare. Del resto Pamela Mosier-Boss è un'esperta di chimica analitica, materia che non ha rapporto con la chimica nucleare.
Non si può non rilevare che le prime rivendicazioni di fusione fredda furono spettacolari, con produzione di grandi quantità di calore. Fleischmann e Pons segnalarono perfino la fusione esplosiva di un blocchetto del palladio sede della reazione, con proiezione di materiale sul soffitto del laboratorio. In Italia il professor Francesco Scaramuzzi dell'ENEA fu invitato a intervenire a una audizione parlamentare dedicata, come autore di una via italiana alla fusione fredda. Seguì una sua intervista presso la televisione di stato nel corso della quale furono espresse concrete speranze di sfruttamento pratico della fusione fredda. Molti non esperti ebbero la sensazione di essere fortunati testimoni del lancio di una rivoluzione energetica. Manifestazioni spettacolari, che avrebbero dovuto preludere a sviluppi spettacolari. Eugene Mallove firmò un editoriale di Infinite Energy, un periodico da lui messo in piedi per seguire gli eventi della fusione fredda: Cold Fusion goes commercial (la fusione fredda diventa commerciale) (vol 1, n. 2, 1995). Edmund Storms (ENECO, Salt Lake City, 1995): We can thank the skeptics for allowing some of us the chance to become very rich (possiamo ringraziare gli scettici per avere permesso ad alcuni di noi di diventare molto ricchi).
Foresta Martin osserva giustamente che «la storia della scienza è fatta anche di scoperte che stentano a decollare prima di affermarsi». La storia della scienza non è fatta però di scoperte clamorose che rapidamente si riducono a nulla. Se accade, si tratta di scienza patologica. È come se, dopo la "costruzione" di Dolly, i biologi avessero dimenticato come si realizzano le manipolazioni genetiche; arriva prima la scoperta spettacolare dello studio introduttivo.
Da quei giorni di successi esibiti si sono fatti i progressi del gambero. A vent'anni di distanza dal giorno in cui Fleischmann e Pons dichiararono di avere realizzato «una reazione di fusione prolungata per 100 ore» (Salt Lake Tribune, 24 marzo 1989) e sostennero che «la prova che la fusione aveva avuto luogo era che, oltre l'emissione di calore, essi avevano rivelato la presenza di neutroni, trizio, elio – i coprodotti previsti per la reazione di fusione» (Wall Street Journal, 24 marzo 1989), Pamela Mosier-Boss si sente gratificata per avere rivelato neutroni e tracce di trizio e di elio: tracce, quando per produrre calore servono flussi enormi di particelle, non da rivelare con apparecchiature costose, ma da cui difendersi per non morire. Senza volere, la Mosier-Boss ha fornito la prova clamorosa che tutte le rivendicazioni del primo mese, che fioccarono da tutto il mondo, erano millanterie, goffi tentativi di salire sul treno della fama e della ricchezza.
I fusionisti di oggi lamentano costantemente di disporre di pochi mezzi per rivelare i prodotti di fusione. Si lagnano degli ostacoli che le forze del male, genericamente definite "poteri occulti", mettono sulla loro strada. Si considerano al centro di oscuri complotti. Non si rendono conto di essere entrati in un vicolo cieco, un po' per ambizione, molto per ignoranza.
Certamente sentiremo ancora parlare di Pamela Mosier-Boss, perché non manca mai alle manifestazioni fusioniste, ogni volta ripresentando le sue elettrolisi di cloruro di palladio, le sue coprecipitazioni, ogni volta presentandosi come protagonista, ogni volta facendo affidamento sul CR-39, "plastica speciale" usata da tutti i fisici sanitari dotati di una modesta attrezzatura. Disgraziatamente, scoop come questi vengono abilmente usati per ottenere fondi per ricerche di scienza patologica. Non dubito che saranno in molti a esibire quella pagina del Corriere della Sera nelle riunioni che contano, luoghi dove le conoscenze scientifiche non possono essere puntuali. Si tratta ora di vedere in che forma e dove Pamela Mosier-Boss pubblicherà i risultati delle sue pluriennali ricerche sulla fusione fredda. Perché il test di qualità rimane sempre lo stesso: l'accettazione da parte degli esperti e la pubblicazione su riviste appropriate (possibilmente diverse da Infinite Energy).
Note
2) Precursors and the Fusion Reactions in Polarized Pd/D - D2O System: Effect of an External Electric Field.
3) «D2 + undergoes s-electron capture (K capture) to form T and 4He».