Il cammino della scienza è completo? O potrà mai esserlo? Due concezioni sembrano contrapporsi in risposta a queste domande. Per la prima, la scienza è un fortezza quasi interamente edificata, a cui manca forse qualche ritocco qua e là. Per l’altra, è un accampamento in continuo divenire, che ogni tanto deve essere smantellato e riedificato altrove. Questa prima contrapposizione si interseca con l’antico discorso sulla finitezza o l’infinitezza del Mondo e, quindi, della scienza che lo indaga.
Michael Hanlon – uno dei più apprezzati divulgatori scientifici inglesi, autore di programmi televisivi e radiofonici, nonché di vari saggi di successo – pone il suo nuovo testo al centro di questa doppia divergenza. Fra le infinite domande a cui la scienza cerca di dare delle risposte, Hanlon ne sceglie dieci, come altrettanti esempi di cammini ancora da percorrere: dall’esistenza della coscienza animale all’invecchiamento, dalla materia oscura dell’universo al significato del tempo, dall’obesità all’intelligenza. Domande a prima vista disparate, ma legate da un intento comune: lo stupore di argomenti poco noti che aprono spazi incredibili di fascinazione e nello stesso tempo raccontano cosa sia la scienza e come si ponga di fronte alle questioni a cui abbiamo accennato. Peccato che il discorso non si mantenga sempre allo stesso livello. Se da una parte si muove nella direzione della novità – ad esempio quando parla dell’obesità o dell’invecchiamento – dall’altra cade spesso nella riaffermazione di temi sentiti troppe volte, senza offrire veramente delle chiavi di lettura originali. Nel capitolo “Possiamo davvero essere certi che il paranormale non sia una sciocchezza?”, per quanto l’autore parta da una premessa interessante – alcune delle teorie scientifiche attuali, come il multiverso o l’entanglement quantistico, non sono certo meno esotiche o inverosimili di tante concezioni paranormali – non riesce poi a districarsi nel diverso valore epistemologico delle questioni in gioco, perdendosi quindi in una sterile contrapposizione fra mondi culturali diversi. Per non parlare dei capitoli più propriamente “politici”, come “Che cosa abbiamo intenzione di fare con gli stupidi?”, dove, a fronte di spunti di riflessione insoliti, scivola poi in fastidiose semplificazioni.
Il libro resta comunque gradevole e stimolante: ripropone in molte delle sue pagine quel senso della meraviglia e del curioso che è alla base della scienza, attraverso una scrittura vivace e brillante, che a ben vedere procede più per assonanze che per concatenazioni logiche – alla fine di ogni capitolo la sensazione di aver letto qualcosa di interessante sfuma nella difficoltà di ricostruire un effettivo percorso di pensiero. Ma attenzione, questa non vuol essere una critica: l’autore sta esponendo delle questioni, non sta dando delle soluzioni – quelle le darà (forse) la scienza in un futuro più o meno prossimo. Il libro sembra raccontare di altro, ossia il procedere della conoscenza scientifica dal dubbio e dallo stupore verso soluzioni via via sempre meno provvisorie, attraverso un gioco continuo di errori, ripensamenti, vicoli ciechi, ritorni e salti improvvisi.
È un libro che racconta la scienza, dunque, non come insieme di discipline sempre più specialistiche e controintuitive, ma come modo di porsi verso il mondo. Perché la ricerca continua. Anzi, come ben sostiene Michael Hanlon, ogni conquista di una vetta della conoscenza non farà che aprire ai nostri occhi un altro panorama, in cui nuove vette – e nuove sfide – ci obbligheranno a riprendere subito il cammino.
Michael Hanlon – uno dei più apprezzati divulgatori scientifici inglesi, autore di programmi televisivi e radiofonici, nonché di vari saggi di successo – pone il suo nuovo testo al centro di questa doppia divergenza. Fra le infinite domande a cui la scienza cerca di dare delle risposte, Hanlon ne sceglie dieci, come altrettanti esempi di cammini ancora da percorrere: dall’esistenza della coscienza animale all’invecchiamento, dalla materia oscura dell’universo al significato del tempo, dall’obesità all’intelligenza. Domande a prima vista disparate, ma legate da un intento comune: lo stupore di argomenti poco noti che aprono spazi incredibili di fascinazione e nello stesso tempo raccontano cosa sia la scienza e come si ponga di fronte alle questioni a cui abbiamo accennato. Peccato che il discorso non si mantenga sempre allo stesso livello. Se da una parte si muove nella direzione della novità – ad esempio quando parla dell’obesità o dell’invecchiamento – dall’altra cade spesso nella riaffermazione di temi sentiti troppe volte, senza offrire veramente delle chiavi di lettura originali. Nel capitolo “Possiamo davvero essere certi che il paranormale non sia una sciocchezza?”, per quanto l’autore parta da una premessa interessante – alcune delle teorie scientifiche attuali, come il multiverso o l’entanglement quantistico, non sono certo meno esotiche o inverosimili di tante concezioni paranormali – non riesce poi a districarsi nel diverso valore epistemologico delle questioni in gioco, perdendosi quindi in una sterile contrapposizione fra mondi culturali diversi. Per non parlare dei capitoli più propriamente “politici”, come “Che cosa abbiamo intenzione di fare con gli stupidi?”, dove, a fronte di spunti di riflessione insoliti, scivola poi in fastidiose semplificazioni.
Il libro resta comunque gradevole e stimolante: ripropone in molte delle sue pagine quel senso della meraviglia e del curioso che è alla base della scienza, attraverso una scrittura vivace e brillante, che a ben vedere procede più per assonanze che per concatenazioni logiche – alla fine di ogni capitolo la sensazione di aver letto qualcosa di interessante sfuma nella difficoltà di ricostruire un effettivo percorso di pensiero. Ma attenzione, questa non vuol essere una critica: l’autore sta esponendo delle questioni, non sta dando delle soluzioni – quelle le darà (forse) la scienza in un futuro più o meno prossimo. Il libro sembra raccontare di altro, ossia il procedere della conoscenza scientifica dal dubbio e dallo stupore verso soluzioni via via sempre meno provvisorie, attraverso un gioco continuo di errori, ripensamenti, vicoli ciechi, ritorni e salti improvvisi.
È un libro che racconta la scienza, dunque, non come insieme di discipline sempre più specialistiche e controintuitive, ma come modo di porsi verso il mondo. Perché la ricerca continua. Anzi, come ben sostiene Michael Hanlon, ogni conquista di una vetta della conoscenza non farà che aprire ai nostri occhi un altro panorama, in cui nuove vette – e nuove sfide – ci obbligheranno a riprendere subito il cammino.