Partiamo da un assunto che è alla base della fondazione del CICAP e cerchiamo di comprenderne le motivazioni. Uno dei manifesti stilati per l'occasione afferma infatti: «Giornali settimanali, radio e televisioni dedicano ampio spazio a presunti fenomeni paranormali, a guaritori, ad astrologi, a pratiche mediche cosiddette alternative, trattando tutto ciò in modo acritico, senza alcun criterio di controllo; anzi cercando, il più delle volte, l'avvenimento sensazionale che permetta di alzare l'indice di vendita o di ascolto. Noi riteniamo che ciò sia profondamente diseducativo e contribuisca non solo a incoraggiare la già diffusa tendenza all'irrazionalità , ma anche a dare credibilità a individui che traggono profitto da questa situazione».
Questa visione ha ancora un suo motivo d'essere? E, soprattutto vale ancora oggi alla luce dei moderni studi di "psicologia della persuasione"? Forse l'influenza mediatica agisce attraverso processi cognitivi del pubblico che a volte guidano in maniera del tutto automatica le persone a preferire una certa informazione invece di un'altra. Nel caso analizzato dal CICAP, è molto più facile che le congetture irrazionali, tipiche del "pensiero magico", della pseudoscienza, si facciano strada nelle menti dei fruitori dei media piuttosto che una complessa argomentazione logico/scientifica venga assimilata correttamente. Dopo i molti anni di attività del CICAP è forse ora di trarre qualche bilancio e soprattutto analizzare l'efficacia del nostro operato. Dai molti episodi raccolti, dalle testimonianze, dalla visibilità mediatica che il CICAP ha acquisito con gli anni possiamo inferire che l'operato della nostra associazione ha avuto un discreto successo anche se continua a esserci una vasta platea del tutto all'oscuro di una corretta informazione sui presunti fenomeni paranormali. E tuttavia questo zoccolo duro non è secondo me da attribuire alla scarsa esposizione mediatica del CICAP, quanto a una tendenza della mente umana a una prassi cognitiva che si basa invece su "euristiche" in un costante risparmio di "pensiero". Lo dimostra l'uso di personaggi famosi nelle pubblicità, gli spot che si affidano a un linguaggio molto più emozionale che razionale. Affidandosi alla semplice euristica del "se lo usa quel noto personaggio allora quel prodotto è sicuramente valido", la réclame agisce affinché noi siamo indotti a comperare quel particolare prodotto. Nel nostro caso la regola potrebbe essere: "se lo dice quella maga, allora è vero". E questo ci risparmia di controllare su quali basi ciò che dice è vero. Se tali euristiche sono presenti e vengono sapientemente sfruttate dai "soliti noti" ciò renderà possibile "convincere" molte persone a farsi leggere le carte o a considerare improbabili medicine come la panacea per ogni malattia. Pensiamoci per un attimo: chi fa uso di prodotti naturali per curarsi magari evitando i cosiddetti "medicinali allopatici" (che tra le altre cose provengono per la maggior parte da prodotti naturali) non sta forse seguendo l'assunto secondo cui "se è naturale allora fa bene"? Si tratta, ovviamente, di una fallacia logica visto che, ad esempio, anche la cicuta è un elemento "naturale". Tuttavia assistiamo ogni giorno all'uso sempre più frequente di medicinali "alternativi" pur se nelle riviste scientifiche si accumulano anno dopo anno prove inequivocabili della loro nulla efficacia terapeutica.
Possiamo dunque chiederci se la tendenza a credere nel paranormale o nelle terapie alternative sia soltanto una moda creata dai media o piuttosto, l'esito di una tendenza della mente umana ad utilizzare, in condizioni ordinarie, un ragionamento fatto di semplici regole automatiche, incompatibile con una lettura della realtà scientificamente fondata. Per approfondire questo tema abbiamo deciso di intervistare una dei maggiori esperti italiani di persuasione, la professoressa Nicoletta Cavazza, docente presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione e dell'Economia, dell'Università di Modena e Reggio Emilia. Autrice di due libri fondamentali (La persuasione e Comunicazione e persuasione editi da Il Mulino) si è prestata molto gentilmente a un'amichevole e quanto mai interessante "chiacchierata" per avere una chiara sintesi dei risultati che la psicologia sociale ha acquisito dalle sue ricerche ormai decennali su questi argomenti.
Come valuta il modo in cui i mass media si occupano dei temi di interesse del CICAP quali i presunti fenomeni paranormali, le pseudoscienze, i misteri, eccetera?
Penso che, più che produrre veramente opinioni, delle credenze favorevoli al paranormale, eccetera, i mass media cavalchino una tendenza delle persone a ricorrere, in fase di difficoltà, al sovrannaturale e che quindi sfruttino molto l'appeal che questi temi offrono.
Dunque si tratta di una sorta di "sfruttamento", di un'amplificazione di tendenze già presenti nell'essere umano, come ad esempio il "pensiero magico"?
Il "pensiero magico" non è tanto una questione di cattiva fede, le persone hanno spesso bisogno di raggiungere delle conclusioni, dei giudizi, delle credenze, delle rappresentazioni della realtà senza avere la possibilità di elaborare in maniera approfondita tutte le informazioni che potrebbero avere a disposizione. Quindi utilizzano delle "scorciatoie" che sono funzionali al fatto che le risorse attentive sono limitate, a una scarsa motivazione, eccetera. L'attenzione in questo caso, quando si utilizzano processi cognitivi a risparmio di energia, è particolarmente focalizzata su elementi salienti. I casi riportati dai mass media, che sembrano non avere spiegazioni, sono molto salienti, facilmente richiamabili alla memoria, in maniera superficiale, facilmente attivabili, mentre i dati statistici, le ricerche sistematiche invece sono molto poco salienti e richiedono, quindi, una quantità di risorse attentive molto più rilevante, che solo in alcune condizioni sono disponibili. In più c'è un aspetto motivazionale, la ricerca scientifica non arriva ovunque e le persone hanno bisogno di avere delle spiegazioni che siano riconducibili ad una rappresentazione del mondo come non imprevedibile, ma governata da principi comunque consolatori. C'è quindi da una parte una questione più motivazionale che riguarda la possibilità di affrontare le questioni approfondendone i temi e dall'altra il bisogno di mantenere una rappresentazione dell'ambiente, degli eventi che sia comprensibile, accettabile e consolatoria.
Lei sta parlando, come nei suoi libri, della teoria euristico-sistematica e soprattutto delle semplici "euristiche" che ci permettono di interpretare la realtà che ci circonda. Privilegiamo dunque in generale questo "percorso" piuttosto che un cammino sistematico ad alto costo attentivo che si basa sul pensiero logico, sulla ricerca, sull'approfondimento critico-razionale?
Sì, ma non è tanto il fatto di usare delle euristiche, delle scorciatoie, che ci porta a conclusioni distorte. Possiamo arrivare a conclusioni distorte anche quando elaboriamo le informazioni attentamente. Ciò avviene perché abbiamo delle preferenze circa le conclusioni che vogliamo raggiungere con il nostro ragionamento, quindi elaboriamo le informazioni che abbiamo a disposizione per arrivare proprio lì. La credenza nel paranormale e nel soprannaturale è funzionale al mantenimento di un equilibrio emotivo. Se io credo, ad esempio, in un mondo giusto, che è regolato da qualche sorta di forza che io posso conoscere, che posso utilizzare per prevedere cosa mi succederà e il comportamento degli altri, io tengo sotto controllo l'ansia che mi dà il non conoscere le conseguenze delle mie decisioni, gestisco in qualche modo l'incertezza che mi impedirebbe di agire in maniera efficace nel mondo sociale. Sono, quindi, questioni che hanno una loro funzionalità nel senso che, da una parte appunto riequilibrano stati emotivi negativi, dall'altra danno l'impressione che ci sia la possibilità di vivere in un mondo prevedibile.
E che ruolo gioca il livello di istruzione della persona?
Gioca un ruolo fondamentale perché contribuisce a fornire informazioni, strumenti culturali, capacità critiche, anche se non elimina queste tendenze del tutto. Basti pensare a quante persone laureate leggono l'oroscopo.
È giusto, dunque, sostenere che i mass media calcano soprattutto sul percorso euristico cercando di sfruttarlo per fini non sempre etici (aumento delle vendite, disinformazione, eccetera)?
Direi più propriamente che i mass media creano le condizioni perché certe euristiche siano usate e certe altre no. Rendono, cioè, alcune informazioni particolarmente salienti rispetto ad altre e su quelle salienti si baseranno le euristiche. L'esempio più immediato, una delle euristiche più usate, è quella dell'esperto: se lo dice un esperto mi posso fidare. Ma cos'è un esperto? La visibilità in tv accredita expertise, per cui offrire un palco a determinate persone fa di loro degli esperti e rende le loro opinioni più accettabili, al di là della scientificità di queste opinioni.
Da ultimo: come può il CICAP (o ogni istituzione che persegue il fine di introdurre una informazione che sia pro-sociale) aumentare la propria efficacia persuasiva per cercare di portare, ovviamente nei limiti delle sue poche risorse, verso un' informazione razionale, utile e, per quanto possibile, esente da distorsioni?
È necessario acquisire visibilità e credibilità negli spazi comunicativi frequentati dalle persone che tendono a dare credito a fenomeni non scientificamente fondati e anche avanzare le proprie tesi per mezzo di chi questa credibilità se l'è già guadagnata (è la strategia dei testimonials). I ricercatori in genere godono di una certa autorevolezza presso il pubblico. Il problema è che spesso anche questi la usano male, accreditando tesi suggestive ma non empiricamente fondate.
Ciò che ci ha veramente colpito in questa intervista è la questione motivazionale. In ogni società e nella singola persona persistono elementi tra di loro contrastanti che hanno però un loro valore preciso da un punto di vista motivazionale. Anche se le persone esprimono una preferenza per l'uso delle conoscenze razionali-scientifiche nella quotidianità, esiste tuttavia l'imprevedibile, l'incerto ed è in questi interstizi che "sopravvive" la fede nel pensiero magico.
Si tratta di una lettura di questi fenomeni che, in campo antropologico, era già stata proposta dalla professoressa Cecilia Gatto Trocchi, che aveva sottolineato il perdurare di tali "processi cognitivi" nel singolo essere umano e nell'intera società: «Come rivela C. Levi-Strauss le nozioni magiche non appartengono all'ordine del reale, ma a quello del pensiero. I concetti magici sono l'espressione di una funzione semantica, il cui ruolo consiste nel permettere al pensiero simbolico di esercitarsi malgrado la contraddizione che gli è propria e di restaurare una unità. In altri termini, una descrizione adeguata dei rituali magici nella loro totalità è possibile solo se essi vengono riferiti all'ordine simbolico della comunicazione e se si considera che essi assolvono fondamentalmente alla funzione di attribuire un senso (non importa se fittizio) a quella sfera della realtà che altrimenti resterebbe inesplicabile. Perché l'uomo è condannato alla sofferenza? Si chiede la mente umana travagliata dal dolore. La magia risponde: "Perché qualcuno malignamente ha gettato il malocchio sul sofferente". La risposta è certamente inadeguata ma è pur sempre una risposta. Chi in fondo ha il coraggio di ammettere l'esistenza del fato, la cui logica e il cui strapotere sfuggono all'umana considerazione? Talvolta ammettere la presenza del caso nei destini umani equivale a rendersi impotente. Meglio allora possedere la formula magica che scaccia il malocchio e ridona insperatamente la salute perduta. Le riflessioni antropologiche quindi, lungi dal poter affermare che la magia, la religione e la scienza caratterizzano ognuna adeguatamente una fase dello sviluppo sociale o un intera società, afferma che queste tre forme coesistono nella pratica sociale della nostra società e pongono problemi di comprensione della nostra cultura ancor prima che delle altre».
Sembra dunque che i mass-media sfruttino una modalità di funzionamento psicologico che caratterizza ogni essere umano e anzi amplifichino, ricalchino quei percorsi cognitivi che possono far giungere anche a dei risultati errati, ma che tuttavia assolvono a un bisogno psicologico non banale per l'esistenza umana.
Ecco allora, forse, una delle ragioni che spiegano il maggiore successo di questo tipo di messaggio rispetto a un atteggiamento critico-scettico, un elemento che aiuta a evidenziare un limite dell'attività comunicativa del CICAP, che pure rimane un punto di riferimento per coloro che vogliano approfondire i temi trattati. L'operato del CICAP deve quindi continuare nella consapevolezza dei propri limiti, che dipendono anche dal fatto che i mass media tendono a fornire delle informazioni che richiedono nei fruitori l'attivazione di un percorso di elaborazione cognitiva di carattere "periferico" (ovvero che agisce sulla base di semplici regole euristiche), come già segnalavano Arcuri e Castelli in un libro del 1996 sullo studio delle comunicazioni di massa: «Da un lato il mondo delle comunicazioni di massa ha allargato l'offerta di informazione, ha smisuratamente incrementato la quantità dei messaggi, ne ha differenziato il formato e gli stili, spesso ne ha semplificato la fruizione. [...] Dall'altro lato, però, questo processo si è potuto consolidare perché gli strumenti di persuasione hanno sempre più puntato sull'impiego della via periferica e sono stati progettati per trarre vantaggio dall'uso di tale via».
Si tratta quindi di lavorare con continuità e senza lasciarsi sconfortare dall'indubbio favore di cui il paranormale e le pseudoscienze continuano a godere, nella consapevolezza che solo il costante esercizio del senso critico potrà contribuire a far nascere e sviluppare l'interesse per un approccio razionale a questi temi.
Enrico Speranza
CICAP Lazio
L'autore vuole ringraziare in maniera particolare la prof.ssa Nicoletta Cavazza che con infinita cortesia e pazienza ha risposto alle tante domande poste e con cura ha corretto la prima parte delle bozze di questo articolo.
Bibliografia
Questa visione ha ancora un suo motivo d'essere? E, soprattutto vale ancora oggi alla luce dei moderni studi di "psicologia della persuasione"? Forse l'influenza mediatica agisce attraverso processi cognitivi del pubblico che a volte guidano in maniera del tutto automatica le persone a preferire una certa informazione invece di un'altra. Nel caso analizzato dal CICAP, è molto più facile che le congetture irrazionali, tipiche del "pensiero magico", della pseudoscienza, si facciano strada nelle menti dei fruitori dei media piuttosto che una complessa argomentazione logico/scientifica venga assimilata correttamente. Dopo i molti anni di attività del CICAP è forse ora di trarre qualche bilancio e soprattutto analizzare l'efficacia del nostro operato. Dai molti episodi raccolti, dalle testimonianze, dalla visibilità mediatica che il CICAP ha acquisito con gli anni possiamo inferire che l'operato della nostra associazione ha avuto un discreto successo anche se continua a esserci una vasta platea del tutto all'oscuro di una corretta informazione sui presunti fenomeni paranormali. E tuttavia questo zoccolo duro non è secondo me da attribuire alla scarsa esposizione mediatica del CICAP, quanto a una tendenza della mente umana a una prassi cognitiva che si basa invece su "euristiche" in un costante risparmio di "pensiero". Lo dimostra l'uso di personaggi famosi nelle pubblicità, gli spot che si affidano a un linguaggio molto più emozionale che razionale. Affidandosi alla semplice euristica del "se lo usa quel noto personaggio allora quel prodotto è sicuramente valido", la réclame agisce affinché noi siamo indotti a comperare quel particolare prodotto. Nel nostro caso la regola potrebbe essere: "se lo dice quella maga, allora è vero". E questo ci risparmia di controllare su quali basi ciò che dice è vero. Se tali euristiche sono presenti e vengono sapientemente sfruttate dai "soliti noti" ciò renderà possibile "convincere" molte persone a farsi leggere le carte o a considerare improbabili medicine come la panacea per ogni malattia. Pensiamoci per un attimo: chi fa uso di prodotti naturali per curarsi magari evitando i cosiddetti "medicinali allopatici" (che tra le altre cose provengono per la maggior parte da prodotti naturali) non sta forse seguendo l'assunto secondo cui "se è naturale allora fa bene"? Si tratta, ovviamente, di una fallacia logica visto che, ad esempio, anche la cicuta è un elemento "naturale". Tuttavia assistiamo ogni giorno all'uso sempre più frequente di medicinali "alternativi" pur se nelle riviste scientifiche si accumulano anno dopo anno prove inequivocabili della loro nulla efficacia terapeutica.
Possiamo dunque chiederci se la tendenza a credere nel paranormale o nelle terapie alternative sia soltanto una moda creata dai media o piuttosto, l'esito di una tendenza della mente umana ad utilizzare, in condizioni ordinarie, un ragionamento fatto di semplici regole automatiche, incompatibile con una lettura della realtà scientificamente fondata. Per approfondire questo tema abbiamo deciso di intervistare una dei maggiori esperti italiani di persuasione, la professoressa Nicoletta Cavazza, docente presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione e dell'Economia, dell'Università di Modena e Reggio Emilia. Autrice di due libri fondamentali (La persuasione e Comunicazione e persuasione editi da Il Mulino) si è prestata molto gentilmente a un'amichevole e quanto mai interessante "chiacchierata" per avere una chiara sintesi dei risultati che la psicologia sociale ha acquisito dalle sue ricerche ormai decennali su questi argomenti.
Come valuta il modo in cui i mass media si occupano dei temi di interesse del CICAP quali i presunti fenomeni paranormali, le pseudoscienze, i misteri, eccetera?
Penso che, più che produrre veramente opinioni, delle credenze favorevoli al paranormale, eccetera, i mass media cavalchino una tendenza delle persone a ricorrere, in fase di difficoltà, al sovrannaturale e che quindi sfruttino molto l'appeal che questi temi offrono.
Dunque si tratta di una sorta di "sfruttamento", di un'amplificazione di tendenze già presenti nell'essere umano, come ad esempio il "pensiero magico"?
Il "pensiero magico" non è tanto una questione di cattiva fede, le persone hanno spesso bisogno di raggiungere delle conclusioni, dei giudizi, delle credenze, delle rappresentazioni della realtà senza avere la possibilità di elaborare in maniera approfondita tutte le informazioni che potrebbero avere a disposizione. Quindi utilizzano delle "scorciatoie" che sono funzionali al fatto che le risorse attentive sono limitate, a una scarsa motivazione, eccetera. L'attenzione in questo caso, quando si utilizzano processi cognitivi a risparmio di energia, è particolarmente focalizzata su elementi salienti. I casi riportati dai mass media, che sembrano non avere spiegazioni, sono molto salienti, facilmente richiamabili alla memoria, in maniera superficiale, facilmente attivabili, mentre i dati statistici, le ricerche sistematiche invece sono molto poco salienti e richiedono, quindi, una quantità di risorse attentive molto più rilevante, che solo in alcune condizioni sono disponibili. In più c'è un aspetto motivazionale, la ricerca scientifica non arriva ovunque e le persone hanno bisogno di avere delle spiegazioni che siano riconducibili ad una rappresentazione del mondo come non imprevedibile, ma governata da principi comunque consolatori. C'è quindi da una parte una questione più motivazionale che riguarda la possibilità di affrontare le questioni approfondendone i temi e dall'altra il bisogno di mantenere una rappresentazione dell'ambiente, degli eventi che sia comprensibile, accettabile e consolatoria.
Lei sta parlando, come nei suoi libri, della teoria euristico-sistematica e soprattutto delle semplici "euristiche" che ci permettono di interpretare la realtà che ci circonda. Privilegiamo dunque in generale questo "percorso" piuttosto che un cammino sistematico ad alto costo attentivo che si basa sul pensiero logico, sulla ricerca, sull'approfondimento critico-razionale?
Sì, ma non è tanto il fatto di usare delle euristiche, delle scorciatoie, che ci porta a conclusioni distorte. Possiamo arrivare a conclusioni distorte anche quando elaboriamo le informazioni attentamente. Ciò avviene perché abbiamo delle preferenze circa le conclusioni che vogliamo raggiungere con il nostro ragionamento, quindi elaboriamo le informazioni che abbiamo a disposizione per arrivare proprio lì. La credenza nel paranormale e nel soprannaturale è funzionale al mantenimento di un equilibrio emotivo. Se io credo, ad esempio, in un mondo giusto, che è regolato da qualche sorta di forza che io posso conoscere, che posso utilizzare per prevedere cosa mi succederà e il comportamento degli altri, io tengo sotto controllo l'ansia che mi dà il non conoscere le conseguenze delle mie decisioni, gestisco in qualche modo l'incertezza che mi impedirebbe di agire in maniera efficace nel mondo sociale. Sono, quindi, questioni che hanno una loro funzionalità nel senso che, da una parte appunto riequilibrano stati emotivi negativi, dall'altra danno l'impressione che ci sia la possibilità di vivere in un mondo prevedibile.
E che ruolo gioca il livello di istruzione della persona?
Gioca un ruolo fondamentale perché contribuisce a fornire informazioni, strumenti culturali, capacità critiche, anche se non elimina queste tendenze del tutto. Basti pensare a quante persone laureate leggono l'oroscopo.
È giusto, dunque, sostenere che i mass media calcano soprattutto sul percorso euristico cercando di sfruttarlo per fini non sempre etici (aumento delle vendite, disinformazione, eccetera)?
Direi più propriamente che i mass media creano le condizioni perché certe euristiche siano usate e certe altre no. Rendono, cioè, alcune informazioni particolarmente salienti rispetto ad altre e su quelle salienti si baseranno le euristiche. L'esempio più immediato, una delle euristiche più usate, è quella dell'esperto: se lo dice un esperto mi posso fidare. Ma cos'è un esperto? La visibilità in tv accredita expertise, per cui offrire un palco a determinate persone fa di loro degli esperti e rende le loro opinioni più accettabili, al di là della scientificità di queste opinioni.
Da ultimo: come può il CICAP (o ogni istituzione che persegue il fine di introdurre una informazione che sia pro-sociale) aumentare la propria efficacia persuasiva per cercare di portare, ovviamente nei limiti delle sue poche risorse, verso un' informazione razionale, utile e, per quanto possibile, esente da distorsioni?
È necessario acquisire visibilità e credibilità negli spazi comunicativi frequentati dalle persone che tendono a dare credito a fenomeni non scientificamente fondati e anche avanzare le proprie tesi per mezzo di chi questa credibilità se l'è già guadagnata (è la strategia dei testimonials). I ricercatori in genere godono di una certa autorevolezza presso il pubblico. Il problema è che spesso anche questi la usano male, accreditando tesi suggestive ma non empiricamente fondate.
Ciò che ci ha veramente colpito in questa intervista è la questione motivazionale. In ogni società e nella singola persona persistono elementi tra di loro contrastanti che hanno però un loro valore preciso da un punto di vista motivazionale. Anche se le persone esprimono una preferenza per l'uso delle conoscenze razionali-scientifiche nella quotidianità, esiste tuttavia l'imprevedibile, l'incerto ed è in questi interstizi che "sopravvive" la fede nel pensiero magico.
Si tratta di una lettura di questi fenomeni che, in campo antropologico, era già stata proposta dalla professoressa Cecilia Gatto Trocchi, che aveva sottolineato il perdurare di tali "processi cognitivi" nel singolo essere umano e nell'intera società: «Come rivela C. Levi-Strauss le nozioni magiche non appartengono all'ordine del reale, ma a quello del pensiero. I concetti magici sono l'espressione di una funzione semantica, il cui ruolo consiste nel permettere al pensiero simbolico di esercitarsi malgrado la contraddizione che gli è propria e di restaurare una unità. In altri termini, una descrizione adeguata dei rituali magici nella loro totalità è possibile solo se essi vengono riferiti all'ordine simbolico della comunicazione e se si considera che essi assolvono fondamentalmente alla funzione di attribuire un senso (non importa se fittizio) a quella sfera della realtà che altrimenti resterebbe inesplicabile. Perché l'uomo è condannato alla sofferenza? Si chiede la mente umana travagliata dal dolore. La magia risponde: "Perché qualcuno malignamente ha gettato il malocchio sul sofferente". La risposta è certamente inadeguata ma è pur sempre una risposta. Chi in fondo ha il coraggio di ammettere l'esistenza del fato, la cui logica e il cui strapotere sfuggono all'umana considerazione? Talvolta ammettere la presenza del caso nei destini umani equivale a rendersi impotente. Meglio allora possedere la formula magica che scaccia il malocchio e ridona insperatamente la salute perduta. Le riflessioni antropologiche quindi, lungi dal poter affermare che la magia, la religione e la scienza caratterizzano ognuna adeguatamente una fase dello sviluppo sociale o un intera società, afferma che queste tre forme coesistono nella pratica sociale della nostra società e pongono problemi di comprensione della nostra cultura ancor prima che delle altre».
Sembra dunque che i mass-media sfruttino una modalità di funzionamento psicologico che caratterizza ogni essere umano e anzi amplifichino, ricalchino quei percorsi cognitivi che possono far giungere anche a dei risultati errati, ma che tuttavia assolvono a un bisogno psicologico non banale per l'esistenza umana.
Ecco allora, forse, una delle ragioni che spiegano il maggiore successo di questo tipo di messaggio rispetto a un atteggiamento critico-scettico, un elemento che aiuta a evidenziare un limite dell'attività comunicativa del CICAP, che pure rimane un punto di riferimento per coloro che vogliano approfondire i temi trattati. L'operato del CICAP deve quindi continuare nella consapevolezza dei propri limiti, che dipendono anche dal fatto che i mass media tendono a fornire delle informazioni che richiedono nei fruitori l'attivazione di un percorso di elaborazione cognitiva di carattere "periferico" (ovvero che agisce sulla base di semplici regole euristiche), come già segnalavano Arcuri e Castelli in un libro del 1996 sullo studio delle comunicazioni di massa: «Da un lato il mondo delle comunicazioni di massa ha allargato l'offerta di informazione, ha smisuratamente incrementato la quantità dei messaggi, ne ha differenziato il formato e gli stili, spesso ne ha semplificato la fruizione. [...] Dall'altro lato, però, questo processo si è potuto consolidare perché gli strumenti di persuasione hanno sempre più puntato sull'impiego della via periferica e sono stati progettati per trarre vantaggio dall'uso di tale via».
Si tratta quindi di lavorare con continuità e senza lasciarsi sconfortare dall'indubbio favore di cui il paranormale e le pseudoscienze continuano a godere, nella consapevolezza che solo il costante esercizio del senso critico potrà contribuire a far nascere e sviluppare l'interesse per un approccio razionale a questi temi.
Enrico Speranza
CICAP Lazio
L'autore vuole ringraziare in maniera particolare la prof.ssa Nicoletta Cavazza che con infinita cortesia e pazienza ha risposto alle tante domande poste e con cura ha corretto la prima parte delle bozze di questo articolo.
Bibliografia
- Arcuri L., Castelli L. (1996), La trasmissione dei pensieri, Bologna: Zanichelli.
- Cavazza N. (2006), La persuasione, Bologna: Il Mulino.
- Cavazza N. (1997), Comunicazione e persuasione, Bologna: Il Mulino.
- Gatto Trocchi C. (1994), La Magia, Roma: Newton-Compton.
- Di Nola A.M. (2000), Lo specchio e l'olio: Le superstizioni degli italiani, Roma-Bari: Laterza.
- Mauss M. (2000), Teoria generale della magia, Torino: Einaudi.
- Pratkanis A., Aronson E. (2003), L'età della propaganda, Bologna: Il Mulino.